Panama Papers: tutto quello che non torna  –  di Giampaolo Rossi

di Giampaolo Rossi

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zzzzgmprss0604UNA STRANA STORIA

Più di un anno fa, una mano sconosciuta sottrae l’immenso archivio digitale di “Mossack Fonseca”, lo studio legale panamense più famoso al mondo nella creazione di società offshore nei paradisi fiscali. Secondo alcune versioni la talpa sarebbe un ex dipendente dello studio, ma qualcuno sospetta che sia stata opera di hackeraggio messa in atto da sofisticate strutture legate ad alcune agenzie d’intelligence. I documenti crittografati sono in pratica l’intero archivio Mossack Fonseca dal 1970 al 2016; difficile credere che possa essere stato sottratto da una sola persona. Illazioni gratuite probabilmente, fatto sta che l’identità di costui (o costoro) è tuttora segreta.

L’ARCHIVIO
La quantità di documenti sottratti è impressionante: 11,5 milioni di file digitali, la stragrande maggioranza e-mail e database, ma anche file Pdf. Un numero superiore al totale combinato di Wikileaks, Offshore Leaks,  Lux Leaks e Swiss Leaks.

I GIORNALISTI INVESTIGATIVI
Un anno fa, la fonte anonima consegna il materiale alla redazione del Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti quotidiani tedeschi. Qui si decide di metterlo a disposizione del Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi (ICIJ).
Il Consorzio è un global network composto da centinaia di giornalisti di oltre 100 testate di più di 60 paesi, specializzato nel giornalismo d’inchiesta internazionale.
ICIJ è stato fondato nel 1997 dal Center for Public Integrity, un’organizzazione no-profit con sede a Washington. Il Centro è finanziato da un grande numero di Fondazioni, associazioni filantropiche e organizzazioni legate alle battaglie per i Diritti Umani, l’ecologia e il progresso sociale. Tra queste, però ce ne sono alcune che spiccano per anomalia: per esempio la Open Society dell’immancabile George Soros, nemico numero uno di Vladimir Putin e il cui ruolo di destabilizzatore di Stati e governi abbiamo ampiamente descritto.
Carnegie Endowment, il cui think tank è strettamente legato alle politiche atlantiste filo-Nato e che pubblica Foreign Policy, una delle riviste di geopolitica più importante al mondo.
La Ford Foundation, storicamente legata a doppio filo con il Dipartimento di Stato Usa e con la Cia.
Il Rockfeller Family Fund espressione dei grandi poteri finanziari di Wall Street ed anch’essa con stretti rapporti con le agenzie governative Usa. E molte altre.

METODOLOGIA
Il team d’inchiesta formato da 400 giornalisti, ha utilizzato il software Niux, una sofisticatissima piattaforma che consente di indicizzare (come fosse un motore di ricerca) milioni di dati non strutturati, comprese immagini, file audio o video.
Poi, come spiega il team stesso, i giornalisti “compilano liste di importanti politici, criminali internazionali, professionisti e atleti”Avete capito bene? Quali nomi è opportuno cercare e quali no lo decide il team di giornalisti investigativi. I criteri con cui vengono composte queste liste non sono ovviamente spiegati ma qualche sospetto sorge.

PUTIN
Il nome con cui si fa esplodere lo scandalo internazionale è quello di Vladimir Putin. Sui media di tutto il mondo, il nome del Presidente russo viene associato allo scandalo di Panama Papers.
Capofila di questa operazione mediatica è il britannico The Guardian, giornale che da anni conduce una campagna dichiaratamente anti-russa ospitando tra l’altro anche i deliri di George Soros (lo abbiamo raccontato qui).
È proprio il Guardian a lanciare l’attacco all’immagine del capo del Cremlino in questi ultimi mesi all’apice del consenso internazionale per i successi militari ottenuti in Siria contro il terrorismo islamico.
Ci vorranno due giorni per scoprire che il nome di Putin non compare mai negli 11 milioni di documenti analizzati; ma compaiono “persone a lui vicine” ed il suo coinvolgimento è frutto di ipotesi giornalistiche tutte da verificare. Neppure suoi parenti sono menzionati nei Papers, mentre compare il nome del papà defunto del Premier Cameron.

A PROPOSITO DEL GUARDIAN
Due anni fa il Guardian fu al centro di uno scandalo giornalistico quando il suo direttore ammise di essere stato costretto a distruggere su ordine dei Servizi di sicurezza britannici, i file di Edward Snowden (la talpa di Wikileaks) che probabilmente documentavano le attività di spionaggio della Gran Bretagna sui propri alleati.
È uno strano giornalismo d’inchiesta quello che prende ordini dagli 007 di Sua Maestà.

E GLI AMERICANI?
Tra i tanti nomi di leader politici tirati in ballo dai Panama Papers non ci sono personalità statunitensi. Strano no? Eppure Panama è lì a due passi. Così come, fino ad ora non è comparso nessuno dei grandi gruppi bancari e industriali di Wall Street che finanziano copiosamente le campagne elettorali americane. Non è escluso che nei prossimi giorni questa curiosa lacuna venga colmata, ma per ora il sistema americano appare il più virtuoso del mondo.
Insomma l’America a Panama non esiste (eccezion fatta per l’attore Jackie Chan che in realtà è cinese).
Come è possibile tutto questo? Semplice, lo spiegano direttamente i giornalisti investigativi: “Mentre gran parte del materiale fuoriuscito rimarrà riservato, ci sono motivi validi per la pubblicazione di alcuni dei dati”. Chi decide cosa deve rimanere segreto? Loro. E quali sarebbero i motivi per pubblicare altro? Questo non lo spiegano ovviamente.

In altre parole si pubblica solo quello che qualcuno vuole; anche perché chi non è pubblicato ma sa di essere nella lista diventa uno straordinario “soggetto da ricatto” utilizzabile se è un capo di Stato, un leader politico o un potente industriale.

CONCLUSIONE
Difficile prevedere come si svilupperà lo scandalo e quale effetto domino potrebbe creare. Certo è che i Panama Papers mostrano molti lati oscuri che per ora non sono spiegati.

La sensazione è che questo giornalismo d’inchiesta sia uno dei più potenti strumenti della guerra ibrida utilizzata per mettere in crisi equilibri geopolitici senza l’uso delle armi.
Come scriveva alla fine degli anni ’90 Manuel Castells, uno dei più lucidi studiosi della comunicazione, “I media non sono il Quarto Potere, sono molto più importanti; sono lo spazio dove si costruisce il potere”. Appunto.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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fonte: Il Giornale

3 commenti su “Panama Papers: tutto quello che non torna  –  di Giampaolo Rossi”

  1. luciano pranzetti

    Strano, molto strano – ma lo dico ironicamente – che in questa discarica di documenti “costruiti”, non figuri alcun personaggio statunitense! E m’ indigna che anche i nostri giornali, così detti di “destra” si sìano tuffati nella brodaglia. Un’operazione che vede, uniti, servizi segreti, finanzieri (Soros) e lo stesso studio legale panamense Fonseca, per un disegno sovversivo ala cui ideazione sta a Washington.

  2. Stefano Mulliri

    Giulietto Chiesa , dice che , questo seccolo , non sara´ americano , a meno che , non succeda una guerra simile per portata
    alle ultime due , quindi mondiale , ma io credo , spero , e prego , che questo impero del male , simile alla bestia della
    Apocalisse di San Giovanni , presto , sia ricacciatta nell´ abisso.

    Sia lodato Nostro Signore Gesú Cristo.

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