Oswald Mosley: l’anima contadina del fascismo inglese

Primogenito di un’antica famiglia nobiliare inglese, abbandonato con i fratelli e la madre da un padre scapestrato. Uso a uscire indenne da numerosi incidenti stradali e cavaliere impeccabile, sir Oswald Mosley ebbe un’infanzia divisa fra il nonno paterno, che si chiamava anch’egli Oswald, e la madre che, nonostante la condizione aristocratica, doveva vivere senza molti soldi ed “era in continua lotta ber sbarcare il lunario” soprattutto per pagare la retta scolastica ai tre ragazzi e i cavalli necessari alla caccia, attività che “in quel mondo era quasi un’osservanza religiosa”.

In seguito sir Oswald dichiarerà senza dubbio alcuno che alcuni fra i momenti più felici della sua vita furono quelli trascorsi a cavallo e a caccia. «Beh, mi ricordo che la sera prima di tornare a scuola, stavo seduto tutta la sera in una mangiatoia, in lacrime e con un braccio in torno al collo di un cavallo amato, mentre con l’altra accarezzavo il mio terrier preferito. Era un rituale della vecchia gente di campagna, che manteneva radici profonde in passato remoto»: probabilmente nella tenuta di Rollestone, quattromila acri di buona terra inglese, di proprietà del nonno Mosley, dove la cacciagione non mancava e dove “le vacanze erano semplicemente una questione di cavalli, cani e fucili”.

La vita a Rollestone era una questione di istinto non di scienza, di contatto con la grande scuola della natura e della storia, che forgia uomini, non semplici professionisti come accade invece ai ragazzi di oggi. Ero saturo della tradizione contadina, ci vivevo, mi piaceva, e lo faccio ancora – ricordava il vecchio Mosley nel suo My lifeeravamo della terra, e ne sono contento. Resta una delle mie più profonde convinzioni che queste radici nel terreno sono un ottimo inizio di vita”. Nella campagna inglese all’epoca vigeva ancora un’economia di tipo feudale in cui le fattorie erano praticamente autonome.

Laggiù il giovane Oswald apprende da adulti esperti l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, il giardinaggio e la falegnameria: “Ho imparato a lavorare con le mani sia in agricoltura che in falegnameria, e devo ammettere che ero più bravo a spalare letame che nel bel lavoro di falegnameria; entrambe le attitudini hanno il loro uso nella vita politica”.

Personalità solida e indole nobile che affondano le proprie radici nel medioevo britannico, Mosley è lo stereotipo del gentleman inglese, con tutti i pregi e i difetti che comporta. “L’inibizione inglese resta forse la nostra maggiore maledizione”. Quando rivelò al nonno di aver lasciato il proprio reggimento di Dragoni per arruolarsi come volontario presso il Royal Flying Corps in Francia, questi scoppiò in lacrime. “Fu stupefacente vedere questa reazione in un uomo del genere; mi spiegò che gli era stato detto che questo era il più pericoloso di tutti i servizi bellici, e che io ero tutto ciò che aveva. Se fossimo stati greci classici saremmo caduti l’uno nelle braccia dell’altro in un trasporto di emozioni reciproche, avrei dovuto spiegare con parole calde e appassionate tutto quello che provavo per lui. Ma ero solo un giovane inglese congelato; non potevo muovermi, non potevo dire nulla. Questo fu un rimpianto che mi è rimasto per tutta la vita. Lui morì poco dopo, e io sopravvissi all’esperienza che egli temeva mi avrebbe ucciso”.

