Scriptorium – Recensioni – rubrica quindicinale di Cristina Siccardi

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Recensioni  –  rubrica quindicinale di Cristina Siccardi

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Elogio della Messa Tridentina e del latino lingua della Chiesa – di Don Roberto Spataro. Di fronte ad un mondo che impazza, questo libro ci spiega perché la Santa Messa diventa un punto focale per raccogliersi intorno all’Altare del Signore e alimentare la propria fede per resistere saldi nelle verità rivelate.

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Cop Elogio della Messa tridentina.inddDi fronte ad un mondo che impazza, dove l’ordine si è perso, i valori fondamentali si sono dileguati, i punti di riferimento sono crollati, a cominciare dalle voci un tempo autorevoli (autorevoli per ontologia e per esempio di vita: voce del padre, voce della madre, voce dell’insegnante, voce del parroco… voce del Papa), dove il timore di Dio è venuto meno anche nella Chiesa e tutto quanto viene messo in discussione (persino i chiari pronunciamenti di Cristo nel Vangelo), la Santa Messa diventa un punto focale per raccogliersi intorno all’Altare del Signore e alimentare la propria fede per resistere saldi nelle verità rivelate. Don Roberto Spataro Sdb, Segretario della Pontificia Academia Latinitatis e docente all’Università Pontificia Salesiana, chiarisce con efficacia la necessità del ritorno alla pratica della Messa antica nel suo libro Elogio della Messa Tridentina e del latino lingua della Chiesa, con la prefazione del Cardinale Raymond Leo Burke («I libri del ritorno all’Ordine», Fede & Cultura), il quale auspica, per i seminari, corsi adeguati per la conoscenza effettiva della lingua latina e allo stesso tempo invita la Chiesa ad un recupero del repertorio delle preghiere e dei canti in latino, che costituiscono una parte imprescindibile del Credo cattolico.

Don Spataro titola così uno dei capitoli: «La Messa Vetus Ordo ristabilisce l’ordine delle cose», perché questa Messa è un vero ritorno a casa, perché in questa casa, a differenza della nuova Messa, c’è il Padre ad essere l’unico Padrone della scena e non altri: né il sacerdote, né i fedeli.

La disamina che l’autore compie sul panorama attuale è assai lucida:

«[….] la società, soprattutto, ma non esclusivamente nei Paesi occidentali, è attraversata da un processo di disfacimento devastante, e la vita delle persone è immersa in un clima di corruzione morale che ammorba le coscienze. L’aggressione perpetrata dalle lobby gay per imporre la teoria del gender […] è l’espressione più acuta ed emblematica di questo disagio antropologico, riverberato nelle opinioni diffuse dai mezzi di comunicazione, imposto dalle assemblee parlamentari, attecchito in comportamenti sempre più praticati. Il crollo dell’istituto familiare, favorito e operato con luciferina tenacia dalle società operate dalla legislazione, ha significato contraccolpi nell’economia dei Paesi, ha provocato immaturità affettiva e smarrimento esistenziale nei giovani e oramai negli adulti, che nell’infanzia sono stati privati del loro diritto di vivere in una famiglia tout court, e che frequentemente optano per convivenze instabili o innaturali, ha inculcato un virus velenosissimo nelle cellule della Chiesa stessa, che sono le famiglie, mettendo molti credenti in situazioni irregolari, e inducendo persino alcuni Pastori a ipotizzare percorsi pastorali la cui audacia ci lascia sbigottiti» (pp.40-41).

È di questi giorni sinodali in cui si è avanzata l’ipotesi, oltre alla ben nota facoltà di dare la Comunione ai divorziati risposati, adulteri e concubini – annullando in tal modo il principio sommo dell’indissolubilità matrimoniale – quello di demandare le responsabilità ai singoli vescovi diocesani nello stabilire a chi deve essere distribuita la Comunione, «ma se si tratta di questioni che toccano tutta la Chiesa non penso», ha dichiarato il Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il cardinale Kurt Koch (http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-43982/ ), «che questo sia possibile. Possiamo incoraggiare una terza visione: non c’è soltanto la Chiesa universale o il vescovo della diocesi locale, si può pensare anche a una commissione regionale continentale, questi livelli non sono ancora ben sviluppati e penso che tale aspetto sia molto più importante che dare ogni responsabilità al vescovo diocesano. Perché c’è anche una comunione tra i vescovi che devono trovare una soluzione comune nella stessa regione». Terza visione? Quarta visione? Quinta visione?… Ad ogni visione tre discussioni, quatto discussioni, cinque discussioni…

Risultato? L’anarchiesa, dove ognuno pensa e agisce a proprio giudizio, uso e consumo.

