Stessa spiaggia, stesso mare… Ma l’UE dice di no

C’era una volta, decenni fa, in una ridente località balneare del Ponente ligure (le località turistiche sono sempre “ridenti”), una spiaggia che una famiglia locale aveva ottenuto in concessione per farci uno stabilimento balneare. Il padre, papà Giò, la madre, mamma Lina, due figli a cavallo dell’adolescenza, Mirko e Marta. Papà Giò era alto e ben piantato, tanto da essere membro di una Confraternita centenaria, di quelle che in Liguria portano in processione bellissime, ornatissime e pesantissime croci, rappresentazione ben visibile di una devozione e di una fede popolare che il concilio e la “neo-chiesa” di Bergoglio non sono riusciti finora a sradicare.

La gestione dei bagni, chiamiamoli Bagni Sirenella, visto che con questo nome ne esistono in tutte le località liguri, era un’attività pesante, da maggio agli inizi di ottobre. Padre e figlio all’alba dovevano spianare e livellare la spiaggia e la sera rastrellarla, la mamma teneva la cassa e il chioschetto dove si faceva il caffè (decisamente non granché), si vendevano pezzi di focaccia ligure e panini per il pranzo.

Più che un bagno, i Bagni Sirenella era un circolino per gli abituali clienti lombardi e piemontesi: si giocava a carte, a boccette da spiaggia, si chiacchierava. I figli dei clienti crescevano, anno con anno, in quei bagni: le prime cotte, i primi amori. I clienti che viaggiavano inviavano cartoline ai Bagni Sirenella, che facevano bella mostra in un angolino del chiosco. A Natale mandavano auguri, e alcuni persino un panettone. Ogni anno era una festa ritrovarsi e raccontarsi.

Appena l’età lo consentì Mirko fece il corso di salvamento per diventare bagnino. Aveva ereditato il fisico prestante del padre e attirava ragazzine, ragazze ma anche le giovani mamme che da giugno a settembre passavano le vacanze in quella località. Marta studiò ragioneria e aiutava la mamma al chiosco e il padre nella tenuta della parte amministrativa, seguendo norme, adempimenti burocratici e regolamenti sempre più stringenti e spesso decisamente ottusi. Poi Mirko “prese il diploma” all’ISEF, l’Istituto Superiore di Educazione Fisica e durante l’anno scolastico insegnava in una scuola media della zona, ma continuando, durante le vacanze, a essere il bagnino ufficiale (oggi si dice “addetto alla sicurezza bagnanti”) della spiaggia.

Pian piano, con gli sforzi economici di Giò e Lina, i bagni miglioravano: meno sassi e più sabbia, perché ai piedi dei cittadini le spiagge sassose non piacciono, poi il chiosco diventò un baretto, poi un bar vero. Un piccolo parchetto giochi per i bambini. Ogni anno bisognava lottare perché il mare non si portasse via pezzi di spiaggia e spesso bisognava lavorare anche d’inverno. Infine venne anche un ristorantino: pochi piatti ma di qualità, pesce freschissimo, comprato da un pescatore locale sopravvissuto alla falcidia dovuta alle sciagurate norme europee e alla concorrenza del pesce straniero. Giò e Mirko talvolta dovevano alternarsi a dormire nei bagni minacciati da vandali, da zingari e da immigrati che scassinavano il bar per rubacchiare.

Oggi i Bagni Sirenella ci sono ancora, anche se papà Giò ci ha lasciati, mamma Lina viene solo per dare una mano in cucina e la gestione è passata a Mirko e Marta, con i rispettivi moglie e marito. Il figlio di Mirko, di nome Giò come il nonno, promette bene.

