Padre Serafino Lanzetta FI: il figlio di Massimiliano Kolbe – di Pucci Cipriani

Per gentile concessione dell’Editore Solfanelli pubblichiamo il capitolo 14 della seconda parte (Padre Serafino Lanzetta FI: il figlio di Massimiliano Kolbe) del  libro “La Memoria Negata”, di Pucci Cipriani.

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Giovedì 25 settembre 2014, a Firenze, si terrà la presentazione del libro di p. Serafino M. Lanzetta: “Il Vaticano II – Un Concilio Pastorale: Ermeneutica delle Dottrine conciliari” (Edizioni Cantagalli pagg.496 Euro 25,00 – vedi in calce all’articolo le modalità per l’acquisto del libro on-line)- per leggere la recensione di Cristina Siccardi clicca qui. La presentazione avverrà alle ore 17.00 presso l’Auditorium della Regione Toscana (via Cavour, 4 – Firenze) grazie all’interessamento e alla sensibilità del Capo Gruppo di FdI Giovanni Donzelli che introdurrà il Convegno, il quale sarà moderato dal Direttore di “Controrivoluzione” Pucci Cipriani, ed al quale, dopo il saluto di Ascanio Ruschi, presidente della Comunione Tradizionale e di Guido Scatizzi, Collaboratore di Riscossa Cristiana, interverranno i Professori: Carlo Manetti, Docente di Relazioni Internazionali e Crisi della Chiesa; Pietro De Marco, Ordinario di Storia nell’Università di Firenze; Roberto de Mattei, Docente di Storia del Cristianesimo e Preside della Facoltà di Storia all’Università Europea di Roma, Presidente della Fondazione Lepanto. CLICCA QUI per visualizzare e scaricare l’invito in formato pdf

lamemorianegata

 

Dopo aver fatto gli esorcismi, il giovane sacerdote, in cotta e stola, si accosta al fonte battesimale e ripete su Leonardo il gesto compiuto da Gesù quando guarì il sordo-muto, toccando con il dito, bagnato di saliva, le orecchie e le narici del bambino e pronuncia la parola detta da Gesù: Effeta, che significa: Apriti. E vuol dire che le facoltà del bambino si aprano ad accogliere i misteri di Dio e le sue labbra sappiano cantare le lodi del signore.

Poi il sacerdote interroga e, per il bambino, rispondono il padrino e la madrina:

Sac. “Abrenuntias satanae?”          (Rinunci a Satana)

Pad. “Abrenuntio”                           (Rinuncio)

Sac. “Et omnis operibus eius?”      (E a tutte le sue opere?)

Pad. “Abrenuntio”                           (Rinuncio)

Sac. “Et omnibus pompis eius?      (E a tutte le sue pompe?)

Pad. “Abrenuntio”                           (Rinuncio)

Dice il sacerdote: «Ora ungo con l’Olio dei catecumeni Leonardo facendo un segno di croce sul petto e tra le spalle, ad indicare che deve esser forte a portare la Croce, e che dalla schiavitù di Satana sta per diventare come un re, perché diviene con il Battesimo figlio di Dio e fratello di Gesù Cristo e infatti lo ungo con l’olio come si ungevano i re cristiani.»

«Ego te linio oleo salutis in Christo Jesu Domino nostro, ut habes vitam aeternam.»

Continua il sacerdote: «Vedete ora cambio la stola e cambio il viola, simbolo di tristezza, con il bianco, simbolo di letizia. Ora interrogo solennemente sulle principali verità della fede prima di passare al Santo Battesimo.»

Sac. “Credis in Deum Patrem onnipotentem, Creatorem caeli et terrae?

E continua così, ricevendo la risposta dai padrini, fino all’ultima domanda:

Sac. “Vis baptizari?”           (Vuoi esser battezzato?)

Pad. “Volo”                           (Voglio)

E così mentre il padrino e la madrina tengono il bambino il sacerdote versa per tre volte, sulla testa del piccino l’acqua, in segno di croce. I tre versamenti sono — come spiegato — in onore della SS. Trinità e l’acqua simboleggia il sepolcro di Gesù, dal quale l’anima risorge con Cristo ad una nuova vita nuova.

