SPECIALE LIBIA – tre articoli di Piero Laporta

PREMESSA

la rapida evoluzione della situazione in Libia, e il rischio di un intervento militare della NATO, nel quale sia coinvolta anche l’Italia, rendono quanto mai necessaria una chiarezza che finora è mancata. Come in ogni guerra la falsificazione delle notizie è inevitabile, ma sulla base di troppe falsificazioni e dell’avventurismo dell’amministrazione Obama, si sta rischiando una catastrofe, nella quale saremo anche noi coinvolti.

Ringraziamo quindi l’amico Piero Laporta, che sta lavorando con onesta chiarezza per farci meglio capire una politica che noi subiamo, non facciamo. E Vi consigliamo d leggere il primo articolo pubblicato da Laporta sulla crisi libica: “Obama vuole il petrolio libico”.

PD

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A PROPOSITO DI INTERVENTI MILITARI IN LIBIA

In risposta a Fiamma Nirenstein

 

di Piero Laporta

 

Su Il Giornale la pure ottima Fiamma Nirenstein sostiene che, se la Nato lo ordina, noi dobbiamo combattere in Libia contro Gheddafi. Le sue ragioni sono: la paura d’apparire come Bush ci fa diventare dei Chamberlain; per la guerra alla Serbia, l’Alleanza Atlantica non aspettò il nulla osta del Consiglio di Sicurezza dell’Onu; un Gheddafi furioso, che riprende il controllo della Libia, è un lusso che non possiamo permetterci se vogliamo evitare rappresaglie sulla popolazione e chissà quali ricatti petroliferi; Gheddafi è come Saddam Hussein e come Milosevic.obama

Tutto qui? In punta di diritto ricordiamo che la Nato è alleanza difensiva  e l’attacco alla Libia di difensivo non avrebbe alcunché. La Nato inoltre – come foro di concertazione e di cooperazione transatlantica in tema di sicurezza – è stata oltraggiata da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, che hanno autonomamente destabilizzato la Libia, ai nostri confini mediterranei, inviandovi forze speciali e mercenari, senza consultarci, raccontandoci unmucchio di frottole, apparentemente incuranti che Tripoli ci fornisca il 38% del suo petrolio, cioè 4 volte quello che esporta verso i nostri tre distratti alleati.

Arthur Neville Chamberlain ebbe la colpa di non vedere che cosa preparava Hitler. D’accordo, ma Chamberlain oggi abita a Washington non da noi, visto che due navi iraniane sono minacciosamente davanti alle coste israeliane con la benedizione dei colonnelli egiziani, che rispondono a Hussein Barak Obama.

In quanto ai paragoni con Saddam e Milosevic, la   pure ottima Fiamma Nirenstein sicuramente ricorda le idiozie bushiane sulle armi di distruzione di massa e forse saprà che la guerra nei Balcani fu pagata, attraverso Goldmann & Sachs,  in grande misura coi soldi rapinati all’Italia nel 1992-1993. Certo il bombardamento di Belgrado non potevamo evitarlo col governo che avevamo, se ricordiamo il livido pallore di Massimo Dalema, quando uscì dal colloquio con Bill Clinton al quale recava rispettoso omaggio.

Ci sono degli israeliani in giro per il mondo che non si risolvono a scegliere fra Gerusalemme e Londra. Gli inglesi lo sanno bene e li usano finora per gestire il petrolio dell’Europa e di Israele con l’accortezza e la gioia d’un vampiro in una banca del sangue. L’irruzione sulla scena della Cina è il fatto nuovo e l’arretramento della piazza d’affari londinese è il fatto nuovissimo. Chi vuole usare la Nato per risolvere problemi peculiari a Londra e Washington, mentre proprio Israele se ne sta saggiamente alla finestra, non capisce che l’impero sta crollando molto più rovinosamente di quanto s’auspicava per Gheddafi.  È dunque stupefacente che la pure ottima Fiamma Nirenstein, ben a conoscenza di queste faccende, non veda oggi, come Chamberlain ieri, dov’è il vero nemico dell’Europa, dell’Italia e di Israele.