Ma i Bagni Sirenella, così come li abbiamo conosciuti, è quasi certo che non abbiano più un futuro. Un potente signore a Bruxelles, dall’inquietante cognome Bolkestein, ha deciso, in nome dell’Unione europea, che no, la concessione demaniale di quello stabilimento, di tutti gli stabilimenti balneari d’Italia, non poteva più essere rinnovata. La concessione va “messa a gara”. Per difendere la Libera Concorrenza, il Mercato, la Trasparenza, la Lotta Contro i Monopoli e una decina di altri Princìpi tutti con la maiuscola. Il Financial Times, l’organo ufficiale del supercapitalismo più sanguinario, ha definito quello dei balneari italiani “un racket”: “L’Unione europea ha chiesto di chiudere questo racket e di aprirlo alla concorrenza”. Addirittura. Il Parlamento europeo ha approvato l’esproprio.

Così, nell’incertezza, è da qualche anno che Mirko e Marta non investono più: niente frigorifero nuovo, niente nuova cucina. Solo qualche lavoretto indispensabile. Mamma Lina non capisce: cosa c’entra Bruxelles con i Bagni Sirenella? Cosa sanno quei Signori lontani dei sacrifici fatti negli anni da papà Giò e mamma Lina, dei risparmi investiti, dell’affetto dei clienti di sempre? Ogni anno hanno pagato regolarmente il costo, non modesto, della concessione. Hanno tenuto pulito e in ordine un pezzo di litorale. Perché ora vogliono portarle via i “suoi” bagni? E senza neppure rimborsarla, è un vero esproprio, degli investimenti fatti?

Questa storia non avrà, probabilmente, un lieto fine. Non vincerà a sorpresa Davide contro Golia. L’Unione europea schiaccerà tutti i Bagni Sirenella d’Italia e forse anche quelli di Spagna e Portogallo, altri paesi sotto attacco. A fianco dell’Unione europea c’è la grande stampa filoeuropoide, il Consiglio di Stato, parte del Parlamento italiano, persino il Presidente della Repubblica. Prima o poi, tra un anno o al massimo due, le concessioni demaniali verranno “messe a gara” come vogliono i nostri padroni dell’UE. Vinceranno le multinazionali o le cooperative rosse, visto che sono, notoriamente, ben ammanicate, diciamo così, con i politici. Al posto di papà Giò, di mamma Lina, di Mirko e di Marta avremo immigrati sottopagati che non parlano italiano e che magari non hanno neppure il “patentino” di salvamento. Al ristorantino, solo cibi industriali di bassa qualità e pesce congelato, per risparmiare, perché le gare si vincono con rilanci al massimo ribasso. 

L’Italia, come paese membro dell’UE, non si è battuta contro questa nequizia. Abbiamo fatto “gli italiani”: abbiamo traccheggiato, preso tempo, rimandato, chiesto delle deroghe. Quello che faremo anche con le infamie delle “case green”, che costeranno decine di migliaia di euri a famiglia, e con le inefficienti e carissime auto elettriche al posto di quelle termiche, che piacciono tanto ai falsificatori ecologisti di una inesistente “crisi climatica di origine antropica”. Per questo vinceranno “loro”.

Però l’accanimento dell’Unione contro tutti i Bagni Sirenella ha un che di emblematico, di simbolico. Il business degli stabilimenti balneari è, se paragonato ad altri, relativamente modesto: circa 1,5 miliardi di fatturato con 6.592 imprese e 68.000 addetti. Eppure, di fronte alla possibilità, solo ipotizzata, di un limitato rinvio dell’esproprio, abbiamo già ricevuto un minaccioso avvertimento dall’Unione: “L’Ue valuterà attentamente il contenuto e gli effetti del provvedimento…”. Capito: “L’Ue valuterà attentamente”? Se non è un avvertimento mafioso questo, cos’è? È comunque un diktat, un ignobile ricatto visto c’è la minaccia UE di non erogare le rate dovute del Pnrr (che null’altro è che un prestito a strozzo e un ricatto politico) e già si paventano procedure d’infrazione con relative sanzioni contro il nostro Paese per il ritardo nell’obbedienza pronta e assoluta. A quanto pare, agli eurocrati di Bruxelles le sanzioni piacciono molto. Se potessero, sanzionerebbero il mondo intero, USA e suoi amici esclusi, naturalmente.  