«Ego te baptizo in nomine Patris et Filii, et Spiritus Sancti.» E riveste il bambino della veste di lino bianca: «Accipe vestem candidam, quam perferas immaculatam ante tribunal Domini nostri Jesu Christi, ut habeas vitam aeternam.» (Ricevi la veste candida, che porterai immacolata al tribunale di nostro Signore Gesù Cristo, affinché tu abbia la vita eterna).

zzpdrsrfHo voluto riportare una parte del battesimo tradizionale che padre Serafino Lanzetta ha amministrato pochi mesi fa, a giugno, a Leonardo, il figlio, ultimo nato, di un mio cugino; la settimana precedente aveva battezzato Maria Domitilla, la bambina di Lucia e Ascanio.

Una cerimonia bellissima davvero “partecipata” in quanto padre Serafino ci ha fatto meditare sul significato di ogni atto, di ogni gesto e le molte persone presenti (non so se tutte praticanti) finalmente hanno capito il significato del Battesimo quella cerimonia che ora si dà l’impressione di fare principalmente per “presentare il bambino alla comunità”… cosa che, onestamente, non potrebbe interessar di meno…

Tutti, oggi, sono rimasti colpiti dall’arrivo di questo giovane, frate scalzo, poco più che trentenne, col saio francescano grigio tendente al celeste, in onore dell’Immacolata. L’Ordine dei Frati Francescani dell’Immacolata, appunto, fu fondato nel 1965 da Stefano M. Manelli, o.f.m. Conv. che riscopre, nel 1965, le Fonti Francescane e gli scritti di san Massimiliano Kolbe agognando un ritorno alle fonti originarie e al rinnovamento della vita consacrata.

La vigilia di Natale del 1969 padre Manelli ottiene dal Superiore dei frati minori conventuali, padre Basilio Heiser, di avviare la nuova esperienza francescana.

Sin dall’inizio la vita di questi frati è molto dura: «Si riposa sul letto di tavole senza giaciglio nei mesi meno freddi. Si sopporta il duro freddo nei mesi invernali con temperature di frequente sotto lo zero. Si va con i sandali a piedi nudi, sotto l’acqua e sulla neve.» Per quanto riguarda il cibo va bene quello che arriva in elemosina: «Il necessario arriva sempre, e se c’è di più si cerca di donare a chi è povero e bisognoso.»

La Chiesa riconoscerà questi frati vent’anni dopo, nel 1990, come “nuovo dono” e il 1° gennaio del 1998, solennità della Madre di Dio, arriva il riconoscimento pontificio.

Seminari, studentati, Case di formazione, nell’Ordine maschile: 53 Case e 350 membri sparsi in tutto il mondo nelle case missionarie, poi le Suore francescane dell’Immacolata (47 Case e 350 membri); Clarisse dell’Immacolata, un ramo nuovo con 4 Monasteri e quaranta monache contemplative.

La Missione dell’Immacolata Mediatrice è l’Associazione pubblica di fedeli che vivono il carisma dell’Istituto secondo il proprio stato di vita e nei diversi gradi di consacrazione all’Immacolata, i membri, diverse migliaia in tutto il mondo, si radunano in Cenacoli presenti nella Case Mariane e sono guidati dai francescani dell’Immacolata… Un Ordine fiorente, con tante vocazioni, un “nuovo dono” per dirla con Giovanni Paolo II…

Negli anni Ottanta un prete di grandi carismi e di molto sapere, p. Antonio M. Di Monda, oggi scomparso, dei frati minori conventuali, Docente nella Facoltà teologica a Napoli, Vicario Episcopale a Benevento, mi parlava nei nostri incontri — lo trovavo spesso a Napoli dopo le sue lezioni alla Facoltà teologica — di padre Stefano M. Manelli e di padre Gabriele M. Pellettieri, i due fondatori, dei francescani dell’Immacolata. Ne parlava con grande ammirazione e mi diceva che quest’Ordine sarebbe stato una benedizione per la Santa Chiesa. Anche lui fertile scrittore, aveva pubblicato, oltre a pregevoli opere di teologia, scritti su san Massimiliano Kolbe caldamente raccomandate da p. Michele Alfano, Ministro Provinciale dell’Ordine dei frati minori conventuali: «Mi permetto di consigliare la lettura (delle opere di p. Di Monda, N.d.A.) a tutti i confratelli, soprattutto a quelli più giovani e… di attingere alla spiritualità kolbiana, nonché alla sapienza del nostro padre Antonio Di Monda…»

