Rattrista. Davvero. Rattrista entrare in alcune chiese (quelle che ancora possono chiamarsi così, non certe sale assembleari troppo somiglianti a cinema e teatri) e vedere gli altari laterali in condizioni penose. Abbandonati al loro destino, pieni di crepe, senza candelabri, spogli o con le tovaglie sporche.

di Léon Bertoletti

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C01-04-1973-interno-003Scrive don Massimo del Pozzo, professore alla Pontificia Università della Santa Croce, nel saggio Luoghi della celebrazione “sub specie iusti”: altare, tabernacolo, custodia… (Giuffrè, 2010): «Se, da un canto, è opportuno sottolineare visivamente l’identità dell’altare maggiore, dall’altro, non è “giusto” occultare o denigrare l’esatta consistenza di quelli minori: restano comunque luoghi liturgici privilegiati all’interno dell’edificio sacro e testimonianza viva della pietà e del rigoglio della fede di epoche passate» (pag. 69).

Del resto, «la genesi storica degli altari minori attesta, pur con i limiti e le disfunzioni dell’autocoscienza del tempo, l’importanza del sacrificio eucaristico nella stima del popolo cristiano e non di rado l’abbondanza di vocazioni sacerdotali» (nt. 209, pag. 70). Mentre «dopo il Vaticano II non sono mancate sprovvedute iniziative architettoniche che, in pretesa attuazione delle indicazioni conciliari, hanno divelto e rimosso altari di pregio e stravolto completamente il preesistente assetto del luogo» (nt. 210, pag. 70).

Professore, corrisponde al vero che nella logica del postconcilio gli altari laterali devono essere completamente tralasciati e dismessi?
«La riforma liturgica ha sicuramente recuperato e sottolineato la centralità e unicità dell’altare, non mi sembra però che abbia indicato assolutamente il degrado e l’abbandono del patrimonio liturgico preesistente».

Come comportarsi, quindi?
«Penso che bisogna distinguere l’impostazione delle nuove chiese (nelle quali non avrebbe senso prevedere altari laterali) dal rispetto della situazione delle chiese precedenti ‒ che nei paesi di antica evangelizzazione, come l’Italia, sono la stragrande maggioranza. L’eventuale adattamento e risistemazione della chiesa, che sempre deve essere avveduto e rispettoso della situazione del luogo (specie se di pregio), non può stravolgere o sfigurare l’architettura precedente. Già il card. Lercaro, Presidente del Consilium, denunziava scempi e sfaceli nella frettolosità di alcune soluzioni postconciliari. La ricchezza storica, artistica e cultuale di un tempio appartiene tra l’altro alla memoria e alla pietà dell’intera comunità non all’estro o agli umori di un parroco».

Resiste, mi pare, una fede genuina e robusta sulle tante devozioni che popolano gli altari laterali. Come conciliarle con la prevalenza che deve avere l’altare maggiore?
«Le devozioni, se rette e ben fondate, devono essere certamente incoraggiate e alimentate. Bisogna comunque distinguere il santo o l’immagine dall’altare».

In che senso?
«Come spiega sant’Agostino è l’altare che santifica le reliquie e non viceversa. L’altare rappresenta Cristo e il suo sacrificio, riceve perciò venerazione per il suo significato e la sua funzione (non a caso dinanzi ad esso si fa un inchino). Spesso, forse per la maggior intelligibilità o fruizione estetica, l’attenzione dei fedeli si dirige più alle raffigurazioni che ai segni o alle cose sacre. La formazione liturgica ‒ la massima aspirazione del Concilio ‒ ha ancora molta strada da percorrere…».