 

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La strategia destabilizzante anglo-americana è destinata a fallire. E l’Italia sta a guardare

Libia, ci guadagna solo la Cina

Il petrolio rincara, gli Usa l’acquistano col dollaro deprezzato

di Piero Laporta da Italia Oggi – gruppo Class

Finirà male comunque, per gli Usa. Ma molto bene per la Cina». Il nostro interlocutore è di casa in Africa «Sa quando ho capito che andavamo al disastro?» Non vedo l’ora di saperlo, «Quando il vostro capo dell’Aise, il generale Adriano Santini, il 2 febbraio, è andato al Copasir a dire che la Libia era al sicuro.

Erano in fiamme Tunisia, Egitto, Algeria e Albania. Se avesse letto i giornali italiani avrebbe notato la svolta epocale: tutti improvvisamente sposavano la tesi di George Bush sulla necessità di esportare la democrazia fra i mussulmani. Se è un caso, Barack Obama ha ottenuto un bel risultato a costo zero». A costo zero? domando. Sorride sornione.

A Tirana la televisione beccò un capoccia dei dimostranti contro Sali Berisha che sparava alle spalle a un compagno. Nonostante la nitidezza delle immagini, tutte le agenzie americane e inglesi inondano gli schermi con la panzana «polizia assassina di Berisha che spara sulla folla», bevuta dalla stampa italiana, titoli a tutta pagina, come avverrà poco dopo per le fosse comuni in Libia.

A Tripoli un altro fatto strano. I tunisini, ottenuta la defenestrazione di Ben Ali, invece di godersela scappano in Italia. E la «primavera mussulmana» di cui si favoleggia su La Repubblica? Sia Tunisi che Tripoli in quelle ore aprono le valvole, scaricano la pressione interna, favorendo l’esodo verso l’Italia di delinquenti e oppositori politici. L’Ue ha altro da fare mentre Gheddafi favorisce i migranti verso la Tunisia, quando la Libia non è ancora nella temperie e Tripoli non ha capacità d’opporsi. Il colonnello dà un segnale, all’Italia soprattutto, verso la quale esporta il 38% del suo petrolio. Egli sa che cosa comporti il suo progetto di raddoppiare l’esportazione di greggio verso la Cina, oggi al 5%. Londra freme.

Santini, che legge Times e ascolta la Bbc, rassicura il Copasir: con la Libia non c’è pericolo.

È la Libia invece l’obiettivo strategico della destabilizzazione anglo-statunitense del Mediterraneo, Libia e petrolio. I francesi? Garzoni di bottega, li definisce il nostro interlocutore.

Obama non può attaccare la Libia direttamente, privo com’è del sostegno del Congresso, nelle mani dei repubblicani. Occorre dunque la farsa dell’intervento umanitario, coi compagnucci italiani, a loro agio nelle vesti di escort di Obama.

Mentre Santini parla al Copasir, truppe speciali britanniche e mercenari sono già in Libia e nel circondario. La missione è semplice: scatenare la violenza nelle folle radunate dai minareti. È il secondo elemento strategico della manovra obamiana: l’accordo coi Fratelli mussulmani e con l’Iran. Se vi bruciano la schiena con un ferro rovente, che cosa fate? Vi scostate spaventati prima ancora di chiedervi chi vi assale. Applicata alla folla una violenza improvvisa – una bomba per esempio, o una sparatoria – la folla va in panico, risponde senza riflettere a chiunque la inciti. Tre, quattro o quaranta agitatori professionisti e coordinati, indirizzano la folla esattamente e (per essa) inconsapevolmente dove gli agitatori vogliono. Violenza apparentemente incontrollata, regolata con cellulari e satelliti, diffusa con la tivvù; il miracolo comunicativo è fatto.

