Una lecita domanda al parroco padovano (e a quelli come lui): “Ma lei in Dio ci crede?” – di Giovanni Lugaresi

di Giovanni Lugaresi

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Sulla vicenda del parroco padovano di San Lazzaro, don Andrea Contin, con orge, violenze, filmini, secondo le accuse e la denuncia della sua (o di una sua?) ex amante, lo strascico inevitabile non è soltanto quello delle cronache giornalistiche che seguono gli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria. Ci sono anche le trasmissioni televisive di cosiddetto approfondimento, con esperti, altri preti, voci di parrocchiani, eccetera eccetera.

In una di queste trasmissioni si è anche visto-sentito uno spezzone di una trasmissione dell’emittente Telechiara, portavoce delle diocesi del Triveneto (almeno fino a poco tempo fa… non siamo aggiornati sull’attuale realtà societaria-proprietaria dell’emittente), riferito a una intervista al suddetto prete, presentatosi ovviamente in quell’abbigliamento diffusissimo e ormai accettato da tutti (in primis le autorità ecclesiastiche): camicia aperta sul collo, giacchetta… non d’ordinanza, in più, una folta criniera capelluta ben vaporosa, indice, il tutto, di un voler non apparire per quel che si è: preti, per l’appunto… Per vanità? O per dimostrare di essere come tutti gli altri?

Ma il sacerdote (e come bene lo ribadiva don Mazzolari in quel profondo, forte, coinvolgente “I preti sanno morire”!) non dovrebbe essere “testimone delle cose sperate”? E la testimonianza non dovrebbe essere data innanzitutto presentandosi in… uniforme e coi segni tipici (anche nell’abbigliamento, appunto) dell’identità sacerdotale?

Ma quello che ci ha procurato particolare disagio è lo stile, il tono, di queste interviste (non soltanto quella a don Contin nella fattispecie) tutte latte e miele, con sorrisi, domande e domandine compiacenti, se non ammiccamenti e uno scontato (anche se non apertamente dichiarato, ma palpabile, fra le righe): ma come è bravo, bravissimo, questo personaggio. Mancherebbe soltanto un: santo subito, anche se il personaggio è ancora vivo!!!

Ci fosse uno, diciamo uno, fra i tanti intervistatori, che chieda, magari con un tono deciso, magari a mo’ di premessa alle altre domande, ma Lei ci crede in Dio? Crede nel bene e nel male? Il peccato esiste ancora? Crede nel valore della preghiera e della penitenza?

Questa era la polemica domanda: “… ma Lei in Dio ci crede?”, che il convertito Giovanni Papini pose la volta in cui si trovò a discutere con un certo sacerdote che gli appariva piuttosto tiepido, di poca, se non pochissima, fede.

Ecco, sarebbe da approfondire questo tema, cioè se nel clero ci sia veramente la fede, perché se in Dio si crede veramente, ne consegue una serie di atteggiamenti, di comportamenti, di espressioni, anche formali, di segni, gesti, che a Dio sono rivolti, a Lui si rapportano: all’insegna dell’umiltà, della consapevolezza di essere, appunto, “testimoni delle cose sperate” – non della socialità, della mondanità, della politica, dell’economia. Insomma, si occupano di anime o di altro, tanti preti del giorno d’oggi?

E a tal proposito, è sempre indicativo il colloquio di don Camillo con il Cristo crocefisso dell’altar maggiore della sua chiesa, dopo la sconfitta della Gagliarda, squadra di calcio della parrocchia, subìta da parte di quella di Peppone.

Don Camillo, sragionando, perché accecato dalla passione di tifoso, chiede al buon Dio perché non abbia fatto vincere la sua squadra. E la voce del Cristo crocefisso prontamente ad affermare che ventidue sono le gambe dei giocatori della squadra di don Camillo, altrettante quelle dei giocatori della squadra di Peppone, ergo: “… Io mi occupo di anime, non di gambe!”. Fa sorridere, la battuta, ma come in tante altre espressioni che Guareschi mette in bocca al suo Cristo, dietro la battuta c’è una profonda verità. Che ai fini del nostro discorso calza a pennello: il bene delle anime…

Non a caso, vecchi genitori non soltanto di chi scrive, ma di più generazioni di credenti, insegnavano: “Signore, fa’ che cresca sano/a di anima e di corpo”, invocazione riferita ai bambini. Erano genitori o nonni che di teologia sapevano poco o punto, che avevano fatto magari soltanto le scuole elementari, nelle cui tasche non c’era tanto denaro, ma che avevano ben precisa l’idea di come si dovesse pregare e nella invocazione al buon Dio che cosa si dovesse chiedere: in primis il bene dell’anima. Ma erano cristiani di viva fede, anche perché formati da preti di grande fede!!!

