Se mi fregano anche “The Boss”. Del Regno dell’Immaterialità e delle sue degenerazioni

La sera scorsa mi sono deciso: il veloce e ineluttabile susseguirsi dei giorni, delle settimane e dei mesi… rende la data del 25 Luglio sempre più prossima, concreta e reale, e occorre essere preparati! Cosa accadrà in quella serata d’estate, verosimilmente caldissima e afosissima? Nella splendida cornice del quarto parco recintato più grande d’Europa (il primo circondato da mura), a Monza, si esibirà per la sua ultima data Europea – probabilmente ultima data tout court stante la non più giovanissima età – il Boss della musica rock del secolo scorso e di quello attuale, Bruce Springsteen.

Qualche mese fa è stata lanciata sul mercato la sua ultima fatica; una raccolta di brani, dall’inconfondibile sapore R&B, reinterpretata e riproposta sotto forma di cover, con la consueta grinta e con la maniacale professionalità maturata negli anni dal rocker del New Jersey.

Le radio hanno passato qualche brano, senza in realtà attribuire particolare enfasi al ventunesimo album in studio del Boss: è giunta quindi l’ora di “studiare” e imparare le 15 tracce che lo compongono, che probabilmente saranno colonna portante della canonica maratona musicale di quasi 4 ore, alla faccia delle 73 candeline spente nel settembre scorso da Bruce.

Dibattuto se recarmi alla Feltrinelli il giorno dopo ad acquistare il CD, oppure fare l’ordine tramite la nota piattaforma di e-commerce di Seattle, (pregustando già la soddisfazione, dopo 24 ore, di gustarmi i pezzi), analizzo in 5 secondi la situazione e mi accorgo che… ”Houston, abbiamo un problema”: non riuscirò in alcun modo ad ascoltare il CD!

Chiarisco sin d’ora a chi sorriderà alle mie parole, dandomi del boomer nella migliore delle ipotesi, o del vetero reazionario, peggio, che non vuole adeguarsi alle nuove tecnologie (“basta che lo scarichi su Spotify!”). Per me e credo – lo auspico – per molti della mia generazione (classe 1968), “acquistare musica” ha sempre rappresentato una sorta di “rito”, che come tale, porta con sé le relative simbologie dalle quali non si può prescindere, pena l’invalidità del rito stesso. Comprare musica equivaleva ad acquistare un vinile, o un CD-Rom, presupponeva recarsi in un negozio (ok, vi concedo l’ordine on line), togliere con fatica la copertura in plastica trasparente sempre troppo aderente, poco green ma molto suggestiva, posizionarsi dove meglio si credeva, inserire il media nell’apposito supporto, e ascoltare il disco.

L’ascolto della musica era, appunto, un momento di attenzione dedicato a fare quello; se qualcuno mi parla, mi chiama, vuole “chattare” con me mentre sto ascoltando musica, mi dà un certo fastidio… anzi me ne dà tanto! Stare 16 ore al giorno con una cuffia super tecnologica (“troppo” tecnologica per ascoltare un mp3 che, per definizione, esclude tutta una serie di frequenze ritenute superflue) sulle orecchie, e contestualmente parlare con gli amici, leggere notizie (o sfogliarne i titoli, meglio), mangiare, etc. è una cosa, a mio avviso, nettamente differente.

Il fatto è che il vecchio impianto, in mansarda, ancora funzionante col vinile grazie a un dilettantesco ma efficace “cavallotto” tra diverse tecnologie, non è più operativo per il CD. Il lettore si è rotto… Il PC portatile non ha più il lettore CD. La nuova automobile, ritirata un mese fa, non ha più lettore CD… sono fregato! Mi resta Youtube, con il relativo corredo di pubblicità… Ma io volevo aggiungere il disco ai 20 precedentemente acquistati, in quasi 40 anni di passione musicale!

Bene, questo lungo e spero non troppo noioso antefatto, vuole essere lo spunto per una analisi solo un tantino più approfondita, su quanto il vivere quotidiano sia oggi divenuto quasi totalmente “immateriale”!

Passaggio inevitabile, probabilmente, per raggiungere l’obiettivo, dichiarato a chiare lettere dalle sessioni del WEF (World Economic Forum), del 2017, quando veniva pianificata la famosa (famigerata per qualcuno), Agenda 2030: “non possiederai niente e sarai felice”.

