Onore ai Serenissimi – di Pucci Cipriani

A Ludovico Manin

Pregando sulla tua tomba nascosta / il saluto ti porge un veneziano / che al tuo calvario con pietà si accosta, / ultimo Doge, ultimo Sovrano.      (Federico Fontanella)

di Pucci Cipriani

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bndsnmrcLudovico Manin, l’ultimo Doge di Venezia, morì cinque anni dopo la cancellazione – avvenuta manu militari da parte delle truppe straniere rivoluzionarie dell’invasore Napoleone Bonaparte – della gloriosa Repubblica Veneta che cadde, appunto, nel 1797,  mentre le popolazioni della penisola insorgevano, in armi, molte volte perfino nonostante e contro gli ordini dei Sovrani, per difendere il Trono e l’Altare :

“Quando i reggitori della Repubblica di San Marco, tremanti di paura alle minacce francesi, strappavano le gloriose insegne del leone alato, e supplicavano pace, i contadini del Veronese gridavano ‘Viva San Marco!’ e morivano per esso in quelle Pasque che rinnovavano i Vespri.  Quando, sotto il cumulo di umiliazioni patite da prepotenti francesi e da giacobini paesani, Carlo Emanuele abbandonava Torino, i montanari delle Alpi, i contadini piemontesi e monferrini, continuavano disperatamente la resistenza allo straniero. Quando nella Lombardia gli Austriaci si ritiravano incalzati dai Francesi , i contadini lombardi a Como, a Varese, a Binasco, a Pavia, osavano ribellarsi al vittorioso esercito del Bonaparte, sfidando la ferocia della sua vendetta. Quando il mite Ferdinando III di Toscana era licenziato dai suoi nuovi padroni, e i nobili fuggivano, e i Girella, democratici improvvisati, venivano fuori con la coccarda tricolore, i contadini toscani insorgevano al grido di Viva Maria! Quando nelle Marche scappavano generali e soldati pontifici e il vecchio Pontefice arrestato era condotto via da Roma sua, non i Principi cattolici osarono protestare, non Roma papale insorse, ma i contadini dai monti della Sabina alle marine marchigiane caddero a migliaia per la loro fede e per il loro paese. Quando vilmente il Re di Napoli con cortigiani, ministri e generali fuggiva all’avanzar dello Championnet, soli, i montanari degli Abruzzi, i contadini di Terra di Lavoro, i Lazzaroni di Napoli si opposero all’invasore in una lotta disperata e sanguinosa” (Cfr.: Niccolò Rodolico : “Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia meridionale” Felice Le Monnier Editore, Firenze 1926.)

Ecco, si rifacevano alle gesta eroiche degl’insorgenti controrivoluzionari, quel gruppetto di “insorgenti veneti” :

Gilberto Buson – Cristian Contin – Flavio Contin – Antonio Barison – Luca Peroni – Moreno Menini, il “Bocia” – Fausto Faccia – Andrea Viviani

ai quali va il memore ricordo e la mia immensa simpatia,  che nella notte del 17 maggio 1997, bicentenario delle Insorgenze antigiacobine, arrivarono, sequestrando un traghetto, in piazza San Marco, con un “Tanko” (un carrarmato fatto da un trattore e coperto di cartone dipinto) salirono sul campanile (avevano portato con sé abbondanti viveri) “occupandolo” e incaricando “l’Ambasciatore Veneto” Bepin Segato di trattare con “lo Stato straniero italiano”…I “Serenissimi” volevano ricordare la gloriosa Repubblica e il suo Doge e contestare  l’annessione del Veneto all’Italia  e anche la presunta appartenenza del Veneto alla Padania, lo stato che, proprio in quei mesi, andava propugnando Umberto Bossi con la sua Lega Nord.

Si trattava naturalmente di una “romantica” ed esaltante azione dimostrativa – ma questo la stampa (e anche molti politici) lo capiranno, o, forse, lo vollero capire, soltanto molto dopo – ma intanto questa “azione” del commando dei “Serenissimi” occupò giorni le prime pagine dei giornali, mentre alla televisione, si aprivano i notiziari con le notizie dell’assalto al campanile da parte dei “Serenissimi”.

Un gesto che fece piovere sul capo  dei patrioti i fulmini e le saette del giacobinismo italico: attentato armato allo stato, interruzione di servizio pubblico a causa delle interruzioni delle trasmissioni televisive effettuate in precedenza alla manifestazione veneziana ( gli otto erano intercettati da mesi)…eversione, banda armata, associazione a delinquere, associazione sovversiva…perfino Bepin Segato, l'”Ambasciatore veneto”, che non partecipò all’azione, ma che aveva solo l’incarico di trattare con il “governo italiano”, si beccò  quattro – anni – quattro  di galera…anni che fioccarono, come neve in dicembre, sulle povere teste dei veneti: anni e anni di galera come fossero noccioline, mentre la grande stampa a cominciare dal Corrierone a “La Stampa”, dall’Unità fino al Manifesto, intonavano il “Crucifige” nei confronti degli “eversori”….

E ai blitz (quanto ridicoli e stupidi lo spiegheranno dopo i giornalisti che li avevano richiesti) seguirono le manette, le perquisizioni in piena notte nelle case dei “sospettati”, gli arresti, il terrore dei familiari, il tuonare dei pubblici ministeri, la lettura di sentenze “esemplari” e schifose a un tempo, i lunghi  interrogatori che ricordavano quelli dei Gulag, la mancanza di vergogna da parte del giacobinume e dei parlamentari papponi che si distribuivano parimenti in tutte le formazioni dell’arco parlamentare, il piombo della stampa che chiedeva la testa dei “rei”, i fervorini mielosi, patriotico risorgimentalisti, del Presidente della Repubblica (che, se non erro, a quei tempi, era il molto onorevole Azeglio Ciampi), e perfino i proclami idioti del tricolorismo “staraciano-finiano” che abbaiavano contro l’attentato all’unità d’Italia…insomma le forze “risorgimentali” della Grande Loggia al completo.

Nel 1999 il Ministro della giustizia sovietica Piero Fassino bloccò l’iter di una domanda di grazia presentata dalla moglie di Luigi Faccia; intervenne , poi, ancora una richiesta di grazia, alla quale dette parere favorevole il Ministro Roberto Castelli, ma che non fu concessa, per il netto rifiuto del “resistente” e tricolorato Ciampi, adesso quasi centenario pensionato d’oro (che il Grande Architetto gli conceda il meritato riposo!)

Il gesto fece sì che tutto il mondo parlasse di questo avvenimento: della voglia di libertà di questo popolo cristiano e laborioso che ha le proprie radici profonde nella Repubblica di Venezia; del resto gli otto “assalitori” riuscirono a guadagnarsi la simpatia della gente con il loro comportamento, un comportamento esemplare di fronte alla persecuzione e alla galera: “Il nostro non è stato un gesto violento o terroristico: non abbiamo tolto un capello a nessuno, volevamo solo richiamare l’attenzione sul sentimento identitario per la nostra terra, sulla nostra voglia di Indipendenza da questa Italia…se ci sono stati dei reati riconosciuti dalle leggi italiane, ebbene, noi siamo pronti a pagare, senza chiedere sconti, senza piagnistei.”