Padre Serafino M. Lanzetta porta, nella sua formazione, molto del pensiero di san Massimiliano Kolbe che — nota p. Di Monda — già nel 1920, scrivendo appunto a dei chierici che si preparavano al sacerdozio e, perciò alle lotte per Dio e la verità… li metteva in guardia… a prepararsi alla lotta con profonda conoscenza degli avversari, e facendo ricorso a tutte le armi più efficaci naturali e soprannaturali:

 

I membri (della Milizia dell’Immacolata) procurino di conoscere bene le odierne correnti antireligiose, i fondamenti della fede, il socialismo, il bolscevismo, la massoneria, il protestantesimo ecc. e imparino ad agire contro di essi…

Credo che la M.I. si debba mantenere sulla strada difficile e dura, ma vantaggiosa nello sforzo di conoscere gli errori, i pregiudizi antireligiosi — oggi così largamente disseminati — la loro natura, le conseguenze deleterie, i metodi di propaganda, i loro rappresentanti e nel modo di agire contro di essi, nel modo di salvare tante anime che si perdono…

Il periodo del chiericato è breve e la materia da apprendere abbondante, occorre quindi utilizzare bene il tempo. Per esperienza personale so che non è lo stesso imparare qualche cosa per la scuola ed essere preparati ad esporre un problema in modo convincente ad ogni persona, di qualunque ceto sociale.

Perciò che Iddio non permetta — concludeva — che un membro della M.I. trovandosi in qualsiasi luogo, in società o in treno, possa rispondere a qualche obbiezione contro la religione solamente con una risposta superficiale tale da indebolire la fede degli ascoltatori. E casi simili sono successi e proprio tra i sacerdoti. (42)

Parroco della chiesa di Ognissanti, Guardiano del Convento, Predicatore, Docente di Teologia Dogmatica nello Studio Teologico dell’Immacolata p. Serafino Lanzetta dal 2006 è Direttore della rivista teologica “Fides Catholica” che vede la luce proprio poco dopo l’elezione di Benedetto XVI che per anni ha svolto la sua attività come professore di teologia dogmatica, poi Arcivescovo e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, innestato nel solco della “bimillenaria tradizione della Chiesa” impedendo che la Parola di Dio: “venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode”.

Nell’editoriale del primo numero di “Fides Catholica” p. Lanzetta ribadisce che il giornale nasce come:

rivista di apologetica teologica. Con un taglio teologico-fondamentale si desidera rilanciare il discorso apologetico e di credibilità della fede; di quella fede che chiede di essere capita per scoprire la verità su Dio e sull’uomo, quella fede che nell’alleanza con la ragione teologica rivendica la freschezza di un “pensiero forte”, che non sia il mero frutto di una speculazione dell’uomo, ma alleanza dell’uomo, del teologo, con la verità rivelata, nei sentieri sempiterni della “Tradizione viva” ben sapendo che “sembra quasi un’arroganza parlare di verità, quando, oltretutto, il pensiero non può che formulare giudizi deboli sulle cose e sull’essere.

L’arroganza della verità si trasmuta molto spesso nell’unica verità che dà senso, così da riformulare un nuovo principio metafisico del pensiero debole post-moderno: il relativismo.

Non poche volte — nota ancora il padre Lanzetta — la debolezza del pensiero, quasi come un’aria che si respira inconsciamente, influenza anche il pensiero teologico, il quale, si ritrova inerme di fronte al variegato panorama teologico-religioso così che… si accontenta di una verità non arrogante, “umile”, tollerante, dialogica… relativista, che unisca tutti senza causar problemi a nessuno.

Insomma come avrete già notato il padre Lanzetta è proprio l’opposto di don Abbondio e non è tipo di scansar gli argomenti come il parroco manzoniano che: «proseguiva il suo cammino, guardando a terra e buttando via con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero» e che al saluto dei Bravi non seppe dir di meglio che: «Cosa comanda?» e alle loro scellerate richieste: «… Disposto… disposto sempre all’obbedienza.»

