Perché un Sinodo sulla famiglia?  –  di Patrizia Fermani

… a leggere l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium in combinato disposto con il famoso discorso programmatico tenuto dal cardinale Kasper sulle prospettive del sinodo, che tanto ha fatto discutere, e poi l’Instrumentum Laboris, si potrebbe pensare che la famiglia si prepara a ricevere forse un colpo mortale, o meglio, data la situazione attuale, il colpo di grazia.

di Patrizia Fermani

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zzfamigliaSi risponderà che la famiglia è sotto un attacco tanto potente, sferrato da tempo su più fronti, da fare temere per la sua stessa sopravvivenza. E dunque è ovvio che la Chiesa concentri la propria attenzione su questo pilastro insostituibile per il singolo e per la società. E’ anche vero che tutte le questioni più scottanti riguardanti la famiglia sono già state affrontate e approfondite in atti del Magistero ben prima che entrassero nella discussione corrente. Ma di tutto ciò ben poco, se non nulla, pare sia arrivato ai fedeli attraverso l’insegnamento e la predicazione dei sacerdoti, evidentemente impegnati su altri fronti e interessati ad altre questioni. E ben poco sia entrato nelle direttive diocesane.

Per questo il Sinodo si è posto un obiettivo pastorale, e in vista di esso è stato diffuso per l’orbe terracqueo cattolico un questionario volto a misurare la effettiva diffusa conoscenza dei nuovi problemi che investono la famiglia, le eventuali opinioni che su di essi si siano formate nei diversi contesti geografici, le soluzioni proposte, nonché le aspettative nei confronti della Chiesa. Su questa base è stato elaborato l’Instrumentum Laboris, che servirà da base di discussione per l’assemblea dei vescovi. Il tutto per rendere più efficace l’insegnamento dei pastori laddove esso risulti inadeguato e deficitario. Fermo restando che i contenuti di tale insegnamento non possono non essere quelli immutabili della dottrina cattolica.

Il proposito, dunque, sembra più che apprezzabile.

Sennonché molti fattori hanno concorso, nell’ultimo anno e negli ultimi tempi in particolare, ad insinuare dei dubbi sulla effettiva determinazione della Chiesa di mantenere fermo il proprio deposito dottrinale. In primo luogo è infatti innegabile come lo stesso Bergoglio, attraverso una miriade di interventi estemporanei, abbia incoraggiato l’idea che proprio il principio della stabilità dottrinale possa essere messo in discussione. In particolare, la Istruzione apostolica Evangelii Gaudium potrebbe costituire una seria ipoteca posta sul prossimo sinodo sulla famiglia, e così pure lo stesso Instrumentum Laboris.

Infatti, a leggere l’esortazione apostolica in combinato disposto con il famoso discorso programmatico tenuto dal cardinale Kasper sulle prospettive del sinodo, che tanto ha fatto discutere, e poi l’Instrumentum Laboris, si potrebbe pensare che la famiglia si prepara a ricevere forse un colpo mortale, o meglio, data la situazione attuale, il colpo di grazia.

Vale la pena di percorrere anche superficialmente questo itinerario per verificare se tali preoccupazioni possano dirsi fondate, a cominciare dall’Evangelii Gaudium e da quei punti salienti del documento che non lasciano molto spazio all’interpretazione.

Dopo l’enfasi gioiosa dei paragrafi introduttivi, si capisce ben presto che il gaudio travolgente non ci verrà tanto dalla forza dell’Evangelo in sé, quanto da una sua interpretazione profondamente innovativa, ritenuta ormai imprescindibile. E siamo subito avvertiti, a scanso di equivoci, che “qualunque enunciato della Chiesa, in quanto totalità del popolo che evangelizza, deve essere riconosciuto come di iniziativa divina”. Abbiamo dunque due proposizioni: da un lato si dice che la Chiesa è la totalità del popolo che evangelizza e, dall’altro, che l’iniziativa è comunque di Dio. Anche se il “popolo di Dio” e la sua diffusa vocazione sacerdotale è il noto e accreditato stereotipo conciliare, sfugge il senso di un popolo che è allo stesso tempo autore e destinatario della evangelizzazione. Il mandato di Cristo di annunciare il Vangelo era dato agli Apostoli quale minoranza che aveva avuto il privilegio e il munus di essere depositaria dell’annuncio vero ricevuto direttamente dal Suo Autore. Destinatari erano tutti quelli che avrebbero dovuto convertirsi e credere al Vangelo. Una distinzione di ruoli è nella logica delle cose.

Inoltre ci si deve chiedere se bisognerà riconoscere come di iniziativa divina anche le strade storte che il popolo possa imboccare, a meno di ritenere che, per il principio di immanenza, qualunque strada scelta dal popolo di Dio sia buona, compresa quella del vitello d’oro. Non per nulla Ratzinger, spiegando il significato veterotestamentario del “popolo di Dio”, lo identificava in Israele che esce per cercare Dio e lungo il cammino costruisce quel vitello d’oro che sarà poi distrutto da Mosè.

Intanto, sempre secondo l’esortazione, per rendere effettivo tale impellente rinnovamento occorre una “conversione” del papato, da realizzarsi anzitutto con un decentramento ai vescovi di questioni anche dottrinali. A sua volta, l’episcopato deve seguire il gregge che con l’olfatto sa imboccare le strade giuste perché è aiutato dallo Spirito Santo a riconoscere i “segni dei tempi”. Insomma, per la proprietà transitiva, anche le questioni dottrinali sono affidate al gregge dietro al quale si metteranno in buon ordine vescovi e pontefice. Il gregge audace e creatore (meglio dire creativo) deve rompere gli schemi (33). Infatti “Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina” (11).

Ora, la creatività di Dio Padre Onnipotente è fuori discussione. Un po’ meno immediata quella del Figlio, che non fa la Propria ma la Sua Volontà. Anzi, come scriveva ancora J. R. in “Dio e il mondo”, “i comandamenti acquistano una forma definitiva con Cristo che vi svela il volto del Padre”. Ma il cattolicesimo di Bergoglio è quello protestantizzato dal Concilio che ha sostituito al Padre creatore l’uomo creativo, appunto, di cui Gesù rappresenta il modello supremo. Così Egli, per certa cultura del progressismo nostalgico ancora duro a morire, è potuto diventare persino il primo rivoluzionario marxista della storia, precursore del Che, e prima di Emiliano Zapata e di Pancho Villa, forse anche modello per la Ibarruri, o magari per Ulrike Meinoff, sempre capace di indicare a tutti trionfalmente il sendero luminoso di una salvezza tutta terrena.

