Ricordo del Beato Rolando Rivi, il seminarista ucciso per la Fede  –  di Luciano Garibaldi

La Casa Editrice Mimep Docete pubblicherà prossimamente un bel volume, “I miei Santi”, primo di una serie in cui Alfredo Tradigo raccoglie le biografie di Santi radiotrasmesse da Angelo Montonati. Parliamo oggi del giovanissimo martire emiliano

di Luciano Garibaldi

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RolandoRiviAngelo Montonati, che è stato inviato speciale di “Famiglia Cristiana” e caporedattore di “Jesus”, da vent’anni racconta le vite dei Santi. Ultimamente è molto seguito dagli ascoltatori di Radio Maria, da dove, ogni prima domenica del mese, descrive la vita, la fede e l’eroismo dei grandi cristiani di tutte le epoche. La Casa editrice cattolica “Mimep Docete”, gestita dalle suore polacche di Pessano con Bornago (Milano), ha deciso di affidare al giornalista Alfredo Tradigo la realizzazione di una serie di volumi, I miei Santi, che raccolgono le vicende raccontate da Montonati. Il primo volume, di prossima uscita, contiene le vite di dieci Santi tra i quali Santa Teresa del Bambino Gesù, padre Massimiliano Kolbe, vittima dei nazisti ad Auschwitz, e il giovanissimo Rolando Rivi. E’ di questo eroe cristiano che voglio oggi parlare, rifacendomi al testo curato da Alfredo Tradigo.

Rolando Rivi nacque a Castellarano (Reggio Emilia) il 7 gennaio 1931. Fin da bambino serviva Messa al parroco di San Valentino e ben presto rivelò la vocazione a diventare sacerdote. I genitori, profondamente cattolici, lo iscrissero con piacere al seminario vescovile di Reggio Emilia. Ma si era in guerra, e agli inizi del 1944, mentre infuriava, soprattutto in Emilia, la guerra civile tra fascisti e partigiani, gli occupanti tedeschi requisirono il seminario e costrinsero gli allievi a tornarsene nelle loro case. Rolando Rivi dovette obbedire, ma  non volle rinunciare a indossare la veste da prete. Per lui era essenziale: «E’ il segno che io sono di Gesù», soleva dire. Tutto questo in una terra in cui era diventato pericoloso mostrare la propria appartenenza alla Chiesa, perché, sul finire della guerra, nelle formazioni partigiane che aderivano all’ideologia comunista, si erano diffusi sentimenti di viva ostilità verso i sacerdoti, considerati diffusori di idee che non avrebbero dovuto trovare posto nella società nata dalla rivoluzione proletaria. Questi gruppi erano particolarmente attivi nella zona dell’Appennino tra Modena e Reggio Emilia, proprio dove si trovava San Valentino.

Come scrive Angelo Montonati, «il progetto di lotta di classe, sul finire della guerra e nel primo dopoguerra, prevedeva anche un programma di epurazione dei nemici della rivoluzione, tra cui i sacerdoti, colpevoli di opporsi al comunismo. Furono ben 130 i sacerdoti e seminaristi uccisi in Italia in quel periodo dai partigiani comunisti, soprattutto in Emilia Romagna, nel famoso “triangolo della morte”».

z-lbrmntntRolando Rivi, che insisteva ad indossare la veste da prete, fu preso prigioniero il 10 aprile 1945. Lo accusarono di essere una spia, un informatore dei tedeschi, al soldo del commissario prefettizio fascista, e fu incolpato di aver rubato indumenti, di aver sottratto ai partigiani una pistola, di aver sparato contro di loro. Poi, vista la piccola somma di denaro che aveva in tasca, lo accusarono: «Ecco, questo è il compenso che i tedeschi ti hanno dato per fare la spia». Tutto completamente inventato. Lui non confessò niente, perché non aveva fatto niente. Allora venne insultato, preso a cinghiate, colpito selvaggiamente con pugni e calci. La proprietaria del casolare dove i partigiani si erano acquartierati, affermerà di aver sentito picchiare il piccolo prigioniero durante la detenzione. In seguito, durante il processo agli assassini di Rolando,  riferirà particolari agghiaccianti circa le torture a cui il ragazzo era stato sottoposto con ferocia inaudita.