Non meraviglia, allora, tornando all’episodio, al fattaccio, di Padova, che ci siano parrocchiani che giustifichino il (presunto) porno-prete.

“E’ un uomo anche lui… Era simpatico… Ci aiutava… Accoglieva i giovani…” e via sull’onda di queste note.

Chissà se quel prete e altri confratelli insegnavano (insegnano) ai genitori delle parrocchie a dire rivolti al Signore che i loro figli “crescano sani di anima”, in primis, e poi “di corpo”…

Per parte nostra siamo pienamente convinti della opportunità, se non necessità, che si torni all’invocazione di Leone XIII:

Sancte Micahel Archangele,/ defende nos in proelio;/ contra nequitiam et insidias diaboli esto/ praesidium./ Imperet illi Deus,/ supplices deprecamur: tuque,/ Princeps militiae celestis,/ Satanam aliosque spiritus malignos,/ qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,/ divina virtute in infernum detrude”…

La preghiera-esorcismo veniva recitata, giusta l’indicazione di quel pontefice, alla fine della “vecchia messa”. Poi, già nella riforma di Giovanni XXIII sparì, ma non era sparito certamente Satana, il cui fumo (come avvertì Paolo VI) sarebbe entrato nella Chiesa e non pare sia stato dissipato, anzi.

Forse verrà il tempo di riprendere quella invocazione; anzi, è già tempo. Noi, da laici, la ripetiamo quotidianamente. Se lo facessero anche i preti, a incominciare dai vescovi?

18 commenti su “Una lecita domanda al parroco padovano (e a quelli come lui): “Ma lei in Dio ci crede?” – di Giovanni Lugaresi”

  1. La recito tutti i giorni la preghiera a San Michele Arcangelo, sia dopo la Santa Comunione, che alla fine del rosario. E ancora non riesco a farmi una ragione di quell’infausto decreto datato 26 settembre 1964, quando sotto il pontificato di Paolo VI con l’istruzione “Inter oecumenici” n. 48§1 venne stabilito: “Le preghiere leoniane sono soppresse”.
    Questa decisione dispiacque molto a P.Pio che non la condivise affatto, tanto che fino alla sua morte nel 1968 continuò a recitarla tranquillamente.

  2. Cesaremaria Glori

    Caro Lugaresi, ha ragione. Il gregge è come lo forgia il pastore e se oggi le pecore non vengono più all’ovile…. ce lo spiega Trilussa: Che sono a fa? – diceva una campana -/ se la gente invece d’entrà drento s’allontana/ na’ vorta appena davo un tocco / la chiesa era già piena/ ma adesso ho voja a fa la canoffiena/ pe’ chiamà li cristiani cor patocco/ Se l’omo che me sente nun
    me crede/ che diavolo dirà Domineddio?/ Dirà ch’er sono mio/ nun è più bono a risvejà la fede/ NO! la raggione te la spiego io/ – je disse un angeletto / che stava in pizzo ar tetto/ Nun dipenne da te che nun sei bona, / ma dipenne da l’anima cristiana/ che nun se fida più de la campana/ perché conosce quello che la sona.
    NB: la canoffiena è l’altalena.

  3. Caro Giovanni, sono contenta che abbia citato la preghiera dei vecchi genitori perchè anch’,io, per i miei tre nipoti, invoco il Signore:”Fa che crescano sani nell’anima,
    nel corpo e nella mente”.
    Pienamente d’accordo anche per l’invocazione all’Arcangelo S.Michele: mai come ora abbiamo avuto bisogno del suo aiuto!