In questa prospettiva dovremmo dunque trovare le strade nuove (31) dove ci conduce il mito della libertà fine a se stessa, che ha soppiantato come valore assoluto la verità.

La libertà richiede che si eliminino i divieti (33) secondo il dogma sessantottino del “vietato vietare” che tanti frutti culturali e morali ha portato alla civiltà occidentale. Quindi bisogna previamente liberarsi dalle norme, quantomeno da quelle che limitano appunto la libertà, e dai lacci della dottrina (39), l’attaccamento alla quale dà luogo nientemeno che ad un elitarismo narcisista (93). In secondo luogo dai superati precetti ecclesiali (42) “che possono essere stati molto efficaci in altre epoche ma che non hanno più la stessa forza educativa come canali di vita”, e dal correlativo linguaggio tradizionale (41). Bisogna guardare al progresso del mondo attuale che si dipana in ogni campo, compreso quello della educazione (sic!), altrimenti si finisce per andare contro i bisogni concreti della storia (95).

L’idea portante ossessivamente ripetuta è dunque quella della necessità di liberarsi dalla legge (45), perché il cuore del Vangelo è l’amore salvifico di Dio e non la sua verità (36). Infatti anche il Vaticano II “ ha posto una gerarchia delle verità nella dottrina cattolica e questa gerarchia vale per i dogmi come per l’insegnamento morale”.

Dunque bisogna liberarsi dalla idea obsoleta che ci sia una verità da imporre a tutti, perché la verità non va imposta (165), “ma semplicemente proposta”, di certo in omaggio al principio del pluralismo democratico. Ne emerge la confusione insanabile tra la questione di metodo e quella di contenuto, mentre si sostituisce il principio liberale della libertà del consenso, che prescinde dal fondamento etico oggettivo della verità proposta e rinuncia preventivamente a farla valere anche qualora essa sia la condizione per la salvezza. Eppure ad un bambino non chiedo se è d’accordo sulla necessità di assumere l’antibiotico per curare la polmonite. Glielo do e basta.

Apprendiamo poco dopo che anche le verità (come ha insegnato il marxismo e il Corano) possono essere diverse, che di volta in volta bisogna utilizzare quella funzionale alle contingenze del caso, e che comunque esiste anche una gerarchia delle verità (36) secondo la quale bisogna dare spazio a quelle ritenute più importanti, per la metafisica bergogliana. Sul punto viene chiamato in causa persino S. Tommaso. Solo che il malcapitato dottore angelico, lungi dall’avere sostenuto la gerarchia delle verità, che avrebbe contraddetto la sua intera filosofia, ha osservato che c’è una gerarchia delle virtù, cosa che è evidentemente, tutt’altra storia.

Data la molteplicità delle verità, non bisogna “rinchiudersi nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili”. Ed ecco espresso in modo lapidario un altro asse portante del pensiero di Bergoglio, secondo il quale con la norma va abolito, ovviamente, anche il giudizio. La conclusione è inevitabile, perché se viene meno la norma sulla quale va modellato il comportamento viene meno anche il criterio per poter giudicare. Ma non in virtù del presunto dettato evangelico. Infatti è evidente come la domanda retorica che servirà al vescovo di Roma per passare alla storia si fonda su una lettura rovesciata del passo di Giovanni 17,24 che raccomanda di giudicare non secondo il punto di vista personale, ma secondo ciò che è giusto (katà ten dikaian krisin).

Giovanni non interdice affatto la possibilità di giudicare, che sarebbe come interdire la possibilità di distinguere tra il bene e il male, ma riafferma come il solo criterio vero di giudizio sia quello fornito  da ciò che è giusto. E l’unico criterio di giustizia oggettivamente valido è ovviamente la legge divina, proprio quella della quale invece siamo invitatati ora a disfarci con tanta insistenza. La norma pone l’esigenza dell’osservanza e la trasgressione quella del giudizio. Tertium non datur. E abolita la norma e il giudizio sulla trasgressione viene abolito anche il peccato, che per il Vangelo della famiglia altro non è se non la violazione delle norme della creazione. E di tale abolizione avremo conferma programmatica, come vedremo, proprio attraverso l’Instrumentum Laboris.

Intanto è confortante andare a rileggere le belle pagine con cui l’arcivescovo di Monaco che diventerà Benedetto XVI affrontava con fede intatta e bellezza di pensiero il tema de quo.

Sempre dall’Evangelii Gaudium apprendiamo che, se bisogna liberarsi dal miraggio di una verità assoluta, altrettanto pericolose sono le “verità soggettive” dei “neopelagiani”, che “si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme e sono fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato” con la relativa “presunta sicurezza dottrinale e disciplinare” (94).

A questo punto l’orizzonte ermeneutico si fa sempre più chiaro: non rimane che affidarsi allo spirito del tempo.

Non manca un qualche riferimento specifico al tema della famiglia laddove al numero 66 vengono citati i vescovi francesi secondo i quali il matrimonio “nasce dalla profondità dell’impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vita totale”. Un po’ poco per il matrimonio cattolico che quell’impegno lo intende perpetuo, ma quanto basta per fare entrare nello schema anche altre forme di comunione di vita.

Colpisce infine come a proposito dell’omicidio, quale contravvenzione ad una norma fondamentale della convivenza umana, vengano menzionate le vittime della povertà, ma non quelle dell’aborto.

L’Evangelii Gaudium contiene molte cose succose anche nella parte successiva, ma fin qui ce n’è già a sufficienza per indirizzare il Sinodo sulla famiglia verso la liberazione dai principi regolatori di matrimonio, filiazione e doveri relativi, cioè ci sono tutti i presupposti per arrivare al Sinodo senza il fardello della legge posta dalla Creazione, e dal peccato che segna la sua violazione.

