Redazione

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Abbiamo ricevuto da Alessandro Fiore, portavoce di ProVita onlus, la seguente lettera:

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z-provita_onlusGentile Direttore,

ci dispiace leggere sul sito di Riscossa Cristiana che l’Associazione ProVita, relativamente a un discorso tenuto e ad una memoria depositata, alla Commissione Cultura della Camera dei deputati, venga accusata di “cadere in trappola”, di dare per scontato “quel presupposto fasullo del ‘genere’ come categoria avulsa dalla realtà concreta, cioè dal sesso”, ecc. ProVita insomma sarebbe diventata “collaborazionista” del gender, “ex combattente”, e così via.

Basterebbe aver letto le centinaia – ormai migliaia – di articoli che pubblichiamo sul nostro sito www.notizieprovita.it, e che abbiamo pubblicato anche dopo la nostra audizione, riguardo alla tematica del gender, per rendersi conto che non è assolutamente così. Anzi, bastava riflettere un po’ più attentamente su ciò che abbiamo scritto nella memoria tanto vituperata, evitando di dare interpretazioni forzate.

Una parola riguardo al contesto in cui è stata scritta la memoria: ci viene comunicata, tre giorni prima della data dell’audizione, la conferma che la Commissione cultura intende sentire la nostra associazione su sette proposte di legge tese a introdurre obbligatoriamente – e in modo chiaro – l’educazione di genere nelle scuole di ogni ordine e grado. Studiamo le proposte di legge, ci informiamo sui componenti della Commissione, analizziamo ore e ore di audizioni già tenute in cui intervengono soprattutto “esperti” LGBT, raccogliamo gli argomenti più utilizzati dall’avversario. Constatiamo che, per il 70% o 80%, la Commissione è dominata da deputati del PD e del Movimento 5 Stelle, tendenzialmente molto favorevoli – ovviamente – alla “prospettiva di genere”.

Decidiamo dunque, sapendo che il giorno dell’audizione interverranno anche altre associazioni rappresentanti delle famiglie, di concentrarci unicamente sulla prospettiva di genere, rispondendo punto per punto agli argomenti più utilizzati durante le precedenti audizioni, con lo scopo di convincere chi fosse incerto (qualcuno c’è anche nel PD e nel M5S) e almeno di insinuare il dubbio sulla prospettiva di genere in coloro che fossero fortemente orientati in senso ideologico. Riteniamo anche che è meglio dimostrare pochi punti, sufficienti a scardinare le presunte “certezze” sull’opportunità dell’educazione di genere – senza mettere troppa carne al fuoco, che i nostri oppositori non avrebbero potuto digerire. Del resto il nostro discorso poteva durare solo dieci minuti … in teoria: sono stati ridotti a meno di sette minuti dal Presidente di Commissione (mentre rappresentanti lesbiche hanno potuto godere di più di dieci minuti). La memoria è semplicemente un approfondimento dei punti trattati nel discorso.

È necessario dunque tenere conto di questo contesto per comprendere perché – ad esempio – sulla questione della cosiddetta “omogenitorialità” ci siamo limitati a dire – e a dimostrare con un secondo documento allegato alla memoria depositata – che gli effetti di essa sui bambini fossero almeno assai controversi dal punto di vista del dibattito accademico: infatti, uno degli argomenti più utilizzati durante le audizioni dagli “esperti” LGBT sull’opportunità di educare i bambini alla “normalità” della c.d. “famiglia omogenitoriale”, era proprio la sua presunta universale accettazione da parte della comunità scientifica. Per questo motivo, non era necessario dimostrare – cosa evidente in sé, ma purtroppo non per i nostri interlocutori – che l’omogenitorialità è pura depravazione e follia antropologica, ma semplicemente che non era vero ciò che andavano dicendo: cioè che la questione non fosse controversa a livello degli studi sociologici e psicologici.

