Transumano & Transdivino. Anatomia della Grande Allucinazione

È uscito il secondo numero del quadrimestrale mondopiccolo. In questo nuovo appuntamento vengono analizzate le mutazioni in atto nel mondo contemporaneo, dalla musica, all’economia, fino alla bioetica e alla religione, con articoli di Alessandro Gnocchi, Matteo Donadoni, Patrizia Fermani, Elisabetta Frezza, Chiara Gnocchi, Paolo Gulisano, Francesco Lamendola, Marco Manfredini, Roberto Pecchioli, Fabio Trevisan.


Riportiamo integralmente l’articolo di Alessandro Gnocchi con cui si apre la rivista.


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Come un editoriale
UN ALTRO UOMO, UN ALTRO DIO
La gran macchina montata sull’epidemia da Coronavirus svela il progetto un mondo senza significato
in cui l’umanità possa adorare un idolo a sua immagine e somiglianza
di Alessandro Gnocchi

Un editoriale che diventa lungo articolo. O un lungo articolo che diventa editoriale, se preferite. Queste pagine rischiano di portare tutti i difetti dell’uno dell’altro, ma tenteranno di averne almeno qualche pregio: sono pagine di emergenza. Durante la lavorazione di un quadrimestrale, si ha sempre il timore di farsi superare da qualche evento e bisogna calibrare accortamente temi, taglio degli articoli e titolazione in modo che durino più a lungo possibile. Ma c’è evento ed evento. L’invasione nelle nostre vite da parte dell’ormai celebre Covid-19, e soprattutto di ciò che si porta dietro, è di quelli che un quadrimestrale in lavorazione lo rendono carta straccia oppure ne mettono in evidenza l’attualità.

Questo numero di mondopiccolo ci pare che rientri nella seconda ipotesi. Non sta a noi indagare sull’origine e sulle cause del contagio da Coronavirus, ma è nostro compito di intellettuali cercare di comprenderne le implicazioni e, soprattutto, le conseguenze. Non tanto sul piano medico e scientifico, quanto su quello più vasto della nostra vita, che parte dalla mutazione dei costumi per salire fino ai piani in cui si parla di mutazioni in politica, cultura, arte, etica, filosofia, religione. Tutti cambiamenti evidentemente operati in laboratorio e celati solo agli occhi di chi non vuole vedere risultati, laboratori e tecnici all’opera.

“Transumano & Transdivino” è il titolo che avevamo annunciato per questa numero e ci pare che non abbia perso valore, anzi. Tutta la macchina che vive di Covid-19 non è altro che il laboratorio globale in cui il concetto espresso nel prefisso “Trans” viene applicato attraverso un salto di livello da un uomo che non vuole più essere lo stesso di prima. Non vuole più essere vulnerabile davanti a un semplice virus e la sua esistenza si concentra nella sola idea di salvarla. Insomma vuole essere altro da quanto era solo qualche mese fa, vuole transumanare.

Sugli scenari futuri sono già corsi fiumi di parole. Ma sarebbe un errore ipotizzare ciò che, forse, avverrà senza averne comprese le cause. L’analisi dei possibili effetti, assieme alle cause, è quanto troverete nel presente numero di mondopiccolo. Abbiamo mantenuto tutti gli articoli così come li avevamo pensati, scritti e titolati, perché ora sono divenuti persino più chiari e inappellabili. Dalla bioetica alla letteratura, dall’economia alla musica, le tracce del cammino verso il Transumano & il Transdivino sono così evidenti da tempo che non abbiamo fatto altro che seguirle, mostrarle e spiegarle. Cambiano solo l’editoriale e l’articolo di apertura, che devono tenere conto per quanto possibile della cronaca e quindi sono diventati tutt’uno. Eccoli qua.

Quel reazionario di Guareschi non aveva tutti i torti

In una delle sue “Lettere al postero”, nell’aprile 1949, Giovannino Guareschi scriveva: “un giorno ti diranno certamente: ‘Tuo padre fu un reazionario’ e tu non dovrai adontartene perché questa è la sacrosanta verità”. E più avanti diceva: “La vita dell’uomo delle caverne era animalesca e ci vollero migliaia di anni per complicarla e renderla degna dell’uomo, del re del creato. In trent’anni il progresso ha distrutto ogni cosa: ha distrutto la cortesia, il pudore, le favole, l’onore. Ha distrutto la fanciullezza, sta cercando il minimo comun denominatore sessuale, sta pianificando i sapori. Sta distruggendo l’iniziativa privata, la distanza, la personalità, la, poesia, la musica. (…) Sono un reazionario, postero mio diletto, perché mi oppongo al progresso e voglio far rivivere le cose del passato. Ma un reazionario molto relativo, perché il vero bieco reazionario è chi, in nome dl progresso e dell’uguaglianza sociale, vuol farci retrocedere fino alla selvaggia era delle caverne e poter così dominare una massa di bruti progrediti ma incivili”.