Certamente erano altri tempi e i bambini venivano educati diversamente da un’epoca come la nostra in cui viene loro sempre detto di essere troppo giovani per fare questa tal cosa o troppo vecchi per fare quest’altra. Entrato all’età di nove anni alla scuola di West Downs, Winchester, fece subito parte di quella particolare schiera di bambini che paiono subito stupidi ma poi si riveleranno brillanti nella vita, non ultimo G.K. Chesterton, ma anche Winston Churchill, definito dal proprio istruttore “Il ragazzo più stupido di Harrow, che era il figlio dell’uomo più intelligente d’Inghilterra”. Ad ogni buon conto, di quella scuola il ricordo più vivo sarà il freddo intenso, lunghi corridoi in pietra, dormitori dalle grandi finestre e spifferi perpetui, ragion per cui anche le spugne per lavarsi gelavano nel catino. Nobiltà o no, non esisteva ancora il riscaldamento centralizzato. Passato alla scuola di stato la situazione evidentemente non migliorò: un vecchio maestro assai gentile un giorno in classe disse prendendogli la mano: “che strano che questa mano possa fare qualsiasi cosa con una spada e niente con una penna”.

Come hanno agilmente notato diversi “osservatori che si muovono fra il banale e il considerevole” il giovane Mosley è attratto dagli sport individuali, nei quali eccelle: boxe, equitazione, scherma. Predilige gli sport di campagna, ma trova di una noia tremenda gli sport di città. Nello sport è aiutato dal precoce sviluppo fisico: a quattordici anni è già alto un metro e ottantotto.

Grazie anche alla scuola militare Mosley ebbe da ragazzo l’onore di rappresentare la Gran Bretagna nelle competizioni internazionali di scherma. Dirà: “entrare nel cameratismo delle salles d’armes in tutta l’Europa è stata la gioia della mia virilità, e nella mia maturità intellettuale mi ha dato un senso della pienezza vita da palestra ellenica; et ego in Arcadia vixi.

Dato che la scuola non gli sembrava un periodo da prolungare, ma soltanto un preludio alla vita, nel 1914 entrò nel Royal Military College a Sandhurst (classe 1896) fu il quinto del suo corso nel 16° cavalleria, sarebbe stato forse primo se non avesse avuto una scrittura illeggibile. A volte la mente si muove più in fretta della mano, per questo hanno inventato le macchine da scrivere. Mosley rimase sempre un soldato, amava esserlo, forse per questo non divenne mai un vero politico, certamente per questo rimase tutta la vita, per quanto in suo potere, un costruttore di pace: “Per tutta la vita sono rimasto sempre più convinto che dobbiamo fare del nostro meglio per evitare l’uso della forza; questa è l’ultima e più triste necessità”.

Certamente il trauma della Grande Guerra lo segnò indelebilmente, come del resto tutti i ragazzi di quella sciagurata generazione di fede ed eroismo, come non ve ne furono più: “Per tutti quelli che hanno combattuto quella guerra, il divertimento dato dall’uso della forza è per sempre sparito”, “esisteva per me un’unica idea: fare del mio meglio per evitare che accadesse di nuovo”. Scriverà: La pace è stata fra tutte la mia più grande passione”. Salvare la vita dei giovani inglesi prevenendo inutili guerre, perché “se nel mondo moderno adottiamo il principio di combattere ovunque c’è qualcuno che vien trattato male, non avremo mai un giorno senza guerra”.

Si rese presto conto, una volta nelle Fiandre, che la cavalleria era obsoleta per la guerra di trincea, così, pensando forse al giorno di san Crispino “E i signori d’Inghilterra, ora a letto, si penseranno maledetti, perché non furono qui” (Enrico V), cercò la via più rapida per essere spedito al fronte. Questa era la domanda bruciante per i giovani dell’epoca. Avrebbero visto bruciare il mondo. Chiese di essere trasferito nell’unico corpo che poteva fornirgli la risposta: la Royal Flying Corps. Ovvero gli unici disposti a arruolare uomini perfettamente inesperti come osservatori per mandarli a combattere su quelle prime macchine volanti, fragili congegni di tela in grado di stare in volo anche mezzi sfracellati dalle granate. Anche se non sempre. Il paracadute non era ancora stato inventato e la maggior parte dei suoi compagni non tornò per vederne uno. “La mia memoria è una sfilata di uomini morti” scriverà dopo la guerra il reduce Mosley. In tutto erano una sessantina di coraggiosi fra piloti e osservatori e l’aerodromo, come lo chiamavano all’epoca, di Bailleul era di fianco al manicomio.