Quando vedemmo il famigerato “Tanko” in televisione tutti capimmo che quello era stato solo un gesto dimostrativo e che, semmai, il fatto grave era stato quello di aver fatto credere al pericolo che avrebbero corso le istituzioni democratiche (sic) e aver “montato” il caso.

Quello che però i solerti giudici o i loro suggeritori, quello che i politici, attaccati al totalitarismo risorgimentalista, non avevano previsto era il consenso che, da allora, cominciò a crearsi per la causa dell’Indipendenza veneta, la solidarietà che la maggioranza della popolazione veneta (ma non solo loro) espresse nei confronti di questi “uomini coraggiosi” che avevano issato sul campanile di San Marco il Gonfalone con il Leone della Serenissima Repubblica Veneta. Quello che i servi del regime non avevano previsto è come questo gesto fosse riuscito a risvegliare anche negli altri popoli della penisola la voglia di identità e di libertà: a cominciare dai popoli del glorioso Regno del Sud.

“Benché anch’io mi ritenga un cittadino del mondo (come Dante Alighieri scrisse di esserlo, e scusate se è poco) e benché io creda – scriveva un caro amico oggi ottuagenario, il poeta veneziano Avvocato Federico Fontanella –  che nascere in un posto piuttosto che in un altro , non costituisca alcun tipo di merito o di demerito, tuttavia in fondo al cuore sono lieto …che il Cielo, e la volontà dei miei mi abbiano fatto nascere veneziano, e quindi compatriota di Marcantonio Bragadin, ma anche di Carlo Goldoni, di Antonio Vivaldi e, perché no?, pure di Giacomo Casanova e di Giorgio Baffo.

Amo la mia città di un amore tenace e pudico. Ve lo rivelo -scrive ancora Fontanella – (ma lo chiudo nel vincolo del più rigoroso segreto confessionale) : mi sarebbe piaciuto lasciarmi prendere dai sogni e, in una incredibile notte di maggio, salire anch’io sul nostro Campanile per sventolare un’antica e gloriosa bandiera”.

Conobbi all’epoca Moreno Menini, il “Bocia” degli otto Serenissimi, era il figlio del Sindaco di Mezzane di Sotto che era morto, l’anno prima, sotto il trattore, si laureò in scienze politiche in carcere, conservava gelosamente le lettere di solidarietà di tante ragazze (le belle “tose”) che avevano visto la sua foto sui giornali e che sono raccolte in un volume : “Ti con nu nu con Ti”, la domenica faceva quaranta chilometri per andare alla S. Messa nel rito antico. Venne a Civitella del Tronto, l’ultimo baluardo del Regno del Sud, al Convegno annuale della Tradizione e regalò a molti di noi un gradito ricordo: un poster con il “Tanko” sul quale sventolava il Gonfalone veneto…con tanto di graditissima dedica. E quell’anno, come ogni anno, sulla Rocca, mentre la banda intonava l’inno borbonico e saliva, sul pennone, la bandiera gloriosa del Regno del Sud, garrivano al vento i Gonfaloni di Venezia, la bandiera del Granducato di Toscana, quella del Ducato di Modena, quella dello Stato della Chiesa e di tutti gli altri Stati preunitari italiani. Da allora, il “Bocia” divenne apprezzato collaboratore di “Controrivoluzione”. Scrisse Lorenzetto su “Il Giornale” : “Pucci Cipriani  ha fatto il miracolo di mettere insieme, a Civitella del Tronto, il Direttore de “Il Brigante”, il neoborbonico Gino  Gianmarino e l’Onorevole leghista Mario Borghezio, sotto gli occhi di due dei Serenissimi”.

Ecco, questo episodio, da solo, potrà spiegare la nostra posizione nei confronti di coloro che si battono contro questo stato accentratore e totalitario nato dalla “colonizzazione” piemontese degli altri Stati italiani, dall’unione dei medesimi stati, fatta a tavolino con la “squadra e il compasso”, dopo la conquista del Sud per cui, anni fa, un famoso giornalista, Pino Aprile, dopo attenti studi storici “non conformisti” poteva scrivere, con stupore, tra l’altro: “Come potevo immaginare che stessimo così male nell’inferno dei Borbone, che per obbligarci a entrare nel paradiso portatoci dai piemontesi ci vollero orribili rappresaglie, stragi, una dozzina di anni di combattimento, leggi speciali, stati d’assedio, lager? E che, quando riuscirono a farci smettere di preferire la morte al loro paradiso, scegliemmo piuttosto di emigrare a milioni (e non era mai successo)? (Cfr. Pino Aprile : “Terroni”- Piemme 2010 Pagg.9-10)

Fin qui la cronaca, condita di “Amarcord”.

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“Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave senza nocchiero in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello.”

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Bello riempirsi la bocca con le solite parole: popolo, democrazia, partecipazione, suffragio universale e menate simili, il tutto  finché siamo sicuri del successo elettorale, poi, quando ti senti mancare il terreno sotto i piedi, quando gli elettori ti abbandonano, quando la gente è stufa, allora si cambia tutto. Credevamo che la democrazia significasse avere il cinquanta più uno dei consensi (un modo come un altro per stabilire delle regole senza mangiarsi vivi) poi quando il cinquanta per cento diventa un sogno, sono loro, i “padroni del vapore” a stabilire che non il cinquanta ma il trenta sarà sufficiente a governare…e poi basta con il popolo che designa i candidati: ci pensiamo noi (la casta) a nominarli in tutta Italia e via le preferenze, via il proporzionale, a casa questo popolo ignorante e ciuco che non sa scegliere…e noi, illuministi, sceglieremo per lui…

E la storia del referendum? Sì, sì, certo, ha ragione la maggioranza purché scelga quello che vogliamo noi e, per favore, lasci stare certi argomenti che provocherebbero delle vere e proprie catastrofi: sì l’uscita dall’Euro provocherebbe catastrofi incredibili, non parliamo poi dell’uscita dall’Europa che pensa per noi che, da tempo, abbiamo mandato in pensione il nostro cervello…pensa l’Europa a dettarci le “linee guida” a stabilire la dimensione delle zucchine e delle melanzane, a farci buttare a mare le nostre arance (“dobbiamo prenderle dal Marocco” secondo le “linee” dell’Europa), a farci a approvare le leggi infami che mirano alla distruzione della famiglia. Ricordate il governo della Sinarchia mondialista di Monti e della Fornero? Dovevamo cedere pezzi di “sovranità nazionale” perché le cose andassero meglio (Monti) e soprattutto dovevamo smettere di insegnare ai nostri figli che esiste in natura soltanto l’uomo e la donna, cosa sarebbero servite sennò le teorie del gender in questa nuova Frociopoli Europea? (Fornero)

Non parliamo dei referendum autonomisti…qui addirittura si commette reato e “peccato” financo a parlarne. Voler mettere in discussione l’Italia nata dal Risorgimento, dal “Mazzinismo” fascista e dalla Resistenza, siglata con tanto di bollo del Grande Oriente d’Italia e benedetta dai vati del neomodernismo che, oggi, hanno occupato i vertici della Chiesa? Ma siamo pazzi…Guai a voi “vili meccanici”!