In seguito è venuta la sconcertante relazione del cardinale Kasper al Concistoro straordinario sulla famiglia del 20 febbraio 2014. Una sortita non casuale e non irrilevante da parte di chi tiene entrambe le chiavi del cuore di Federigo come Federigo stesso ha tenuto a far sapere urbi et orbi quando nel primo angelus lo ha eletto a proprio alter ego teologico. E Kasper, dopo una vita passata in seconda fila a cercare di contrastare il pensiero cattolico ratzingeriano, ora recupera con malcelata euforia il tempo perduto. (Per una esposizione esauriente della teologia Kasperiana, quale è espressa nella Relazione basta leggere quanto scrive Danilo Castellano nel numero di aprile di “Instaurare Omnia in Christo”). Le premesse di quel discorso erano già tutte in una sua opera del 1975 intitolata “Fede e storia” in cui si legge fra l’altro: “la realtà di un mondo senza Dio, di fronte alla quale ci troviamo, è in parte solo la reazione ad un Dio senza mondo”. La tesi è che il male del mondo dipende dalla inveterata pretesa della Chiesa di imporre Comandamenti e Vangelo secondo una interpretazione estranea alla vita della comunità cristiana e che essa sola può essere maestra a se stessa. È la stessa idea che troviamo nell’Evangelii Gaudium: del gregge che può lasciarsi alle spalle la guida, per affidarsi al fai da te. Dunque, i mali della secolarizzazione sarebbero venuti anche dalla sfiducia della Chiesa verso il mondo, una sfiducia che le ha impedito di coglierne i “valori” e la capacità di autoregolarsi. Una cecità imperdonabile che Bruno Forte, anche lui in grande ascesa nel firmamento bergogliano, attribuiva persino – guarda un po’ – alla esasperata accentuazione del sacro della Chiesa preconciliare ( La Chiesa della Trinità).

Su quelle premesse Kasper ha portato l’attacco a tutti quei principi e a quelle regole ritenute prive di una base scritturale e comunque inadeguate allo spirito del tempo. Quello che si avvia ad essere identificato con lo Spirito Santo.

In definitiva, questa teologia “cattolica” non ha trovato di meglio che addossare il misterium iniquitatis, che è esploso con inaudita violenza nel novecento e prosegue ora in altre forme più subdole, alla inadeguatezza dei precetti piuttosto che alla loro violazione.

Ora, tale teologia, dopo avere riabilitato il mondo, decide che il male non esiste perché il mondo è hegelianamente anche buono e non va corretto, ma accarezzato in un dialogo permanente di condivisione semi amorosa. Perché il mondo, come diceva ancora Bruno Forte, “riconosciuto come il luogo del Vangelo nella storia è diventato partner del dialogo della salvezza”. Insomma la realtà è capace di governare se stessa attraverso una fede fatta su misura.

Messe da parte le norme perché nocive, e riabilitato il mondo, manca soltanto la formalizzazione di un nuovo codice che sancisca la pace ufficiale tra Chiesa e mondo e un patto di non belligeranza.

Proprio a questo potrebbe provvedere il Sinodo sulla base di quanto ha predisposto l’Instrumentum Laboris, preceduto come abbiamo visto dal famoso questionario che, come efficace strumento di marketing, può servire le eventuali finalità di adeguamento alle leggi di mercato.

Il documento può sembrare innocuo a chi, aprendolo a caso, vi legga i numerosi riferimenti alla consolidata dottrina della Chiesa sulla famiglia e sui temi limitrofi.

Dunque nulla di nuovo sotto il sole? Purtroppo no. Perché, attraverso un percorso tortuoso quanto ambiguo, emerge l’intento di assecondare le ansie creative e innovative dell’Evangelii Gaudium e di superare proprio l’ostacolo di quella dottrina parte del depositum fidei che, se non può essere abrogata per decreto, deve essere relegata in una teca a lato, in funzione ornamentale come è avvenuto per il tabernacolo nella chiesa postconciliare.

Infatti, poiché il depositum fidei che riguarda l’etica della famiglia si radica nella legge naturale, è proprio questa che viene attaccata frontalmente.

L’operazione è disarmante nella sua quasi patetica evidenza: poiché il vangelo della famiglia si fonda sulla legge naturale, che nel pensiero cristiano coincide con la legge di Dio, e poiché è prematuro cambiare quest’ultima, si cambia il contenuto della legge naturale come se fosse cosa diversa dalla prima.

Si parte dal presupposto che essa sia divenuta ostica agli intervistati, come lo è probabilmente anche agli intervistatori. La sua “inattualità” sarebbe poi dimostrata dal fatto che viene contestata attraverso la pratica massiccia del divorzio e la diffusione delle famiglie allargate. Che non ne viene più compreso il significato anche da chi di fatto la osserva, mentre in altri casi è del tutto ignorata, come accade per le popolazioni aborigene che con le loro usanze la contraddicono.

Non vale la pena di soffermarsi sulla confusione tra natura, contenuto e applicazione della legge naturale che emerge da queste e da altre osservazioni sparse nel testo, e che potrebbe essere anche intenzionale. Quello che emerge in modo preoccupante è infatti il disegno dichiarato di sostituire la legge naturale con tutt’altra cosa, con la sua contraffazione laica e razionalistica.

La base programmatica di questa operazione la si trova ai n. 20 e 21 e al rinvio a quanto già enunciato dalla Commissione Teologica Internazionale nel 2009 (35) in un documento intitolato non a caso “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale”. Qui dunque si afferma che “la relazione tra Vangelo della famiglia e legge naturale poggia sul necessario rapporto tra il Vangelo e l’umano in tutte le sue declinazioni storiche e culturali. La legge naturale risponde così all’esigenza di fondare sulla ragione i diritti dell’uomo e rende possibile un dialogo interculturale e interreligioso e di fondare la pace universale”. E poiché si dice che attualmente “la legge naturale non è più da considerarsi universale perché non esiste più un sistema di riferimento comune”, è evidente come suo elemento essenziale sia divenuto anche per il Magistero la universalità assicurata da un sistema di riferimento comune esterno, quello del fascio dei “diritti dell’uomo” fondati sulla ragione e codificati dalla nuova morale laica sovranazionale alla quale tutti devono guardare. Quella aggiornata alle svariate Dichiarazioni dei Diritti e dalle Costituzioni buone per ogni apertura alle pretese di tutti e ai doveri di nessuno.

Eppure, come diceva Benedetto XVI, per la Chiesa la legge naturale “è quella indicazione interiore che si riverbera in noi dalla creazione”. Ed è compito della evangelizzazione portare gli uomini a scoprirne il contenuto, laddove essi non l’abbiano riconosciuto. Essa è tale non perché osservata statisticamente dal maggior numero di persone possibile, ma perché ha il valore intrinseco datole dalla Provvidenza divina. E la legge giusta deve essere riconosciuta anche se non obbedita, perché preesiste alla obbedienza dell’uomo e rimane oltre la sua disobbedienza. Ci si dimentica che la legge naturale che si manifesta nel logos cristiano non ci dice ciò che facciamo, ma ciò che dobbiamo fare. Essa opera sul piano della obbligazione morale, è la traduzione di un imperativo che sussiste indipendentemente dalle statistiche sulla sua osservanza e che dovrebbe essere svelato anche a chi non è stato in grado di riconoscerne il valore proprio attraverso la missione evangelizzatrice. Perché, cosa significa mai portare la buona Novella se non indicare la via di salvezza? Quella che richiede di essere intrapresa per il bene del singolo e della collettività anche se non risparmia le difficoltà e non riceve una ricompensa esistenziale immediata?

