Travestiti riflussi del modernismo. Dai poveri secondo il Vangelo ai poveri secondo il buonismo – di Piero Vassallo

… è evidente che la Chiesa cattolica ha un mistico fondamento nella povertà dei santi nascosti in Dio, mentre ha il dovere di soccorrere la povertà materiale senza giudicare gli eventuali vizi del povero. Disgraziatamente la confusione delle due povertà circola fra i neomodernisti ed ispira teologiche acrobazie, aperture al culto del trasgressore abituale e perfino concessioni al malavitoso.

di Piero Vassallo

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Ebbe origine il modernismo dallo spavento teologico generato dalle mitologie laiche, in deliziosa/fulminante circolazione tra la fine del beato XIX secolo e il trionfale inizio del secolo sterminato.

 I modernisti di prima generazione vissero con cuore bifido e agitato l’angoscia da sorpasso e cercarono, in qualche modo, di allontanare la Chiesa cattolica dall’armoniosa tempesta sollevata dalle sentenze dei vincitori presunti ma cantanti e gaudenti.

 La voce dei nuovi profeti declinava i messaggi della storia invincibile/incombente: “dopo Kant la metafisica è impossibile”, “Hegel dimostra che Dio si identifica con la storia e con il pensiero degli uomini”, “Comte annuncia l’era della scienza trionfale e felice”, “Bergson enumera le ragioni dell’evoluzione creatrice”, “nel balletto Excelsior la luce elettrica allontana le tenebre cattoliche” ecc.

 Al suono del can-can sanguinario, sulla luminosa scena irruppe il socialismo reale e robusto.

 I modernisti più avanzati e accorti, Alfred Loisy ed Ernesto Bonaiuti, ad esempio, aderirono processionalmente al canto di Bandiera rossa.

 Se non che l’ostinazione della Chiesa gerarchica non approvò neppure uno degli acrobatici passaggi  modernistici, anzi sconfessò e spretò gli animosi e gli impazienti, lasciandoli alle proverbiali braghe di tela.

 Per far avanzare l’edificio ecclesiastico verso il mondo moderno fu necessaria una nuova e più sottile ingegneria del conformismo.

MaritainSulla cattedra dell’aggiornamento salì  il mutante Jacques Maritain, cauto inventore di un umanesimo integrale,  nebbiogeno e sdrucciolevole.

 Interprete politico della filosofia maritainiana, l’impavido Alcide De Gasperi scriveva:

Quale può essere l’immagine prospettica di un cristianità nuova? Essa corrisponderà non più ad una concezione sacra, ma ad una concezione profana cristiana del temporale e si fonderà su di un umanismo integrale teocentrico”. 

 Poco più avanti il pio statista trentino rispondendo alla domanda sul natura della nuova cristianità, precisava (con perfetta acrobazia) che

se non potrà più essere, come nel medio evo, la realizzazione per mezzo dell’uomo di un’opera divina sulla terra, sarà almeno la  realizzazione di un’opera umana da attuarsi sulla terra per il passaggio di qualche cosa di divino[1].

 Prima con circospezione, in seguito rumorosamente i neomodernisti di parrocchia diedero inizio alla stagione delle aperture al pensiero moderno, che, sosteneva il Beato Giovanni XXIII, stava correggendo i suoi errori … nell’arcipelago Gulag .

 Sessantotto: trombe, inni alla felicità incombente, stormir di bandiere,  allegri lanciatori di bombe Molotov, boy scout festanti e sculettanti, preti di dialogo e di avventura, monache d’assalto, diluvio di teologie nuove e di antichi deliri.

 All’improvviso cadde il muro di Berlino e i figuranti cattolici si resero conto che il Moderno era uscito di scena per sempre.

 Il mondo, oggetto di incaute ma gaudiose esplorazioni paracattoliche, si era rovesciato nelle tossiche malinconie del Postmoderno e della filosofia secondo Heidegger e i francofortesi.