Nella prima Repubblica ci ha pensato la democrazia cristiana , diciamolo francamente, a “neutralizzare” le teste calde, creando gli “opposti estremismi” :  un’operazione da professionisti della politica quella di tenere a bada le opposizioni garantendo, proprio in nome dell'”ordine napoleonico”,  la Gironda al potere.

Poi, con la “seconda repubblica”, abbiamo avuto i dilettanti allo sbaraglio (una sinistra senza più punti di riferimento se non quello della “caccia” a Berlusconi, una destra senz’anima, un centro ispirato dalla mente eccelsa di Marionetto Segni) in cui i “Progressisti”, per distogliere l’attenzione dai gravi problemi che la Destra non sapeva (o non poteva) risolvere, fa uscire dal cilindro  i “Tanko” e i “colpi di Stato” dei Serenissimi, i neoborbonici che volevano fare la secessione, la Lega cattiva, il tricolore oltraggiato, i lamenti e i guaiti di Ciampi, Napolitano, Scalfari e poi gli starnuti delle pulci  “compassate” : da Cazzullo a Filippo Facci, da Bondi alla Bonino e Capuzzone, da Toccafondi e la Prestigiacomo a Luxuria fino a Vendola, passando per Casini (Pierferdy) , Fini, Storace e Alfano…Un cuore solo e un’anima sola: il tricolore (massonico).

Parliamoci chiaro. La mente più lucida fu sempre lui, pur con tutti i difetti, il Cavalier Silvio Berlusconi – braccato dalle procure di tutta Italia, osteggiato dalle sinistre e dalle vestali repubblicane, tradito dagli stessi microcefali che lui aveva innalzato  e magnanimamente nominato “onorevoli”  (Alfumo, Lupi, il trombato Toccafondi, già famiglio di Denis Verdini, La Quagliarella, l’altro “trombato” Mauro etc.), snobbato dai radicali chic di cultura sessantottarda –  a buttare un sasso nello stagno, a muovere le acque : “Ma quale centenario dell’Unità d’Italia…ma per favore leggetevi le opere della Pellicciari….”

Che, per chi non lo sapesse, Angela Pellicciari è quella storica “cattolica e revisionista” (ce n’è abbastanza per farla mettere al rogo!) che, finalmente,  ha sollevato il velo e ha mostrato alcune delle grandi vergogne “italiane” con libri come : “L’altro Risorgimento” (Piemme), “Risorgimento anti cattolico” (Piemme), “I panni sporchi dei Mille” (Liberal), “Risorgimento da riscrivere” (Ares), “I papi e la Massoneria” (Ares) etc.

Grande Berlusconi che ha dato una lezione agli scalzacani tricolorati che gli stavano e tuttavia gli stanno intorno!

E così, l’altra settimana, quando in Veneto si sono montati i gazebi e sono iniziate le libere votazioni, oltre tutto senza nessun valore legale ma che comunque sarebbero servite per  “misurare la temperatura” dell’elettorato, eccoti la sorpresa: oltre due milioni di cittadini si recano alle urne o votano on line per l’indipendenza di quella Regione… e scoppia il panico: improvvisamente si riforma il “ciellenismo” e fra tutte le “Forze politiche itaGLIane” – fatta eccezione per i piccoli raggruppamenti della Lega e di FdI – si scatena il panico, il terrore…i risultati sono stati falsificati, non è vero che tanta gente si è recata a votare…ma…ma…ma…intanto si pensa che questa gente voglia far bagaglio e andarsene da “Mamma Roma” proprio nel mentre il “ciellenismo europeo” e americano lancia anatemi contro il cattivo Putin e Hollande e Napolitano vorrebbero scatenare una nuova guerra in Crimea. Aiuto, è a rischio l’Unità di questa nostra Itaglia tricolorata…Dio mio in Veneto sono tutti impazziti…

Ma ecco la mattina dopo si può tirare un sospiro: tutte macchinazioni dei mascalzoni indipendentisti, dei Serenissimi, dei rigurgiti della “reazione”, proprio in un tempo in cui “tutto va ben madama le Marchesa” e perfino il peccato è stato abolito dal Vaticano, per cui il Card. Kasper potrà proclamare il nuovo dogma ecclesiale: “FUTTI, FUTTI CHE DIO PERDONA A TUTTI” …ecco le prove dello sventato “golpe” trovate dai solerti investigatori che, nottetempo, si precipitano nelle case dei “sospetti” e, in mezzo al terrore (quello vero) dei bambini e delle mogli, mettono la casa sottosopra e trovano le “prove” del crimine in quei pericolosi manifesti con il Leone alato, in quei fogli dove sono scritti vaghi proclami e, soprattutto, nelle intercettazioni: “Tu mangi il salame, altro che salame ci vorrebbero dei candelotti di dinamite…” senza, peraltro, indicare dove avrebbero dovuto essere piazzati detti candelotti…

tnkMa la “prova regina” –  per cui scattano le manette, la galera, l’isolamento e la gogna, i processi farsa con conseguenti sentenze con snocciolamento di anni di carcere –  ecco che arriva: il “Tanko”, trovato in un capannone e…ancora un altro, una pericolosa “Ruspak” (clicca qui per vedere altri pericolosi ordigni fabbricati dal popolo indipendentista veneto)…ecco, un carrarmato…eppure i nostri governanti che stanno ai piani superiori dovrebbero conoscere bene i carrarmati, quelli che loro applaudivano quando schiacciavano sotto i cingoli gli operai e gli studenti che scesero in piazza per difendere la loro libertà contro l’invasione sovietica. Dovrebbe saper bene come son fatti i carri armati (del tutto differenti dal “Tanko”) chi, dopo lo spettacolo orrendo di oltre 32.000 morti, poteva scrivere sulle colonne del suo giornale, “L’Unità”, che i sovietici: “A Budapest hanno ristabilito l’ordine e portato la pace minacciata dai ‘controrivoluzionari’ “

Ma tant’è, in questa nostra Repubblica  in cui vengono distrutte le famiglie, dove le tasse uccidono ogni attività  o iniziativa artigianale e industriale, dove la gente con le pensione dello stato non giunge a metà mese , dove i giovani non trovano lavoro, dove non esistono più ideali e si sono aboliti  i “princìpi non negoziabili”, dove è pericoloso uscire fuori la sera e dove, in casa, se hai subito una sola rapina puoi dirti fortunato…in questa “Itaglia”, dove i vecchi vivono con la pensione minima di quattrocento euro mensili mentre gli “immigrati ” e gli zingari si beccano quaranta euro al giorno, dove la Presidente della Camera ci rimbrotta e pretenderebbe di mandare i turisti nei Cie e i clandestini negli alberghi a cinque stelle, in questa nostra “Italia risorgimentale” dove da Lampedusa si vanno a chiamare altri immigrati, in queste città dove i nordafricani incrementano la loro rete di spaccio e dove le bande albanesi, rom e romene rapinano le abitazioni uccidendo e torturando, ebbene in questo “Belpaese” di ladri, di omicidi, di lenoni, di bancarottieri, di “invertiti dello spirito”, di grassatori e di mignotte,  dove nessuno va più in galera e dove – è notizia di oggi – l’ex brigatista Barbara Baraldini, che uccise, tra gli altri, il giudice Minervini, con cinque omicidi sulla testa, presenta il suo libro con il patrocinio e i quattrini del Comune di Ruvo di Puglia… si scopre, improvvisamente, il “nemico” : gli indipendentisti veneti.