La visione della Chiesa, in materia di dottrina e dogmi, deve essere una sola, quella di Cristo, altrimenti non è più la sua Chiesa, ma un ente internazionale con un capo di turno che muta a suo piacimento principi, regole e applicazioni.

Don Roberto Spataro, rifacendosi al saggio del pensatore brasiliano Plinio Correa de Oliveira Rivoluzione e Controrivoluzione, spiega che la civiltà cristiana occidentale è stata storicamente attaccata dalla Rivoluzione, cronologicamente divisa in quattro tempi: la prima di carattere religioso, ovvero la Riforma protestante, preceduta e accompagnata da una Rivoluzione culturale, rappresentata dall’Umanesimo e dal Rinascimento. La seconda di carattere politico, ossia la Rivoluzione francese; la terza sociale, La Rivoluzione comunista e l’ultima quella culturale, che ha avuto le sue origini nel Sessantotto. «Siamo nella quarta fase della Rivoluzione», scrive Don Spataro, «non solo l’ordine religioso, non più quello culturale, nemmeno quello sociale, ma persino l’ordine naturale viene sradicato dalla Rivoluzione. Si nega, per l’appunto, la struttura fondamentale dell’uomo, abolendo il matrimonio eterosessuale e dichiarando frutto di una scelta personale ciò che è inscritto nella natura umana, ossia l’identità sessuale. Siamo alla fase finale di uno scontro tra due antropologie opposte e irriducibili: quella che Dio ha donato a noi con la creazione e quella che il demonio vuole rovinare scimmiottando il Creatore con la sua astuta e perfida azione distruttrice, sebbene mendacemente presentata come un’affermazione della libertà dell’uomo sulla natura stessa. Anche la mostruosità dell’ingegneria genetica e di certa fecondazione assistita rientrano in questo quadro agghiacciante. […] la Rivoluzione è sinteticamente presentabile in questi termini: l’uomo si mette al posto di Dio, in un folle atto di hybris, sempre gravido di conseguenze esiziali» (pp. 42-43). L’uomo si ribella a Dio in tutto e per tutto, andando contro persino alla sua stessa natura.

Che cosa allora c’entra la Santa Messa in Vetus Ordo in tutto questo? «E, soprattutto, che cosa possiamo fare noi, piccoli successori di Davide, numericamente esigui, con i nostri miti e pacifici riti tridentini, di fronte alla potenza apparentemente invincibile di Golia che marcia pomposamente e, a prima vista, trionfalmente attraverso i secoli, la storia, la geografia del mondo? C’entra, e in modo determinante! E noi, diffondendo la Mesa antica, con la nostra azione apostolica, senza accorgercene, stiamo raccogliendo i cinque sassi da scagliare spiritualmente contro il gigante malvagio» (p. 43).

Quando la Rivoluzione si è avviata con la Riforma protestante, il Concilio di Trento le ha opposto la Santa Messa intesa come Santo Sacrificio e la professione di fede nella presenza reale dell’Eucaristia, cui seguì la pubblicazione del Missale Romanum di San Pio V a noi pervenuto attraverso l’edizione del 1962 di Papa Giovanni XXIII, Rito tridentino che Benedetto XVI ha liberalizzato con il Summorum Pontificum del 2007.

Interessante risulta leggere il testo delle «Prospettive» elaborato dal Comitato consultivo «Lutero 2017-500 anni della Riforma»[1]. Sono diversi punti che evidenziano come i sistemi attuali della Chiesa abbiano acquisito molto dai principi luterani. Martin Lutero è riuscito non solo a creare uno scisma nella Cristianità, ma ad intossicare addirittura tutta la cultura occidentale, fino ad avvelenare il pensiero cattolico ed ecclesiastico attraverso una teologia di simpatia luterana.

Riportiamo 10 punti di un manifesto sicuramente condiviso da molti membri della Chiesa moderna, da tutti quei membri che, infatti, sono intolleranti alla Santa Messa in Vetus Ordo, nella quale è richiesto, al Sacerdote che compie il Santo Sacrificio e al fedele che assiste, un requisito essenziale: la Fede autentica, dove soltanto Cristo è Via (una), Verità (una) e Vita (una).