Inascoltato come tutti coloro che vedono troppo lontano per i gusti dei loro contemporanei, il vecchio Giovannino aveva intuito che al fondo della cultura moderna vi era la soppressione di Dio e, quindi, dell’uomo. Una meccanica infernale messa in atto dall’uomo stesso, desideroso di non considerarsi più una creatura voluta da Dio e dunque si inventa e adora un dio fatto su misura. Ma il Transdivino, prodotto del Transumano, finisce fatalmente per sfuggire al controllo del suo creatore e per governarne la vita come il più feroce dei tiranni.

Guareschi lo aveva visto con chiarezza e descriveva non senza orrore il progetto di sottrarre alla vita delle persone quanto vi è di imponderabile. Aveva visto inoculare negli uomini il morbo del gesto automatico per estirpare il gusto della libertà, per rendere tutto previsto e prevedibile: per cancellare il senso del rischio al fine di chiudere ogni falla da cui potrebbe rientrare nei cuori il pensiero del vero Dio. Il Nuovo Mondo è fatto per un altro uomo e un altro dio, transmutati fino nella loro essenza.

Il pensiero che non pensa

In fondo, questo è un desiderio antico quanto il mondo, ma non è mai stato così potente e così prossimo alla sua realizzazione come oggi, perché solo nell’ultimo secolo e mezzo lo strumento privilegiato di questa opera al nero è stato affinato. La tecnica, questo “pensiero che non pensa”, nella terribile definizione di Martin Heidegger, ha ormai raggiunto livelli così eterei da dare l’illusione di poter trasformare un atto materiale in un gesto metafisico e creatore.

L’uomo nuovo, transmutato e non più soggetto alle vecchie regole del vecchio creato, è in lavorazione persino oltre le ipotesi del vecchio scientismo positivista. Il transumanesimo annunciato da Julian Huxley nel 1957 come opera della tecnica e del non-pensiero tecnologico ha preso definitiva consistenza. Tanto che, nel 1998, il filosofo svedese Nik Bostrom, ha potuto fondare la World Transhumanist Association, poi nel 2004 l’Institute for Ethics and Emerging e, nel 2005, essere nominato direttore del Future of Humanity Institute di Oxford. Il transumanesimo, spiega Bostrom, è “un movimento culturale, intellettuale e scientifico che afferma il dovere morale di migliorare le capacità fisiche e cognitive della specie umana e di applicare le nuove tecnologie all’uomo, affinché si possano eliminare aspetti non desiderati e non necessari della condizione umana come la sofferenza, la malattia, l’invecchiamento e persino l’essere mortali”.

Per essere un “pensiero che non pensa” ha le idee molto chiare, ma sono vuote, non pensate, appunto, completamente slegate dalla realtà da cui vorrebbero slegare anche l’uomo. Eppure sono merce comune e sonante in qualsiasi angolo del mondo contemporaneo, dal cuore della Grande Mela al circolo pensionati padano, dalle frontiere delle banlieue al salotto buono clericalchic. Hanno congelato i cuori e sequestrato le menti.

The Pope of the pop

Si possono individuare i primi segnali e i successivi svolgimenti in mille episodi, in mille teorie e in mille tendenze, che non datano certo a ieri. Questo numero di mondopiccolo ne è una rassegna ragionata, consapevolmente parziale, anche se ad ampio spettro. Tra i momenti e i personaggi chiave attraverso i quali Transumano & Transdivino si sono manifestati senza più alcun nascondimento e alcuna reticenza, spicca la figura di Andy Wahrol, e per questo abbiamo messo in copertina una delle sue oltre cento rielaborazioni dell’Ultima Cena leonardesca, The Last Supper: l‘uomo e il dio transmutati qui assumono una plasticità inequivocabile nella sua equivocità e inarrestabile nella sua potenzialmente infinita ripetitività. A buon titolo, questo indiscutibile genio della grafica era chiamato the Pope of the pop, il Papa del pop: nei suoi lavori, umano & divino, creazione & riproduzione, arte & banalità si fanno una cosa sola, come nella sua vita si fondono uomo & opera nel dissolversi di ogni confine e di ogni limite.