Ora, è evidente che, a rigor di logica e di “lingua italiana”, non è impossibile possedere o – più correttamente – detenere la proprietà (intesa proprio come Diritto Reale), di qualcosa di non tangibile.

Credo sia altresì condivisibile però, che il “possesso” di qualcosa, storicamente è legato alla “materialità” della stessa.

Possiedo, per esempio, l’intera collezione di dischi (LP o CD non importa), dei Beatles, appunto. Ho 50 euro nel portafogli, che potrò utilizzare per pizza, birra e per… (no beh…e poi basta, se siamo in due mi fermo a pizza e birra!).

Mi hanno regalato l’ultimo libro giallo del compianto Giorgio Faletti, ce l’ho in mano, lo detengo, e stasera inizierò a sfogliarlo e leggerlo avidamente, con la certezza che faticherò a staccarmi dalle pagine per il meritato riposo. Già, le pagine, con quel loro profumo, soprattutto quando il libro è nuovo, inconfondibile, che riporta, ognuno di noi, a momenti particolari della propria carriera scolastica o comunque della propria vita.

E ancora, per avvicinarci un po’ ai giorni nostri: mi si è rotta la SIM dello smartphone e devo andare a cambiarla in negozio! Eh, no… questo non più, anche la SIM è diventata, o sta diventando, virtuale, non dovrai più recarti al punto vendita del tuo operatore: basterà un click da parte di un addetto, fisicamente seduto su una (scomoda?), sedia nelle vicinanze di Bucarest, per attivarti la nuova connessione alla rete telefonica!

Ricordate i distributori automatici di bevande, ora anche di snack o brioche “fresche confezionate” (sono fantastici gli ossimori alimentari)? Dove si infilavano le monetine avanzate, “fisicamente” sparse nelle tasche dei jeans o della giacca, e che, premuto un grosso pulsante meccanico, dopo pochi istanti iniziavano a erogare quanto richiesto? Bene, oggi occorre – nei casi più fortunati – una chiavetta elettronica “contact less” con la quale sfiorare l’apposito led; nei più avanzati, non si può prescindere dalla ennesima APP, che dopo averci puntualmente indicizzato, ci consente di “caricare” dei soldi, in modo ovviamente del tutto virtuale, e di abbinarla a uno o più distributori. Ho visto colleghi più anziani e meno avvezzi alla tecnologia di me, rinunciare al caffè, fingendo improbabili fioretti quaresimali.

Credo che l’esempio più “innovativo” e per certi versi scioccante in tema di “Immaterialità” , sia però costituito da quanto inventato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), che recentemente ha pubblicato l’elenco del suo Patrimonio Culturale Immateriale.

Attenzione, non sto parlando del noto e conosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO, che annovera numerosi siti naturali, architettonici o opere d’arte, molti dei quali situati proprio in Italia. Non mi riferisco quindi, che so, a “I sassi e il parco delle chiese rupestri di Matera”, piuttosto che al “Palazzo Reale di Caserta”, più noto come “Reggia di Caserta”; o, ancora, alla “Chiesa e Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo da Vinci”.

Sto parlando invece del “Patrimonio Immateriale”. Qualche esempio? Pronti: “il canto e tenore sardi”, “la falconeria” o infine “la cerca e cavatura del tartufo”. Per l’amor di Dio, tutte realtà – immateriali appunto – degne di rispetto e attenzione.

Capite bene però, che il paragone risulta arduo. Quando la pallina inizia a correre sul piano inclinato, diventa sempre più difficile, e a un certo punto impossibile, fermarla; come altri direbbero, quando la Finestra di Overton si apre, non c’è più modo di richiuderla.

Che altro potrebbe accadere allora, sull’onda di questa sempre più spinta immaterialità?

Solo un paio di ipotesi, oggi fantascientifiche, e facilmente ironizzabili, è evidente; non più avveniristiche e apparentemente irrealizzabili però di quanto, per mio nonno, 60 anni fa, sarebbe stato ipotizzare di vedere un macchinario appeso a un muro, il quale, digitando sulla sua tastiera alfanumerica una opportuna “parola magica”, avrebbe iniziato a “sputare banconote” perfettamente valide e utilizzabili per comprare il pane e il latte nel negozietto in centro al paese.

Parliamo di sesso e dei suoi derivati.