  1. La Riforma è un evento che ha cambiato il corso della storia. I cambiamenti epocali che ha generato hanno avuto ripercussioni in tutti i continenti. Quello che ha prodotto è quindi un avvenimento di rilevanza non solo nazionale, ma europea, anzi mondiale.
  2. Gli effetti prodotti dalla Riforma vengono recepiti e valutati diversamente a seconda dei diversi punti di vista. La preparazione al cinquecentenario della Riforma nel 2017 rappresenta un’occasione e una sfida per aprire un dibattito e, per quanto possibile, per entrare in dialogo, in merito ai diversi punti di vista sulla Riforma e le sue ripercussioni.
  3. La Riforma, dividendo la Chiesa occidentale in una pluralità di confessioni diverse, caratterizzate da contraddizioni e punti in comune, ha fatto della differenziazione e della pluralità religioso-culturale una delle caratteristiche europee.
  4. Questa differenziazione, in un mondo che ha reagito con la violenza ai contrasti religiosi, non è l’unica causa ma, insieme ad altri fattori, è una delle cause che hanno scatenato guerre confessionali e scontri fra le confessioni i cui strascichi si fanno sentire ancora oggi.
  5. Allo stesso tempo questa evoluzione ha obbligato l’Europa a mettere a punto delle regole per garantire la coesistenza e, successivamente, anche la pacifica convivenza tra confessioni divise e nemiche e per fondare la coesistenza di posizioni diverse, ciascuna delle quali si ritiene unica detentrice della verità, sulla tolleranza e il rispetto reciproco. Questo sviluppo inizia con la Pace di Augusta del 1555, che è legata all’idea della “pace attraverso la divisione”, un’idea che non può rappresentare una soluzione duratura ma che, in situazioni difficili, permette di offrire i primi approcci ad una coesistenza pacifica. Gli sviluppi ulteriori hanno dimostrato che la pace fra le confessioni e le religioni rappresenta un presupposto decisivo per la pace della società.
  6. La Riforma non ha cambiato radicalmente solo la Chiesa e la teologia. Il protestantesimo che ne è risultato e che è legato alla Riforma ha contribuito a plasmare l’intera vita privata e pubblica, le strutture sociali ed economiche, i modelli di percezione culturale e la mentalità, così come le interpretazioni del diritto, le concezioni scientifiche e le forme di espressione artistica.
  7. La Riforma ha acquisito una tale importanza storica in quanto evento peculiare di natura fondamentalmente religiosa: interessava ad essa ridefinire in maniera radicalmente nuova il rapporto dell’uomo con Dio, con se stesso, con gli altri e con il mondo.
  8. La Riforma ha scoperto l’uomo giustificato solo attraverso Cristo come persona che sta direttamente al cospetto di Dio e l’uomo giustificato solo attraverso Cristo, e questo in una nuova maniera. Ha visto fondati l’identità e il valore della persona solo attraverso il riconoscimento da parte di Dio, indipendentemente dalla sua natura (genere), stato sociale (classe), capacità individuale (successo) e prestazione religiosa (merito). In questo modo ha scoperto la libertà come destino essenziale di questa persona.
  9. La Riforma ha posto la libertà della persona riconosciuta da Dio alla base della comprensione della Chiesa: partendo dal riconoscimento del sacerdozio universale di tutti i battezzati, essa ha infatti interpretato la Chiesa come comunità di tutti i suoi membri senza una graduazione gerarchica, considerando differenze legittime in essa solo quelle fra le funzioni.
  10. La Riforma ha definito l’amore per il prossimo e l’assunzione di responsabilità nella società conseguenze imprescindibili del riconoscimento operato da Dio. Il fatto che il rapporto con Dio e il rapporto con il prossimo siano indissolubilmente legati, ha trovato la sua espressione classica nella duplice tesi di Martin Lutero: «Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa, e non è sottoposto a nessuno. Un cristiano è un servo zelante in ogni cosa, e sottoposto a ognuno» (Libertà del cristiano, 1520)[2].

Nulla viene detto in questo testo sul tema liturgico, perché la Liturgia è stata distrutta nell’eresia luterana. Ed è impressionante che le «Prospettive per il cinquecentenario della Riforma» siano, in definitiva, le Prospettive auspicate da molti pastori della Chiesa attuale che hanno perso sia la reale identità sacerdotale che la reale identità della Santa Messa. Perché le due identità si sovrappongono, anzi si amalgamano in un’osmosi ordinata, armonica, meglio dire sinfonica.

