Parliamo di Catechismo. La costanza e l’impegno dei demolitori della Dottrina

Secondo il teologo P. Lintner, “non si potrà più discutere di matrimonio e famiglia se non a partire da AL”. Il resto viene con coerente spirito demolitore, fino ad invocare la necessità di rivedere la definizione canonica di adulterio pubblico e permanente.

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Nel mio umile lavoro di salvaguardia e conservazione fedele del seme della nostra fede cattolica attraverso il Catechismo, mi sono imbattuta con preoccupazione nella notizia  che una primissima azione di demolizione, per ora verbale, del Catechismo della Chiesa Cattolica è stata avviata ad opera di un sacerdote, tal padre Martino Maria Lintner, teologo morale sudtirolese docente allo Studio teologico di Bressanone/Brixen e a Innsbruck in Austria, appartenente all’ Ordine dei Servi di Maria, già noto per i suoi preti misericordini con i gay, come i biblisti Perez e Maggi che divulgano gentili parole di apertura all’eucarestia per tutti (vedi ad esempio su https://www.youtube.com/watch?v=NIdvvhCFptY ).

Siamo in buone mani dunque, ed infatti non hanno aspettato che qualche mese per partire all’attacco. Leggendo l’Amoris Laetitiae a Padre Martino non sarà parso vero di poter finalmente calpestare  un terreno fino a ieri intoccabile come quello della dottrina. E così nella sua intervista a una giornalista – guarda tu  di Vatican Insider, Maria Teresa Pontara Pederiva – dice proprio, testuali parole, che “non si potrà più discutere di matrimonio e famiglia se non a partire da AL”. Parlapà, diciamo noi a Torino! Non sapevamo che per istruirsi sulle divine verità un cattolico deve prima partire dall’ultima esortazione apostolica partorita in seguito a questionari mondiali per giungere infine alla dottrina millenaria. A me risultava il contrario, ma tant’è.

Fratel Martino dice nella sua intervista:  “Direi che AL è da considerare “un punto di non ritorno” per tre dimensioni. Da una parte, la Chiesa attraverso questo documento, frutto di un processo sinodale che non ha solo visto riuniti in ben due Sinodi vescovi provenienti da tutte le parti del mondo, ma che ha coinvolto dappertutto anche tantissimi laici attraverso due questionari, ha voluto riaffermare, se non addirittura inaugurare, quello stile che papa Francesco intende applicare alla vita della Chiesa tutta. Si tratta in definitiva di uno stile che corrisponde in pieno all’ecclesiologia del Concilio Vaticano II volto a superare la distinzione tra Chiesa docente e Chiesa discente per cercare “insieme” le soluzioni”.

In pratica, i nostri pastori per stabilire le verità di fede chiedono alle pecorelle i loro gusti e poi si regolano di conseguenza, come nei più fulgidi esempi di democrazia.

Sono solo una semplice catechista e non ho alcuna laurea in teologia, ma mi accorgo da sola che questo metodo è sfacciatamente modernista: senza vergogna vuole guadagnare nella Chiesa un terreno di liberalismo ed egualitarismo tipici del processo rivoluzionario, ormai incistato come un tumore nella Chiesa di oggi. Questa democratica visione cancella la sacra scala  della gerarchia istituita da Cristo, che vuole una chiesa docente, il Papa e i vescovi che hanno per mandato apostolico la potestà di insegnare la Verità immutabile, e una chiesa discente costituita dai fedeli – le pecorelle, diciamo senza paura – che non fanno parte della sacra gerarchia, affinché  dialoghino fra loro per cercare insieme le soluzioni, in uno splendido clima di accoglienza benevo1a, dove chi la fa non l’aspetti, perché siamo tutti fratelli e ci rispettiamo profondamente. D’altronde chi siamo noi per giudicarci a vicenda? Della salvezza eterna delle nostre anime ce ne preoccuperemo in un secondo momento. La cosa essenziale è dimenticare i Novissimi e vivere come se questi non esistessero.

