Ritorno alla comunità – di Clemente Sparaco

Un’analisi del voto popolare in controtendenza, fra elezioni americane e Brexit

… nel crollo di una visione della storia ci sentiamo di affermare che qualcosa di epocale accade: viene meno non tanto, o soltanto, una visione ideologica, ma la stessa matrice dell’ideologia. Viene meno la visione progressiva e progressista della storia. Ciò significa la fine delle illusioni illuministiche, la messa in crisi della concezione intellettuale a fondamento tanto del marxismo, quanto del liberalismo.

di Clemente Sparaco

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zbttgL’esito delle elezioni presidenziali americane evidenzia elementi in comune con l’esito del referendum britannico sull’uscita dall’UE.

Il dato più eclatante sta nel ribaltamento dei sondaggi della vigilia. Ma, più in profondità, si rimarca lo scostamento del voto popolare dai pronunciamenti dell’intellighenzia accreditata, le cui opinioni godono di una sorta di unzione mediatica, che ne legittima pretese di verità e valore a prescindere. E’ quel pensiero unico, che taglia il mondo a fette: democratici e populisti, buoni e cattivi, mente e pancia, riflessione e rabbia. E’ quel pensiero spocchioso che non riconosce alternative possibili a se stesso, se non il salto nel baratro morale.

L’ideologia al capolinea

Piero Vassallo ha osservato (in Eclissi del pensiero moderno) che “l’esperienza storica ha screditato l’ideologia, ma non ha scalfito il potere alienante, che l’illusione ha esercitato su coloro che avrebbero dovuto confutarla e contrastarla”. Questo significa che oggi, seppure screditata, l’ideologia, comunista, modernista, liberale, illuminista, scientista, sopravvive a livello culturale. Sopravvive nelle forme affievolite e melense di un’ideologia del bene, nella retorica (non a caso usata dalla Clinton nella campagna presidenziale) dell’amore contro l’odio, della tolleranza contro i muri. Cosicché un potere culturale di sacerdoti strettamente osservanti del mito progressista continua a governare i giornali, ad influenzare le case editrici, a condizionare le emittenti televisive, a selezionare le fonti della storiografia, a manipolare il passato, a diffondere e smerciare concetti e preconcetti andati a male.

Prolifera una nuova povertà culturale, senza memoria e senza progetto. Essa impronta non solo il pensiero, ma anche il costume di vita. Pensieri, gusti e valori vanno omologandosi e massificandosi all’insegna del superficiale e del vacuo. Il materialismo dialettico si trasforma in consumismo pratico, la liberalizzazione dei costumi diventa edonismo rozzo, le aspirazioni ideologiche arrivismo spicciolo, il libertarismo individualismo capriccioso, il collettivismo pura e semplice massificazione dei cervelli.

Questo puzzle del passato ideologico impazza, quindi, in negativo, più che in positivo. Ma, laddove si senta minacciato nelle sue posizioni di preminenza, interdice ed ostracizza, facendo riemergere intolleranze tipiche del passato.

In questo contesto, la democrazia sfinita nelle sue antiche ragioni, si riduce a forma politica dell’assenza di verità, a liquidazione dell’esistente, gestione di un potere senza fantasia. Fondata sul presupposto nichilista che non esistono priorità etiche, priva di appartenenza e di radici, si traduce ad un vincolo collaterale, un mero sistema di convenienze, incapace di generare comunità e, tantomeno, solidarietà. E questo lo si vede tanto più in Europa oggi, in cui il relativismo, nel segno di una libertà senza verità e di un’unione senza identità, si sposa con l’affarismo, con il potere delle lobbies burocratiche, bancarie, finanziarie.

Per questa democrazia, che rifiuta presupposti metafisici, che cancella anche il dato storico (ad esempio, delle radici cristiane dell’Europa) in ossequio al politicamente corretto, l’unica cosa che non si discute, l’unico assoluto, è la libertà. Ma è una libertà completamente svuotata di significato, sorta di involucro di un mondo che ormai non crede più in niente e che ha smesso anche di avere il coraggio di riconoscerlo.

