Ricognizioni in biblioteca: Fruttero & Lucentini

Carlo Fruttero & Franco Lucentini, A che punto è la notte. Mondadori (Prima pubblicazione 1979)

Fruttero & Lucentini sono stati una coppia di scrittori dotati di notevole intelligenza, di arguzia, e di un pungente senso dell’umorismo. Non ostentarono mai boria intellettuale, a differenza di qualche altro personaggio della scena editoriale. Scelsero come proprio terreno letterario da coltivare non la narrativa mainstream, dove i guru negli anni Settanta e Ottanta erano personaggi come Moravia o Eco, ma una narrativa di genere, il Giallo o racconto poliziesco, che non è mai stata particolarmente apprezzata dalla critica, nonostante che autori come Conan Doyle, Agatha Christie o Georges Simenon l’avessero portata a livelli di assoluta eccellenza stilistica. Inoltre, non disdegnarono di dirigere per Mondadori la collana di fantascienza Urania.

I due si erano conosciuti già negli anni Cinquanta: il primo incontro era avvenuto nel 1952 in un bistrot di Parigi, favorito da amici comuni. Fruttero si trovava in Francia da cinque anni, dove svolgeva il compito di traduttore per l’editrice Einaudi, in quel momento una delle case editrici di punta della cultura italiana, per la quale pubblicavano personaggi della levatura di Cesare Pavese e Italo Calvino. Proprio di Calvino il torinese Fruttero si sentiva discepolo. Lo aveva incontrato negli anni dell’università, e guardò sempre a lui come un imprescindibile punto di riferimento. Dopo quel primo incontro a Parigi, i due si ritrovarono cinque anni dopo a Torino, sempre presso Einaudi. Lì si era stabilito definitivamente Lucentini, e nella sua città aveva deciso di tornare anche Fruttero dopo l’esperienza parigina. 

Galeotta fu la Mole, e il clima un po’ magico di una Torino da sempre culla di misteri e seduzioni esoteriche, fatto sta che i due giovani autori decisero non solo di condividere interessi e passioni, ma di avviare una stretta collaborazione, di realizzare un’efficientissima macchina da guerra narrativa.  

I romanzi a quattro mani non facevano parte di un preciso progetto editoriale: nacquero da lunghi anni di frequentazioni, di serate insieme, di chiacchierate, magari anche di discordanze tra due sensibilità che restavano comunque diverse. Così nel 1972 uscì il loro primo romanzo, La donna della domenica, da cui in seguito fu tratto un film diretto da Luigi Comencini, con Marcello Mastroianni nella parte del protagonista, il commissario Santamaria.

Francesco Santamaria fu il Maigret del duo F&L, il protagonista seriale dei romanzi. Un antenato in versione bagnacauda del commissario Montalbano, potrebbe pensare qualcuno. In realtà, la figura di Santamaria era decisamente più tragica del poliziotto di Camilleri. Il successo del libro fece sì che «La Ditta» proseguisse negli anni seguenti con le indagini del commissario Santamaria. La mole enorme delle loro letture, che andava dal teatro dell’assurdo di Becket ai romanzi dell’orrore dell’americano Lovecraft fu il brodo di coltura per le storie poliziesche che scaturirono per anni dalla loro fantasia. 

Ci fu chi li definì come due dottor Watson, senza la presenza di Holmes. Erano consapevoli che si stavano dedicando a un tipo di narrativa che non avrebbe incontrato il favore della critica. Inoltre, lo scrivere a quattro mani è sempre stato visto dalla critica stessa come un minus, dal momento che l’ispirazione artistica deve essere unica, secondo i canoni.   A Fruttero e Lucentini questo importava assai poco: a scrivere insieme si divertivano, e lavorare divertendosi è una gran bella opportunità.

 Il vertice del talento di F&L fu raggiunto con il volume A che punto è la notte del 1979. Un romanzo poliziesco di gran classe, costruito con logica precisa, un libro di grande fascino. Sullo sfondo ancora una volta Torino, più che mai misteriosa. Con grande ironia gli autori si fanno beffe delle eresie di tipo gnostico che si annidano in un certo tipo di subcultura.

Il commissario Santamaria questa volta è chiamato a indagare sull’omicidio di un sacerdote, il parroco di santa Liberata. Fruttero e Lucentini ci offrono in don Pezza un ritratto efficace di certa Chiesa della fine degli anni Settanta. Un prete «di periferia», impegnato nel sociale, tutto dedito a esclusi e emarginati, che in chiesa celebra liturgia a dir poco «creative». Fruttero e Lucentini, entrambi laici, ma curiosi e attenti osservatori della realtà, ci descrivono questo sacerdote in maniera per nulla parodistica, ma allo stesso tempo sembrano rilevare – tutti i limiti di un simile modo di vivere la propria missione sacerdotale nel modo e nello stile di don Pezza. Gli autori affidano le proprie considerazioni sulla religione al loro eroe, il commissario, un uomo che si dichiarava non praticante ma non aveva mai smesso di indagare, da buon poliziotto, su Dio. 

Un aspetto curioso del romanzo è che gli autori vi si sono rappresentati nelle figure di due personaggi, due colleghi e amici, Monguzzi e Rossignolo. Due collaboratori di una non meglio identificata casa editrice nella quale tuttavia non è difficile riconoscere la loro Einaudi. Sono gustosissime le descrizioni che fanno dei tipi umani, delle abitudini, della mentalità di chi lavora in quella casa editrice. Un vero e proprio cammeo in cui è raccontata la loro stessa amicizia.  

Einaudi non è l’unico mostro sacro toccato nel libro: c’è anche la Fiat con un proprio dirigente tra i sospettati. La storia è anche e soprattutto un’indagine sul male, sulle sue vie oscure e intricate, raccontata in un intreccio abilmente costruito. «A che punto è la notte?» è la domanda che Santamaria si pone spesso, di fronte agli equivoci, agli inganni, alle molteplici tracce e alle possibili interpretazioni.  Ma come in ogni grande romanzo giallo che si rispetti, la soluzione apparirà in tutta la sua semplicità nell’ultimo teatrale capitolo dove ogni mistero sarà svelato. Un grande giallo, una metafora della società e della condizione umana. Carlo Fruttero amava dire: «La vita devi guardarla un pezzetto per volta, mai tutta insieme, altrimenti ti scoraggi e smetti di vivere». I gialli furono per lui e per l’amico Lucentini l’occasione per trasmettere questa visione: arrivare alla verità un passo alla volta. 

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