  4. Benedetta de vito

    Caro Giovanni,
    prima ti leggevo su un quotidiano (dove scrivevo anche io) ora qui e mi sei di conforto in questi tempi così difficili.
    Ciao Benedetta

    1. Non dimentichiamo di pregare per le parrocchiane. Sappiamo tutto di Don ( ex ) Contin, e tra poco andranno ad intervistare i compagni di classe delle elementari.
      Ma questa parrocchiana ( o parrocchiane ) che persona è ? Ha fallito il primo matrimonio…ed ha sedotto un sacerdote che camminava già in bilico sull’orlo delle tentazioni ? .. Contin ha tradito tutto quello che si poteva tradire.. ma la parrocchiana non è tanto da meno.. Cosa ci andava a fare in canonica ? Non era obbligata a rispondere ai messaggi.. poteva cambiare parrocchia.. era liberissima di fare qualunque cosa…. non vivevano sotto lo stesso tetto.. Io non riesco a bere volentieri la storiella della parrocchiana ingenua. Se vi sembra ingenua quella che si è fatta riprendere dalle reti Mediaset ed ha rilasciato una intervista.. dove a far brutta figura è soprattutto lei.. dicendo al primo incontro CON CONTIN che avrebbe potuto fare la prostituta..
      Ma sono cose che non si dicono per scherzo agli sconosciuti e manco che manco ad un prete che fino a prova contraria TU NON POTEVI NEMMENO IMMAGINARE COSA FOSSE.

  5. luciano pranzetti

    Uno scandalo multiplo: quello di (don) Contin e quello di quanti – giornali, tv – ci hanno inzuppato il pane con autentica foja guardona. Ammonisce Isaia: “Chi potrà abitare nel fuoco divoratore? Chi cammina nella giustizia e parla secondo verità. . .chi ritira le mani da qualsiasi dono, chi si tura le orecchie per non ascoltare fatti sanguinarii e chiude gli occhi davanti all’iniquità” (38, 15). In quanto al fumo di Satana, che Paolo VI affermò essere entrato da qualche fessura della Chiesa, c’è da osservare che, ad es., la riforma della santa Messa, quella dei seminarii, quella della liturgia, tacendo delle altre, sono state vere e proprie brecce più che fessure talché, con simile constatazione, Paolo VI da piromane ch’è stato,s’è voluto presentare come pompiere

  6. “Non a caso, vecchi genitori non soltanto di chi scrive, ma di più generazioni di credenti, insegnavano: “Signore, fa’ che cresca sano/a di anima e di corpo”, invocazione riferita ai bambini.”

    Grazie caro amico: non la ricordavo proprio più’ … ora so che chiedere al Signore!

  7. E’ noto che la massoneria fa entrare nei seminari anche dei giovani che non hanno alcuna vera vocazione sacerdotale, proprio per creare dei falsi preti che poi in seguito, col loro comportamento negativo, screditeranno la chiesa agli occhi dei fedeli e del mondo.E’ tutto un disegno diabolico che ha per scopo la distruzione della chiesa cattolica anche dall’interno e va avanti da secoli.

  8. ” Tu affermi di voler essere buona con quelle che sono buone e dolce con quelle che sono dolci; e non appena qualcuno ti contraddice, ecco che perdi il controllo. In tal modo ti comporti come i pagani di cui si parla nel Vangelo.” Al contrario:” Fate del bene a quelli che vi odiano, pregate per coloro che vi perseguitano” Essere buoni con quelli che ci fanno del bene fa parte della saggezza umana non c’è niente per Dio”. ” Pregare per i sacerdoti significa fare il commercio all’ingrosso, poiché attraverso la testa raggiungeva le membra” Santa Teresa di Lisieux. Preferisca dare soddisfazione agli altri che a se stesso e così non avrà invidia né spirito di proprietà nei confronti del prossimo. Ciò va inteso nei riguardi della perfezione, poiché Dio si irrita grandemente con coloro che antepongono il suo beneplacito a quello degli uomini. Solo Deo honor et gloria. San Giovanni Della Croce

  9. Rammento a tutti gli scriventi: le preci leonine erano state prescritte al termine della S.Messa ma non sono riservate alla sola celebrazione del S.Sacrificio; se ne deduce che il credente che desidera recitarle nella loro versione tradizionale (3 Ave, Salve Regina, Ora pro nobis, Deus refugium, sancte Michael archangele, 3 Cor Iesu) non ha limiti o divieti.