La sofferenza stessa della vita, che l’uomo moderno cerca di allontanare e di eludere pateticamente, diventa sopportabile solo se sentita come parte di un disegno guidato comunque da una Provvidenza che sa e vede oltre quello che noi riusciamo a vedere e di cui ci possiamo dare ragione. Ma la Provvidenza è uscita ormai da tempo dal sentire e dal linguaggio comune e se ne è perduto il significato profondo per gli uomini che, non riconoscendone più il mistero, non trovano più neppure le risorse morali per portare il fardello della esistenza.

Eppure prendiamo atto di questa trovata surreale che ha già fatto la sua strada: dovendo disfarsi della Legge divina che le impedisce di abbracciare il mondo, la Chiesa si mette sotto il controllo di una legge e di un potere oscuri, che sono di per sé incontrollabili. Sposa la legge del mondo nella sua forma falsamente giuridica e falsamente morale dei Diritti Umani, che si legittimano per il fatto di chiamarsi umani e si impongono per l’aggettivo intimidatorio che li dice inviolabili. Come quello di uccidere il proprio figlio e di rinnegare in via anagrafica la propria maternità. Perché la loro “umanità” discende semplicemente dall’essere ciò che l’uomo via via immagina di poter pretendere. Eppure quell’aggettivo è suonato suggestivo e al suo fascino neppure un Wojtyla è riuscito a sottrarsi.

Quello delle dichiarazioni universali dei diritti umani è l’ultima spiaggia cui è approdata un’idea di legge naturale antitetica a quella cristiana di legge divina data all’uomo per la sua salvezza e iscritta, prima ancora che nel suo cuore, dove spesso fa fatica a d essere individuata, nel quadro della creazione, dove non può fare a meno di essere letta attraverso il racconto biblico e l’insegnamento di Cristo.

La legge naturale identificata con il plafond dei diritti umani è la negazione stessa dello orizzonte cattolico, sia sotto il profilo concettuale, sia per le conseguenze nefaste che l’allargarsi aberrante di essi produce ai danni della comunità umana, sia per il loro vizio di origine e per la trama di equivoci che si va aggravando col tempo attorno ad essi.

Il vizio di origine consiste nel fatto che sulla scia delle fluviali Dichiarazioni e Costituzioni che li hanno consacrati, i “diritti” sono andati a sostituire il “diritto”, oscurandone la funzione e stravolgendone il significato.

Diritto è ciò che l’uomo si dà per tutelare una esperienza e una sapienza acquisita a fatica, ma riconosciuta come un bene irrinunciabile da preservare e tramandare a vantaggio di tutti. E’ la sapienza acquistata da una collettività, non senza fatica, per regolare la propria vita comunitaria. Il diritto preserva un sistema di valori riconosciuti attraverso la composizione delle aspirazioni individuali, le pretese che vengono compensate dagli impegni assunti in cambio nei confronti degli altri, cioè attraverso la rete dei diritti e dei doveri. E a garantire la irrinunciabilità e sacralità di quei valori c’è la legge divina, scritta e sentita come garanzia superiore di giustizia.

Ma già i prototipi di tali Dichiarazioni, a cominciare da quella francese, hanno spostato tutto il peso sulle pretese quali realizzazioni della libertà eletta a bene e dono principale dell’uomo. Una libertà che non soffre limitazioni e restrizioni per non perdere il proprio significato di emancipazione da ogni finitezza e da ogni fatica. Per trovare una solida base di ancoraggio, i diritti, al pari di tutto il “diritto”, avrebbero dovuto guardare alla “natura umana” nello orizzonte di una società ricivilizzata dal Cristianesimo. Da una teologia che vede l’uomo come colui che riceve da Dio il proprio status e i doni di creatura eletta ma decaduta per l’atto di disobbedienza.

Ma una volta staccato il legame ideale con la paternità divina, l’uomo è figlio di se stesso e lo stato è la sua proiezione ipostatizzata: ora i diritti umani sono quelli che l’uomo si attribuisce attraverso le leggi dello Stato, attraverso le Costituzioni.

Quando poi anche lo Stato svapora in una entità sovranazionale, in un potere senza più volto e senza responsabilità, inafferrabile quanto invasivo, al quale non possiamo neppure ribellarci per l’impossibilità di identificare il bersaglio, diritto umano diventa un contenitore al quale questo potere senza volto concede l’accesso purché sia funzionale allo allargamento del proprio spazio di controllo universale. Ogni pretesa degli umani che il potere senza volto acconsente di inserire nella gora dei diritti diventa diritto umano, dove l’attributo non ha un contenuto di valore ma sta ad indicare soltanto il beneficiario umano immediato, anzi particolare.

Dalla aspirazione alla trascendenza ideale del diritto come qualificante i valori oggettivi riconosciuti dalla società umana, si è passati alla contabilizzazione di pretese contingenti funzionali agli egoismi particolari, ma anche a poteri sconosciuti.

Se la Chiesa si metterà al servizio di tutto questo, non avrà più nulla da dire e nessun motivo di esistere.

Dopo le proposizioni di fondo l’Instrumentum Laboris abbozza incidentalmente quelle indicazioni che sembrano più in sintonia con i risultati del questionario.

Si va dalla critica implicita alle comunità parrocchiali in cui si coglie il rifiuto per i divorziati e genitori single (omosex?), a quella per la Chiesa che esclude e non accompagna, mentre al n. 80 arriva la citazione diretta dell’E.G . in cui viene raccomandato di tenere aperta la casa del Padre “…con il rifiuto di una visione legalistica superata dalla misericordia che deve curare le ferite”. E dopo una rassegna dettagliata delle tante situazioni aberranti venutesi a creare, e delle loro conseguenze, si fa notare come molte Conferenze sottolineino la “necessità che la Chiesa eserciti una più ampia misericordia, compassione, clemenza ed indulgenza, più attenzione e separati e divorziati” (92) mentre gli omosessuali debbono essere accolti con rispetto, compassione delicatezza, mentre, non a caso, al n. 111 viene riferita la approvazione crescente per le leggi che regolarizzano le unioni omosessuali. Segue al n.118 l’auspicio di un giusto “equilibrio tra accoglienza misericordiosa e accompagnamento graduale verso una autentica maturità cristiana e umana”.