Fatta questa necessaria precisazione sul contesto in cui la memoria è stata scritta, e soprattutto sui destinatari della memoria, cerchiamo di chiarire alcune affermazioni contenute nella memoria che ci vengono contestate.

Le Autrici degli articoli che accusano ProVita scrivono che nella nostra memoria “ci si dilunga sulla possibilità di declinare il genere secondo diversi gradi di accettabilità […]”. Ora, è sufficiente leggerla per capire che decliniamo piuttosto diversi gradi di “inaccettabilità” della concezione di genere. Tutta la memoria è infatti una critica alla prospettiva di genere in sé e per sé, cominciando da quella propria alla Convenzione di Istanbul, per finire con quelle concezioni più recenti e “fluide”, tipiche delle ultime raccomandazioni del Consiglio d’Europa.

Ci si contesta l’affermazione secondo la quale si deve parlare di “influenza” e non di “determinazione” del sesso biologico riguardo ai comportamenti “maschili” e “femminili”. Similmente ci criticano quando diciamo che la tesi secondo la quale “la natura sessuata determini rigidi ruoli sociali e comportamenti tipicamente femminili o maschili” è “una semplificazione” e una caricatura delle posizioni cattoliche o pro-life. Lo ribadiamo: è una semplificazione. Il mondo LGBT infatti spesso si immagina che i cattolici, o i gruppi pro-life in genere, sostengano che il sesso biologico determini un maschio a comportarsi da maschio e una femmina a comportarsi da femmina. In realtà non è così, in quanto la maggior parte dei comportamenti – i cosiddetti “atti umani” – non sono determinati da alcuna causa fisica (nemmeno dal sesso biologico). Altrimenti cadremmo nel determinismo biologico e distruggeremmo il libero arbitrio.

Il sesso biologico, inteso come complesso unitario di realtà biologiche-fisiche, non determina i comportamenti dell’uomo e della donna. Piuttosto influisce sugli stessi in modo specifico. L’unica determinazione che si dà è quella di una determinazione finale (nel senso della causalità finale ed esemplare), non però da parte del sesso inteso a livello biologico, quanto da parte della natura umana sessuata intesa in tutta la sua portata ontologica (non solo in senso fisico ma in senso filosofico-metafisico) che implica dei modelli differenziati di essere donna e uomo, madre e padre. Determinati “modelli”, “archetipi”, che non determinano la volontà umana dal punto di vista della causalità efficiente, ma ai quali l’uomo e la donna dovrebbero liberamente conformarsi (quindi determinanti dal punto di vista della causalità finale), aiutati da ciò da spinte e tendenze biologiche che influiscono sul comportamento.

Ovviamente spiegare una tale distinzione tra natura in senso biologico/fisico e natura in senso filosofico/metafisico, e tra causalità efficiente e finale non era probabilmente molto utile, per i nostri interlocutori piddini e pentastellati, che avrebbero trovato difficoltà a “digerire” in pochi minuti un discorso filosofico di questa portata: anche in questo caso quindi, ci bastava dimostrare un assunto più comprensibile da loro che però la teoria di genere nega: cioè che il sesso inteso a livello biologico (natura sessuata in senso biologico-fisico) abbia un’influenza sui comportamenti e sui ruoli dei maschi e delle femmine.

Ci si contesta l’affermazione: «Il sesso biologico dunque non solo gioca un ruolo fondamentale dal punto di vista della identità…ma può anche giocare un ruolo importante come “tendenza” che influisce sui comportamenti…». Ribadiamo quanto detto. Sarebbe semplicemente falso pensare che il sesso biologico influisca sempre in modo rilevante su tutti i comportamenti. Ci sono molti comportamenti che non consideriamo come specificamente maschili o femminili, appunto perché non c’è una relazione diretta con il sesso biologico, oppure perché la relazione è indiretta o tenue. Il fatto di mangiare e bere, ad esempio, non è “sesso-specifico” (benché la quantità nel mangiare possa esserlo); così anche il fatto di pregare, di giocare a Briscola, di passeggiare, di lavarsi i denti, ecc.