Per giorni e giorni gl’inquirenti terrorizzano intere famiglie…poi, con la prova del “Tanko”…tutti i giornali escono con grandi titoli, le televisioni aprono i loro notiziari dove, con parole concitate, si danno le ultime informazioni sul “colpo di stato”…perfino cervelli come quelli di Fazio, Lerner, Filippo Facci, Floris, il meglio delle teste di…regime, si mettono al lavoro e la condanna contro i “golpisti” è unanime, sincera, democratica, unitaria e “tricolorata”…con sigillo del Grande Oriente.

Presi dalla febbre dall’emozione, dalla bramosia di salvare lo Stato “unitario” e con lo stato unitario quelle comode poltrone, tutti, all’improvviso, scoprono un “unum sentire” e varano una legge – ripeto con il voto contrario dei leghisti e di FdI – che manda liberi un numero incredibile di delinquenti; tutti, approfittando del Golpe indipendentista, votano il decreto svuotacarceri…et voilà!

Nel frattempo – sempre grazie a chi, gridando : “vergogna” alla minoranza italiana, è andato a Lampedusa a chiamarli – ecco il Ministro degli Interni (Alfano pieno di fumo) che annunzia, dopo aver fatto reprimere la rivolta veneta, almeno altri seicentomila immigrati che giungeranno quest’anno, durante ‘estate, sulle coste italiane e ai quali sarà data calorosa accoglienza e , naturalmente, la cittadinanza, dopo che, grazie al voto congiunto di Pd, Ncd, Forza Italia, SEL e Movimento cinque stelle, è stata approvata l’abolizione del reato di clandestinità. Così con le pensioni dei nostri vecchi, tagliando l’assistenza agli handicappati e ai bisognosi, potremo elargire agli “ospiti” un generoso assegno di mantenimento (secondo le indicazioni della Signorina Boldrini) in attesa che i nuovi cittadini “italiani” possano ben organizzarsi in bande e dedicarsi ai furti, alle rapine, agli omicidi e – vista la prevalenza dei “nuovi cittadini islamici” con più mogli – anche al terrorismo, naturalmente in nome di Allah, del suo profeta Maometto e dell’ecumenismo…Noi potremo così fare sonni tranquilli: gl’indipendentisti veneti sono in galera, in isolamento, le loro famiglie e i loro amici messi in condizione di non poter più minacciare, le loro fabbriche con centinaia di dipendenti chiuse, questo Stato di galantuomini finalmente al sicuro…Ah, dimenticavo, il “Tanko” è stato sequestrato,  quel terribile “Tanko” che – ha detto un cretino in TV – era stato fatto “sull’affusto di un trattore ma, tecnicamente, pronto a emettere una tremenda  potenza di fuoco”. BUONASERA!

29 commenti su “Onore ai Serenissimi – di Pucci Cipriani”

  1. Grazie signor Cipriani, per aver descritto mirabilmente quello che penso anche io, dicono anche che con le preferenze si è eletto una pessima rappresentanza, così è descritto in un articolo “via libera alla competizione clientelare e danarosa a colpi di preferenze consentirebbe a quelli come lui (Alfano) di mantenere un controllo incontendibile sulle segreterie dei partiti, cioè sui luoghi in cui si decide chi va e chi non va in lista”, insomma come dice lei trovano tutte le scuse, perfino che eleggere è in disuso in tutta Europa! Renzi decide tutto da solo chi e dove piazzare.

  2. giorgio rapanelli

    Vedendo il “tanko” mi viene in mente quel cartepillar della Vianini di Roma che il meccanico Jobert del 5 Commando anglosassone in Congo, che combatteva i ribelli Simba, aveva ideato per fare saltare le mine cinesi che i Cubani collocavano lungo le strade e i sentieri della zona del Tanganika negli anni 1965-66. Quella del “tanko” mi è sembrata una goliardata, o una provocazione… Se avessero voluto fare le cose seriamente, servizi permettendo, avrebbero organizzato unità di gappisti, giustizieri di politici corrotti. Ci sono forti percentuali di cittadini ridotti in miseria, ma non siamo nella condizione della sollevazione popolare. Per cui ogni velleitarismo diventa inutile e dannoso. Comprese le goliardate venete.
    Le Europee diventano una banco di prova politico nazionale. Vediamo se gli Italiani saranno in grado di dimostrare che le illusioni sui salvatori del popolo (Berlusconi, Renzi, Napolitano) sono passate. Manca qui da noi una Marine Le Pen ed è ancora troppo fresca la sudditanza nel governo Berlusconi della Lega e di elementi della Destra riuniti oggi in Fratelli d’Italia. L’unico che rimarrà fuori dai giochi di prossimo accorpamento forse sarà il Movimento 5 Stelle, proprio per la sua indipendenza da qualsiasi schieramento politico. Di sicuro la gente non crede più in questa Europa. Ma sarà difficile uscire dall’Euro. Certamente un successo degli anti-Euro sarebbe un duro colpo al consociativismo decennale di Destra-Centro-Sinistra.

  3. Articolo pienamente condivisibile e talmente reale che mette una gran tristezza sulla nostra situazione nazionale e politica.