No, il padre Lanzetta alle minacce dei bravi non cambia un et del suo discorso:

Il panorama teologico nel quale viviamo, accanto alle numerose luci d’approfondimento, una delle quali è proprio quella teologico-fondamentale, presenta anche numerose ombre. Sembra che un nuovo “superdogma” si imponga: un’interpretazione del Concilio Vaticano II sganciata dalla precedente tradizione conciliare che rifiuta quanto già la Chiesa credeva e diceva per il solo fatto che è “roba vecchia”. Si punta sul “nuovo”, che, privo di un forte ancoraggio al “vecchio”, rischia di diluire nella frammentarietà ogni asserzione teologica.

Quindi viene riportata una lunga citazione di Benedetto XVI che, ancora cardinale, descrive amaramente lo scenario teologico che si sta delineando:

Questo scetticismo del tutto generale nei confronti della pretesa alla verità in materia religiosa è ulteriormente consolidato dai dubbi che la scienza moderna ha sollevato riguardo alle origini e ai contenuti del cristianesimo. La teoria evoluzionistica sembra aver superato la dottrina della creazione, le conoscenze che concernono l’origine dell’uomo sembrano aver superato la dottrina del peccato originale; l’esegesi critica relativizza la figura di Gesù e mette punti interrogativi sulla sua consapevolezza di essere il Figlio; l’origine della Chiesa in Gesù appare dubbia, e così via.

La “fine della metafisica” ha reso problematico il fondamento filosofico del cristianesimo, i metodi storici moderni hanno posto le sue basi in una luce incerta. Così è naturale anche ridurre i contenuti cristiani a simboli, non attribuire loro nessuna verità maggiore di quella dei miti della storia delle religioni, considerarli come una modalità di esperienza religiosa che dovrebbe collocarsi umilmente al fianco di altre. (43)

Già nel primo numero della rivista (da notare che padre Serafino è parroco a Firenze che è considerata, e a ragione, “la città della Massoneria”) un saggio di sessanta pagine di p. Paolo M. Siano F. I., dal titolo esplicativo: Uno studio sull’incompatibilità tra Chiesa cattolica e Massoneria (44) in cui si evidenzia come:

… la Massoneria sin dalle origini (1717) è stata caratterizzata da una componente illuminista e da una esoterico-magica. Il suo sforzo è stato, ed è, quello di superare ogni “integralismo dogmatico”, causa di divisione e di assolutizzazione della verità, facendo sì che gli uomini convengano in una religione più ampia, una religione naturale, lasciando all’ambito della soggettività il modo di riconoscere Dio e di dargli culto.

Una Universal Religion, cioè, che abbracci tutti i credi, il cui il Dio supremo è il Grande Architetto del deismo illuminista.

Questi, in sede esoterica ed iniziatica, è invocato come il Dio della Luce. Ogni Gran Loggia\Grande Oriente poi, permette di trasmettere questa luce proprio attraverso i riti di iniziazione alla vita massonica.

Lucifero che è simbolo e ricerca della “Vera Luce”, per la legge dell’unione degli opposti, così cara al pensiero massonico, si confonde e si mescola nel suo contrario, in modo da non più distinguere chi sia Satana e chi Dio, o che cosa sia il Bene e cosa sia il male… cosa sia la Verità, che per noi cattolici è inconfondibile: Cristo Signore.

E ancora il padre Siano pubblica un saggio: Alcuni personaggi, fatti e influssi al Concilio Vaticano II. 1962-1965 (45), in cui affronta il problema della crisi nella Chiesa e ricorda (come del resto fece Paolo VI che parlò di «Fumo di Satana entrato, da qualche fessura nella Chiesa») alcuni temi tra cui “complotti” e “lobbies” conciliari, para, ed extra conciliari, pressing clericale e mediatico sulla Liturgia, minimalismo mariologico ed ecumenismo del “non ritorno”.

Del resto padre Serafino nei suoi saggi e nei suoi libri dimostra, ad abundantiam, come la teologia cattolica sia insidiata da un’ondivaga passione per l’agire, attitudine che tradisce la dipendenza della nuova teologia dal moderno soggettivismo, poiché nella teologia postconciliare “la prassi ha prevalso sulla Fede” e prendendo le mosse dall’analisi di Benedetto XVI ricorda come la Chiesa nel Vaticano II visse un momento di grande timidezza davanti al mondo: «C’era uno spirito del Concilio con una tendenza masochista.»