Tutto fila liscio. L’intervento umanitario appare scontato come in Bosnia, quando a Washington scorgono un imprevisto. Il dollaro di solito sale quando gli Usa mostrano i muscoli. Questa volta il petrolio rincara, come previsto, ma il dollaro precipita con l’acuirsi della crisi. Perché? La Cina butta sul mercato vagonate di greens. Risultato: gli Usa fanno rincarare il petrolio ma lo devono acquistare col dollaro deprezzato; una rovina. Ma come, si disperano nella Camera Ovale, deprezzano il credito che hanno con noi? Non solo ai cinesi non frega nulla di qualche triliardo di dollari ma, nelle stesse ore, per la prima volta nella storia, fanno sapere quant’è il loro vero investimento in tecnologia militare: tre volte quello degli Usa. A buon intenditor. Intanto ,Gheddafi parla ai capi tribù un linguaggio che capiscono: volete morire o diventare ricchi?

Putin e Israele stanno a guardare, apparentemente in silenzio. La destabilizzazione del Mediterraneo è appena cominciata e non può che passare per la Sicilia. Si ritorna al 1992, anzi al 1945 o magari al 1978. Che noia, proprio nel centenario dell’Unità d’Italia?

«Non disperate» ci rassicura il nostro amico «da voi abbondano i coglioni e scarseggiano le palle, ma Obama, vi surclassa».

 

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Immagini che non tornano, video dubbi: quando la propaganda rischia lo svarione

Nella guerra contro Gheddafi si combatte anche a colpi di foto

 

di Piero Laporta da Italia Oggi – gruppo Class

Gheddafi bombarda i civili! È il 3 marzo. Hussein Barak Obama fa sentire la sua voce: «Sono disgustato. Gheddafi deve andarsene». La notizia è partita da un filmato del giorno precedente della Cnn (http://www.youtube.com/watch?v=3redRom9_6s) che documenta il bombardamento di Brega, sulla costa orientale nel Golfo della Sirte.

L’evento è rilanciato da una foto dell’inglese Reuters.bomb

La didascalia di Reuters recita: «Un ribelle protegge le orecchie mentre esplode una bomba lanciata da un aereo delle forze aeree libiche fedeli a Gheddafi – deserto di Brega, 2 marzo 2011».

Il Corriere della Sera pubblica a pagina 5 del 3 Marzo, avvalorando pienamente la didascalia di Reuters/Joel Silva/Fholapress.

Siccome siamo diventati alquanto diffidenti vista la quantità di panzane che le agenzie Usa fanno circolare in queste ore, siamo andati a vederci il filmato della CNN. La telecamera punta sul cielo, si sente un rombo di aereo, ma l’aereo non si vede. Il cameraman, pur avendo mancato l’aereo, e quindi non sa da dove è partita la bomba, filma l’esplosione dal primo istante. Avete un dubbio? Ve lo rimuove lo speaker: «La bomba lanciata dall’aereo esplode al di là della strada». Bum. I dubbi passano davvero: sembra tutto artefatto. La nuvola esplosiva è tipica del tritolo interrato e fatto brillare con un telecomando. Se fosse una bomba d’aereo si vedrebbe il fuoco dell’esplosione e la nuvola di sabbia farebbe corona a distanza ben maggiore invece di essere risucchiata verso l’alto. La nera nuvola esplosiva, invece, è chiaramente soffocata e priva di fiammata perché è un’esplosione interrata. Una possibile sceneggiata per gli allocchi che vogliono cascarci.

Guardate l’omino che si «protegge le orecchie», come certifica Reuters. È così sciocco che, pur avendo previsto lo scoppio, come certifica il fatto che ha il tempo di proteggersi le orecchie, invece di buttarsi a terra o correre per allontanarsi, corre parallelo all’esplosione. La foto è tagliata così non si vede l’ombra. È inverosimile? Sembrerebbe quasi taroccata. Infatti, se vedete il filmato per intero, l’omino non c’è affatto, cioè è stato montato nella foto per renderla più verosimile dell’inverosimile filmato, i cui ulteriori fotogrammi ostentano un gruppo di sedicenti ribelli sparacchianti in aria mentre protestano, neanche a dirlo, contro i bombardamenti aerei di Gheddafi.

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