Uno scisma di fatto. Lettura socio ecclesiale circa il problema tedesco (seconda e ultima parte) – di p. Ariel S. Levi di Gualdo

di p. Ariel S. Levi di Gualdo

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LA LITURGIA CUORE ECONOMICO DEL POPOLO DI DIO. LE CHIESE VUOTE DEI LITURGISTI CREATIVI, LE CHIESE DEI TRADIZIONALISTI COLME DI GIOVANI. STORIA DI UNA BANCAROTTA FRAUDOLENTA.

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foto  2

padre Ariel S. Levi di Gualdo presso il parco botanico di Monaco di Baviera

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Dall’Opera: E Satana si fece Trino:

marx (1)Se i grandi economisti dissertano tra loro sui movimenti e sulle strategie future di mercato, la popolazione li lascerà a lambiccarsi i cervelli nei salotti della ricerca scientifica, senza che nessuno se ne curi, dall’operaio all’imprenditore. Ma se le loro speculazioni scientifiche si mutassero da sperimentali in situazioni di grave danno al mondo bancario e dell’alta finanza ponendo il paese a rischio bancarotta, presto insorgerà l’intera popolazione lesa nei suoi interessi e nelle proprie vitali sicurezze.

La grande massa dei fedeli, ovvero il Corpo Mistico della Chiesa, non è interessata alle grandi discussioni teologiche, capaci a rapire solo un pugno di dottori ignoti al grande pubblico cattolico; la massa non conosce nemmeno il nome dei più importanti teologi del Novecento, figurarsi le loro complesse teorie. I fedeli sanno che nella Chiesa c’è stato il Concilio Ecumenico Vaticano II. Se a loro chiediamo cos’è nato da questo concilio, nessuno risponderà citando i suoi principali documenti; nessuno farà riferimento ai famosi teologi chiamati come periti nelle sue assise. All’unisono risponderanno che col concilio s’è principiato a celebrare la Messa nelle lingue nazionali, in particolare quanti all’epoca erano già donne e uomini adulti.

            La sacra liturgia — non i temi della teologia dogmatica o della storia della teologia — è il pane quotidiano col quale i fedeli sono a concreto contatto per mezzo dei sacramenti, a partire dal signore dei sacramenti celebrato con le materie del pane e del vino sul quale ruota l’intera vita della Chiesa: l’Eucaristia. Tutto il resto è solo salotto da alta accademia teologica che tocca pochi teologi, non la massa dei fedeli che Vivaddio restano il corpo vivo del Cristo. Cosa quest’ultima non sempre ricordata sulle nuvole dell’alta accademia teologica, dove nel corso degli ultimi decenni troppi dottori si sono ricordati della realtà ecclesiale del Popolo di Dio solo quando i ribelli in lizza hanno tentato di servirsene per caricarlo contro la Chiesa o contro il Collegio Episcopale.

            Un’anziana con un’esistenza corollata di disgrazie e malattie, attraverso la sua tenera purezza mi fece percepire, a me suo confessore, quanto fossi misero e piccolo dinanzi alla sua grande fede:

            «Io amo talmente Gesù e sono così fedele alla Chiesa, che continuerei ad amare Gesù e ad essere fedele alla Chiesa anche se dei grandi cervelloni dimostrassero che Gesù non era il figlio di Dio, che non è risorto e che non ha voluto nessuna Chiesa su questa terra».

Questa è l’esperienza che manca a certi pifferi della musica da camera teologica, mai usciti dalla dimensione surreale del seminario e del noviziato; perché dal seminario e dal noviziato sono passati direttamente all’accademia teologica. E dal loro iperuranio, dove si citano gli uni con gli altri, sino a giungere all’apoteosi del narcisismo: citare infine solo se stessi, non sono mai usciti. Quel che forse è peggio non intendono manco uscirne, per capire che fuori c’è la realtà della Chiesa nata dalla Pentecoste dello Spirito Santo col suo popolo in cammino.

La situazione dei nostri buoni fedeli è a suo modo riassunta nel provocante atto d’amore fatto da quell’anziana dentro il confessionale, dinanzi alla quale tutt’oggi mi metto in ginocchio.

Se dei teologi partorissero eresie sulla dogmatica trinitaria, la faccenda finirebbe per coinvolgere loro e la Congregazione per la Dottrina della Fede; tutto si risolverebbe dentro una chiusa stanza. Il vasto pubblico dei fedeli a certi dibattiti rimarrebbe indifferente e la loro fede, tiepida o profonda, non ne sarebbe intaccata. Se certi teologi cominciano a minare il delicato campo liturgico sul quale il Popolo di Dio è abituato a muoversi, a partire dal Sacramento del Battesimo sino alle esequie con le quali si affida l’anima del defunto alla divina misericordia, possono crearsi situazioni di forte crisi, perché si andrà a toccare “l’economia” viva dei fedeli, correndo il serio rischio di irritarli prima, di perdere credibilità ai loro occhi dopo, di svuotare le chiese per logica conseguenza appresso.