Occorre dunque per il nostro teologo francescano iniziare — come aveva richiesto il grande teologo Mons. Brunero Gherardini — un aperto e franco dibattito sul Concilio Vaticano II per richiedere al successore di Pietro: «Un intervento dell’autorità suprema per risolvere una disputa che potrebbe essere senza fine.»

Scrive p. Serafino, riferendosi al desiderio di Benedetto XVI affinché si aprisse una discussione positiva sull’ermeneutica conciliare:

Se il Magistero ora lascia aperta la discussione perché dobbiamo noi volerla chiudere? Solo per paura di scandalizzare i semplici? Ma non è forse vero che lo scandalo di una fede desolata sotto gli occhi delle nostre parrocchie — quasi tutte nate con il Concilio — è molto più pernicioso di una cattolica messa a punto per una vera ripresa della Fede?

Se invece si insiste nel ritenere il Concilio intoccabile perché dono dello Spirito Santo, allora, probabilmente, si è incorsi nell’errore che oggi è sulla bocca di molti: identificare il soffio dello Spirito Santo con il Concilio (senza le opportune distinzioni) e finalmente lo Spirito Santo con il Concilio stesso. Questo è in ultima analisi il parto di quello “Spirito del Concilio” che funesta da mane a sera, e diventa giudice e fautore ora della Chiesa, ora della Fede, ora della prassi.

Ecco dunque che esce un libro di p. Lanzetta: Iuxta modum. Il Vaticano II riletto alla luce della Tradizione della Chiesa (46), in cui richiamandosi alle parole di Benedetto XVI per cui la crisi della Chiesa «è essenzialmente una crisi di Fede» il francescano afferma: «Abbiamo smarrito la Fede e il suo canone. Sembra che non sia più importante quello che si crede, ma che in qualche modo si creda, o dovremmo dire, si creda di credere, ci si autoconvinca per acquietare la coscienza. Questo non basta. È necessario recuperare la Fede cattolica e quindi l’identità cattolica.»

Insomma p. Lanzetta guarda con occhio vigile al Concilio Vaticano II divenuto, per molti, un “superdogma” (La “Nuova Pentecoste”, la “Chiesa conciliare”, ecc.) e un mito. Bisogna, per questo, riportare la Chiesa nel suo alveo: “prima la Chiesa e poi i Concili”.

Del resto proprio padre Serafino, insieme Mario Palmaro, Alessandro Gnocchi e Pietro de Marco, aveva presentato a Firenze il libro del prof. Roberto de Mattei: Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (47) il libro più importante, in cui con abbondanza di testimonianze, diari, episodi, si fa una nuova ricostruzione e interpretazione dei fatti di quell’assise in cui si scontrarono due “correnti”: i fedeli alla Tradizione perenne della Chiesa e i “novatori” che giungeranno a votazioni “democratiche” e manipolazioni varie in cui più che il soffio dello Spirito Santo si sentì il borbottio delle chiacchiere (e delle gazzette) mediatiche “umane, troppo umane”…

Particolare attenzione ha posto padre Lanzetta alla difesa della vita “dalla nascita alla morte naturale” e della bioetica promuovendo incontri e dibattiti (interessantissimi quelli con Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi, Mario Palmaro, Alessandro Gnocchi e Renzo Puccetti) e partecipando attivamente all’attività del nuovo Movimento “pro life” che promuove, ogni anno, a Roma, una grande “Marcia per la Vita”. Padre Lanzetta ha pubblicato Avrò cura di te. Custodire la vita per costruire il futuro (48), in cui, rifacendosi all’insegnamento perenne della Chiesa fino a quello degli ultimi pontefici (ad es. l’“Evangelium vitae” di Giovanni Paolo II), ribadisce come:

In realtà, tra le righe del buonismo compassionevole si nasconda l’ideologia prometeica di chi vuole innalzarsi fino a Dio per strappargli finanche il mistero della morte. Siamo noi a decidere se un uomo deve nascere e siamo noi a decidere quando deve morire. Tutto è nostro. La vita e la morte, l’inizio e la fine…

Voglio morire, si dice, quando si accetta l’eutanasia. Voglio la mia vita solo per me e il mio dolore è solo mio e quando non è più tollerabile voglio soffocarlo nei rigurgiti del nulla della morte… Ecco l’accontentarsi, in definitiva, di non essere per rimediare al mio essere…

La scelta della “dolce morte” è dunque una scelta irrazionale della volontà-arbitrio. Certo non si vuole banalizzare la sofferenza di un malato terminale. È in verità l’eutanasia stessa che banalizza non solo la sofferenza del malato ma anche la sua persona, la sua vita.