Se la Chiesa di Cristo fosse quello che pensano lorsignori perché ascoltare il Papa allora? Perché far diventare AL il non plus ultra, la guida capace di cambiare la dottrina? Mi pare un tantino contraddittorio, ma questo è il metodo dei rivoluzionari: insinuare l’odio nei confronti dell’ordine naturale e farlo dando libero sfogo alle passioni, in un clima di confusione totale dei principi.

Ma il fratello Martino continua: “…non possiamo più affermare che oggi ci sia un’esclusione categorica ad accostarsi ai sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione (sic!) per quanti, nella nuova unione, non si astengono dai rapporti sessuali. Su questo non c’è alcun dubbio, proprio a partire dal testo stesso dell’AL…. È proprio a partire dal Catechismo della Chiesa Cattolica che AL distingue tra la situazione oggettiva, da una parte, e colpevolezza e responsabilità del soggetto, dall’altra: se il soggetto non è in peccato personale, almeno non in peccato personale grave, allora l’esclusione dai sacramenti diventa priva di una base teologica e pastorale”.

Dunque di cosa stiamo parlando? Di peccato personale. Cito il citatissimo CCC (n°2384 con rimando al C.J.C.) “Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un’altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un’altra”.

Da queste parole si evince solo una cosa, antica come il cristianesimo e che persino padre Martino dice: se il soggetto non è in peccato personale grave allora l’esclusione dai sacramenti è priva di base teologica e pastorale. In poche parole chi vive nella castità può fare la comunione. Dunque perché cambiare il CCC 2384? Perché, spiega il fratello… “alcune persone in queste situazioni non possono agire diversamente proprio per non rendersi colpevoli di peccato: per esempio, non abbandonano il partner perché questo sarebbe un atto di mancanza grave di responsabilità nei suoi confronti, oppure non rinunciano all’intimità sessuale per poter esprimere l’amore e l’affetto che provano l’uno per l’altra e per non mettere in pericolo la loro fedeltà o il bene dei figli”. Beh, questa è teologia da tavola calda e non convince nessuno.

A qualcuno verrà sicuramente in mente di provare a entrare a far parte di quelle alcune persone? Sembra divertente. Bisogna fare una tessera o iscriversi in qualche club? Il club delle persone in buona fede che non rinunciano all’intimità sessuale ma fanno un peccatuccio piccolino. Simpatico.

Ed eccoci dunque alla trionfale conclusione: “…per questo sarebbe da rivedere la formulazione nel CCC 2384, là dove si afferma che, in qualunque situazione, il divorziato/risposato si colloca in una condizione di adulterio pubblico e permanente”.

In questa lunga intervista preparata a tavolino, il teologo spiega come purtroppo molti facciano difficoltà a riconoscere che nella vita dell’uomo non tutto è bianco o nero. Che occorre lavorare per un cambiamento di prospettiva affinché si raggiunga un primato di attenzione alla singola persona e ai suoi bisogni esistenziali e spirituali e non un primato di dottrina e di norme. E qui ci si potrebbe smarrire nei blabla di questi volenterosi clerici così ansiosi di liberare i fedeli dal giogo (odioso) del dogma.

Eppure la Chiesa non ha fatto altro da secoli: l’accoglienza benevola e carica di misericordia e di carità è un principio che la Chiesa ha sempre applicato, quando essa stessa non si era ancora perduta tra le vie del mondo. Le anime oggi sono stanche e smarrite perché è la Rivoluzione che ha prodotto questi fenomeni e non la Chiesa di Cristo. Gesù era stato semplicemente perfetto con il buon ladrone e l’adultera, perdonandoli perché aveva visto in loro un vero cambiamento. Questo è l’esempio da seguire.

Con questa intervista è partita la primissima picconata al Catechismo. Le altre verranno col tempo, quando i fedeli saranno cotti a puntino.

