Riflessioni sulla dottrina del peccato originale / seconda parte – di Carla D’Agostino Ungaretti

di Carla D’Agostino Ungaretti

per leggere la prima parte, clicca qui

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A cominciare dall’Illuminismo, la scìa teologica e dottrinaria lasciata da S. Agostino cominciò a sbiadirsi fino a tramontare quasi del tutto. Il Male non fu più considerato un problema religioso o teologico, ma solo di psicologia personale o di convivenza sociale risolvibile, non con l’aiuto di Dio, ma con l’utilizzazione appropriata delle scienze naturali, sociali e tecnologiche. La teoria evoluzionistica, poi, trasportata dall’ambito biologico a quello sociale, ha fatto sorgere il mito illusorio del progresso perpetuo e i risultati si sono visti. Il XX secolo ha dimostrato che l’ottimismo positivistico del secolo precedente era solo una favola: il ‘900 ha prodotto due guerre mondiali, la Shoà, i Gulag, le guerre di Corea e del Vietnam, i genocidi in Africa e la “pulizia etnica” nei Balcani, ponendo le premesse per lo sconvolgimento antropologico che ha colpito la famiglia cristiana in questo primo ventennio del XXI secolo e dimostrando che il Male è diventato più forte e demoniaco di quanto non fosse stato nei secoli precedenti.

E i teologi moderni cosa pensano del peccato originale? Alcuni studiosi – arrampicandosi sui vetri in un mondo in cui i parametri di riferimento sono profondamente cambiati rispetto a quelli in vigore nel XVI secolo, ma desiderosi di non allontanarsi troppo dal decretum del Concilio di Trento – affermano che esso si trasmette “propagatione, non imitatione”, per cui si tratterebbe di un peccato “contratto e non commesso” (contratto come una malattia, dunque?). La propagazione avrebbe aspetti metabiologici e metastorici e riguarderebbe l’intero processo di socializzazione riguardante l’uomo: nascita, crescita, rapporti interpersonali che danno forma all’essere umano. Ma il mondo in cui esso si trova a vivere è un mondo peccaminoso con il quale sarà inevitabile avere rapporti di solidarietà e complicità. Perciò il peccato originale – fenomeno non statico acquisito con il concepimento, ma dinamico e intrinseco alla storia di ciascuno di noi in un mondo peccaminoso – crescerebbe o diminuirebbe a seconda del comportamento e del coinvolgimento individuale di ciascuno di noi nel peccato del mondo. E tutto ciò non avverrebbe per imitazione, perché il coinvolgimento avviene prima che l’uomo sia capace di una scelta morale.

Un’altra corrente teologica interpreta il peccato originale come un fenomeno psicologico e/o sociale. Il Male è dentro di noi, l’uomo causa il male ma lo vede già in atto dentro di sé, ne è responsabile ma ne è anche vittima a causa degli influssi malefici esterni, perciò avrebbe ragione Freud nel ritenere che la conquista della libertà è sempre un’impresa sociale, oltre che individuale. Noi quindi vivremmo in un mondo che, essendo già di per sé peccaminoso, non può che contaminarci perché il “peccato” è più della somma di tanti peccati e più dei singoli atti consapevoli dell’essere umano: esso esiste prima di ogni situazione storico – politica e di ogni determinazione psicologica.

C’è infine una corrente teologica che interpreta il peccato originale non come  la disastrosa conseguenza di un crimine commesso in un tempo lontano, ma come un conflitto costantemente in atto tra la nostra storia concreta e la sua stessa dinamica voluta da Dio nel momento in cui Egli progettò la fine della storia stessa. Sarebbe, escatologicamente, la contraddizione tra ciò che gli uomini sono e sono sempre stati, e ciò che sono chiamati a diventare in Cristo.

A questo punto della propria riflessione che cosa può pensare del peccato originale una povera cattolica “bambina”, visceralmente attaccata ai duemila anni di dottrina della Chiesa, se non che la teologia moderna, con le sue diverse tendenze, risente anch’essa del relativismo che imperversa nel pensiero del nostro tempo? E’ chiaro che la vicenda di Adamo ed Eva è un racconto simbolico finalizzato ad insegnarci come la disobbedienza a Dio provochi disastri spirituali, materiali, morali, fisici nella natura e nell’uomo, ma io fin dalla gioventù mi sono sempre domandata: “Poiché la Parola di Dio non è una dottrina astratta fatta solo di parole, ma è fatta di carne e sangue perché consiste nell’avvenimento di Dio fattosi uomo, che cosa sarà mai successo materialmente in quell’epoca remota per provocare il disastro planetario ed esistenziale che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno?”.