Il vero problema non è la sofferenza ma la vita. Dal momento che quest’ultima non conta nulla, perché non c’è il Dio della vita in essa, anche la sofferenza non ha alcun senso, e perciò la morte è il compimento del non senso… La morte, anche se dolce, è il sonno nel nulla della vita.

Questa volontà satanica di chi prospetta per l’uomo il nulla come compimento, non è forse il manifesto dell’eterna disperazione?

Proprio questi problemi della vita e della morte, contenuti nel libro del padre Serafino Lanzetta, furono dibattuti — dopo la Santa Messa nel rito romano antico — durante la presentazione del volume, nel Chiostro di Ognissanti a Firenze il 3 maggio 2013, dall’avv. Ascanio Ruschi e da Francesco Dal Pozzo, Ordinario di Filosofia del Diritto, due illustri esponenti della “Pro vita”, che a Firenze hanno rianimato, con la loro preziosa testimonianza, il dibattito sui “temi eticamente sensibili”.

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Tra l’altro proprio in questi giorni (settembre 2013) il prof. Francesco Dal Pozzo, un mio coetaneo, che è, come abbiam detto, uno stimato Docente Universitario, Ordinario di Filosofia Del Diritto, solo soletto — e credete a far questo ci vuol un bel po’ di coraggio — ha fatto un sit-in con un cartello con la scritta ABORTO=OMICIDIO, davanti alla Maternità dell’Ospedale di Careggi per dare testimonianza, per risvegliare i tiepidi, per protestare contro la giornaliera strage di Erode, a costo di apparire “fissato”…

Ascanio Ruschi è l’organizzatore fiorentino dell’annuale Marcia per la Vita a Roma e dell’attività connessa al dibattito sui “principi non negoziabili” perché — come scrive p. Serafino Lanzetta — «I principi non negoziabili sono a loro volta esplicazione della legge morale naturale, precetti che sviluppano e concretizzano quelli generali che invitano a fare il bene, a ricercarlo sempre sopra ogni cosa e a evitare il male… perciò dobbiamo dire chiaramente che i valori non negoziabili sono evidenze morali, non dimostrabili ma dimostrate per sé, che a loro volta costituiscono la possibilità stessa dell’agire morale.»

Certo abbiam mostrato un padre Serafino teologo, un Docente amato e ascoltato, uno scrittore e un conferenziere di razza ma quello che più colpisce in questo giovane frate è la sua spiritualità e la sua serenità di fronte ai casi e agli avvenimenti della vita.

Addolorato ma sereno, lo vidi quando benedì la salma del caro p. Batazzi, un amico prezioso, un francescano devoto, un “attivista” della causa di Dio: era stato p. Ferdinando Batazzi o.f.m., l’ultimo padre guardiano dei francescani del Convento di Ognissanti a Firenze, prima che arrivassero i Francescani dell’Immacolata… era quella voce amica che, ogni domenica, su Rai 1 commentava la Santa Messa, era l’editorialista de “Il Giornale della Toscana” che svegliò le coscienze di fronte al pericolo dell’invasione islamica. Gli anni e la malattia lo avevano portato al Convitto ecclesiastico dove trascorse, assistito dalla fedelissima Aurelia, gli ultimi due anni della propria vita: state vicini e aiutate padre Serafino, diceva a me e al Direttore Mazzoni quando lo incontravamo… chi sa se la nostra vicinanza a p. Serafino, a cui il Direttore chiese subito la collaborazione, gli abbia giovato o lo abbia invece danneggiato…

Le volte che incontravo p. Lanzetta era raccolto in preghiera o nel confessionale e, non lo nego, vedere un prete e un frate che ancora prega o confessa fa un certo effetto (almeno a me)… e quindi avevo quasi vergogna, pudore a chiamarlo: mi sembrava di toglierlo agli altri e, specialmente, quando era raccolto in preghiera, toglierlo a Gesù… poi mi facevo coraggio.