  4. Piero Vassallo

    Carissimo Pucci, la triste storia impropriamente detta risorgimentale non può alterare la nostra percezione del presente. Intendo dire che lo smembramento dello stato unitario allo stato attuale dell’arte politica produrrebbe una ventina di fragili repubblichette euro-dipendenti o walkiria-dipendenti. Tento di chiarire il mio pensiero proponendo l’esempio deell’Umbria, una regione nella quale i turisti stranieri già si concedono alcune “libertà”. Tuttavia la loro tendernza alla “allegria” è frenata dallo stato nazionale, che esercita (malgrado tutto) un’autorità più forte di quella che sarebbe esercitata dalla repubblica umbra. Immagino che tu conosca le stranezze “francescane” degli europei e degli americani ad Assisi. E penso che tu non abbia difficoltà ad immaginare che cosa accadrebbe ad Assisi se la già debole repubblica italiana si riducesse alla debolissima repubblica umbra. Non credo sia un eccesso prevedere che americani e tedeschi sarebbero felici di aprire un postribolo per omosessuali (“maschi” e “femmine”) in faccia alla basilica di San Francesco. Questa, infatti, è l’immagine tedesca e americana del francescanesimo: un ecumenismo imbelle, cataro e pederastico. (L’esatto contrario dell’inno scritto dal Santo di Assisi per confutare e svergognare i catari). Spero che nessuno pensi che sto facendo l’apologia dello stato del signor dottor Giorgio Napolitano. Sto solo rammentando che il peggio non ha mai fine, quando si procede con leggerezza. Quanto alla storiografia anti-unitaria debbo ricordare che un grande esponente della cultura tradizionale, don Francisco Elias de Tejada, nel 1976, nella rivista diretta dal compianto Pino Tosca, pubblicò un saggio in cui affermava che l’unità d’Italia fu una conquista per tutti gli italiani. Ovviamente non disprezzo la fatica della prof. Pellicciari. Contesto l’idea (perdonami se uso un luogo comune) che sia possibile seriamente invertire il corso degli eventi e passare dalla frittura di pesci (l’attuale Italia) all’acquario che fu. Infine vorrei rammentare che la massoneria era infeudata anche nelle corti c. d. “tradizionali”. Abbiamo letto (tu ed io e migliaia di studiosi della nostra area) la storia della rivoluzione francese scritta dal Gaxotte e sappiamo quali sostegni ebbe la cultura illuministica nella corte di Versailles. La regina Maria Antonietta (ad esempio) fu (alla fine) una vittima dell’atrocità giacobina. Ma prima di diventare vittima fu attrice di recite di stampo rousseauviano, con pecorelle pettinate come lo saranno le bambole di Pier Luigi Bersani, figuranti di sesso vago ecc. Rousseau nei giardini della monarchia. Tradizionale? Spero che nessuno dimentichi che la monarchia “tradizionale” affermava il primato della politica sul clero. E che Luigi XVI fu martire solo quando (rifiutando di firmare la costituzione giacobina del clero) capovolse la tradizione della sua famiglia. In conclusione: preghiamo (è l’unica arma che possiamo usare nel quadro della catastrofe antropologica in atto nella nostra Patria) e chiediamo al Signore d’impedire il peggio. Ma evitiamo di affidare il nostro destino ai giochi infantili, improvvisati da nostalgici della fu repubblica di Venezia. Con vivo affetto, tuo in Cristo Re, piero vassallo

  5. Piero Vassallo

    Giulio Tremonti ha dimostrato senza lasciare ombra di dubbio che il “golpe” di Napolitano e Fini era orchestrato dalla cancelliera tedesca, la quale aspirava a mettere le mani sui risparmi degli italiani. aspirazione soddisfatta pienamente: il malessere italiano reca benifici alla Germania. la nostra miseria produce ricchezza nella Germania dei parassiti. Segnalo infine l’intervista di La Boccetta pubblicata nel Tempo: si dimostra che Fini (accecato dall’invidia e tormentato dalla invincibile stupidità) e Napolitano (dominato dal mai superato pregiudizio vetero comunista) hanno lavorato al danno dell’economia italiana per “fare dispetto a Berlusconi”. vedere tali penose e stupide contorsioni del potere centrale, tuttavia non autorizza a concludere che la soluzione sia la disunità d’Italia. il pessimo uso del potere centrale non giustifica una frantumazione che esporrebbe gli statarelli regionali all’azione fraudolenta (furtiva) dei nostri presunti “alleati” terdeschi americani e francesi. il potere centrale deve essere corretto (sarebbe questo il fine della destra che non c’è) non frantumato per il vantaggio dei ladroni incombenti dall’Europa.

  6. Paolo Pasqualucci

    Concordo pienamente con l’intervento del Sig. Rapanelli e in particolare con i due dell’amico Piero Vassallo. Questi ultimi fotografano a perfezione la situazione. Per parte mia aggiungo: ONORE, invece, a coloro che si stanno battendo per rinnovare l’unita’ della Patria secondo i principi e gli ideali dello Stato cristiano, del vero cattolicesimo, contro il laicismo tanatofilo che la sta distruggendo e si devono tuttavia continuamente guardare dal “fuoco amico” dei settari dell’UNITA O CATTOLICA. VIVA L’ITALIA UNITA E CATTOLICA!

    1. Paolo Pasqualucci

      ERRATA CORRIGE : INVECE DI “SETTARI” VA LETTO : “SETTATORI”. Quindi: “…dal “fuoco amico” dei settatori dell’UNITA O CATTOLICA etc.”. Paolo Pasqualucci

  7. Pucci Cipriani

    Caro Piero,
    sappiamo benissimo che la Massoneria si era infiltrata, come le zecche, nelle corti settecentesche, insieme ai pidocchi e alle parrucche. Ma si “era infitrata”. L’Unità d’Italia invece fu opera della Massoneria e la Gran Loggia Inglese era dietro a TUTTI i moti così detti patriottici che ebbero come “duci” il menagramo genovese che non nomino per decenza, il bandito Garibaldi, già comandante di una filibusta schiavista, i galeotti che sbarcarono a Sapri etc.etc. Nella mia Toscana i “Viva Maria” si batterono eroicamente per il Granducato , abbattendo l’Arma dei Lorena i innalzando le “palle” medicee, anzi le prime insorgenze si ebbero in nome del Trono e dell’Altare, contro il Granduca Pietro Leopoldo e il gainsenista vescovo di Pistoia (quello di allora) Scipione dei Ricci che, con il Granduca, indisse il Conciliabolo di Pistoia vero anticipatore del Vaticano II. Poi l’età felice con la Restaurazione l’età felice con Ferdinando III e Leopoldo II. Ogni anno a Firenze, per San Giuseppe, il Granduca Sigismondo d’Asburgo Lorena (Dio salvi!) rinnova, con la sua presenza a Firenze ,questo vincolo di fedeltà e di patriottismo. E tu mi chiederesti di rinnegare la mia Patria Toscana per la Repubblica squillo? Oppure a noi, uomin i della Tradizione, non è concesso nemmeno coltivare la memoria storica? I Serenissimi saranno i difensori di una Repubblica che fu ma sono gente viva, palpitante, con la fedina penale pulita, cattolici che, per le loro idee, sono capaci di affrontare la galera e la gogna: a testa alta. Quello del “Risorgimenro italiano” era il cavallo di battaglia del rabbinico Carlì f.c. ricordi? Io lo ricordo benissimo e ricordo anche cosa disse Caucci.