Giocando di esperimenti eccentrici e di stravaganze esotiche, si può finire con l’uccidere il senso del sacro nel Popolo di Dio. I grandi fautori teologici di certe personalistiche rotture, hanno voluto giocare sin dalla fine degli anni Sessanta a sfidare i fedeli gridando dai pulpiti e dalle cattedre accademiche: «Non vogliamo più un popolo devozionale ma un popolo attivo, partecipe e adulto nella fede». E per ottenere questo si sono lanciati in bizzarrie d’ogni foggia, trovandosi infine con le chiese di tutta Europa semivuote. Giocando con la liturgia, hanno giocato con una materia insolitamente delicata che per i fedeli è sempre stata centro della sacralità e della loro “economia” cristiana, perché intimamente legata alle loro esistenze singole, familiari e comunitarie. La liturgia coi suoi sacramenti, tocca e riempie la vita dei singoli e della comunità cristiana, li purifica e li introduce nella Chiesa sin dalla nascita, li rende partecipi e li nutre col mistero del Corpo e del Sangue di Cristo, li conferma nella fede coi doni dello Spirito Santo, li riconcilia con Dio rimettendo loro i peccati, suggella col sacramento il loro amore, li consola nel dolore e nella malattia, apre loro le porte alla speranza e alla fede nella vita eterna.

Per le loro mille stramberie liturgiche, per le loro “rotture col passato”, per l’uso provocatorio e ideologico dell’Eucaristia, certi registi sono stati infine giudicati e puniti dai fedeli, divenuti davvero adulti come loro desideravano che fossero; ed appena divenuti adulti hanno reagito svuotando le chiese e usando appresso l’arma peggiore: l’indifferenza. Oggi la Chiesa Cattolica d’Europa viaggia in amministrazione controllata e tenta debolmente di evitare la bancarotta, resa fraudolenta da chi prima ha voluto giocare a provocare, poi a rompere con un passato che nella storia del Popolo di Dio rappresenta invece il prezioso evolvere gioioso e doloroso della storia della nostra esperienza cristiana.

La Chiesa si ama e si serve, non si distrugge per rifarla nuova a proprio uso e consumo, perché dalla novità assoluta la Chiesa è nata e nell’assolutezza della più grande novità — il memoriale vivo e santo dell’altare —  cresce di giorno in  giorno in comunione col Cristo. I “grandi” teologi di rottura non hanno distrutto il passato né  riscritta la storia, sono però riusciti a portare a compimento un’opera mirabile: distruggere la fede e il senso del sacro nel Popolo di Dio, suscitando in esso la totale disaffezione ai sacramenti, azzerando le vocazioni in tutti i paesi evoluti e benestanti del mondo nei quali i giovani, per vivere una vita tranquilla e rispettabile, non hanno bisogno di fare i preti […]

In una località europea, benché fossi un prete ospite della Chiesa di quel paese, non esitai a prendere l’iniziativa di allontanare con garbo una donna dall’altare durante una concelebrazione eucaristica, incurante che costei fosse abituata da anni a svolgere in tutto e per tutto le funzioni liturgiche del diacono. Quando il parroco e gli altri concelebranti, giunti in sacrestia dopo la Messa protestarono per il mio gesto, replicai:

«Chiediamo alla Congregazione per il Culto Divino se ho agito male io o se agite male voi a conferire l’esercizio di potestà a chi queste potestà non può esercitarle, né riceverle tramite il ministero istituito, meno che mai tramite la consacrazione al ministero».

Quando uno dei preti rispose:

«Noi non ci rivolgiamo a nessun dicastero del Vaticano, perché non prendiamo ordini da Roma, che brulica di gente ottusa che della nostra realtà non capisce niente».

Pacatamente risposi:

«Allora suggerisco a te e a questi Reverendi Signori, di trovare un vescovo del luogo disposto a fondare una chiesa acefala staccata dalla comunione con Roma che possa rispondere alle vostre esigenze; oppure lasciate il sacerdozio, perché dei preti come voi la Chiesa non sa che farsene».

Il prete che rispose a questo modo insegna presso una facoltà teologica, ed un qualsiasi studente-seminarista che non la pensi come lui è destinato a vita dura; ma soprattutto corre il rischio di non riuscire a conseguire il titolo teologico, o peggio di essere dichiarato non idoneo a ricevere il sacerdozio. Perché sono questi ― al di là da tutti i possibili abusi liturgici ― i danni enormi che certi soggetti producono all’interno della Chiesa: recidere le gambe ed escludere dall’Ordine Sacro chiunque non si allinea e non agisce in tutto e per tutto secondo le loro idee balorde.