Sopravvissuto all’inutile strage di venticinque milioni di morti, ebbe una vita lunga Oswald Mosley, ma tutto lo squallore di una vita politica non avrebbe spento la scintilla che volò dall’incudine del 1914. Terminata la guerra, la Gran Bretagna aveva seri problemi economici, su tutti il lavoro e gli alloggi. I reduci sentivano di aver combattuto per un futuro migliore, non peggiore, non certo per vedere i compagni, magari decorati, vivere di miseria e accattonaggio. Disoccupazione e baraccopoli, per Mosley tutto ciò era intollerabile, siccome “è più facile alzarsi da un letto di spine che da un letto di rose”, entrò in politica.

Dopo il sacrificio della generazione della guerra il mondo non era più lo stesso – il mondo era finito, ma sarebbe servita un’altra guerra per capirlo – e la nuova pace, nella sua dimensione sociale, avrebbe dovuto essere un monumento ai caduti. Il suo piano era la produzione di case in tempo di pace, come le munizioni in guerra. Scuola e università accessibili a tutti quelli che erano in grado di usufruirne – concetto oggi di una proprietà inintelligibile. Un simpaticissimo spot d’epoca, ancora reperibile nel web, lo mostra su una pista d’aviazione mentre spiega: “We live in period in which politicians are not very popular”. Quel periodo non è mai passato, oppure la sua politica di allora era attualissima. Sir Oswald Mosley affrontò il problema della disoccupazione (unemployment) con mente libera, atteggiamento critico e indipendente e una notevole capacità di lavoro. il risultato fu una serie di piani, formulati fra il 1925 e il 1931 che lo impongono come una delle menti più creative del XX secolo, la sua eloquenza fu pari solo alla sua incapacità di raggiungere il potere politico.

Forse memore della teoria di Belloc, Sir Mosley colse subito il nocciolo: “La più strana malattia parlamentare dei tempi moderni è che fondamentalmente i partiti sembrano essere d’accordo su tutto; quando qualcosa va storto si limitano ad adottare le politiche dell’altro, ma si insultano a vicenda per averlo fatto”. In The Greater Britain scriverà “entrambi i partiti politici restano vincolati ai grandi interessi costituiti di destra e di sinistra cui devono l’esistenza”. Era un soldato, portò perciò con sé in politica l’avversione per i politicanti, non capiva il fatto che le promesse sono fatte prima di tutto per guadagnare voti e solo secondariamente per essere mantenute e che la maggior parte della gente andava in Parlamento perché era una carriera conveniente e non con la reale intenzione di fare qualcosa. Nonostante ciò si gettò nell’agone, pieno di inesperienza e d’amor patrio.

Già nel 1918 espresse una combinazione di idee socialiste e nazionaliste con il brutto slogan “imperialismo socialista”. Non si riteneva propriamente di destra e considerava il fascismo un movimento rivoluzionario, non reazionario: “il principio fascista è la libertà privata e il servizio pubblico”. Sarebbe stata la miscela esplosiva in tutta l’Europa del decennio a venire. Mosley trovava irrazionale l’antitesi fra il progresso della sinistra e la stabilità della destra, ritenendo il progresso impossibile senza stabilità, quanto la stabilità senza progresso. Come scriverà il Daily Telegraph nel 1930 col titolo Manifesto di Mosley, propose riforme sociali del vecchio sistema vittoriano (“è impossibile affrontare la crisi economica con una carrozzone parlamentare ottocentesco”), su tutte una misura antica come l’augusta Roma: dare ai reduci la terra che meritavano.