Ciò che lascia spaesati è l’accanimento dei cortigiani di Santa Marta nel gettare veleno per adescare con discorsi untuosi le pecorelle smarrite e indurle a credere che la legge di Dio è troppo restrittiva per l’uomo di oggi, ormai diventato dio e dunque gigantesco nelle sue peggiori manifestazioni.

Nel difficile cammino verso la meta celeste non è forse politically correct dire al pellegrino che la strada stretta è da evitare perché ce ne sono di ben più facili? Non è forse questo il metodo del demonio?

10 commenti su “Parliamo di Catechismo. La costanza e l’impegno dei demolitori della Dottrina”

  1. No, questi vanno avanti macinando tutto e tutti, non è sufficiente ignorarli. Tutti e dico tutti dobbiamo sforzarci, almeno in questi spazi di libertà e tutti dobbiamo sforzarci di svelare con le nostre parole la gigantesca menzogna con la quale ci stanno imbalsamando con voce suadente e dolci moine. Questo è il compito che dobbiamo fare nostro: smontare ogni giorno il falso. La Verità ci farà liberi. Allora diciamola questa Verità. Il buon senso antico oggi vale più di un master up to date. Mettiamolo in circolo questo buon senso, tutti possono. Tutti. Il proverbio della nonna è un buon pane cotto al forno. Scambiamoci questa fetta di buon pane, rifiutiamo il vomito riscaldato che ci ammanniscono quotidianamente in quantità industriali. Il nostro compito è: far tana a queste bande di ipocriti che ci assillano con la loro finzione quotidiana continua.

    1. Il buon senso, cara Irina, è quelllo che salvò la Chiesa dal crac in occasione della grande crisi ariana del IV secolo.
      In poche parole: i fedeli laici capivano benissimo che se Crristo era “un grande uomo, mollto simile a Dio” (omoiousios… anziché omoousios, cioè “della stessa sostanza” del Padre), NON CI AVEVA SALVATO perché era stato nell’impossibilità di farlo. In altri termini, l’uomo “rovinato” da Satana aveva bisogno di un re-intervento di Dio stesso: non gli bastava un uomo, per quanto “buono” fosse.

      Ma il buon senso -come scrivevo- ci porta e ci deve portare all’animazione cristiana dell’ordine temporale. Non a fare i pastori dei Pastori.
      Tanto meno a fare i Papi del “papa misericordioso”, già decollato dal Palazzo Apostolico e dalla Romanitas

    2. Probabilmente signora Irina, quando dice “buon senso antico” lei si riferisce al senso comune e qui veramente Mons. Livi docet! Perché attenzione: il buon senso, ad esempio quello corrosivo di d’Holbach, è volterriano, nutre lo scetticismo e l’indifferentismo che incista le coscienze e le intelligenze dei nipoti, mentre ne erano protette quelle delle nonne alle quali lei allude; ed è altra cosa rispetto al sensus communis. Ma ho capito perfettamente il senso del suo e scritto e lo condivido.

  2. Condivido senza eccepire alcunchè ciò che afferma sapientemente Irina, ma questo non ci basta, ci occorre una guida che, magari da queste pagine, ci diriga con polso fermo. L’ideale sarebbe un Vescovo, emerito, forse meglio perchè non soggetto a facili ricatti, che risponda ai dubbi e dia direttive conseguenti con l’insegnamento inequivocabile di Cristo e che ribadisca e svisceri le difficoltà che, di volta in volta i singoli lettori e R.C., stessa gli sottoporranno.
    Oppure un teologo come, per esempio, Mons. Antonio Livi , che sia disponibile e coraggioso.

    1. Al carissimo e bravissimo Malaguti rispondo dicendo che io, in effetti, sono stato disponibile e coraggioso da anni, cioè da quando mi ospitava anche “Riscosssa cristaina”. Ora continuo a esserlo dove mi ospitano (sono parecchi siti) e anche per conto mio, pubblicando tra l’altro nlla mia casa editrice un coraggioso libro di Danilo Quinto, “Disorientamento pastorale”, con una mia lunga Introduzione teologica (vedi http://www.editriceleonardo.net).