Che significato sia da attribuire alla raccomandazione di usare “delicatezza” verso gli omosessuali è difficile dire. Si tratta forse di una nuova virtù teologale ad hoc? Di certo non si accorda con la pretesa normalità, e connessa libertà, della propria condizione, che gli omosessuali brandiscono per estorcere a proprio favore da una società moralmente disarmata surreali benefici giuridici. E si accorda ancora meno con i tentativi ormai quasi riusciti delle loro potentissime lobby internazionali di impossessarsi della innocenza e della libertà e della vita di intere generazioni da sottrarre alle famiglie per avviarle al panomosessismo.

Infatti fra tanta misericordia non si dice nulla sulla minaccia che questi movimenti, organizzati capillarmente su scala internazionale, stanno traducendo nella imposizione dei devastanti programmi di educazione sessuale e di tutte le aberrazioni che la nuova cultura della libertà senza luce di ragione ha imposto inalberando proprio la bandiera dei “diritti umani”.

Al n. 138 arriva poi la quadratura del cerchio: di fronte a quelle realtà familiari che possono essere definite come irregolari (l’eufemismo è d’obbligo se viene meno il criterio per definirle come peccaminose), si raccomanda di non generare nei bambini e ragazzi coinvolti l’idea di una discriminazione dei loro genitori, nella consapevolezza che “irregolari sono le situazioni, non le persone”.. La spiegazione finale riassume un po’ tutte le distorsioni logiche e purtroppo anche teologiche che hanno eroso il pensiero cristiano, e che in questi atti magisteriali sfiorano il grottesco. La famosa invenzione roncalliana della separazione ontologica tra peccato e peccatore, escogitata come sappiamo per i brutali motivi di una avventata politica ecclesiastica, hanno fatto fortuna al punto di sedurre anche tanti ignari di strategie politiche. Le azioni si distinguono dai fatti, in quanto sono il frutto della coscienza e della volontà dell’uomo, che ne acquista così la paternità e anche la responsabilità. Tanto che sia l’inferno sia le patrie galere hanno sempre ospitato peccatori e rei, e non peccati e reati. Ora, se non si vuol più avere a che fare con i peccatori, bisogna abolire il peccato e prima ancora la legge. Ma se la legge viene abolita, nessun peccato può sopravvivere, neppure la corruzione, l’evasione fiscale, l’ingiustizia sociale o il tradizionalismo liturgico dei neopelagiani..

L’evangelizzazione di cui si parla con una frequenza inversamente proporzionale alla comprensione del suo significato reale non può consistere nell’adeguare l’annuncio alla realtà come si vorrebbe, come se la realtà avesse inglobata anche la propria sapienza, cosa che lo renderebbe del tutto inutile, ma deve porsi come ciò che guida le esistenze e le aiuta a tenere una direzione. È l’indicazione della via vera da percorrere, non il monitoraggio a scopo statistico di quella che viene percorsa.

Ecco invece che l’instrumentum laboris, mentre compie questo monitoraggio rilevando proprio quale sia la perdita dello orientamento nella comunità cristiana e mentre riconosce che sia venuta meno la solida mano della Chiesa, si propone quale rimedio un adeguamento del linguaggio “in modo da comunicare i valori del Vangelo in modo comprensibile all’uomo di oggi”. Ma va da sé che, se di un nuovo Vangelo della famiglia si deve trattare in virtù dell’afflato creativo dell’Evangelii Gaudium e della teologia Kasperiana, il nuovo linguaggio posto a “migliorare il quadro concettuale di riferimento” (sic!) altro non è se non un adeguamento della dottrina alla prassi, anzi una dimenticanza della dottrina tout court.

Non ci si propone di riavvicinare la prassi alla dottrina attraverso la pastorale, ma con una operazione inversa, creare una nuova dottrina dettata dalla prassi e agevolata dalla pastorale.

Ecco perché il Sinodo sulla famiglia minaccia di essere il trampolino di lancio non solo di una nuova pastorale, ma di una nuova teologia. Anzi di una nuova religione: quella elaborata nelle stanze delle ineffabili organizzazioni internazionali che, oltre a vegliare sul nostro benessere materiale, ci assicurano anche una luminosa vita spirituale omologata, su delega espressa della Chiesa Cattolica.

25 commenti su “Perché un Sinodo sulla famiglia?  –  di Patrizia Fermani”

  1. “Eppure ad un bambino non chiedo se è d’accordo sulla necessità di assumere l’antibiotico per curare la polmonite. Glielo do e basta.”

    Al Suo bambino… non a quello di qualcun altro. I genitori potrebbero arrabbiarsi non poco. Questo ammettendo che le persone alle quali voglia dare l’antibiotico siano veramente bambini, e non altri adulti che potrebbero chiedersi “Chi è questo tizio che vuole costringermi a prendere qualcosa che non desidero? Come si permette?” dando origine ad un litigio.
    Senza tenere conto che la decisione di dare l’antibiotico potrebbe pure essere sbagliata.

    1. patrizia fermani

      Ovviamente si trattava di una metafora per dire che la verità sfugge alle leggi del consenso democraticamente contabilizzato. O no?

      1. Ah si, questo è verissimo. 🙂
        Quello che volevo dire io è che imporla a chi non ne vuole sapere è solo un danno… ammesso che non scoppi il litigio accennato prima, a che serve una fede recitata da qualcuno che non ci crede e si comporta in tal modo solo per evitare ritorsioni? Porta alla salvezza?

        1. Ma in quale scenario futuribile il Sig. Federico ha letto che i tradizionalisti si accingono ad imporre una dittatura orwelliana che prevede la imposizione della virtù cristiana con la pistola alla tempia? Suvvia, non lottiamo con il buon senso, sono i laici o meglio i laicisti ad imporre l’esclusione del vero cattoliocesimo con il pretesto della laicità e della tolleranza.Nessuno è mai diventato santo per costrizione sociale, anzi.