C’è anche chi accoglie positivamente questo fenomeno leggendolo come gemmazione dell’intima religiosità del Papa del pop, colta nel 1979 nell’emozione di un suo fugace incontro newyorkese con Giovanni Paolo II, il primo Papa pop della chiesa cattolica. E ricorda le radici cattoliche di Wahrol, mai nascoste, anzi esibite come in una delle sue opere nel rosario tenuto sul comodino. La genialità iconoclasta degli anni d’oro del pop, si dice, poteva celebrare il mistero divino solo attraverso un gesto artistico sacrilego che, velatamente, ne celebra la nostalgia.

Ma se Dio viene ridotto a una pop star replicabile all’infinito dall’uomo, ci si è inoltrati ben oltre il territorio del sacrilegio, che presuppone il riconoscimento del sacro, per approdare in un modo novo in cui tutto è profano e, dunque, più nulla è profanabile. Marilyn Monroe e Che Guevara, Mao Tse Tung e Gesù Cristo sono tutti la stessa cosa, dall’essenza effimera e capricciosa attribuita loro dal “pensiero che non pensa” che li ha “non-pensati”.

Snobismo macchinale e transestetica

Nel suo celebre saggio titolato Il delitto perfetto, Jaen Baudrillard definisce “snobismo macchinale” questa esplicita rinuncia a prendere atto della realtà e a pensarla, che è il nucleo più intimo dell’opera di Warhol. Nel capitolo intitolato appunto “Lo snobismo macchinale”, l’artista, o non-artista, americano assume le sembianze di “macchina assoluta” capace di mettere in scena, quasi creare, “l’estasi negativa della rappresentazione”, esito ultimo della visione baudelairiana dell’arte intesa come merce e, quindi, soggetta a decadenza.

Il “feticismo radicale” espresso dalla ripetizione ossessiva di un’immagine, tipica dei lavori di Warhol, rende tutto fittizio. Scompaiono l’artista e la sua arte, ma scompare anche l’oggetto, ridotto a feticcio e simulacro grazie alla tecnica intesa come fonte di “illusione radicale”, “pensiero che non pensa”, direbbe Heidegger.

È l’era della transestetica, in cui l’immaginazione muore “per overdose di immagini” e la cultura rinuncia a dare un significato alla realtà rifugiandosi nel vano tentativo di significare ciò che non ha senso. Dopo l’orgia di liberazione praticata cielo aperto nei bordelli della modernità, rimane solo spazio per la simulazione, che in fondo è rinuncia. L’arte tramonta a causa dell’infinità possibilità di replicarsi grazie alla tecnica, al concetto della fotocopia. Dice Baudrillard con una felicissima immagine che siamo giunti al “grado Xeros della cultura”. La transestetica, in fondo, non è altro che la rappresentazione pubblica della transumanità e della transdivinità, di cui è arduo trovare una rappresentazione più efficace di The Last Supper.

Il pastore che profuma di cashmire

Per andare oltre bisogna attendere una trentina d’anni, ma rimanere sempre sulla scena newyorkese, dove, con grande concorso di alto e basso clero, è andato in scena quel festival del travestitismo che è stato il Met Gala del 7 maggio 2018. Organizzato dal “Metropolitan Museum of Art” di New York in collaborazione con Vogue US, è l’evento mondano più atteso dal fashion system internazionale e ogni anno è dedicato a un tema diverso. Quello in questione è stato particolarmente “diverso” e lo si intuisce fin dal titolo: Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination (Corpi celestiali: la moda e l’immaginazione cattolica). Abiti e paramenti sacri forniti dal Vaticano grazie ai buoni uffici, in primis, del cardinale Gianfranco Ravasi sono stati posti “in dialogo” con le creazioni di Coco Chanel, Donatella Versace, Jean-Paul Gaultier, Dolce&Gabbana, John Galliano, Cristóbal Balenciaga et similia. Sul red carpet, hanno sfilato, tra gli altri, la papessa Rihanna con mitra e spacco vaginale, Jared Leto in stile Cristo barocco, Jennifer Lopez in abito cruciforme, Madonna sacerdotessa blasfemo-chic, Sarah Jessica Parker con un presepe in testa, Lily Collins piangente come una Mater Dolorosa.