La visione dell’invio dei sopravvissuti al bagno di sangue delle Fiandre alle code dei disoccupati fu la sua prima esperienza del sistema democratico inglese, e lo sconvolse. Il problema della disoccupazione (che dal 10% del dopo guerra raggiunse il 20% fra il 1929 e il 1932) connesso al diritto ad avere un alloggio decoroso, per Mosley resterà sempre il problema prioritario.

Alle elezioni, il suo oppositore conservatore aveva come argomento principale il fatto che Oswald Mosley fosse troppo giovane. Tuttavia, il motto “abbastanza vecchio per le Fiandre, abbastanza vecchio per Westminster” piacque alle casalinghe di Harrow, che lo elessero con gran tumulto a soli ventidue anni (il più giovane di sempre) alla Camera dei Comuni nelle file della Coalizione Unionista. In seguito, dopo essere stato fra i primi a portare la questione irlandese in Parlamento, sostenendo l’Home Rule all’Irlanda con lo status di Dominion, passò con i Laburisti per protesta contro le violenze dei Black and Tans, paramilitari inglesi, sull’Isola di Smeraldo, dove “il nome della Gran Bretagna veniva disonorato”. Portarono alla ribalta nazionale casi incresciosi “come l’uccisione della signora Quinn, incinta, colpita da una pallottola nello stomaco mentre stava sull’uscio di casa, e la sparatoria su un gruppo di bambini durante una partita di calcio”.

Seguì un grosso scandalo che sconvolse il governo. La nonna paterna era figlia di un certo sir Thomas White, sindaco di Cork, perciò Mosley era in parte irlandese. L’esperienza irlandese gli fece comprendere prima di altri l’evoluzione delle guerre del futuro. Con il saggio The European situation del 1950 previde che “le armi nucleari avrebbero fatto sì che gli eserciti regolari sarebbero diventati dei giganti paralizzati e che i futuri combattimenti, se si fossero verificati, sarebbero stati condotti fra guerriglieri” e sarebbe stato impossibile mantenere il controllo delle città. Abbiamo visto il Vietnam e di recente la Siria.

In politica fu probabilmente l’uomo più diffamato del XX secolo (vinse anche una causa contro “l’Unità”). “Ho beneficiato di una varietà di giudizi pesanti che apprezzo moltissimo”. Il fatto di possedere un indirizzo economico moderno, maturato durante l’esperienza laburista, fu ciò che distinse il BUF (British Union of Fascists) dagli equivalenti continentali. Il fascismo inglese non fu frutto di una sconfitta militare né di aspirazioni nazionali deluse, ma fu una reazione alla crisi economica. Se esso non si affermò, la causa principale è da ritenersi nel fatto che detta crisi non fu mai tanto grave nel Regno Unito, quanto sul continente. Aveva in mente un concetto referendario di democrazia e nel sangue tutte le qualità del tribuno. Riusciva a capire le folle meglio degli individui e con esse instaurò un rapporto intimo. Divenne uno dei grandi oratori della sua epoca.

Nel 1931 costituì il New Party, un partito di centro, il cui programma per sconfiggere la disoccupazione era una forte spesa e il potenziamento del commercio interno all’Impero Britannico. Una combinazione di parlamentari dissenzienti: John Strachey e Robert Forgan dai laburisti, W.E.D. Allen dai conservatori e il maggiore Dudgeon dai liberali. Cecil F. Melville sulla Fortnightly Review riscontrò analogie politiche, anche se non nei metodi, con il movimento tedesco: “Tutti e due i movimenti sono in realtà partiti Nazionalsocialisti che, se fanno appello alle masse lavoratrici, cercano di guadagnarsi l’appoggio degli industriali; e così diventano i protagonisti… dell’industria contro il sistema bancario”.