          1. L’ho letto qui:

            http://www.riscossacristiana.it/una-carta-del-partito-cattolico-materiali-ai-fini-di-una-pubblica-discussione-prima-parte-di-paolo-pasqualucci/

            Fra le altre cose, abolizione del divorzio, della vendita di preservativi, della fecondazione in vitro, dell’educazione sessuale… aborto, omosessualità, adulterio come reato, incondizionata fedeltà ed ubbidienza alla dottrina e alla pastorale bimillenaria della Chiesa cattolica, matrimonio unicamente religioso, abolizione delle unioni di fatto, donne tolte dal mercato del lavoro.

            E sarebbero leggi da imporre a tutti, non solo ai cattolici.

  2. L’icona di questo rovesciamento è l’auspicato (da alcuni membri del Clero “più aperti e sensibili”) movimento dei “gay cattolici”: Nei termini della Scolastica : “gay” nella sostanza -perché attuano il proprio insindacabile “diritto” a esserlo; “cattolici” come accidente -perché amano bazzicare qualche sacrestia o dire che Cristo era “delicato” come loro

  3. Articolo meraviglioso e che coglie la realtà con incredibile lucidità!
    Tutte queste associazioni LGBT…, OMOSESSUALISTE, ABORTISTE, EUTANASISTE, DIVORZISTE, ecc sembrano avere in questo periodo un potere immenso, anche su molti uomini di Chiesa: se il Sinodo dovesse aprire alle richieste del mondo (omosessualismo, profanazione della Comunione, contraccezione (la contraccezione abortiva ne uccide molti di più dell’aborto chirurgico (500 milioni contro 50 milioni ogni anno)), per la Chiesa così come la conosciamo sarà FINITA, rimarrà solo un Piccolo Gregge osteggiato da tutti, gerarchia compresa, che aspetterà impotente che al prossimo sinodo si apra ai nuovi capricci del mondo (stupro? eutanasia? corruzzione? pedofilia? mafia? rapimenti? bestialismo? cannibalismo?).
    Cari Fratelli di Fede, bisogna REAGIRE al più presto: se tutto andrà come pensa e spera Padre Ariel, allora ciò che proporrò non sarà ovviamente necessario ma dobbiamo essere pronti al peggio.
    POSTO CHE:
    1)DIO IN PERSONA CI HA DATO DELLE LEGGI BEN PRECISE ED IMMUTABILI….
    2)DIO NON SI CONTRADDICE, quindi è ASSURDO chiamare in causa lo SPIRITO SANTO per cercare di eliminare le Leggi che IL PADRE e il FIGLIO ci hanno dato nella Rivelazione e il Magistero, senza mai contraddire il Deposito Della Fede e con l’assistenza dello SPIRITO SANTO stesso ci ha dato in oltre 19 secoli di storia della Chiesa….
    3)MOLTISSIMI SANTI (anche non canonizzati) e MARTIRI hanno DATO LA VITA pur di seguire quelle Leggi che ora vorrebbero abolire….
    4)L’infallibilità PAPALE non gli consente di cambiare il Deposito Della Fede, neppure parlando ex-cathedra….
    5)Siamo ad un momento epocale della storia della Chiesa, sicuramente più grave di quello che ci fu ai tempi di Sant’Atanasio e non possiamo quindi permetterci di essere tiepidi……
    IO PROPONGO che qualche valente Autore Cattolico Tradizionalista (o qualche equipe), esperto in teologia, ma anche in comunicazione ed apologia, prepari un’accurato SCRITTO, da mettere online sui principali siti tradizionalisti, in modo che possa essere scaricato da tutti, (in forma di volantino o di più volantini o di libretto, a seconda della lunghezza); i volonterosi che scaricheranno quello scritto ne faranno decine o centinaia di copie che utilizzeranno per istruire amici e conoscenti e anche per distribuirle o lasciarle in appositi posti, magari insieme ai fogli degli avvisi, nelle parrocchie…sarà un impresa molto dura, che costerà tempo e fatica ad ognuno di noi e che non basterà a contrastare la decimillesima parte di un eventuale Sinodo infausto ma almeno avremo fatto il nostro DOVERE di fronte a Dio, non saremo stati tiepidi, avremo combattuto la buona battaglia e avremo aumentato di un pò il Piccolo Gregge (inoltre la Provvidenza potrebbe darci una mano)!
    Se quei valenti Autori non si dovessero trovare possiamo elaborare NOI STESSI, magari proprio su Riscossa Cristiana, quello scritto.
    Io mi dichiaro fin da ora disponibile sia all’elaborazione che alla diffusione dello scritto e vorrei chiedere a tutti voi se c’è qualcuno che è disposto a collaborare alla stesura e/o alla distribuzione.

    1. P.S.:quel testo, che ovviamente dovrà essere concluso soltanto a Sinodo finito, non dovrà essere rivolto a modernisti o a persone completamente devastate da ideologie perverse, sarebbe come buttare perle ai porci…dovrà essere rivolto a Cattolici di buona volontà, che magari non sono tradizionalisti perchè non hanno mai conosciuto qualcuno che li avvicinasse al tradizionalismo e non hanno mai letto niente sull’argomento…persone devote ma che rischiano di essere rovinate da eventuali aperture contrarie alle Leggi di Dio perchè si fidano ciecamente della Gerarchia e che magari non hanno mai sentito parlare di modernismo e di massoneria.

    2. La tendenza disgregatrice delle Gerarchie “giurate” (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_civile_del_clero ) è evidente, caro Diego.

      Ricordiamo però:
      1- che stiamo parlando di una minoranza dell’Episcopato e del Clero mondiale – che è maggioranza solo sull’asse renano e in certe zone degli USA.
      Minoranza aggressiva e impegnata a far sparire la maggioranza, certamente: il caso dei FI è da manuale, come lo fu quello di Cavour, che con pochissimi preti “illuminati” lanciò l’assalto a Roma. Garibaldi, invece, lasciava trapelare dalla sua propaganda l’essere bello e l’avere lunghi capelli biondi come Cristo (in più aveva il cavallo bianco, a differenza del Signore che solo una volta usò il puledro d’asina)
      2- che il Papa, per quanto favorevole a tale ambiente, NON POTRA’ emettere formulazioni solenni in senso opposto alla sana dottrina. Il dogma dell’infallibilità è garanzia.
      Vedo che lei ritiene il contrario – per questo sottolineo il punto.
      Del resto molti autori sottolineano che lo stravolgimento in corso mira non a contrapporre formalmente alla Chiesa una “Nuova Chiesa” , bensì a presentare come ovvio che la Chiesa si sia “svecchiata”. È esttamente ciò che accade con i FI : “Siete intollerabili perché non accettate la Tolleranza Universale – Per condannarvi non servono fatti, basta e avanza la non-collaborazione alla Rigenerazione della Chiesa”