Uno degli argomenti usati dai sostenitori europoidi e nazionali dell’iniquo esproprio (è senza compenso) è che “la normativa europea deve prevalere su quella nazionale”. Anche la più recente sentenza del Consiglio di Stato sembra appellarsi a questo sconcertante principio. Ora, qualcuno di voi si ricorda di aver mai approvato, con un voto chiaro e trasparente, questo principio odioso della supremazia della normativa europea sulle leggi nazionali? Se qualcuno può dettar legge in casa nostra, senza che noi si possa obiettare alcunché, questo si chiama semplicemente occupazione straniera, perdita della sovranità. Perché oggi ci troviamo, senza essercene accorti o essere stati avvertiti e consultati, in questa tragica situazione di perdita totale della nostra sovranità?

I Bagni Sirenella di tutta Italia saranno espropriati, ovviamente. Vinceranno ancora gli orchi di Bruxelles. Poi, l’hanno già annunciato, sarà la volta degli ambulanti, sì, persino loro: anche gli spazi delle vie dovranno essere messi a gara, ci ordinano i dittatori dell’Unione. Poi toccherà ai tassisti: le fameliche multinazionali, con autisti allogeni che se a Milano gli chiedi di Piazza del Duomo hanno bisogno del navigatore, sono già pronte; ci hanno già tentato in un recente passato e sono state respinte, ma purtroppo la vampiresca normativa Bolkestein non lascia scampo: cari tassisti, altro che licenza pagata a carissimo prezzo: una bella Uber è quella che ci vuole. Altre vittime seguiranno.   

Perché è questo che vogliono i poteri liberal multinazionali, supercapitalisti e globalisti che controllano l’UE e i governi: distruggere la piccola impresa, le aziende familiari, i lavoratori indipendenti, gli artigiani, i micro-imprenditori perché sono portatori di un innato spirito libero che è in contrasto con il progetto dei potenti di Davos, degli oligarchi alla Soros, alla Gates, alla Zuckerberg, alla Bezos, delle multinazionali che ci vogliono tutti consumatori senza proprietà, senza casa (“non possiederete nulla e sarete felici”), senza un contratto di lavoro, indifferenziati, invasi dai clandestini, meticci privi di identità, di cultura, di civiltà e di storia.

*** *** ***

Ecco: in questi giorni quando alla TV vedo i neo-trinariciuti che ci dominano da Bruxelles e i loro arroganti lacchè italiani, mi vengono in mente i miei bagni in Liguria, l’ombrellone che ogni anno ci veniva dato nella stessa fila, nella stessa posizione, il sapore della focaccia dopo il bagno e le facce cordiali della famiglia dei gestori che, in nome della Concorrenza e del Libero Mercato, saranno cacciati da uno dei tanti odiosi diktat dall’Unione Europea, tra l’esultanza del Financial Times e dei Beppe Severgnini nostrani, e sostituiti da una famelica multinazionale oppure, e sarebbe persino peggio, da qualche cooperativa rossa. E, Dio mi perdoni, qualche maledizione non riesco a trattenerla.

1 commento su “Stessa spiaggia, stesso mare… Ma l’UE dice di no”

  1. Gli italiani esistono solo perché abitano lo stesso territorio. Non siamo né popolo, né nazione né comunità!!! Gli altri hanno avuto un Re che li ha uniti sia come popolo che dal punto di vista spirituale, veniva incoronato per “grazia di Dio”. L’unico nostro Re invece che unirci ci ha annessi al piemonte. Qui sta la causa di tutti gli italiani lacchè degli stranieri!! È indispensabile una struttura verticistica di comando (Presidenziale), ma occorre fare qualcosa dal lato spirituale. Proposta: a Trieste esiste la “Madonna Regina d’Italia”. Cominciamo con gruppi di preghiera, prima o poi risponderà! Chi di voi è con me?

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