Mosley, fedele alla propria impostazione militare, non voleva trasformare la società, ma soltanto risolvere il problema economico (S.J.Woolf), che all’epoca conteneva già, all’interno del vasto Impero Britannico cosmopolita, i germi del male globalista odierno. Come ebbe modo di vedere egli stesso durante il viaggio di nozze in India e Ceylon “nei cotonifici [di Calcutta, n.d.r.] lavoravano per cinque scellini alla settimana, spesso con meccanismi moderni forniti dal Lancashire, per il nostro suicidio”, era il 1924.

La sinistra può convivere con la destra, ma non può mai accettare una sinistra ritenuta fedifraga, così il New Party venne presto ostacolato nei comizi da bande di guastatori e contestatori comunisti. In seguito a ciò Mosley, temendo per la vita della prima moglie Cinthya (la figlia di lord Curzon, Primo Ministro del Regno), la quale lo aveva sostituito in campagna elettorale mentre era bloccato a letto con la polmonite, prese la decisione di creare un servizio d’ordine. Ne affidò l’addestramento all’allora famoso pugile di professione Kid Lewis. A un reporter della Birmingham Gazette fece osservare: “abbiamo già sperimentato la violenza organizzata dei nostri avversari. Per due volte durante il giro d’Inghilterra compiuto da mia moglie… le sue assemblee sono state sconquassate da una plebaglia organizzata. Tra poco non succederà più… Tra poco difenderemo il diritto alla libertà di parola di questo paese…”.

Nel 1931 a seguito di un discorso all’aperto a Glasgow di fronte a 40.000 persone Mosley e i suoi vennero attaccati con lancio di sassi e rasoi per aver fatto un discorso apertamente antisocialista. Da questo episodio nacquero prima le Camicie Grigie su proposta di Harold Nicholson (preoccupato della rispettabilità inglese), che però non tardarono a divenire nere. “Ben presto, attraverso il movimento delle camicie nere avremmo dimostrato che, una volta fatti uscire gli agitatori avremmo ritrovato un pubblico non solo ordinato, ma anche felice e gioviale fra il nostro amichevole e bonario popolo britannico”.

Nel frattempo il New Party era stato schiacciato. Venne così fondata l’Unione Fascista Britannica (BUF) nell’ottobre del 1932 sul nocciolo delle camicie grigie. Mosley non apparteneva alla destra, ma vedeva che il popolo britannico aveva perso anche solo la volontà di mantenere quello che i loro padri avevano conquistato. Si sentiva in “dovere di risvegliare la voglia di vivere e di vivere molto”, di dedicarsi a una “rinascita nazionale”: “Eravamo un movimento britannico distinto da un intenso patriottismo nazionale, ma nell’era del fascismo era chiaramente superfluo e forse disonesto negare che eravamo fascisti”. Anche perché il fascismo “conservava e restituiva i valori classici europei”. I partiti fascisti delle nazioni europee si sentivano vicini, ma rimasero sempre vincolati al carattere nazionale. Dopo la guerra Mosley cercherà invano di far capire quale fu il primario fallimento fascista: “Eravamo divisi dal nostro nazionalismo. Questo ha portato al pericolo che l’Europa perisca nella stessa tragica maniera delle città-stato della Grecia classica […] è stato il peccato originale del fascismo di ripetere questo errore, con le conseguenze di una tragedia ancora in corso”. “Non mi parlate di un’Internazionale Fascista, perché la pace dell’Europa sarebbe stata mantenuta se tale organizzazione fosse esistita”. La causa dell’universalismo del fascismo non fu però più presa in considerazione.