Altra affermazione contestata: «questo non vuol dire che in tutti i comportamenti e in tutte le pratiche sociali specificamente attribuite a uomini o donne ci sia un’influenza del sesso biologico; tuttavia questa influenza non si può escludere come fanno generalmente le prospettive di genere». Ribadiamo anche questa. Esistono pratiche sociali attribuite a uomini o donne che in realtà non sono il risultato di una influenza del sesso biologico ma sono risultati specificamente storici e culturali. Che la donna debba indossare il burqa – tipicità femminile in certe società – non deriva dal sesso biologico. Il fatto che la donna non possa guidare autoveicoli, come in Arabia Saudita, non deriva da una determinazione biologica. Si noti che le differenze culturali non sono necessariamente negative o sfavorevoli per la donna, come invece lo sono quelle appena menzionate: portare la gonna, come abito tipicamente femminile, è un fatto storico-culturale di differenziazione dei sessi che ha connotazione positiva e rilevanza a livello simbolico. Tuttavia, che si tratti della “gonna”, piuttosto che di altro indumento con caratteristiche diverse, non risulta da determinazioni del sesso biologico (infatti può variare secondo le epoche e i luoghi).

Viene attaccata quest’altra affermazione: «si potrebbe pensare, in fin dei conti, che la comunità scientifica è unanime su un certo tipo di interventi, e in particolare sulla decostruzione degli stereotipi già nella tenera età per prevenire violenza e discriminazione […] la domanda non è se esistano o meno cattivi stereotipi: su questo siamo tutti d’accordo…». «La vera domanda è: quali sono i veri stereotipi negativi? Non c’è una risposta condivisa a livello scientifico…». Le Autrici commentano: “Attendiamo dunque, con l’associazione ProVita Onlus, che la comunità scientifica si esprima a maggioranza sul punto e presenti un elenco ufficiale di stereotipi negativi da combattere”. Forse le Autrici non hanno ben capito la questione e il contesto. L’affermazione riportata a inizio paragrafo era infatti una di quelle ricorrenti nelle audizioni da parte LGBT (anzi, una deputata Cinque Stelle poneva sistematicamente la domanda), e la preoccupazione sugli “stereotipi negativi” diffusi anche tra i giovani era viva nella Commissione. È stato sufficiente richiamare l’attenzione sul fatto che non c’è dubbio che stereotipi negativi di “donna” e di “uomo” esistano: la televisione e la pubblicità ne sono piene. La donna che deve essere magrissima, svestita e sessualmente aggressiva, l’uomo muscoloso e infedele. Stereotipi che effettivamente producono effetti negativi sui giovani: e su questo, c’è il consenso della comunità scientifica. Dove il consenso non c’è – ed è stato sufficiente dirlo, senza ulteriori dimostrazioni, per far capire il concetto anche ai nostri interlocutori – è sulla natura e le caratteristiche di questi stereotipi, in particolare quando la loro individuazione è semplicemente frutto di impostazioni ideologiche: per i nostri oppositori LGBT, infatti, anche la famiglia naturale e il matrimonio fra uomo e donna sono “stereotipi di genere”. (Invito a leggere tutto il paragrafo sugli stereotipi di genere e sulle discriminazioni nella memoria, in quanto – a nostro umile avviso – di sicuro interesse).

Potremmo continuare analizzando tutte le affermazioni contestate, mostrando come non ci sia nulla di falso o di gravemente problematico, ma ci sembra che non sia necessario e non vogliamo tediare il Lettore. Del resto, ripetiamo, bastava avere un pochino di riguardo per le migliaia di articoli, centinaia di conferenze, decine di video, prodotte da ProVita onlus, e soprattutto le azioni concrete come conferenze stampa, petizioni, campagne stampa, interventi presso organi regionali e nazionali, iniziative legali, ecc., per capire la posizione della nostra associazione. Bastava considerare il contesto e riflettere in modo più approfondito su alcune affermazioni per concludere che la memoria depositata alla Camera non rappresentava certo un “tradimento”, e quindi sarebbe stato possibile risparmiare accuse tanto gratuite quanto infondate come “ex combattenti”, “collaborazionisti”, e quant’altro.