Sua eminenza Timothy Dolan, cardinale arcivescovo di New York, ha evitato la passerella, ma, fedele al principio di stare con un piede in sacrestia e l’altro nel bordello, si è presentato volentieri al ricevimento di apertura e ha posato sorridente con la padrona di casa, Anna Wintour, in un bianco papale Chanel, accompagnata dalla figlia Bee in rosso Valentino. Sorrisi ammiccanti e strette di mano si sono sprecati in una luciferina atmosfera rossa, in mezzo a comparse che agitavano rosari, brandivano croci, reggevano pochette a forma di pisside. Insomma, una nuova frontiera della strategia pastorale, con tanto di imprimatur del cardinale Ravasi, il quale ha glossato per i non addetti ai lavori: “La selezione offerta dalla mostra è marcata da un’indubbia qualità sontuosa: essa è stata esaltata nell’epoca barocca, ma è rimasta nell’ornamentazione liturgica dei secoli successivi. Si voleva, così, per questa via proclamare la trascendenza divina, il distacco sacrale del culto dalla ferialità quotidiana, lo splendore del mistero”.

Empietà clerical fashion

Se Baudrillard riscontrava nella pop art degli Anni Settanta e Ottanta, e massimamente nell’opera di Warhol, l’incapacità di trovare un contenuto adatto al proprio linguaggio con la conseguente condanna all’insignificanza, bisogna riconoscere che il Met Gala 2018 ha mostrato per quale via uscire dall’impasse e transignificare l’umano e il divino. L’operazione, per quanto abbia coinvolto prelati di altissimo rango, non va posta in capo a una cupola che ha di mira la semplice deriva spirituale, dottrinale morale all’interno della chiesa romana. Quella, ormai, è preistoria. Il futuro prossimo, ma si può dire l’oggi, sta nell’elaborazione di un culto buono per il mondo transmutato, oltre ogni fede, confessione o interesse religioso, nella costruzione di un nuovo tempio in cui Transumano & Transdivino si possano incontrare.

Poco dopo l’evento newyorkese ho avuto notizie di prima mano da una giornalista di moda che se ne è occupata direttamente fin dalla preparazione. Ne ho già parlato altrove e penso sia utile qui riportare quanto ci siamo detti, durante un suo viaggio in Italia. Ciò che mi stava più a cuore era capire come si sono trovati gli uomini di chiesa nel mondo della moda che conta? “Guarda che sono molto più a loro agio di quanto tu possa immaginare. Non so come vediate le cose voi cattolici, ma secondo me avete in mente una chiesa che non esiste. Non toccherebbe a me dirlo, ma penso che dobbiate aggiornarvi, si dice così, mi pare. Se c’era qualcuno di veramente mondano in tutto quello spettacolo sono stati proprio i sacerdoti che hanno seguito tutta l’organizzazione e quelli che hanno partecipato sulla ribalta e dietro le quinte. Non ho notato nessuna differenza tra loro e, che so? Rihanna, Jared Leto, Jennifer Lopez, Madonna… Lo stesso piacere per la trasgressione chic, per il travestimento… Non saprei come dire meglio… Ecco, sì, nel dare un significato diverso agli abiti che si portano”. Nel profanare, quindi… “Se capisco bene quello che dici, penso di sì, ma per me è positivo. Io penso che l’uomo intelligente e colto abbia il compito di dissacrare. Che cosa è la moda se non questo? Imporre un’abitudine, un comportamento e poi mutarlo a proprio arbitrio”. Invertire? “Se il termine ti rende tutto più chiaro, sì, invertire, capovolgere, ma abusando del potere che si ha in mano”.

Il Transdivino è la scimmia del Transumano

Questa non è la semplice manifestazione di un problema interno a una chiesa, è il disvelarsi di un disegno che ha come fine la transmutazione universale del concetto di uomo e di Dio: erga omnes e extra muros. L’opera è destinata a rimanere vuota perché nega fin dal principio la realtà, unico contenuto possibile di un vero pensiero, ma è proprio dal nulla che trae la forza della sua paradossale presa su un mondo fatto di sogni e bisogni.