La critica del leader inglese al fascismo non finisce qui, perché ritenne la libertà individuale base di ogni società civile, come è giusto che sia: “il diritto dell’individuo di non subire alcuna perdita di libertà senza processo deve essere inviolabile. Personalmente, l’ho mantenuto questo diritto prima, durante e dopo la mia lunga carcerazione senza processo”, parole straordinariamente attuali. “I diritti dell’individuo non sono stati protetti sotto il fascismo, all’estero e quindi si è perso più di quanto si è guadagnato, anche in termini di azione”. Certo ci sono molti modi di soffocare la libertà, anche in democrazia: “Il trionfo della democrazia in Inghilterra ha eliminato quello che Mussolini ha definito il cadavere della libertà in decomposizione in maniera ancora più efficace, perché meno vistosamente. L’ipocrisia regna in un trionfo silenzioso: il codardo lo fa con un bacio, l’uomo coraggioso con la spada. La libertà di parola di fronte ai partiti consolidati si unisce alla libertà economica dell’individuo di fronte alle grandi società anonime capitalistiche che, secondo una definizione antica, ha concesso da tempo la ‘libertà’ di dormire su una panchina del parco a un uomo che non può permettersi una stanza al Ritz”.

Molti dicono che se non avesse adottato il saluto olimpico e la camicia nera, ma avesse mantenuto per esempio come simbolo la marigold (calendula officinalis) o magari adottato la camicia rosa e il namaste indù, sir Mosley sarebbe diventato Primo Ministro. Soltanto un uomo in tutto il Regno Unito, infatti, era più detestato di lui, Winston Churchill.

Abbiamo agito, abbiamo vinto: quella fu la nostra colpa”. Non si pentì mai del proprio operato, che dopo aver cacciato alcuni “giovani rettili” dal partito, si può dire fu limpido. Sir Mosley dovrebbe essere molto rivalutato oggi che il fascismo non esiste più e non può tornare perché fenomeno peculiare dell’epoca fra le due guerre. Inutile dire che nel 1939 si oppose fortemente alla guerra, non per motivi di simpatie politiche, ma per non dire alla generazione della guerra che il sacrificio di tanti giovani era stato vano e non dover ripetere che la posizione del suo paese era di gran lunga peggiore di prima. Cosa che in realtà accadde: il Regno Unito vinse la guerra e perse l’Impero. “Il risultato di una guerra combattuta in nome della libertà fu quello di donare ai sovietici dieci popoli non russi, di cui almeno sette che non erano neppure slavi”.

Ad ogni buon conto, tanto pacifismo portò la galera. Come ebbe a notare in seguito sir Mosley con sense of humor: “Questo Habeas Corpus – la pietra anglosassone della libertà britannica – è sempre presente, tranne quando è necessario”. Questa la semplicità nuda dei fatti. Alla vigilia dell’invasione nazista della Francia il partito fascista di Mosley rilasciò ufficialmente alla stampa la seguente dichiarazione: “Secondo la stampa sono in circolazione voci sull’invasione della Gran Bretagna… In tal caso ogni membro dell’Unione Britannica sarebbe a disposizione della Nazione. Ognuno di noi resisterà all’invasore straniero con tutto quello che c’è in noi. Per quanto marcio sia il governo esistente, e per quanto ne detestiamo le sue politiche, noi ci batteremo nello sforzo di una Nazione unita fino a quando lo straniero non sarà scacciato dalla nostra terra. In una tale situazione non vi è dubbio sull’atteggiamento dell’Unione britannica (9 maggio 1940)”.

Due settimane dopo vennero quasi tutti arrestati, comprese le mogli. I miracoli del regolamento 18B, che conferiva il potere di detenere i membri di un’organizzazione se “le persone che controllano l’organizzazione hanno o hanno avuto associazioni con persone interessate al governo o simpatie con il sistema di governo di qualsiasi potere con cui Sua Maestà è in guerra”. “Ricordo un membro che era un agricoltore del Galles e non aveva mai lasciato la sua contea natale, dove si era unito alla campagna di pace, dire che pensava fosse un po’ strano che dovesse essere imprigionato per il fatto che io avevo incontrato Hitler tre anni prima della guerra”. In pratica sarebbero stati fatti fuori anche in caso di guerra contro gli Usa perché Mosley era andato a pesca con Roosvelt qualche anno prima. Una sorta di minority report con effetto retroattivo.