Aggiungiamo infine che – a mo’ di conferma – realtà per le quali Riscossa Cristiana ha stima e rispetto hanno interpretato la memoria di ProVita in modo ragionevole, come sopra spiegato. Ad esempio il sito Corrispondenza Romana – al quale Riscossa Cristiana spesso rinvia come fonte di articoli –  dando notizia della nostra audizione (clicca qui), conclude augurandosi che “tali parole non rimangano inascoltate e che i nostri deputati facciano leggere e diano ampia diffusione all’interessante documento consegnato da ProVita alla Commissione Cultura della Camera dei deputati”. Da parte nostra, ci auguriamo di aver chiarito la posizione di ProVita, nell’intento di evitare un inutile quanto infondato fuoco amico.

Alessandro Fiore, portavoce di ProVita onlus

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Ringraziamo Alessandro Fiore per il suo intervento. Da parte nostra non possiamo che ribadire quanto già espresso. L’errore c’era già in partenza, nell’accettare l’invito in Commissione. Decenni di storia ci mostrano le buone intenzioni dei cattolici che si illudono di poter fare qualcosa “dall’interno” di un sistema che li invita solo per stritolarli. Entrando nel sistema se ne acquisisce anche il linguaggio, de facto lo si legittima e questo genera confusione, non chiarezza. Ci si perde in discussioni su argomenti che si possono affrontare solo rifiutandoli in blocco. Ma per fare questo non c’è bisogno di entrare nella tana di un potere che ha già ampiamente dimostrato dove vuole arrivare, e che ha tutti i mezzi per farlo. Quanto all’argomento di chiusura, stupisce non poco. Riscossa Cristiana spesso riporta articoli di altre testate, per il semplice motivo che un determinato articolo viene ritenuto interessante e da diffondere. Se riprendiamo, per fare un esempio, un articolo di Marcello Foa da Il Giornale, ciò non vuol dire che siamo d’accordo sulla linea editoriale di quella testata. E ciò vale per ogni altra fonte da cui liberamente riprendiamo articoli da proporre all’attenzione dei nostri lettori.

Paolo Deotto, direttore di Riscossa Cristiana

10 commenti su “ProVita ci scrive”

  1. E’ quanto ho subito temuto anche io in merito, anche volendo prendere nota della buona volontà dello staff di Provita e (in particolare) del caro Alessandro Fiore.
    Ho ricevuto svariate mail da Toni Brandi.
    Ma contro 5 stelle e piddini c’è ben poco da fare. Oltre tutto le lobby gay sono finanziate da Soros.
    Possiamo contare sull’aiuto di Dio, possiamo ritenerci dei piccoli Davide contro il gigante Golia.

  2. Ci si perde in discussioni su argomenti che si possono affrontare solo rifiutandoli in blocco.

    La risposta già di per sé sufficiente a concludere tutto.

    Resta comunque da riconoscere la buona volontà di chi guida l’associazione proVita.

    Speriamo che questo contatto con Riscossa Cristiana li aiuti ad ampliare gli orizzonti delle loro riflessioni e a comprendere che il problema sta molto più alla base, e parte dalla mancanza di Cristo nel mondo e nelle Chiese. Quando abbiamo un OMISSIS che tranquillamente parla di “un lui, che era una lei ma ora è un lui”, dicendo che va bene così, quando hai un pontefice che appoggia queste cose, come speri di combattere il gender e le schifezze simili nella politica?