Sono giunta a una conclusione che non pretende affatto di essere fondata né di essere di insegnamento a qualcuno, ma come ipotesi (da “bambina”) aspetta di essere corretta da chi ne sa più di me. Ed è questa: io penso che, ad un certo stadio dell’evoluzione antropologica progettata da Dio, l’ “homo” ormai divenuto “sapiens” – che fino a quel momento era vissuto, per così dire spontaneamente, secondo la legge di natura che sentiva dentro di sé e che non aveva ancora avuto bisogno di formalizzare perché gli era stata infusa da “Colui che aveva fatto il mondo” (tanto per usare una perifrasi coniata dal Prof. Antonino Zichichi) – a quello stadio, dicevo, l’uomo si accorse che, essendo “libero”, era anche il padrone del mondo e avrebbe potuto usare quella libertà (dono incommensurabile del suo Creatore) trasgredendo o manipolando quella legge, se ciò gli avesse fatto comodo per tutelare i propri interessi materiali. E allora in questo delirio di onnipotenza ispiratogli dal “nemico” di Dio che aveva già commesso questo peccato, anche lui si sentì autorizzato, non tanto metaforicamente quanto in pratica, a gridare “non serviam”; volle dimostrare di non avere relazione di dipendenza e subordinazione col suo Creatore e cominciò a uccidere, a mentire, a fornicare, a ingannare i suoi innocenti simili rubandogli il cibo e il frutto del suo lavoro. E questo nefasto esempio egli dette ai suoi figli – come ci dimostra il fratricidio commesso da Caino – ai suoi nipoti e discendenti, come ci dimostrano le guerre che hanno sempre insanguinato l’umanità, che ne è rimasta spiritualmente infettata, così come si può rimanere infettati da una malattia organica ereditaria.

Solo la Redenzione operata da Cristo, che assumendo volontariamente per amore su di sé la pena temporale più atroce, ha liberato l’uomo dalla colpa riconciliandolo con Dio e restituendogli la Grazia perduta. Perciò penso che avesse ben ragione S. Anselmo d’Aosta nel ritenere necessaria l’Incarnazione di Dio perché chi, se non Dio stesso, avrebbe potuto riscattare l’umanità risollevando il genere umano dalla catastrofe da lui stesso provocata?

C’è però nella Genesi (3, 21) una pericope che mi commuove ogni volta che la rileggo: “Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì”. In poche parole l’Autore biblico ha anticipato la famosa frase della Prima Lettera di Giovanni (4, 8): DIO E’ AMORE. Anche dopo aver cacciato Adamo ed Eva dal giardino di Eden, anche dopo aver maledetto il suolo che essi avevano calpestato e il serpente che li aveva corrotti, Dio non ha cessato di amare i due ingrati peccatori perché essi erano pur sempre Sue creature e li riveste per non mandarli nudi e totalmente poveri in un mondo ormai diventato ostile e insicuro a causa della loro ribellione. L’insegnamento è immenso.

Perciò io credo che la grande intuizione sulla natura e sulle conseguenze del peccato originale l’abbiano avuta proprio Agostino d’Ippona e Tommaso d’Aquino i quali, nella loro santità, hanno avuto da Dio l’ispirazione che ha attraversato i secoli e la dottrina della Chiesa e che purtroppo la teologia moderna, nella sua presunzione relativista (mi perdonino i teologici e mi correggano se sbaglio), tende a snobbare. Ecco quindi, secondo una cattolica “bambina” la risposta alla domanda iniziale: “Non solo è ancora attuale la dottrina del peccato originale, ma lo è particolarmente in questo XXI secolo e lo sarà sempre fino alla fine dei tempi”.     

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(2 – fine)

7 commenti su “Riflessioni sulla dottrina del peccato originale / seconda parte – di Carla D’Agostino Ungaretti”

  1. La consiglio di approfondire l’argomento a partire dalle intuizioni esegetiche di don Guido Bortoluzzi di Belluno, sulla Genesi biblica. Inoltre, le propongo il seguente libro per una rilettura critica dei testi di Genesi, in particolare sul Peccato originale e sulla sola responsabilità di Adamo essendo Eva, del tutto innocente: Lorenzo Ventrudo, Genesi: La Donna è innocente, Fede & Cultura, Verona 2014. Buona lettura! Pace e Bene.

  2. Carla D'Agostino Ungaretti

    Grazie del consiglio che seguirò senz’altro perché non si finisce mai di studiare e meditare la Parola di Dio.
    Grazie anche per aver avuto la pazienza di leggermi.

  3. Se la morte è la conseguenza del peccato originale, la teoria evoluzionistica è falsa perché la morte è il suo cardine.
    Una specie si evolve e perfeziona infatti proprio per mezzo della morte, strumento di selezione dell’esemplare meno adatto da quello più adatto meritevole di riprodursi.
    Dire “evoluzione antropologica” quindi è già cedere alla sana dottrina perché si traduce nell’affermare l’evoluzione dalla specie scimmia-uomo alla specie Christifidelis autocosciente.

  4. Ribadisco la mia adesione all’ interpretazione biblica così come l’ho conosciuta nel tempo del mio catechismo e così come mi piace leggere nella semplicità della fede nella Storia Sacra di San Giovanni Bosco. Voglio rimanere “bambina” senza avventurarmi nella ricerca di riletture critiche dei testi della Genesi. Non ne vedo né sento il bisogno. Per duemila anni si sono tramandati gli stessi insegnamenti; proprio adesso bisogna metterli in dubbio? Mah!
    Mi scuso. Sono una sempliciotta.

    1. Infatti cara Tonietta
      Le affermazioni di Guido Bortoluzzi, il quale afferma di averle ricevute da nostro Signore, sono semplicemente……..Eretiche e pseudo-evoluzioniste, esse negano verità cristologiche e mariane e sono prive anche della teologia metafisica, smontarle non è difficile, ma non meritano nessuna attenzione.

  5. Anche io sono una bambina semplice e questo accenno alla presunta innocenza di Eva mi sconcerta. Non abbiamo abbastanza confusione in questo periodo? Ho apprezzato molto l’articolo dell’autrice e ribadisco la necessità di rimanere fedeli all’interpretazione della Tradizione della Chiesa. E di rileggere l’Aeterni Patris.

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