Beh, direte voi, sono anni che è stata inventata la realtà virtuale, che consente di simulare rapporti sessuali, mantenendo inalterato – dicono i fautori – il piacere, evitando i fastidiosi “effetti collaterali”, dalle malattie sessualmente trasmissibili, più recentemente al Covid, e infine escludendo gravidanze non desiderate. Certo, tutto vero. Ma, poniamo il caso che il desiderio diventasse invece proprio quello di arrivare al concepimento di una vita (quando questo fosse ritenuto ancora possibile e ecologicamente sostenibile…); magari assieme all’amica conosciuta poche settimane fa sul web e localizzata in Australia. Un giorno, neanche troppo lontano, siamo certi che sarà così fantascientifico ipotizzare di “abbinare” dei minuscoli sensori (magari con il bluetooth versione 14.0), agli ovuli femminili e agli spermatozoi maschili e procedere così a una sorta di “inseminazione virtuale a distanza”?

Oppure pensiamo al cibo: anche in questo caso, come per la musica, stiamo parlando di quello che, ancora oggi per alcune popolazioni, costituisce una sorta di “rito profano”, accompagnato da tutto quanto è convivialità e bellezza dello stare assieme. Cose un po’ vecchie probabilmente, sicuramente da boomer o al massimo da “X Gen”.

A proposito, avete notato quanti millenial (chi con la scusa dell’attività sportiva, chi con quella della forma fisica, chi, magari per ragioni etico/green, chi, va pure detto, perché non riesce a sostenere, soprattutto nelle grandi città, i costi di un pranzo fuori), sostituiscono il pranzo di lavoro con miscugli di proteine, semi, legumi, tutti assieme in un unico contenitore (rigorosamente ambiente friendly)? Dove, è evidente, vien meno il piacere di mangiare, e prevale invece l’obbligo organico/biologico di ingerire sostanze che consentano di sopravvivere.

Ebbene, quanto ci vorrà perché, attraverso la solita APP (“Speed Eating” potrebbe essere un buon brand, piuttosto che “Green Lunch”), collegata a un microchip posizionato sottopelle – magari in momenti istituzionalizzati della vita – venga trasferita la dose necessaria di nutrienti, senza che nemmeno ci si accorga? “Vuoi più tempo libero?” (per fare che poi…?). Affidati a noi di “Pranzo Sostenibile, scarica l’APP e non dovrai più preoccuparti di fare il risotto. Ci pensiamo noi a trasferirti quanto necessario al tuo organismo”.

Si parla, sempre più insistentemente, del futuro divieto per i genitori cattolici di battezzare i propri figli, per non ledere la loro libertà di scelta. Sarà un attimo, a seguire, vietare la Santa Comunione, discriminante per i celiaci, e poi il Rito delle Confermazione, per non sprecare preziose gocce di “olio santo” (crisma, appunto), sempre più carente causa siccità. Ebbene, così facendo, il mercato delle cerimonie e dei ricevimenti ne subirebbe un’inevitabile contrazione.

Ecco la soluzione: a 7-8 anni parenti e amici intimi saranno invitati al rito del “primo microchip alimentare”; verso i 12-13 ci sarà l’aggiornamento con la nuova release, cerimonia più ristretta riservata ai soli parenti.

Se pensate agli esiti di una nottata brava, piuttosto che a effetti collaterali da vaccino, per queste mie elucubrazioni, pensate a cosa avrebbe potuto dire vostro nonno, negli Anni 60, se gli aveste detto che le nostre case sarebbero oggi state invase da un aggeggio grande come un pompelmo, in grado di rispondere a (quasi) tutte le vostre domande. Dalle previsioni del tempo, ai risultati della serie A, fino alle ricette culinarie o alle quotazioni di borsa. Avrebbe senz’altro chiamato il medico della mutua per un rapido parere.

“Ashes to ashes” cantava qualche decennio fa David Bowie: cenere alle cenere. Auguriamoci che almeno questo fondamentale passaggio della nostra esistenza resti “pienamente materiale” e “fisicamente percepibile”; e che un giorno, dall’altra parte dell’Oceano, non arrivi un nuovo (falso), profeta, a convincerci che con l’APP “Easy Death” e gli opportuni sensori da applicarsi in fase terminale (o anche un po’ prima, a seconda del bilancio INPS), tutto possa diventare più semplice. Imposti l’opzione “full” e in 5 minuti il corpo svanisce nel nulla, senza lasciare traccia e magari inquinare le falde acquifere. Riduci, anzi elimina del tutto la tua “Impronta di CO2”: salva il pianeta, e… smaterializzati anche tu.

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