C’è modo di intervenire?
«Ogni soluzione architettonica richiede studio e ponderazione e non si può parlare in generale. Nelle antiche chiese, dove non si riscontra l’unicità dell’altare (il parlare di altare maggiore già significa indicare una pluralità di are), la visibilità, centralità e peculiare cura della mensa assicura quella priorità e riguardo che merita. La promozione dell’altare principale non significa però sminuire o deturpare gli altari o le cappelle laterali. I vecchi altari sono stati consacrati, intitolati e conservano normalmente la reliquia della pietra sacra, vanno onorati e custoditi convenientemente. Non è bene che siano ridotti ad una mensola o piano di appoggio per quadri, fiori o altro. Ogni forma di incuria e trasandatezza disdice al rispetto del luogo sacro. La pietà popolare ancora resiste… Il vero problema è l’educazione liturgica e il senso del sacro».

Concretamente, è possibile e auspicabile che si celebri la Messa negli altari laterali (magari quella feriale, oppure in occasione delle memorie che li riguardano)?
«È bene che abitualmente la Messa si svolga sull’altare principale (diverso è il caso dell’esistenza o abilitazione di una specifica cappella feriale). L’eccessiva moltiplicazione dei segni di presenza ingenera sconcerto e confusione. Basta considerare quanti pochi fanno una devota riverenza all’altare per rendersi conto della situazione di ignoranza e sbandamento attuali. La preservazione degli altari non esclude comunque, anche per non trasformarli in un reperto archeologico, un moderato uso in caso di celebrazioni più ristrette, di ricorrenze di famiglie legate a quel luogo (donatori o benefattori della cappella o dell’altare) o della memoria del santo titolare. Anche in questo caso ogni valutazione avveduta dipende dallo stato dei luoghi (le cappelle laterali, specie se di discrete dimensioni, consentono una maggior fruibilità rispetto alla navata unica) e dalle concrete circostanze (in chiese annesse a centri di studi o convitti sacerdotali o religiosi, l’esigenza di molte celebrazioni contestuali senza popolo può suggerire l’uso degli altari laterali)».

Poiché la maggior parte è ancora orientata alla vecchia maniera, si può celebrare coram Deo? «L’orientamento coram Deo (in realtà tutti gli altari sono rivolti verso il Signore) anziché verso il popolo (coram populo), non è preclusivo all’uso dell’altare laterale. La collocazione frontale dell’altare, che favorisce l’aspetto assembleare e partecipativo, è una chiara indicazione (“expedit“, IGMR 299) ma non un’imposizione tassativa della riforma liturgica. La Congregazione per il culto nel 2000 ha risolto ogni dubbio in merito. La sistemazione dei vecchi altari non è dunque un impedimento insormontabile ma, semmai, un richiamo della memoria e della tradizione. D’altronde il Pontefice continua a usare l’altare coram Deo quando celebra nella Cappella Sistina. Sistemazioni storiche e consolidate evidentemente sono molto più dignitose e funzionali di arrangiamenti posticci e provvisori».

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fonte: blog dell’Autore

2 commenti su “Questioni laterali – di Léon Bertoletti”

  1. posso testimoniare che a Firenze in san Marco, padre Antonio Cocolicchio ha celebrato messa agli altari minori nei giorni in cui cadevano le rispettive commemorazioni. Certo era un po’ scomodo perchè le panche era tutte fuori sintonia, ma sono state celebrazioni che hanno dato un significato più intenso alla santa Messa. Purtroppo p. Cocolicchio non è più a san Marco, certo amo ugualmente gli altri padri, che hanno altri pregi, ma mi faceva piacere proprio come avete detto voi, dare valore anche agli altri altari presenti nella chiesa. S le chiese sono disordinate, penso che sia anche perchè con tutta la predicazione per un’accoglienza che sembra paventare il sacrificio di sè stessi, a un popolo che di certo non se la sta passando bene, questo popolo ferito non è in grado di curarsi del suo patrimonio spirituale.

  2. Nella chiesa che frequento a Palermo ogni giorno la messa alle 18 si celebra in altare laterale, anche in altra chiede della mia città lo si fa è a me piace molto

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