  8. Caro Sig. Vassallo, noi veneti non siamo sentimentaloidi da quattro soldi, ne’ vogliamo la distruzione della civiltà italiana, vorremmo solo un po’ rispetto, sia per le tradizioni nostre di veneti e anche degli altri paesi dell’ italia. siamo stufi di essere governati di gente che fa solo gli interussicci loro e dei loro bottegai. Dove sono i grandi tecnici che per anni ci hanno imbonito con le loro previsioni di grandezza economica?, noi veneti, come pure altri paesi dell’italia, abbiamo dato non solo il sangue per la nostra terra, ma anche lavoro e lavoro, ed ora questi grandi signori della politica ci stanno affamando. Migliaia di imprese hanno chiuso i battenti, sono migliaia i disoccupati in italia. Ci sono i nostri figli e i nostri papà di famiglia a casa dal lavoro che non sanno come sfamare, sissignore, ripeto come sfamare la famiglia, e secondo lei, dovremmo aver paura di cambiare un governo che ci precipiterà ancora più in basso ?Lo so è possibile che ci sia un peggio, ma peggiore è l’immobilismo e lasciar vincere la paura del cambiamento. Noi veneti non vogliamo portar via niente a nessuno, ma vogliamo che ogni paese si riscatti con il proprio lavoro, e basta assistenzialismo, ma dignità per ogni popolo e LIBERTA’

  9. Piero Vassallo

    Carissimo Pucci, io non intendo contestare e tanto meno proibire il culto del passato. Intendo rammentare che la frantumazione dell’Italia gioverebbe ai tedeschi agli americani e in genere ai parenti del (da te) citato Carlì da Lubecca. Gli intepreti della Tradizione (a mio parere) oggi devono fare fronte alla congiura nichilista organizzata da banchieri e ideologi in guerra contro il Cattolicesimo. Ed è chiaro che la speranza di vincere in questa battaglia è legata alla forza che oggidì manca allo stato centrale ma domani mancherebbe in misura catastrofica alle repubblichette generate dallo sfascio. La doverosa ed equilibrtata critica al c.d. risorgimento non può rovesciarsi in un frazionismo che oggi produrrebbe una accelerazione dei piani thanatofili concepiti dai nemici di Nostro Signore. Dimmi in tutta sincerità: pensi seriamente che gli antitaliani veneti possano contrastare la potenza germanica e la corruzione causata dai legislatori europei? Ritieni disperato il progetto di dare vita a una destra cattolica nazionale capace di interpretare la speranza degli italiani di oggi? Naturalmente io non affido la speranza della rinascita ai nipotini di Giorgio Almirante o ai neodestri. Vorrei rammentare le cause della decadenza civile secondo Pio XII: denatalità, sfascio delle famiglie, fuga dalle campagne. Pensi che a tale sfascio possa rimediare il particolarismo dei veneti? La salita di una ardua montagna non si affronta con le scarpe di gomma. affettuosi saluti, piero

  10. Sì, è possibile affrontare i mali distruggendo l’unitarismo italico. Perché tutti parlano, ma appena qualcuno fa qualcosa viene contestato. E’ doveroso riprendere ciò che fu, per grande malignità, rapito ai popoli cristiani d’Italia.

  11. Piero Vassallo

    Caro Michele, oggi le elezioni ungheresi hanno dimostrato e rammentato (leggi il magnifico scritto di Paolo Deotto) che Cattolicesimo e amor di Patria convivono felicemente. La destra cattolica non può vivere con la testa rivolta al passato quantunque nobile. il nostro problema – oggi – è fare fronte agli usurai di Buxelles e di Berlino e ai loro “maestri” americani Soros ecc.. Frantumare l’Italia non è la soluzione adatta a mio avviso. Rammento infine che la fede cattolica fu soffocata non senza il contributo della nobiltà reazionaria (lo insegna, ad esempio, il caso del sostegno offerto dal granduca al vescovo giansenista di Pistoia) Cordiali saluti, p.v.

    1. Paolo Pasqualucci

      E che dire dell’osservanza della morale cattolica, per cio’ che riguarda l’esempio della fedelta’ coniugale da parte di un gran numero di principi e governanti cattolici, e in particolare degli Asburgo-Lorena? I matrimoni erano quasi sempre combinati seguendo la ragion di Stato e raramente erano felici. “Occorre tener presente che Leopoldo aveva fatto un matrimonio puramente politico in cui amore e simpatia erano fuori questione, che Maria Luisa [la consorte] era stata sempre lungi dall’essere bella e doveva aver perduto rapidamente la freschezza della giovinezza per il suo quasi permanente stato di gravidanza: sedici maternita’ e almeno tre aborti in ventuno anni! […] Le avventure passeggere e occasionali furono probabilmente parecchie: ma lasciamole da parte. Sappiamo pero’ di almeno due relazioni durevoli degli ultimi anni di regno a Firenze: la prima riguarda Lady Anna Cowper nata Gore, [sposata poi vedova]. La seconda , piu’ nota, e complicata dalla nascita di un bambino, riguarda la bella Livia Raimondi, a quanto si diceva figlia di un cameriere romano, da Leopoldo conosciuta a Pisa nel 1786. Era una danzatrice, ed era stata fischiata dagli studenti a teatro.(Adam Wandruszka, “Pietro Leopoldo. Un grande riformatore, tr. it. di G. Cosmelli, Vallecchi, Firenze, 1968, pp. 540-541). Lasciamo che i morti seppelliscano i morti e rifondiamo l’Unita’ d’Italia secondo il modello dello Stato Cristiano, del vero Cattolicesimo! Questo e’ il compito storico della nostra Patria, compito che coinvolge la sua stessa sopravvivenza. Cordialmente, Paolo Pasqualucci

    1. Paolo Pasqualucci

      Caro Sig. Michele : Non e’ l’Italia? Viva la sincerita’! E quale sarebbe, allora, la sua Patria? Comunque: “Noi”, c h i ? Dobbiamo forse preder atto dell’esistenza di una Antiitalia cattolica (tradizionalista) speculare a quella resistenzial-comunista e conciliar-vaticanosecondista? Cordialmente, PP

  12. Piero Vassallo

    Caro Signor Michele, è per caso nato a Lubecca come il conoscente di Pucci Cipriani? In tal caso sarebbe charita la ragione del suo fermo rifiuto della nazionalità italiana. Sono curioso di sapere come Ella giudica don Francvisco Elias de Tejada y Spinola e (di conseguenza) Pino Tosca, che ha pubblicato il’articolo tejadiano, scritto per riconoscere che l’unità d’Italia fu una grande conquista. Certo che se lei fosse un compatriota di Lutero di Hegel e di Bismarck … distinti ossequi, p.v.

  13. La Patria nasce dalla Tradizione e dal paese (prossimo) in cui si è nati, non da denominazioni nate dai miasmi della Rivoluzione. Vorrei sapere, in caso di referendum positivo (per noi veneti, si intende) come pensate che il tanko risorgimentale debba agire e come pensate di agire voi. Grazie!

  14. Piero Vassallo

    Mi scusi, signor Michele, secondo Lei la “denominazione” Italia sarebbe nata dai miasmi della rivoluzione? Dante sarebbe un rivoluzionario (lo sosteneva l’iniziato Gabriele Rossetti… Guénon voleva farne un iniziato alla massoneria pitagorica …) E Petrarca sarebbe un liberale miasmatico? E Vico un garibaldino ante litteram? Una curiosità: gli abitanti di Gorgonzola li definirebbe patrioti al formaggio piccante? Infine: se i veneti volessero iventare sudditi (di fatto) della cancelliera tedesca c. Merkel non potrei impedirlo. Almeno mi lasci dire che sarebbe un errore.