  3. Cari Irina e Normanno, la reazione dei fedeli alla sana dottrina che invocate, e la correlata presenza di buoni pastori, non è (almeno al momento) possibile. Innanzitutto, la vicenda umana di don Pusceddu dimostra come chiunque nella Chiesa della misericordia possa essere silenziato senza complimenti. Ma anche ammettendo che questa reazione (rettamente eseguita e guidata) vi sia, quale sorte crediate che avrebbe? Cadrebbe nel silenzio, ne’ più ne’ meno dei “dubia” cardinalizi. Credo che a questo punto solo la preghiera possa essere l’unica reazione possibile.

    1. Solo per rendere nota una novità -non certo per spargere tensione o angoscia- comunico che in questi ultimi giorni ho sentito per due volte affermare formalmente l’Arianesimo “dal pulpito”, cioè durante la Santa Messa. “Cristo è un grande uomo”.
      Le affermazioni erano più circostanziate, ma non voglio spargere veleno mortale.
      Entrambe, eresie formali, degne di piena scomunica. Non mi era mai capitato.

      Questo significa che dalla fase 1 (“In Vaticano c’è uno di noi”), dopo la fase 2 (“Costui ha avviato la Neochiesa, infrangendo il dogma dell’Immacolata”), si è passati alla 3 (“Via i cappucci: mostratevi quuali siete, Fratelli delle Logge”).

      Ripeto, forse esasperando qualche paziente lettore: vogliamo mettere su una “Anti-Neochiesa” ? Ognuno può scegliere la propria risposta

  4. Cari Irina e Normanno, il problema più grosso è proprio quello di trovare persone che rivestono dei ruoli nella Chiesa e che siano anche disponibili e coraggiosi nell’andare contro corrente e riaffermare la Verità. Io continuo ad avere una delusione dietro l’altra:anche chi sembra in apparenza legatissimo alla tradizione e alla Verità,posto di fronte al doversi esporre in qualche modo pubblicamente, nicchia, parendogli (forse a ragione) che con un comportamento e dei pronunciamenti apertamente contrari alla “pastorale” corrente verrebbe accusato egli stesso di eretica disobbedienza,col risultato di non poter più operare all’interno della Chiesa stessa. E del resto se perfino i vertici della Fraternità stanno meditando di farla tornare in seno Santa madre Chiesa,col risultato facilmente prevedibile di ridurre la loro predicazione della Verità a una tra le tante possibili, immaginate quale peso avrebbe la predicazione di un vescovo o un teologo isolato e magari scomunicato.Temo che non ci rimanga altra scelta che fare come i monaci medioevali: salvare la semente e praticare le…

  5. I nostri commenti li ritengo importanti, facciamo scoglio intorno a questo o a quel sito. E siti simili già si rimbalzano notizie e persone. Ottima la supervisione dei sacerdoti seri che veglino su di noi e ci aiutino a seguire le orme del Signore. Sono vecchia, quasi settanta, alcuni di noi mi sono coetanei, bisogna allevare i giovani. E’ vero seminari non mancano, conferenze ed anche periodi di studio più lunghi in estate. Questi momenti sono molto importanti per i giovani ma non sono economici, costano. Tutta l’educazione costa. Le stesse scuole parentali richiedono un grande sforzo. Quindi concludendo: abbiamo bisogno di giovani seri, cattolici, che non si facciano prendere per il naso nè ora, nè mai, pronti ad offrire la loro vita a NSGC nelle imprese che Lui indicherà ad ognuno. Abbiamo bisogno di donatori che sostengano un’impresa per tutta la vita. Tutto è da ricostruire e/o da bonificare. Educazione e cultura sono le emergenze da affrontare con slancio missionario,lungo una vita, per sempre. Con pochissimi soldi e molte tribolazioni. Una cultura è da riscoprire:la cattolica.

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