L’ultima volta, nel mese di maggio, il francescano mi informò, con quell’entusiasmo che lo pervade quando parla della Santa Vergine, della processione, in onore della Madonna di Fatima, che si sarebbe svolta, il 25 maggio prossimo, nel pomeriggio, mentre la mattina sarebbe stato a Montenero a celebrare la Santa Messa in rito romano antico, alla presenza del Vescovo di San Miniato Mons. Tardelli, al Santuario della Madonna Nera, al termine dell’annuale Pellegrinaggio del Coordinamento Benedetto XVI e domandò se fossi andato volentieri con lui il prossimo sabato… là a incontrare quella Madonna, protettrice gloriosa della nostra Toscana, dopo quaranta anni di assenza…

Partimmo la mattina del 25 con un cielo che prometteva tempesta: e tempesta fu. Si rallentò la velocità durante il viaggio con il pulmino nel quale, in compagnia dei novizi, viaggiavamo e, intanto, in cammino, recitammo le ore e il Santo Rosario.

Arrivati nella piazza del Santuario a Montenero ci accolse un acquazzone con grandine, sembrava l’inizio del diluvio universale e, data anche l’ora, non facemmo a tempo a raggiungere i pellegrini che sarebbero dovuti partire da piazza delle Carrozze… molti erano già in chiesa e anch’io mi rifugiai e mi raccolsi in preghiera in una panca sul lato destro dell’altare: molti arrivarono con la funicolare ma ci fu un gruppo di coraggiosissimi che arrivò, a piedi, sotto il diluvio sventolando le bandiere della Vandea…

Seguì la Messa cattolica nel rito della Chiesa, la solennità, la melodia del gregoriano, le belle parole del vescovo… la partecipazione delle persone che con una devozione che, raramente ho visto, assistevano al Sacro Rito… la Comunione in ginocchio, il canto soave del Salve Regina e i chierichetti, tutti composti, con la cotta e la veste che incensavano Cristo nella Presenza Eucaristica quando il padre Lanzetta consacrò il pane e il vino, ovvero il Sangue e il Corpo di Gesù, rinnovando, seppur in maniera incruenta, il sacrificio della croce. Pensavo che quei momenti così belli sarebbero finiti e mi veniva tristezza…

Poi, prima di lasciare Montenero (e grande fu la mia gioia nel salutare due grandi amici: Mons. Antonio Livi e il prof. Roberto de Mattei); commovente l’incontro con Robertino Iandelli, un amico che era partito quarant’anni fa da Borgo San Lorenzo ed era venuto, qui, con i frati a Montenero: anche lui, come me, è “imbiancato” e fa fatica a riconoscermi, quando lo chiamo, poi quando dico il mio nome mi abbraccia e si ricorda subito della battaglia contro il divorzio… «Sono trent’anni che non ci vediamo…» mi dice e, poi, mi domanda subito informazioni del “nostro pievano” di Monsignor Corti… È lì, in compagnia della Madonna, in attesa di vederla in cielo.

Gli presento p. Serafino che gli dice: «Robertino ogni sera, ti prego, ricordami alla Madonna!» e lo abbraccia.

Ora non piove più quando ripartiamo e il sole fa capolino e, prima di partire, voglio prendere quelle corone del Rosario che mi hanno richiesto in casa e poi fare l’ultimo saluto alla Madonna. Al ritorno a Firenze ancora acqua, a intermittenza… padre Serafino disdice la banda che avrebbe dovuto arrivare dall’Impruneta, nella chiesa di San Gaetano, da dove avrebbe dovuto partire la processione… quando inizia la funzione piove ancora, i carabinieri in alta uniforme se ne vanno e se ne vanno, anzi non sono neanche venuti i vigili urbani che, evidentemente, fanno festa nelle giornate di pioggia… tutti consigliano di rimandare… e la pioggia continua… Ma c’è un frate, un novizio, Tommaso, che è sicuro che tornerà il sole: basta pregare, dice, evidentemente non abbiamo pregato abbastanza. Intanto p. Serafino ha iniziato a celebrare quella sua Messa, rivolto al Signore, che è la continuazione del rito dell’ultima cena, canonizzata dal Concilio, quello di Trento.