    1. Paolo Pasqualucci

      Caro Signor Michele, lei non risponde direttamente ma si limita a “far capire”, servendosi di immagini piu’ che di concetti, mi sembra. Volendo essere semplici e diretti, scartiamo pertanto il simbolismo goffo del “tanko” e andiamo diritti alla “cosa stessa”.
      1. Come dovrebbe agire lo Stato italiano di fronte ad un referendum secessionista che avesse successo? A. Se il referendum fosse stato legittimo, ossia approvato dalla Corte Costituzionale, lo Stato dovrebbe limitarsi a prenderne atto. B. Se fosse stato illegittimo ossia fatto in proprio, non autorizzato da nessuno e persino contro le esortazioni o gli ordini dell’autorita’ legittima, si tratterebbe di un atto rivoluzionario molto grave, attentante alla struttura e alla vita stessa dello Stato e della societa’ italiani, ragion per cui lo Stato sarebbe perfettamente legittimato ad usare la forza, in tutta l’estensione del termine, per punire i responsabili e cancellarne gli effetti. In quest’ultimo caso potrebbe scoppiare una guerra civile in Italia (anche se prevalentemente nella forma – tristemente nota – dei moti di piazza, degli attentati, degli omicidi politici etc) la cui colpa (questo dev’esser chiaro sin da ora) sarebbe comunque da attribuire ai secessionisti. Ognuno deve assumersi le sue responsabilita’.
      2. Per cio’ che mi riguarda continuerei, per quanto possibile alle mie capacita’, nella mia battaglia culturale per il Rinnovamento (o Rifondazione) dell’Unita’ d’Italia nel cattolicesimo (quello vero, non quello attuale compromesso con gli pseudovalori del Secolo). La battaglia culturale contro il “particolarismo italiano” e lo “spirito di fazione”, da sempre tra i nostri peggiori difetti, unitamente al servilismo nei confronti degli stranieri.
      3. Veniamo ora all’idea di Patria. Certo in questa sede non possiamo fare lunghi discorsi. Mi limito a formulare una richiesta di chiarimenti. Che l’idea della Patria sia inscindibile da quella della Tradizione, siamo tutti d’accordo, credo. Ma da quale Tradizione? Cattolica? Nazionale? Locale? Internazionale? Esoterica? Forse bisognerebbe specificare cosa si intende con “tradizione” invece di dare il concetto per scontato. Riferendomi all’Italia come alla “nostra Patria” usavo il termine in un’accezine comune e tramandata e quindi non dovevo spiegarlo. Devo poi confessare che non mi e’ chiaro il concetto da lei utilizzato di “paese(prossimo) in cui si e’ nati”. Uno nasce “in un paese”, non in un “paese (prossimo)”. Che vuol dire? Lei voleva forse riferirsi al borgo, al campanile, al villaggio con le sue mura? Li’ nasce e li’ finisce la Patria e chi se ne importa di tutto il resto del Paese, anche se tutto il resto parla la nostra stessa lingua e la sua storia e’ intrecciata con la nostra? Dobbiamo forse intendere la Patria alla maniera di Monaldo Leopardi, che certo non brilla per larghezza di vedute, per cosi’ dire? Siamo dunque rimasti a Monaldo Leopardi, bravissima persona, si intende, ma certo non il massimo, come pensatore politico? Di fronte ai drammatici problemi che la Globalizzazione ci pone, dalla migrazione dei popoli in casa nostra ai cappi intercontinentali dell’alta finanza, ci dimettiamo da italiani, rifugiandoci ognuno nel proprio villaggio e chi s’e’ visto s’e’ visto? Come forma di suicidio collettivo non e’ ne’ originale ne’ elegante. Non le pare? Cordialmente, PP

      1. Caro Paolo, mi permetta il caro perchè provo tanta simpatia nel leggere il suo tentativo di legittimare una patria che non c’è. L’Italia, figlia di un élite risorgimentale massonica e carbonara, nata contro la Chiesa e contro i vari popoli italici, fa ormai parte del passato. Il fututo è nelle mani delle tante popolazioni che vogliono essere libere e governarsi. Non si rende conto che tutto è fallito e fallirà ineluttabilmente, che la libertà di un popolo è un diritto inalienabile. La ospitiamo qui in Veneto, passi qualche tempo e capirà se esiste o no un popolo veneto. Quanto alla lingua italiana è stata una grande conquista ma la invito a non unire la lingua italiana con la nazione italiana, sono un’altra cosa. Tra l’altro l’italiano si parla normalmente anche in Svizzera, Croazia, Slovenia, Malta e non fanno parte dello stato italiano. Ripensi per favore alle sua convinzioni risorgimentali, le è una persona molto più intelligente delle convenzioni. Cordialità