  3. Sta tutto nel “rifiutare in blocco” alcune cose, egregio Direttore.

    Se vedo una legge (caso classico: quella di aborto) che confligge direttamente e in materia gravissima con quella naturale e con quella di Cristo, non “mi sforzo di migliorarla”. “Sforzarsi di migliorarla” significa appunto riconoscerla come legge, anziché come canovaccio criminale che toglie legittimità all’ istituzione che l’ha promulgata (Giovanni Paolo II)

    1. Sono d”accordo con lei, caro Raffaele ed anche con Di Benedetto.
      Ci vuole il rifiuto in blo cco perché è inutile mettersi a ragionare col diavolo
      Già per avergli risposto gli è stata data l’occasione per tirarci dalla sua parte: fu il terribile errore che commise Eva quando sciaguratamente interloqu.í

  4. Alessandro Fiore tempo fa collaborò a chiarire la teoria gender con un articolo molto bello ed approfondito apparso su Tradizione Cattolica. Tony Brandi con ProvVita ha dato origine ad un periodico specifico sulla difesa della vita e della famiglia, leggere le cartelle dell’audizione alla Camera, entrare nelle pieghe del linguaggio ora utilizzato e vedere come sono andate le cose, con la protervia dei piddini e dei 5stelle così ideologizzati che a cose fatte chiamano un gruppetto esterno per un momento (7 minuti !?) di “audizione”, non può che evocare la più classica delle trappole spacciata per democrazia in un popolo ottuso e distratto, ormai sottomesso ad una dittatura che sarà coronata col prossimo referendum costituzionale se vinceranno i “sì”.
    Alessandro Fiore e Tony Brandi, lasciate stare quel mondo di tecnocrati superpagati per fare i servizi a Soros e lobby LGBT varie e tornate a denunciare da fuori tutto questo malaffare.

  5. La posizione di ProVita era gia chiarissima: compromesso, politichese, irenismo, ambiguita’.

    Non servivano ulteriori discorsi.

  6. Io penso invece che pro-vita abbia fatto bene a dare il suo intervento.
    Non posso però dire che questo sia stato sufficiente a cambiare il corso degli eventi.
    Infatti anche San Paolo parlò all’aeropago e non mi risulta che ottenne risultati brillanti…però portò la sua testimonianza e comunque qualcuno uscì con lui convinto e convertito…
    La vera vergogna è questo “papa” e il codazzo di baciapile in salsa pauper-modernista che si porta appresso.
    Come cattolici è sempre più difficile combattere il Nemico se il ns. generale è con lui colluso…ma questa non è colpa imputabile agli amici di pro-vita…

  7. Benedetto Rovaris

    Bisognerebbe far sapere al signor Fiore che c’è un solo modo di evitare quello che lui chiama “fuoco amico”: quello di non mettersi a inciuciare con il nemico.
    Benedetto Rovaris

  8. Scusatemi, ma questo Alessandro Fiore sarebbe lo stesso Alessandro Fiore considerato l’astro nascente della Fraternità San Pio X? Se è così, mi pare che i continui approcci di Bergoglio agli eredi di monsignor Lefebvre cominciano a dare i loro frutti. Quanto al fatto che Corrispondenza Romana abbia sostenuto l’iniziativa di ProVita, non ne andrei così fiero. Roberto De Mattei e il suo sparuto gruppetto hanno ormai mostrato la loro vera faccia, quella che il professore stesso descrisse così bene nel libro “Il Centro che ci portò a Sinistra”.
    Giovanni M.

  9. al Direttore : se il punto centrale era =”.. L’errore c’era già in partenza, nell’accettare l’invito in Commissione.” era inutile contestare punto per punto il lavoro di Pro Vita “costringendoli” di conseguenza alla lunga replica .la diatriba si sarebbe ristretta solo alla opportunità di partecipare o meno all’invito.
    penso poi che l’intento del portavoce di Pro Vita nel ricordare la posizione favorevole al loro lavoro di Corrispondenza Romana notando altresì come spesso siate in sintonia con loro ,sia solo di supporto a quanto da lui specificato senza nessuna pretesa di “forzare” la condivisione Sua su tutta la loro linea editoriale .
    cordiali saluti
    ps: condivido molto l’intervento di Giacomo.

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