Gli autori del crimine furono arrestati e processati parecchi anni dopo e furono condannati  a vent’anni di reclusione. Nella motivazione della sentenza di condanna si legge: «Un chiaro ed univoco indizio che nel Rivi Rolando si odiò la sua qualità di religioso è costituito dal vilipendio cui fu oggetto l’abito talare che indossava». Il ragazzo ne fu spogliato, e non ne fu rivestito nemmeno quando fu trascinato presso il luogo del supplizio.

Rolando era stato ucciso due giorni dopo essere stato catturato, ossia il 13 aprile. Era stato portato in un boschetto, e – come racconterà in seguito uno dei carnefici – quando il ragazzo aveva visto la buca scavata per seppellirlo, aveva chiesto di poter recitare una preghiera per il suo papà e per la sua mamma. Poi, aveva compiuto un atto di misericordia verso i suoi stessi persecutori: né le minacce, né le percosse, né le torture lo avevano smosso. Si era inginocchiato sulla buca per pregare, e in quel momento il partigiano Giuseppe Corghi gli aveva sparato un colpo alla tempia e un altro al cuore. Rolando era rimasto fulminato. Quel partigiano – dirà la sentenza –  era un uomo politicamente fanatico e sostenitore ad oltranza dell’odio di classe; aveva anche l’incarico di commissario politico, cioè nei gruppi comunisti era la persona incaricata di indottrinare gli altri partigiani circa i corretti princìpi della ideologia comunista.

Soltanto nel 1949, quattro anni dopo la morte del ragazzo, fu presentata da parte del papà Roberto Rivi alla Questura di Modena la denuncia contro gli assassini di Rolando. I colpevoli furono arrestati e condannati, sia nel processo di primo grado nel gennaio del ’51 presso la Corte di Assise di Lucca, sia in secondo grado nel ’52 davanti alla Corte di Appello di Firenze. Poi, nel ’53, anche la Corte di Cassazione confermò la condanna. In tutti i gradi di giudizio emerse con evidenza che l’accusa rivolta a Rolando di essere una spia al servizio dei nazisti e un informatore del commissario prefettizio era completamente falsa e destituita di ogni consistenza. Nella motivazione i giudici misero chiaramente in luce la vera ragione per cui il seminarista era stato sequestrato e ucciso: l’odio verso la Chiesa.

Nel 1990 Papa Giovanni Paolo II, durante la visita a Ferrara, in un discorso ad Argelato, ricordò pubblicamente i sacerdoti e i seminaristi, tra cui Rolando Rivi, uccisi sul finire della guerra e nel primo dopoguerra in terra emiliana. Il 5 ottobre 2013 si concluse positivamente la causa di beatificazione di Rolando Rivi, che oggi è venerato come Beato, in attesa della canonizzazione, mentre numerosi sono i miracoli attribuiti alla sua intercessione.

8 commenti su “Ricordo del Beato Rolando Rivi, il seminarista ucciso per la Fede  –  di Luciano Garibaldi”

  1. E’ veramente meritorio scrivere le vite dei Santi. Difficilissimo che siano ben scritte e meglio illustrate. C’è una distesa infinita di territorio da dissodare e seminare. Mi chiedo perchè sia così difficile. Anche questa è una vocazione, che non è solo una chiamata, ma anche un grande amore nei confronti i questi uomini e donne del passato e un altrettanto grande amore per uomini e donne piccoli, propri contemporanei, che si vuol educati con questi esempi così semplici e così grandi. Mi auguro che questa edizione mantenga la promessa.

  2. Prego il Beato Rivi che protegga, lui fanciullo saldo e coraggioso, la mia bambina. L’aspetta un mondo non meno difficile e tremendo di quello che uccise il povero Rolando.

  3. Rilancio una mia proposta: dedicare il 21 gennaio alla memoria di tutti i martiri delle rivoluzioni anticristiane del XVIII-XIX secolo. In Francia, Russia, Portogallo (massoliberal), Messico, e Spagna i cristiani sono stati macellati sull’altare della dea Libertà e del dio Progresso. Perché quella data? E’ il giorno in cui fu ghigliottinato Luigi XVI.

  4. Scusate: a parziale correzione del mio precedente post. Poiché il 21 gennaio e’ memoria liturgica di sant’Agnese v.m., potrei suggerire la data alternativa del 2 settembre (inizio delle stragi anticattoliche dette “Massacri di settembre 1792).

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