Chiamatelo buonismo, chiamatelo snobismo radical chic: siamo agli scampoli di un mondo, agli epigoni del laicismo e del razionalismo astorico o, forse, più radicalmente dell’illuminismo. Dovunque i resti di un dogmatismo senza giustificazione che si traveste di umanitarismo.

Il ritorno dei popoli

La vittoria dell’outsider Trump alle elezioni americane dimostra che la volontà popolare non è un indice algebrico. Non lo è almeno nella misura in cui il popolo non è una massa, qualcosa di materiale, di indistinto, che procede per inerzia. Né è un’astratta configurazione statuale, priva di concreti rimandi emotivi, affettivi, ma ha una storia, una tradizione, una memoria. Potremmo dire, con un termine preso in prestito dai radical chic, una pancia. Ma il fatto è che pancia è vita (dalla pancia di una donna si nasce!). Pancia sono le esperienze, i sogni, i ricordi, le immaginazioni, le emozioni, i vissuti nel tempo. Altro che parametri, idiozie finanziarie, indici che vorrebbero ricacciarlo nelle angustie di un potere autoreferenziale!

Tutto questo rompe una sorta di crosta sclerotizzata, che è poi quel modo ideologico di leggere i fatti, erede della storiografia marxista, pregiudizialmente teso a misconoscere il peso di fattori spirituali ed ideali nei processi storici. E nel crollo di una visione della storia ci sentiamo di affermare che qualcosa di epocale accade: viene meno non tanto, o soltanto, una visione ideologica, ma la stessa matrice dell’ideologia. Viene meno la visione progressiva e progressista della storia. Ciò significa la fine delle illusioni illuministiche, la messa in crisi della concezione intellettuale a fondamento tanto del marxismo, quanto del liberalismo.

E più si tenta da parte di questi illuminati in ritardo, di questi soloni ben pagati, di costringere la realtà all’interno di categorie e schemi logori, di imbracarla nelle maglie strette del pensiero unico, più questa sfugge, sorprende, resiste. Il movimento reale dei fatti, delle circostanze, delle volontà, si prende la sua rivincita sul pensato, supera il potere di previsione dei sondaggi, le alchimie di un potere che ha scommesso sulla sua eterna giovinezza.

La sfiducia verso l’establishment che viene fuori dal voto popolare non è, allora, casuale. Essa nasce dalla percezione diffusa dell’inadeguatezza di quelle caste dominanti ad affrontare, governare ed intervenire sulle condizioni materiali di vita delle persone: il lavoro, la sicurezza, l’immigrazione fuori controllo, il futuro. Denuncia, in positivo, un’esigenza di comunità, il bisogno di ritrovare l’appartenenza, per ridare un fulcro alla politica, per redimerla da opportunismi, tatticismi, perseguimento di interessi immediati e deteriori, per rivitalizzare il bene comune.

5 commenti su “Ritorno alla comunità – di Clemente Sparaco”

  1. Dalla “Rivoluzione Planetaria”, finalmente liberata dalle restrizioni (vi fu chi disse, nel 1989, che il Muro di Berlino cadendo consentiva alla “libertà” di andare a Oriente, ma anche al Comunismo di andare a Occidente), alla voglia di Vivere, e non essere ridotti a una spettrale accolta di “sopravvissuti” dopo lo scatenamento delle forze del Male.
    Vivere con i piedi per terra, con un coniuge dell’altro sesso, possibilmente con qualche figlio

  2. Come parola custode della vita vera direi cuore, anche se molto abusata. Mia suocera ripeteva un detto, non so da chi trasmessole, quando il bambino esce dalla pancia lo si mette nel cuore. La pancia è legata al cuore ovviamente ma, il passaggio nella pancia è fisico e temporaneo, nel cuore sta ciò che fisico non è, e non è neanche transeunte.
    Grazie di cuore.

  3. In questi giorni per la prima volta ha fatto capolino fra le parole incrociate il nome di Putin. E’ proprio vero che qualcosa sta cambiando!

  4. Splendido articolo, spero non soltanto augurale, ma comprovato da fatti dei quali ciascuno nel suo ambito, piccolo, piccolissimo o meno piccolo, deve farsi strenuo portatore.

    Assicuro che non hommai fatto commenti in proposito!…..

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