Le camicie nere vennero imprigionate, e con esse sir Oswald, non solo senza processo, ma perfino senza nessun capo d’accusa fra la prigione di Brixton e il campo di concentramento di Ascot, che in seguito fu trasferito sull’Isola di Man. Alcuni gettati nelle prigioni di Liverpool dove le condizioni erano le peggiori.

Mosley e la seconda moglie Diana Mitford, vennero rilasciati nel novembre del 1943: per tutto quel tempo ogni cittadino inglese aveva potuto acquistare in qualsiasi libreria il Mein Kampf , ma non una sola riga di Oswald Mosley. Le proprietà erano state sequestrate, così i Mosley andarono a vivere in campagna, allo Shaven Crown Hotel a ShiptonunderWychwood. Fu un momento felice. I comunisti fecero una raccolta firme per cacciarli, ma non trovarono nessuno disposto a firmare fra gli abitanti di quel villaggio. “Siamo stati trattati in questo periodo di avversità nelle campagne inglesi non solo con tolleranza, ma anche con gentilezza e persino con amicizia. È stata davvero un’esperienza commovente e curativa trovare la vera gente d’Inghilterra esattamente come me la ricordavo nella mia lunga e intima esperienza”.

Dopo la guerra si ritirò a fare l’agricoltore in una fattoria di mille e cento acri nel Wiltshire. Gli avevano ritirato i passaporti. In seguito tornò a fare politica, il suo carattere era come quello di Cesare “un cuore di fuoco, ma il cervello deve essere di ghiaccio”. Tuttavia “la tragedia umana è che noi tutti moriamo proprio quando stiamo raggiungendo un po’ di buon senso”.

Come diceva Swift: “Si può osservare l’ingresso di un genio nel mondo, quando si vede che tutti i fessi fanno lega contro di lui”. Mosley aveva capito troppo presto, anticipando troppo i tempi, ciò che non va nel mondo contemporaneo, che il difetto dei fascismi era il carattere nazionalista, che la globalizzazione del mercato avrebbe rinvigorito lo sfruttamento delle classi lavoratrici, che spesso gli uomini migliori vengono esclusi del tutto, che dovremo sempre escogitare mezzi nuovi per superare l’ostruzionismo dei fessi in coalizione.

Fu il primo a sognare una Europa unita e confederale, nel suo libro The Alternative del 1947, uno dei più lungimiranti scritti in lingua inglese del XX secolo, la parola d’ordine era Europe one Nation. Sarebbe stato un grande statista e un fenomeno profetico la cui grandezza verrà intuita dalle future generazioni. Ma ormai il suo tempo era passato. Gli altri avevano le bombe atomiche, lui solo il cuore, la voce e la penna di Oswald Mosley. Se però i ragazzi inglesi “non moriranno ma vivranno per vedere sopra le loro teste il cielo inglese, per sentire sotto i loro piedi il suolo inglese e per godersi la bella campagna inglese” lo dovranno anche a questo nobile spadaccino dal cuore socialista e dalla lungimiranza del contadino innamorato della propria terra.

3 commenti su “Oswald Mosley: l’anima contadina del fascismo inglese”

  1. Bellissimo articolo. “Se però i ragazzi inglesi non moriranno ma vivranno per vedere sopra le loro teste il cielo inglese, per sentire sotto i loro piedi il suolo inglese e per godersi la bella campagna inglese”…..versi stupendi per descrivere l’amor patrio! Perché non infiammano i cuori degli italiani? l’europa esisterà solo se diventerà una grande Svizzera. L’unica dove l’identità locale è valorizzata.

  2. Questa serie di ritratti spesso totalmente sconosciuti a me e penso a molti, sono fra le cose migliori di questo sito. Aspetto sempre la puntata successiva e spero davvero ve ne siano molti altri. Grazie davvero a chi li scrive e a chi ha pensata a questa collana a tratti commovente.

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