      1. Caro Raffaele, condivido in pieno il primo punto della Sua risposta ma per il secondo vorrei specificare meglio il mio punto di vista: la Pastor Aeternus specifica DOGMATICAMENTE che il Papa non può cambiare il Deposito Della Fede e io non dico che ritengo possibile che un Papa provi a fare ciò (siamo nel mondo delle ipotesi in modo da poter affrontare QUALSIASI evenienza, anche quelle impossibili) ma SE dovesse esserci un Pontefice che facesse una cosa del genere BISOGNA stare dalla parte del Deposito Della Fede, che è di origine Divina e appartiene alla Rivelazione, per la precisione è la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, e come Lei ben sa, la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica: contraddire il Deposito Della Fede significa perdere l’Apostolicità e quindi cambiare religione!
        Lei è incredibilmente preparato, è uno dei miei interlocutori preferiti, e quindi voglio rifarLe una domanda difficile: se un Pontefice provasse a contraddire ex-chatedra il Deposito Della Fede, come si spiegherebbe tutto ciò?
        Le risposte possibili sono 3: una me l’ha già data l’altra volta dicendo “IPOTESI IMPOSSIBILE” e in effetti non si può darLe torto, ma se PER ASSURDO (siamo nella pura speculazione) ciò dovesse accadere, Lei come si spiegherebbe il fatto?

        1. Grazie per l’attenzione e per la simpatia, caro Diego.
          Mi permetto di ribadire che la cosa non può verificarsi: essa significherebbe il venir meno della promessa di Cristo a San Pietro. Dedicarsi a ipotesi di scuola serve solo a non vedere la mirabile evidenza: un’affermazione dogmatica erronea non vi è mai stata, nei due milenni trascorsi, malgrado le pressioni più gravi (interne ed esterne alla Chiesa).

          Purtroppo – e posso assicurare che fino allo scorso anno non avrei mai pensato che avvenisse una cosa simile- abbiamo in atto una “danza” mediatica gestita dal Papa stesso, che spinge chiaramente in direzione rahneriano/cavuriana.
          L’impostazione è la stessa del cardinale Martini: il “soggetto” (= il borghese che si abbevera alla stampa massonica) al centro, con le sue insoddisfazioni e i suoi diritti. Lo spazio pubblico consegnato alla “Laicità”, e la Chiesa indirizzata alle marginalità, ai “casi penosi” (come la DC consegnò la cultura alle Sinistre, dedicandosi a riversare un po’ di soldi pubblici su chi non era abbastanza veloce nella corsa al successo).
          Tutto ciò è di una gravità senza pari: senza “contro-dogmi”, abbiamo però una “spinta disgregatrice dall’alto”.
          Cavour puntava su Roma per “raddrizzare la schiena al Papa”; adesso il Papa sta al gioco. Prima (da molti anni) “Avvenire” e “Famiglia Cristiana” hanno sbandierato eresie; adesso “l’Osservatore Romano” scrive che Cristo è stato un “uomo divino”

          1. Caro Raffaele,
            che ci siano stati Papi che abbiano deviato dalla fede, questo è un fatto storico; ad esempio Liberio, Giovanni XXII, e lo stesso Giovanni Paolo II (che purtroppo non si limitò a baciare il Corano ma fece parecchie affermazioni non compatibili con la Fede Cattolica, per es: “i musulmani adorano un vero Dio”; “La Chiesa cattolica è congiunta ai protestanti”; “La libertà di coscienza è un diritto dell’uomo.”; “Il Buddismo è una grande religione”; “Lutero aveva un profondo spirito religioso”; “Il Nuovo Ordine Mondiale è un bisogno per il mondo”; “I miracoli di Cristo non provano la Sua dignità messianica”; “Gli ebrei adorano Un Vero Dio”; “L’ONU è il foro supremo di pace e giustizia”; “Il Modernismo rinnova ed unisce la Chiesa di Cristo”; “Anche il Buddismo è una religione di salvezza”, ecc.).
            L’unica cosa che finora ha retto è il Magistero Straordinario (=dichiarazioni ex-chatedra), in QUELLO noi siamo sicuri che il Papa sia INFALLIBILE e negarlo sarebbe andare contro la Pastor Aeternus, che è vincolante per tutti e per sempre in quanto Costituzione Dogmatica: tale Costituzione insegna che l’infallibilità NON è una caratteristica intrinseca del Papa ma un’assistenza dello Spirito Santo (che come ogni assistenza è offerta, non imposta e può essere respinta).
            Infatti la Pastor Aeternus specifica, sotto pena di anatema per chiunque si opponga a quella definizione, che “lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede”.
            Questo ultimo punto è FONDAMENTALE perchè ci spiega che l’infallibilità papale può essere usata SOLO per custodire il Deposito Della Fede, e MAI contro di esso (cosa che dovrebbe essere ovvia, in quanto è il Magistero (anche quello straordinario) che deve adattarsi alla Rivelazione (Scrittura+ Tradizione) e non viceversa, ma è stato specificato per evitare ai fedeli di passare dal papismo alla papolatria).
            Quest’ultimo punto ci spiega anche cosa pensare se l’IMPOSSIBILE dovesse accadere, ovvero se un Papa tentasse di usare il Magistero Straordinario per modificare il Depositum Fidei: egli rinuncerebbe implicitamente e volontariamente all’assistenza dello Spirito Santo, che gli è GARANTITA per custodire e non per danneggiare il Depositum Fidei” (“lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede”).

    3. patrizia fermani

      Caro Diego, nel Magistero di Benedetto XVI c’è tutto. Il Direttore è d’accordo sulla utilità di pubblicare una serie di stralci dai suoi scritti e discorsi che diano un quadro di quella che è la dottrina immutabile dell”etica cristiana. Spero di cominciare al più presto questa piccola raccolta che potrà ovviamente essere arricchita da tutti. Grazie

      1. Grazie, sarebbe un lavoro meraviglioso e utilissimo e sicuramente molto gradito a chi si sente privo del Pastore che lo guida e che guarda al nostro S.Papa emerito Benedetto per avere una luce e una guida in questi tempi oscuri.

      2. Ottima idea. L’insegnamento di Papa Benedetto – fonte di verità e frutto di attentissimi e profondissimi studi- come faro di un porto sicuro a cui ogni navigante, pur negli affanni della tempesta, può ben guardare perché riferimento certo e tranquillo per la salute del corpo e dell’anima.

