Torino, “Biennale Democrazia”. Ossia, l’ennesimo veicolo di propaganda gender coi soldi dei contribuenti

Redazione

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zzbnndmcrzSenza dubbio non raccontiamo nulla di nuovo. Però ci sembra doveroso informare gli amici lettori di come vengono oculatamente utilizzati i loro quattrini dagli enti pubblici che, avendo a cuore la difesa della democrazia e l’educazione delle giovani generazioni, organizzano quei pastrocchi che vanno sotto il nome di “eventi culturali”, senza peraltro sottilizzare sul fatto che le parole “cultura”, “culturale” et similia ormai si applicano con un’agilità sorprendente in questa nostra povera Italia, ricca di analfabeti di ritorno, ma che definisce “cultura”, ovviamente con patente “democratica” non solo e non tanto le scemenze del canzonettista di turno mutato in opinionista, ma anche e soprattutto tutto ciò che riguarda i deliri pubico-perineal-mentali, ovvero la cosiddetta “cultura del gender”.

Biennale Democrazia” è un progetto della Città di Torino, alias il Comune, quindi, se non andiamo errati, dell’ente pubblico territoriale che più direttamente deve provvedere alle necessità quotidiane dei cittadini. E lo fa, giustamente, coi soldi dei cittadini.

Diamo un’occhiata al sito di Biennale Democrazia e già dall’home page capiamo il trito conformismo di questa ennesima sagra. Come è noto universalmente, mentre la disoccupazione cresce, le famiglie non riescono a tirare la fine del mese, i servizi pubblici sono sempre più carenti per “risparmiare” (pare si dica “spending review”), è essenziale e irrinunciabile diffondere le perversioni sessuali, vero delirio sistematizzato di un potere, locale o nazionale che sia, che ormai è del tutto fuori di testa.

Così non può mancare la storia di tale Alfredo, che dev’essere un poveraccio affetto da quella patologia, non certo nuova, che si chiama travestitismo, ma che si sublima in idiozie del tipo “Abbiamo raccontato la trasformazione totale di Alfredo – il trucco, i costumi ma anche la sua personalità – per sottolineare come ognuno di noi cerchi di essere il più possibile simile a ciò che si sente e che la propria individualità non è granitica, ma è fatta di sfumature ed è in continua evoluzione. E nel caso di una Drag Queen la componente psicologica dell’identità sessuale è ancora più complessa: ci mostra cosa vuol dire vivere in un corpo che non si sente proprio”.

Ma ovviamente volete che non si parli anche di uno dei veri problemi che angosciano l’umanità, ovvero il matrimonio tra omosessuali? Qui gli angosciati e pensosi democratici biennali esprimono la loro profonda sofferenza per la carenza legislativa in Italia, tirano in ballo la Costituzione (il classico cavolo a merenda), le diverse legislazioni vigenti negli stati Uniti, eccetera.

Comunque, se vi fate un giro sul sito della Biennale Democrazia, troverete tante cosine interessanti e anche mille buone ragioni per incominciare a interessarsi sulla possibilità di emigrare in qualche remoto angolo della terra non ancora infettato dal cretinismo inarrestabile e dalla propaganda delle perversioni fatta a spese del contribuente.

Ovviamente poi il discorso si estende alle scuole (possono i giovani non percorrere le luminose vie della maniacalità sessuale democratica?) e quindi anche all’aggiornamento degli insegnanti. Non sappiamo se oltre alla teoria siano previsti anche esperimenti e verifiche. Glissons.

Dall’ Ufficio Teatro – Servizio Spettacolo, Manifestazioni e Formazione Culturale – Direzione Cultura e Educazione del Comune di Torino parte una mail (CLICCA QUI) con interessante allegato (CLICCA QUI). Destinatari: i soliti. Basta vedere l’allegato.

Tutto ciò è “cultura”. Il contribuente paga, la pubblica amministrazione, mandati al macero decenza e senso del ridicolo, dialoga col “Collettivo LGBTQ”. Titolo: Transessualità: superare la divisione dei ruoli di genere oggi.

Ci sembra  inutile aggiungere di più. I fatti parlano da soli e parlano di uno squallore profondo, di fronte al quale è obbligo morale protestare e ribellarsi.

Comunque, i pensionati che si sono visti diminuire i già ricchissimi assegni mensili, i malati che vedono diminuire le prestazioni sanitarie, i disoccupati alla disperazione, i giovani che ormai, in preda alla sfiducia, non cercano più il lavoro, inizino a spacciarsi per omo-lesbo-trans-bi-tri-sessuali. In questo caso la pubblica amministrazione troverà il modo di assisterli.

3 commenti su “Torino, “Biennale Democrazia”. Ossia, l’ennesimo veicolo di propaganda gender coi soldi dei contribuenti”

  1. La strada imboccata è una strada in discesa: fra non molto ci saranno orgnizzazioni che si batteranno per i “diritti” di coloro che si sentiranno membri di specie non umane (alimentazione GRATUITA a base di carote per chi si sentirà coniglio, gigantesche canne da pesca fornite di enormi ami a cui appendere chi si sentirà verme, fieno GRATUITO per chi si sentirà bovino, ecc.): sembra impossibile? Fino a poco tempo fa anche la situazione odierna era ritenuta impossibile, era difficilissimo perfino da immaginare!

  2. Per ora su certi argomenti si puo’ ancora scherzare,ma non si potra’ farlo ancora a lungo.La ‘teoria del gender’ ha gia’ percorso un lungo tragitto dal famigerato incontro di Pechino di diversi anni fa attraverso tutti i principali organismi internazionali e dei vari stati,Superstato U.E.compreso,non ha incontrato ostacoli (anzi)e presto o tardi approdera’ alla destinazione agognata da tutto il movimento internazionale LGBTQIE: la scuola.Tramite il ciclo elementari-medie-superiori da un lato tenteranno di corrompere le menti dei nostri figli(gia’ per i 0 – 4 anni e’ prevista la ‘scoperta del proprio corpo’)e dall’altro verificheranno la resistenza opposta o meno dai singoli insegnanti.Quando l’insegnamento del ‘gender’ sara’ obbligatorio,quanti saranno i docenti disposti a rischiare il posto?Saro’ pessimista,ma di Nadali ce ne saranno pochi in giro.Per giunta,a livello di Chiesa locale come a Roma non si e’ pensato o fatto ASSOLUTAMENTE NULLA. Ennesima débâcle cattolica in vista?

  3. Passerà, passerà la smania omosessualista. Ce la faranno passare i seguaci di maometto, quando meno ce lo aspetteremo. E allora ci accorgeremo della nostra infinita.stoltezza Ma sarà troppo tardi.

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