Nel testo di Don Spataro, dove si comprende perché la lingua latina è fondamentale per la Santa Messa come per la Chiesa, si assaporano le pagine di un Sacerdote che comprende la sublimità e il Miracolo della Santa Messa e che non solo si limita a spiegare le ragioni dell’importanza basilare della Santa Messa di sempre, ma sprona il lettore e il fedele a riflettere; un’attività, quest’ultima, che viene demolita dai demiurghi del pensiero postmoderno incanalato nei mezzi di comunicazione di massa. Nella Santa Messa che non conosce mode e rughe «si ristabilisce l’ordine che la Rivoluzione nega. Nella Messa antiquior, infatti, la ritualità esprime molto bene, direi perfettamente, senza smagliature e sbavature, il rapporto tra uomo e Dio. La presenza di Dio e quanto Egli fa di buono per salvarci sono messi ben in evidenza: al centro ci sono il Crocifisso, l’Altare, il Tabernacolo […]». Si tratta di una Messa «teocentrica e non antropocentrica. Di fronte a Dio, il Creatore e il Redentore, la Messa Vetus Ordo invita ad assumere l’unico atteggiamento coerente e ragionevole: l’umiltà, che è più di una virtù, è la condizione per una vita virtuosa. Ecco allora gli inchini e le genuflessioni che l’uomo umile compie fiduciosamente dinanzi a Dio e che in spirito di ubbidienza, riconoscendone la sovranità misericordiosa, la carità senza fine la sapienza creatrice. Anche la ragione non è tentata di insuperbirsi, come accade nel processo rivoluzionario, perché nella Messa Vetus Ordo non tutto può e deve essere spiegato dalla ragione che, invece, accetta di adorare e non di comprendere Dio, e a Lui si rivolge adoperando una lingua sacra, diversa da quella adoperata nel linguaggio ordinario, perché nell’ordine armonioso della creazione che la liturgia ripropone nella sua ritualità, non c’è mai monotona ripetizione e tediosa uniformità, ma c’è una sinfonia di diversità, e sacro e profano, senza opporsi, rispettano la loro alterità. E la ragione rinuncia pure a un uso eccessivo delle parole, come purtroppo avviene nella prassi liturgica inaugurata dal Novus Ordo e interpretata in modo decisamente logorroico da molti sacerdoti» (pp. 44-45).

Nella Santa Messa in latino la ragione va oltre l’uso delle parole e penetra il Mistero, ecco perché esistono i sacri tempi del Silenzio, pause non solo opportune, ma indispensabili affinché ogni anima, quella del Sacerdote come quella di ciascun fedele, possa essere accarezzata e toccata dalla presenta dello Spirito Santo e poi nutrita dal Corpo e Sangue di Cristo. Nella cella dell’anima non può esistere il rumore, se dalla sua porta si fa entrare la Trinità.

Il Santo Sacrifico dell’Altare, nel rito che veramente rappresenta, in maniera incruenta, i momenti, i sentimenti, la contemporaneità del Calvario, è l’unico modo per ritrovare la vera Fede, dove dottrina e dogmi sono inviolati e dove il pensiero e l’azione non sono quelli fallaci e caduchi degli uomini, ma sono il Pensiero e l’Azione di Dio Padre ad essere i soli protagonisti. Qui, sul rinnovato Calvario, solo il Suo Nome è degnamente celebrato e santificato: tributo al Creatore e Salvatore che si è fatto, per Amore di ognuno, Carne via e Sangue vivo.

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[1] Composto da:

Prof. dr. h.c.Michael Beintker,Münster / Vestfalia | prof. dr. Susanne Deicher,Wismar

Prof. dr. Irene Dingel,Magonza | prof. dr. Susan Karant-Nunn, Tucson / Arizona

Prof. dr. Volker Leppin, Jena | prof. dr. Heiner Lück, Halle a. S. | prof. dr. Risto Saarinen, Helsinki

Prof. dr. dr. h.c. Heinz Schilling, Berlino | prof. dr. dr. Johannes Schilling, Kiel (Presidenza)

Prof. dr. Thomas Söding,Münster / Vestfalia | prof. dr. Udo Sträter, Halle a. S.

Prof. dr. DorotheaWendebourg, Berlino | prof. dr. dr. h.c.mult. ChristophWolff, Lipsia.

[2] http://www.chiesaluterana.it/wp-content/uploads/2011/01/Lutherdekade__2013_web.pdf

2 commenti su “Scriptorium – Recensioni – rubrica quindicinale di Cristina Siccardi”

  1. Un saggio utile e interessante. Un’unica osservazione: lasciamo stare un personaggio ambiguo come Plinio Corrêa de Oliveira, riguardo al quale Piero Vassallo ha scritto giustamente: “Ciò che dice di buono non è nuovo; ciò che dice di nuovo non è buono”.

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