SPECIALE GUARESCHI Giovannino Guareschi, don Camillo e un giovane d’oggi – di Andrea Maccabiani

Nel 2018 ricorrono il centodecimo anniversario della nascita e il cinquantesimo della morte di Giovannino Guareschi (Primo maggio 1908 – 22 luglio 1968). Riscossa Cristiana gli dedica queste due giornate nella certezza un cristiano della sua razza abbia ancora tanto da dire alle persone di buona volontà in tempi così difficili.

L’anagrafe non può mentire: il 1° maggio del 1988 sarebbe stato l’ottantesimo compleanno di Giovannino Guareschi, purtroppo arresosi agli impicci della salute vent’anni prima. Quel giorno comunque ero già in parola con don Giacomo, parroco della mia parrocchia, perché mi presentassi, opportunamente sorretto da padrino e madrina perché le mie gambe nuove di zecca ancora non funzionavano a pieno regime, per rinascere come figlio di Dio dal fonte battesimale. Fu così che non riuscimmo a essere contemporanei, nemmeno a conoscerci. Quando conquistai l’uso della ragione passarono un’altra manciata di anni ad allungare il solco tra due epoche ben differenti anche se non lontanissime. Ma la Provvidenza,che gestisce i millenni a suo piacimento, ha fatto in modo che almeno io potessi conoscere questo grande genio della letteratura. Non è stato affatto facile: si sa che Guareschi non è grande frequentatore di libri scolastici, collegi docenti, convegni e altre cose che provvedono a formare il bagaglio culturale di un giovane studente italiano. Eppure il primo incontro l’ho avuto inconsapevolmente sul finire degli anni ’90 in quello che chiamavamo il “libro di lettura” delle scuole elementari, ricco di illustrazioni e di racconti che la maestra di italiano ci aiutava a comprendere. Leggevo abbastanza volentieri ma quel racconto semplice e divertente mi rimase impresso. Solo anni dopo, riprendendo il vecchio libro tra le mani, notai il nome dell’autore di quel brano. Lo condivido con voi:

(da “La scoperta di Milano” 1941)

Fu però un “don Camillo” a farmi conoscere davvero Giovannino: a dirla tutta fu un chierico Camillo, un giovane e brillante seminarista che mi fece vedere quei libri in casa di un sacerdote. Non sapevo infatti che quei film visti e rivisti in famiglia, prendevano spunto da dei libri.  Poi nel 2001 una gita con altri ragazzini a Brescello davanti a quel famoso crocifisso. Poi il chierico Camillo, nel frattempo divenuto “don”, mi mandò spesso pagine e brevi racconti, presi da altri testi. In terza liceo uno dei primi libri che comprai fu Il catechismo secondo Guareschi di Alessandro Gnocchi. I tempi furono maturi perché nel 2007 mi presentassi con la faccia di bronzo che solo un diciannovenne può avere, di fronte a una nutrita commissione per l’orale dell’esame di stato al liceo scientifico. Faccia di bronzo perché capii che l’isolamento culturale e ideologico verso Guareschi non aveva nulla a che fare col merito letterario (qualche professore mi suggerì questa ipotesi, evidentemente in malafede). Volli dare un segnale, una sfida appunto. Un quasi illetterato maturando dei primi anni del nuovo millennio contro i colossi della cultura ufficiale di un liceo di provincia. Presentai la mia tesina parlando di Giovannino, del Diario clandestino, del clima politico del dopoguerra, del suo isolamento decretato dalla cultura sinistroide imperante. Incontrai qualche naso arricciato, ma mi colpì soprattutto la docente di matematica (commissario esterno) con gli occhi lucidi nell’intento di trattenere i singhiozzi. I suoi colleghi mi interruppero per chiedere cosa non andasse. La signora parlò allora di suo padre mancato pochi anni prima e che condivise con Guareschi il campo di prigionia. Vantò addirittura una caricatura fatta dall’illustre compagno che teneva come ricordo nel suo salotto. Ero solo un ragazzino ricco di buona volontà, ma povero di fede. Lì per lì pensai che l’esame di matematica, stando così le cose, avrebbe avuto risvolti certamente più interessanti dato il feeling appena creatosi tra me e la docente. In effetti la banalissima domanda che la signora mi presentò all’orale sapeva di simpatia. Non mi potei accorgere che avevo di fatto eliminato una distanza di decenni divenendo contemporaneo di Giovannino, di don Camillo, di Peppone, di Pio Pis, della Giò, di Casimiro Wonder, di Filimario Dublè, della maestra Cristina e tutti gli altri colleghi.

Con Guareschi ho riso e ho pianto come tutti, ma soprattutto mi sono sentito a casa, come quando uno si accomoda in pantofole sulla poltrona preferita dopo una giornata di fatiche. Che pretesa per un ragazzino qualunque, per un giovane d’oggi, volersi sedere al tavolo con quello che avrebbe potuto essere come minimo suo nonno e trattarlo come amico. Lo incontro spesso anche adesso che non sono più un diciannovenne con la voglia di far casino. Anche se non posso sempre dire di possedere un certo senso pratico come il cugino Edo del Marito in collegio, so che posso trovarlo quando ne ho bisogno, ma soprattutto so che posso parlare con il Crocifisso se lo desidero veramente.

La letteratura di Guareschi è quindi anche per noi ragazzacci di oggi e per tutti quelli che sono già ormai da tempo in coda dietro a quelli della mia età. Per questo ancora lo leggo, lo cito, lo regalo. Per questo non ho perso il vizio e conto a breve di farci la tesi di laurea, stavolta non in una commissione liceale un po’ rossastra, ma in una ben peggiore commissione di un istituto teologico cattolico. È una cartina tornasole: se Guareschi causa imbarazzi, grugniti, mal di pancia, sorrisini ironici… è la prova che lì bisogna combattere. Lui, che preferì la strada del carcere per mantenersi libero, è l’esempio più potente per il nostro presente, dove tra Stato e Chiesa si fa a gara a chi ne imbavaglia di più e di chi si scortica le mani per applaudire al mondo. Mani apparentemente libere, in realtà ammanettate da colui che del mondo è il Principe e da millenni nasconde le sue tagliole sotto il verde manto delle libertà. Il 1° maggio del 1988 i miei padrini chiesero e ottennero dal ministro di Dio la Fede Cattolica. Sul registro della parrocchia non c’è scritto, ma io so che come terzo padrino Giovannino è stato fenomenale.

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