 Il cardinale Joseph Ratzinger tentò di svegliare i dormienti cattolici annunciando l’avvenuto deragliamento: “Non molto tempo fa un’espressione come mestizia di questo mondo appariva oscura, anzi irreale, ché sembrava che i figli di questo mondo fossero molto più allegri dei credenti. Oggi che le promesse della libertà illimitata sono state guastate completamente, incominciamo a comprendere di nuovo l’espressione mestizia di questo mondo”.

 Smaccati ma non domati i neomodernisti arretrarono, attestandosi sulla nuova, vaga e ultima linea di difesa: il buonismo indirizzato ai poveri.

 Va da sé che i poveri esibiti sull’ultimo e disperato palcoscenico modernista sono oggetto di un’abile e inavvertita flessione teologica.

 Il buonismo, infatti, abbassa la povertà spirituale (“impossibile presso gli uomini, possibile presso Dio” Mt. 19,26) appiattendola sull’indigenza materiale o addirittura sulla miseria dei viziosi e dei deragliati.

 don galloOra è evidente che la Chiesa cattolica ha un mistico fondamento nella povertà dei santi nascosti in Dio, mentre ha il dovere di soccorrere la povertà materiale senza giudicare gli eventuali vizi del povero.

 Disgraziatamente la confusione delle due povertà circola fra i neomodernisti ed ispira teologiche acrobazie, aperture al culto del trasgressore abituale e perfino concessioni al malavitoso.

 La teologia d’avanguardia si trasforma in piattaforma della baldoria. Elaborazione paolina, la redenzione per mezzo della Croce è sostituita dalla redenzione per mezzo dell’indulgenza a priori. La pia gazzarra ai funerali di don Andrea Gallo, infine, rappresenta la modernizzazione del povero e l’esemplare miseria della teologia dei Mimì.

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[1]   Cfr.: “I cattolici all’opposizione”, Laterza, Bari 1955, pag. 373 e 375.

4 commenti su “Travestiti riflussi del modernismo. Dai poveri secondo il Vangelo ai poveri secondo il buonismo – di Piero Vassallo”

  1. lucianopranzetti

    Una critica come al solito efficace, cruda e veritiera. Colgo l’occasione per definire ancor di più il profilo di Alcide De Gasperi, colui che, nei programmi neomodernisti, sarà un beato. Come riportò Benigno Zaccagnini ( Il Borghese 3/9/1975), in un discorso del 1944 non ebbe remore a paragonare Cristo a Marx in nome della comune origine israelita, dell’ispirazione internazionalistica, del messianismo e dello spirito di rivolta contro lo stato.
    Luciano Pranzetti

  2. Giorgio Rapanelli

    Con piacevole sorpresa e speranza leggo, e a volte lascio un commento, ciò che scrivete. Sono demoralizzato. Ho lasciato la Chiesa con il “Signore Dio degli eserciti” e la ritrovo in un campo di battaglia al suo interno. Non ho mai creduto a Satana per quaranta anni, e neanche nei dieci in Scientology, poiché le nefandezze umane Scientology le fa derivare dall’inconscio individuale e non da Satana. Con la Teosofia ho scoperto e sperimentato un mondo spirituale invisibile di entità positive e negative. Oggi, comincio a pensare che forse esiste Qualcuno più in Alto che sta corrompendo l’Umanità e la Chiesa stessa. E se c’è Lui, ci sarà il suo opposto, l’Arcangelo Michele… Con lupi che quaggiù si camuffano da agnelli… Dovete dire ai fedeli cattolici chi essi sono. Onde non rimanere nella confusione.
    La Chiesa sta pagando secoli di opportunismo, di ruberie e di scandali. Mi diceva don Primo Piccioni, un santo prete tradizionalista: “Non ci siamo riusciti noi preti a distruggere la Chiesa e non sarete voi marxisti a poterla distruggere”. Lo credo… Ma a quali costi di sofferenza interiore per i fedeli del Cristo…
    Ho, per grazia dello Spirito Santo, trovato Riscossa Cristiana che mi “orienta”, come un tempo facevo con “L’Unità”, è mi sento meno solo e frastornato.

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