    4. Sono contentissimo che il Direttore approvi questa iniziativa e che alcune persone abbiano risposto, ma per poter capire la portata e la forza della nostra azione bisognerebbe che anche le altre persone disponibili ad arricchire la raccolta di cui parla Patrizia Fermani e/o a diffondere il materiale prodotto lo comunicassero, in questo modo si potrebbero anche porre e chiarire dubbi su COME FARE a diffondere quel materiale il più possibile.

  4. Tantissime grazie, dott.ssa Fermani, per questa profondissima ed illuminante analisi.
    Mala tempora currunt …. e tanta è la confusione sotto questo cielo.
    In estrema sintesi, si potrebbe dunque dire che è in atto un tentativo, da parte di una (spero) minoranza agguerrita e potente, di “santificazione” dello “spirito del mondo”, ovvero di sovvertimento della Chiesa di Dio, con la creazione di fatto di un’anti-Chiesa (anche se già ne esistono una miriade, più o meno piccole, ma che sono rami quasi secchi …).
    Questi teologi alla moda, vogliono essere più “rivoluzionari” di Cristo, ma, negando la Verità (o camuffandola coi loro falsi sofismi), si dimostrano portatori di una rivoluzione tutta mondana e al servizio dei poteri forti (e non sempre visibili) che sono nel mondo.
    Se la loro visione fosse davvero fondata sulla Verità, Nostro Signore avrebbe potuto benissimo starsene dov’era, nella beatitudine eterna della Santissima Trinità, senza venire in questa “valle di lacrime”, e fare la fine che ha fatto…
    E certamente, in quest’ottica stravolta, avrebbe lasciato immutati i costumi vigenti (vedi ad esempio la legge mosaica, che permetteva di ripudiare la moglie con grande facilità …). Costumi che si adattavano BENISSIMO a quel mondo, che non chiedeva affatto di ripensare l’istituzione del matrimonio. E invece il Signore fece TUTT’ALTRO, come ben sappiamo, di fronte alla durezza di quei cuori.
    Cristo fu davvero un rivoluzionario (il solo), ma portatore di una rivoluzione ben diversa da quelle che strizzano l’occhio alla varie ideologie mortifere che infestano o hanno infestato l’umanità. Indicando in Se la Via, la Verità e la Vita, ha tracciato il solo cammino da percorrere per la salvezza futura ma anche per la pienezza terrena dell’umanità. Tutto il resto è FUFFA della peggiore.

  5. Bellissimo articolo, però scusi l’ignoranza (vera). Potrebbe spiegarmi meglio questo passaggio
    “Dunque bisogna liberarsi dalla idea obsoleta che ci sia una verità da imporre a tutti, perché la verità non va imposta (165), “ma semplicemente proposta”, di certo in omaggio al principio del pluralismo democratico. Ne emerge la confusione insanabile tra la questione di metodo e quella di contenuto, mentre si sostituisce il principio liberale della libertà del consenso, che prescinde dal fondamento etico oggettivo della verità proposta e rinuncia preventivamente a farla valere anche qualora essa sia la condizione per la salvezza. ”
    non ho mai pensato che la verità si debba/possa “imporre” a tutti. non capisco. non ho mai saputo che la chiesa, insegnasse questo. Dal suo scritto invece pare così!!! può chiarirmi? grazie

  6. Un’ultima annotazione a Diego (4:05 !): perfetto – infatti si parla sempre di infallibilità nelle dichiarazioni ex cathedra.
    E queste saranno sempre infallibili.
    Ciò che stupisce e turba è che l’ “Impossibile Minore” sta già accadendo: il Papa, senza affermare ex cathedra, usa il Magistero ordinario e ancor più ciò che io chiamo la “danza mediatica” per avviare la Chiesa su una strada aliena.. chiamiamola così.

    La prima reazione che mi sento di consigliare: ignorare la danza mediatica. Ignorarla in senso proprio, cioè non tenersi aggiornati su di essa

    1. patrizia fermani

      L’uomo è libero di accettare la verità di fede, come è libero di peccare, ma la Chiesa ha l’obbligo di proclamarla. In questo senso la verità non può essere proposta sul presupposto che di fatto sia opinabile, ma “imposta” in quanto proclamata come indiscutibile. Dio ha detto:” Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro dio all’infuori di me”. Gesù ammonisce.”chi mi avrà rinnegato davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio”. E San Paolo dice che come apostolo deve predicare l’obbedienza alla fede. Purtroppo a partire dal decreto conciliare sulla libertà religiosa, c’ è stato uno slittamento da principio per cui la verità può essere trasgredita ma non è opinabile, all’idea per cui se può essere trasgredita questo significa che sia anche opinabile.Infatti il concilio in un certo senso ha fatto proprio il criterio per cui lo Stato garantisce la libertà religiosa nell’ambito delle libertà riconosciute per la convivenza civile,, dimenticando che la verità sfugge al principio democratico, come sottolineava con forza Joseph Ratzinger in un saggio intitolato appunto “la democrazia nella Chiesa”, dimenticando cioè di non potere sottoporre la verità al consenso. Questo equivoco si è andato accentuando e il vescovo di Roma sembra alimentarlo con preoccupante insistenza, Dalle intemerate contro il proselitismo alla eterodosse interpretazioni della coscienza e a tante altre cose di cui è bello tacere. L’Evangelii Gaudium si pone su questa linea non soltanto in virtù del n.165..Se non sono riuscita a chiarire il punto, data anche l’ora tarda, possiamo tornare sull’argomento. grazie.

  7. ilfocohadaardere

    Non sono riuscito ad apprezzare l’evangelii gaudium, per un’impostazione di fondo che mi apre confusa, opinabile, e poco tradizionalmente cattolica. Ad onor del vero, però, l’esortazione in commento conteneva dei passaggi sull’aborto, che forse era il passaggio meno insoddisfacente. «I nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo».
    «frequentemente per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano (…) Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno». «Proprio perché è una questione che ha a che fare con la coerenza interna del nostro messaggio sul valore della persona umana, non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”». Perché «non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana». Sono passaggi importanti.

  8. Un articolo davvero eccellente Patrizia. Grazie!!! L’idea portante ossessivamente ripetuta è dunque(..per far mie le sue parole)quella della necessità di LIBERARSI DALLA LEGGE, perché il cuore del Vangelo è l’amore salvifico di Dio e NON la sua verità.Certo.Questo pare anche a me il cuore del problema.Richiamo del vecchio ritornello>CRISTO SI,CHIESA NO.

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