        1. Paolo Pasqualucci

          Caro Nickjob, ma perche’ celarsi dietro un nomignolo straniero, che riflette – mi sembra – il cattivo inglese della rete informatica? La ringrazio della simpatia e del cortese invito a visitare il Veneto. Vi manco dal 1984. Essendo romano ma di madre veneta, vi ho trascorso parte della mia infanzia, andandovi poi piu’ volte a ;trovare i miei parenti. ( Mi scuso con i lettori per questi riferimenti personali). Io mi ricordo un Veneto ben diverso dall’attuale, sul piano della mentalita’ e dei costumi. Negli anni Cinquanta del secolo scorso era ancora profondamente cattolico e questo voleva pur dire qualcosa. L’iperattivismo mercantile, l’edonismo di massa, la rivoluzione sessuale erano mali ancora del tutto sconosciuti. La lingua non ha nulla a che vedere con la Nazione? Non sono d’accordo. La lingua e’ espressione di una cultura, che diventa nazionale se la lingua assurge a dignita’, bellezza di l i n g u a elevandosi rispetto ai vari dialetti. E vi assurge grazie alle sue creazioni artistiche e di pensiero. La lingua italiana non esprime forse una cultura italiana che preesiste di molto allo Stato unitario? Tra l’altro gli Stati preunitari in che lingua scrivevano i loro documenti ufficiali? Diciamo allora che nella “nazione italiana” c’erano i dialetti, che esprimevano le realta’ locali, erettesi anche nelle forme statali piu’ varie, e c’era la lingua italiana che, grazie alle opere dei suoi grandi scrittori, esprimeva l’unita’ culturale della nazione. La invito a (ri)leggere un vecchio autore tedesco, secondo me ancora interessante : Otto Vossler, “L’idea di nazione da Rousseau a Ranke” (1937), tr. it. G. Federici Aiboldi, Sansoni, Firenze, 1949. A p. 102-3, troviamo: “Infatti, fu in particolare contro il tentativo napoleonico di parificare e denazionalizzare le provincie italiane annesse, anche per quanto riguardava la cultura e la lingua, che in Italia si levo’ una resistenza chiusa e potente. La letteratura prima d’allora tanto indifferente, stracca e vana, si fa subitamente passionale, attiva, politica, educatrice, morale, polemica e patriottica. Non v’e’ quasi poeta o scrittore che non prenda parte alla lotta per la minacciata nazionalita’, che non esalti la propria patria e le sue grandi memorie, che non canti di un grandioso avvenire, e non infiammi i compatrioti a compiere gesta eroiche onde ripristinare la passata potenza magnificenza e liberta’”. Il Vossler cita poi Alfieri e Ugo Foscolo, il nuovo culto per Dante. “Persino i filologi e i grammatici si lanciano nella lotta e purificano la lingua da ogni gallicismo […] Questa grande azione politico-spirituale finisce con la piena vittoria degli italiani. Mentre l’esercito francese e’ ancora in paese, essi spezzano l’egemonia della cultura francese ricacciandola in una posizione assai inferiore a quella che aveva prima della Rivoluzione. La loro coscienza nazionale s’e’ prontamente rinvigorita…” Oggi il nemico e’ l’inglese e vedo che anche lei sembra succube della sua supremazia. Come ci opponiamo alla Globalizzazione-Mondializzazione, chiudendoci nei rispettivi dialetti dei “popoli” italiani mentre i calchi e gli imprestiti (speso sgrammaticati) dall’inglese stanno facendo strame dell’italiano? Mentre ci si propone addirittura di adottare l’inglese come lingua di insegnamento in certe universita’? E questo ritorno ostentato ai dialetti quali frutti culturali, quale opere letterarie ha dato? Dove sono? C’e’ invece il fenomeno (da studiare) di giovani stranieri nati o viventi in Italia, i quali scrivono in un buon italiano moderno (ho letto). In italiano, non in qualche dialetto. Se la immagina lei la Divina Commedia o i Promessi Sposi scritti in dialetto lombardo, napoletano o anche veneto, o siciliano? Farebbero ridere. Il fatto che l’italiano sia parlato o capito in zone limitrofe all’Italia, non significa, direi, che non esista un nesso profondo tra lingua e nazione, tra lingua come espressione della cultura di una nazione, nel senso piu’ valido e ampio del termine. Per il Ticino e Malta la cosa si spiega tra l’altro con il fatto che secoli fa appartenevano a Stati italiani: al Ducato di Milano e al Regno di Napoli, ossia a Stati culturalmente italiani. Per Croati e Sloveni si tratta di un fenomeno normale nelle zone di confine tra nazioni e Stati diversi. Anche nel Delfinato e a Nizza mi dicono che si comprende l’italiano e magari lo si parla anche un po’ (Nizza del resto era ligure e non francese, ligure e quindi italiana). Sugli altri punti, poiche’ non posso qui dilungarmi troppo, mi limito ad annotare, per eventuali future discussioni: 1. Il Risorgimento fu anticlericale non anticattolico, tranne che in certe sue frange, presenti soprattutto nel movimento garibaldino. Continuava la plurisecolare tradizione dell’anticlericalismo italiano, che risale ai Comuni, nemico della invadenza (sia vera che presunta) del clero nelle cose temporali. Dopo il fallimento del progetto neoguelfo, che contemplava una federazione italiana sotto la presidenza del Papa, dovuto il fallimento anche alle incertezze e ai limiti dimostrati dal beato Pio IX come politico (non come Pontefice, poiche’ fu un grande pontefice, nel suo campo specifico, religioso), prevalse la tendenza che mirava all’eliminazione del Potere Temporale, ma comunque non alla distruzione della religione cattolica. Questa e’ una tesi diffusa negli utlimi tempi dalla storiografia antiunitaria, la quale a mio modesto avviso distorce completamente il significato del Risorgimento. Il Risorgimento non e’ un monolite da etichettare e liquidare come “complotto massonico”. C’erano anche i cattolici nel Risorgimento. Forse che Maroncelli, Silvio Pellico e Manzoni erano per la distruzione della religione cattolica? E non combatteva, il Risorgimento, contro “i vari popoli italici” ma contro le forme statali vetuste e infeudate allo straniero nelle quali si trovavano a vivere. Bisognerebbe ritornare ad una critica obiettiva e razionale del Risorgimento (l’unita’ si attuo’ troppo in fretta, soprattutto nei confronti del Meridione e certo sarebbe stato meglio non imporre da subito il centralismo piemontese, etc.) anche se non bisogna perder di vista le circostanze storiche effettive del momento (non c’era un piano massonico europeo per far unita l’Italia, la nostra unione in uno Stato non la voleva nessuna Potenza, l’Inghilterra prima tento’ di ostacolare in tutti i modi la guerra del 1859, poi corse al soccorso del vincitore in funzione antifrancese (aiutando Garibaldi o comunque non ostacolandolo) quando si vide (con il dissolversi dei ducati, granducati e dello Stato pontificio) che i Savoia stavano rapidamente incamerando il resto d’Italia. 2. Non mi piace fare il profeta, soprattutto di sventure per la nostra Patria italiana. Mi limito a ribadire ancora una volta, allo stesso modo di Piero Vassallo, che i veneti sono afflitti allo stesso modo degli altri italiani (e di tutto l’Occidente che fu) dai mali di cui sopra, ragion per cui una loro futura separazione (ma e’ poi attendibile il famoso “referendum virtuale”?), una loro futura separazione, oltre alle reazioni (oggi imprevedibili) che potrebbe scatenare in Italia, li consegnerebbe mani e piedi all’eurocricca e ad una immigrazione ancora piu’ devastante. Attenzione a non aprire un vaso di Pandora i cui mali nessuno riuscirebbe piu’ a controllare. Cordialmente, PP

          1. Caro Paolo la ringrazio molto per il tempo che ha dedicato alla mia se pur rapida analisi. Ho letto con attenzione e qui se continuiamo non andremo da nessuna parte, io con le mie tesi lei con le sue (anche se leggo qualche dubbio….da parte sua). Concludo semplicemente con questa citazione del nostro Goffredo Parise, tanto cara a noi veneti. Con profonda stima. “Il Veneto è la mia Patria. Sebbene esista una Repubblica Italiana, questa espressione astratta non è la mia Patria. Noi veneti abbiamo girato il mondo, ma la nostra Patria, quella per cui, se ci fosse da combattere, combatteremmo, è soltanto il Veneto. Quando vedo scritto all’imbocco dei ponti sul Piave fiume sacro alla Patria, mi commuovo, ma non perché penso all’Italia, bensì perché penso al Veneto.” (da Il Grande Libro del Veneto, a cura di Enrico Sturani, A. Mondadori Editore, 1985)

  15. Auspico un “reset” planetario contro questa feccia massonica e satanica….forza grande Putin…..scalda gli ss 20…….

  16. Sinceri ed estesi complimenti al prof. Cipriani, uomo libero e di enorme spessore intellettuale. Proporrò la sua cittadinanza onoraria veneta e se vorrà venire in futuro ad abitare qui nella III Repubblica Veneta saremo ben lieti di accoglierla: Galileo Galilei docet.

    1. Leggo solo ora l’invito a venire in veneto quando ci sara’ la nuova repubblica di san marco : anch’io non mi sento italiano ma un toscano che rimpiange i tempi belli del nostro granducato. Terro’ presente l’invito quando i commmissari del popolo tricolorati dell’invvasore italiano cercheranno di togliermi anche l’ultimo barlume di liberta’. Viva San Marco

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