  10. A cominciare dai Vescovi?????

    Cominciamo a farla ai vescovi la domanda fatidica: Ma Lei Eccellenza a Dio ci crede? E nò perché non sono mica solo i preti a vestire e vivere
    come il padovano, è solo che lui lo hanno beccato… ha esagerato… oppure è fesso.

    I vescovi oramai vanno in giro come dei poveracci, sembrano autisti atac, oppure postini di mezza età, sciatti, dimessi, al massimo potrebbero passare per professorucoli
    di storia e latino prossimi alla pensione…. a meno che non decidano di avviare la svolta “frizzante/giovanilista” per fare un giro in bici in presbiterio….. o organizzare flash mob.

    .. ripeto, prima di chiedere ai preti chiedete ai vescovi e ai cardinali e al punto in cui siamo chiediamo pure all’argentino con le scarpe lise da quattro soldi e il cocalero a tracolla.

    Orami una cosa sola è chiara: lo sbrago!!!!

    1. L’obbligo dell’abito ecclesiastico per i preti (quindi compresi i vescovi e cardinali) è ancora vigente essendo state emanate nel 1994 direttive esplicite nel «DIRETTORIO PER IL MINISTERO E LA VITA DEI PRESBITERI» dalla Congregazione per il Clero, con specifica approvazione, indicata in calce, del Papa allora regnante ( http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cclergy/documents/rc_con_cclergy_doc_31011994_directory_it.html ). Non ci sono altri documenti che contraddicano tali direttive, che al paragrafo 66 hanno come titolo proprio «OBBLIGO DELL’ABITO ECCLESIASTICO», sperando che nonostante l’imperversare della neolingua il termine «OBBLIGO» conservi ancora il significato originale.
      Quel documento peraltro, è di un’importanza enorme per tutta la vita di un prete, i suoi comportamenti ed il suo agire, ma penso che nei seminari sia del tutto sconosciuto. Io penso che tra molti giovani preti, ben intenzionati ma fuorviati fin dall’inizio, se studiassero con attenzione i vari paragrafi del documento, alcuni di essi ritroverebbero la giusta via per l’esercizio della loro missione.

      1. Infatti mi pare che sia abbastanza chiaro, quando si afferma
        ” Per questa ragione, il chierico deve portare « un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza episcopale e secondo le legittime consuetudini locali »,(213) Ciò significa che tale abito, quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici, e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero. La foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi, sempre in armonia con le disposizioni del diritto universale.

        Per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non si possono considerare legittime consuetudini e devono essere rimosse dalla competente autorità.(214)

        Fatte salve situazioni del tutto eccezionali, il non uso dell’abito ecclesiastico da parte del chierico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa.(215)
        Ma si sa, che oggi bisogna stare al “passo dei tempi”, nel senso che, è meglio non farsi riconoscere.

  11. Don Contini, prima di essere prete, faceva il politico!!!!!!!!( è stato assessore al suo Comune) è evidente che in costui non c’è nessuna autentica vocazione!
    Ha fatto i suoi “calcoli” e chissà dal suo punto di vista e di quello del Demonio, per le sue porcherie,gli è convenuto di più seguire ..Satana, altro che Cristo nostro Signore.
    E Omissis non dice nulla?!
    ah già lui liquida solo i Francescani dell’Immacolata, servi fedeli di Cristo.

    1. Ma chissà, cara Vittoria, che un giorno “liquidino” anche lui. Ricordiamoci delle parole di Fra Cristoforo “verrà un giorno…”, il giorno del redde rationem, del quale sembra infischiarsene, il nostro, forse sperando nella protezione della massoneria e dei poteri forti anche nell’al di là. Beato lui, se la pensa così…

  12. luciano pranzetti

    “Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?” afferma e si domanda Marco Lombardo (Purg. XVI, 97). Le norme ci sono, e chiare, ma sono gli stessi vescovi a disattenderle. Li vedi in camiciola, maglietta, pantaloni similjeans. Pertanto non sorprende che i giovani sacerdoti si vestano all’uso borghese.

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