Nella Mistagogia di San Massimo il Confessore c’è un passo che pare scritto proprio per spiegare come questo “pensiero che non pensa” pensiero abbia infine trovato come via di accesso al mondo le devianze della chiesa romana. Si tratta del quarto capitolo, quello in cui l’edificio della chiesa viene paragonato alla struttura dell’essere umano: “E ancora, la santa chiesa di Dio è come l’uomo: ha per anima il santuario, per intelletto il divino altare e per corpo la navata essendo, in quanto è a immagine e somiglianza dell’uomo, che creato a immagine e somiglianza di Dio. Essa presenta attraverso la navata, come attraverso un corpo, la filosofia morale; espone spiritualmente attraverso il santuario, come attraverso un’anima, la contemplazione naturale e manifesta, attraverso il divino altare come attraverso un intelletto, la teologia mistica. A sua volta, l’uomo è una chiesa mistica. Attraverso il corpo, come attraverso la navata, fa brillare virtuosamente la facoltà pratica dell’anima grazie alla filosofia morale. Attraverso l’anima, come attraverso il santuario, offre a Dio i logoi della percezione sensibile, separati dalla materia in totale purezza di spirito grazie alla ragione, per la contemplazione naturale. Attraverso l’intelletto, come attraverso l’altare, invoca il silenzio della grande voce invisibile e sconosciuta della Divinità, celebrata nel Santo dei Santi, con un silenzio loquace e fragoroso. E per quanto all’uomo è concesso, grazie alla teologia mistica, vive con presso la Divinità e diviene come dev’essere colui che è stato giudicato degno della visita di Dio ed è contraddistinto dal suo segno con i suoi fulgidissimi splendori”.

Basta entrare in qualsiasi chiesa cattolica del giorno d’oggi, di nuova costruzione o semplicemente adattata al nuovo rito, per comprendere che più nulla è al suo posto. Tutto è stato capovolto, invertendo l’immagine dell’uomo e della divinità. Ma l’edificio rimane pur sempre un tempio e, in un tempio, viene celebrato un culto, e qui sta qui il problema: dove non viene adorato il vero Dio rappresentato secondo la sua vera immagina, si adora la sua scimmia rappresentata secondo la sua immagine capovolta, inventata e replicata enne volte dall’uomo.

6 commenti su “Transumano & Transdivino. Anatomia della Grande Allucinazione”

  1. Per stare a questi nostri ultimi nefasti giorni, cosa dire degli orribili riti in cui il Pane del Cielo viene trattato quasi Lo si considerasse veicolo di pestilenza? Quello distribuito con guanti imbrattati o con stravaganti pinzette non è più per loro (per i distributori, intendo) un sacra Cibo da adorare, ma quasi qualcosa di cui aver timore o addirittura vergognarsi. Un rovesciamento di prospettiva, insomma, invertendo l’immagine dell’uomo e della divinità, come ben dice il nostro acutissimo Gnocchi. Non si celebra qui più un culto che adora Dio e ne sostiene i diritti, ma il culto dell’ “uomo salutare” (‘se così si potesse dire) cui deve tassativamente sottostare persino la stessa Divinità. È normale quindi che fior fior di porporati si siano mossi a loro perfetto agio fra luciferine e sacrileghe sfilate cui essi stessi compiacenti hanno dato il loro generoso contributo. Gli eventi (di ogni specie) danno sempre la misura del rapporto dell’uomo con Ciò che lo trascende. È per questo che ultimamente in quest’ottica capovolta, gli stessi soggetti sono quelli propensi a tirar fuori dalle fiamme infernali quello sciagurato cui piacque adorare i trenta denari: gli somigliano così tanto.

  2. Giorgio Lo Giudice

    Una utilissima analisi che aiuta a comprendere quanto sta accadendo ai nostri giorni. Ma soprattutto ci mostra come tutto non sia iniziato ieri o l’altro ieri. Interessante anche il fatto che non venga ricondotto tutto alla sola crisi della chiesa ma che si analizzi un ambito culturale e sociale più ampio. A mio avviso la chiesa cattolica non ha fatto altro che seguire la corrente invece che guidarla.

  3. Alessandra Canalis

    Mi ha sempre colpito la cosiddetta cultura pop per quel suo modo di semplificare il mondo in maniera da poterlo rifare a proprio piacimento. Penso anche io che la figura di Andy Wahrol sia un cardine di questa operazione. Molto interessante.

  4. Se non mi sbaglio Andy Wahrol fu invitato a Milano per una mostra sui suoi diversi rifacimenti dell’Ultima Cena. Ed erano presenti con grande compiacimento i custodi dell’originale: i frati domenicani. Non c’è niente da aggiungere, mi pare tutto chiaro.

    1. Tiziano Lissandron

      Il tutto si può riassumere nella scontatissima frase : ” l’importante è la salute ” , fisica… Frase talmente banale da risultare stupida . Il prete si disinfetta le mani perché sai , crede che Dio lo protegga , ma non si sa mai …
      Il chierico funzionario , prono ai dettati del mondo , attore coprotagonista di una messinscena che sterilizza il Sacro .
      Ho un’ amica che giace a letto ammalata da vent’anni . Quando la vado a trovare , devo forse dirle che l’importante è
      la salute ?

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