Quando termina la celebrazione piove ancora ma Tommaso è sicuro che la processione si farà e in quel momento, mentre il celebrante se ne sta andando, un raggio di sole illumina la statua della Madonna che sembra sorridere. Esce la processione, quasi per un miracolo, la chiesa si è riempita… centinaia di persone, gli alpini portano a spalla la Madonna, e poi gli Ordini cavallereschi… ma qualcuno manca e sembra uno sbrego fatto nel Manto della Santa Vergine… alcuni volenterosi fungono da vigili urbani… passa la Madonna per le vie del centro, tra due ali di folla e intanto nell’aria muove le penne un canto melodioso che sembra scritto e musicato per quel pomeriggio del 25 maggio 2013:

Dell’aurora tu sorgi più bella,

coi tuoi raggi a far lieta la terra

e tra gli astri che il cielo rinserra

non v’è stella più bella di te.

Bella tu sei qual sole

bianca più della luna,

e le stelle più belle

non son belle al par di Te.

È commuovente vedere tanta gente, tanti fiorentini che pur son grigi e freddi, cantare devotamente: c’è il gonfalone della Misericordia con tanti confratelli e consorelle in cappa nera, i cavalieri del Santo Sepolcro, i terziari, i frati e i novizi dell’Immacolata, gli alpini… la giornalista del “Corriere fiorentino” che è lì fin dall’inizio delle funzioni rivolta al fotografo dice: «Mah… io non credevo davvero che a Firenze la Madonna avesse tanti fedeli…» Chissà se anche quegli assenti, che assenti non avrebbero dovuto essere, non si commuovano e chiedano scusa alla Madonna… intanto mille voci cantano:

Gli occhi tuoi son più belli del mare,

la tua fronte ha il colore del giglio,

le tue gote baciate dal Figlio

son due rose, le labbra son fior.

All’arrivo in Ognissanti i Carabinieri, in alta uniforme, rendono omaggio alla Madonna che arriva in una chiesa ricolma di fedeli, accolta da una laude in onore dell’Immacolata.

Immacolata, Vergine bella,

do nostra vita Tu sei la stella.

Fra le tempeste Tu guida il core

Di chi ti chiama stella d’amore.

Siam peccatori ma figli tuoi

Immacolata, prega per noi.

… Ecco così son figlio anch’io della Madonna… e, dopo la statua della Vergine che apparve ai tre pastorelli a Fatima, il clero e, in fondo, padre Serafino, col piviale e gli do’ uno sguardo che vorrebbe esser d’intesa come per dirgli: “Ha visto, padre, le nostre preghiere son giunte al cielo”, ma lui non mi risponde, non mi vede ed è come rapito: il suo sguardo sereno e dolce è anch’esso, insieme alle laudi, in cielo, accanto alla Madonna…

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42) A.M. Di Monda, Con l’Immacolata contro massoni e “nemici” della Chiesa di Dio, Casa Mariana, Frigento 1986.

43) J. Ratzinger, Fede, Verità, Tolleranza. Il Cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003.

44) P.M. Siano, Uno studio sull’incompatibilità tra Massoneria e Chiesa Cattolica, in “Fides Catholica”, Anno I, n. 1, 2006.

45) P.M. Siano, Alcuni personaggi, fatti e influssi al Concilio Vaticano II (1962-1965), in “Fides Catholica”, Anno V, n. 2, 2010.

46) S. Lanzetta, Iuxta modum. Il Vaticano II riletto alla luce della Tradizione della Chiesa, Cantagalli, Siena 2012.

47) R. de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2010.

48) S. Lanzetta, Avrò cura di te. Custodire la vita per costruire il futuro, Fede & Cultura, Verona 2013.

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3 commenti su “Padre Serafino Lanzetta FI: il figlio di Massimiliano Kolbe – di Pucci Cipriani”

  1. Giovanni B Solinas

    Solo per raccontare di un battesimo celebrato da don Gallo a Genova
    in italiano e dopo le domande “regolari” sulle rinuncie aggiunse:
    “rinunci tu al fascismo?” e i padrini risposero “Rinuncio”.
    A duratura memoria prima che qualcuno non inizio un processo di beatificazione.
    Giovanni

    1. Solo per raccontare di un battesimo celebrato da don Gallo a Genova
      in italiano e dopo le domande “regolari” sulle rinuncie aggiunse:
      “rinunci tu al fascismo?” e i padrini risposero “Rinuncio”.
      A duratura memoria prima che qualcuno non inizio un processo di beatificazione.
      Giovanni
      Agli occhi di quelli che comandano oggi, questo fatto è un TITOLO di merito.

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