            In un’altra zona del Nord Europa, un Signore Laico giunse in sacrestia mentre mi stavo preparando per la Messa e principiò col dirmi:

«L’omelia di questa domenica la farà la Signora Schröder, illustre teologo presso la facoltà teologica della Capitale. Per la distribuzione dell’Eucaristia non si preoccupi, lei resti a sedere che pensiamo a tutto noi. All’offertorio le porteremo sei calici colmi di vino che lei lascerà sull’altare per la comunione, perché i fedeli andranno a comunicarsi da soli al calice, come noi siamo abituati a fare[1]. Le Signore Weiß e Katz faranno servizio all’altare ricordandole se necessario come muoversi durante la nostra liturgia; preparare l’altare, purificare i vasi sacri e tutto quanto il resto è compito loro.

Le è tutto chiaro?»

Mentre chiedeva se tutto era chiaro stavo stringendomi il cingolo attorno alla vita; strinsi forte il nodo e principiai a rispondere per ordine:

«La Signora Schröder può insegnare in una facoltà teologica con mia viva gioia, perché ciò è lecito e concesso, se però desidera predicare il Vangelo al Popolo di Dio durante la Santa Messa, le dica di andarlo a fare dai luterani durante le loro liturgie, perchè presso di loro è possibile, nella Chiesa Cattolica ancora no. Dato che in Chiesa non ci sono mille persone ma cinquanta scarse senza neppure l’ombra di un adolescente e di un giovane — cosa quest’ultima che in sé dice tutto — l’Eucaristia ai fedeli l’amministro io, senza l’ausilio di ministri straordinari della comunione, che si chiamano “straordinari” perché in assenza del numero necessario di presbìteri, di diaconi e di accoliti istituiti possono aiutare il celebrante a distribuire il Corpo di Cristo ad un consistente numero di fedeli. All’offertorio non porterete affatto sei calici colmi di vino sull’altare e si tolga di testa che io me ne stia seduto mentre l’assemblea si amministra da sola il Sangue di Cristo; e non solo perché ciò è tassativamente proibito, ma perché persino il diacono ― che è un ministro consacrato col primo grado del Sacro Ordine ― durante la Santa Messa la comunione non la prende da solo, la riceve dalle mani del presbìtero. Le Signore Weiß e Katz possono togliersi di dosso i camici per l’assistenza liturgica e rimanere sedute tra i fedeli per partecipare devote alla Messa; la Chiesa non ha ancora istituito le accolitesse e le diaconesse, meno che mai per dirigere il prete durante la “vostra” liturgia, che non è né vostra né mia, ma della Chiesa. Sappia infine che sono stato ordinato prete perché riconosciuto capace di celebrare il Sacrificio Eucaristico secondo i canoni e gli ordinamenti della Chiesa, dunque non ho bisogno che lei mi detti le regole e che due Gentildonne mi si pongano alle costole all’altare per dirmi cosa fare e in che modo farlo.

Le è tutto chiaro?».

L’uomo si dipinse di nero e tentò di rispondere:

«Come prete lei dimostra di non avere alcuna considerazione per la partecipazione attiva dei laici e … ».

L’esperienza mi insegna che certe persone abituate a prendersi molto sul serio, non vanno mai prese sul serio ma solo prese in giro. In certe situazioni il sarcasmo toglie ogni serietà a tutto ciò che di per sé non è serio, ma che come tale viene preso con ardente e cieco radicalismo. Senza altri indugi interruppi il Signor Laico preposto a capo della partecipazione attiva dei laici ponendo a lui una precisa domanda:

«Questa bellissima Signora accanto a lei, è una dèa fiamminga o per caso è sua moglie?».

«Sì, è mia moglie, ma io le stavo appunto dicendo …».

«Complimenti, davvero una splendida moglie».

Tace cercando di capire dove l’interlocutore tentasse di andare a parare, mentre la raffica lo investe repentina:

«Le faccio una proposta: io potrei andare in vacanza alle Isole Maldive con la sua splendida moglie, possibilmente a generose spese del marito preposto a capo della partecipazione attiva dei laici alla Messa, frattanto lei potrebbe rimanere qua a fare il prete; ma dovrà farlo a tempo pieno, non per un’ora settimanale di baldoria all’insegna della creatività selvaggia esercitata in spregio a tutti i canoni della Chiesa in materia di sacra liturgia. Dovrà fare il prete assumendosi del sacerdozio tutto ciò che in onori e oneri esso comporta, ad esempio l’impossibilità per il prete ad avere una bellissima moglie come la sua».

Uscì senza fiatare dalla sacrestia, dove pochi minuti dopo entrò furente l’Illustre Signora Teologo per darmi questo annuncio:

«Signore!

Sono il Dottore Professore Schröder e anzitutto la invito ad avere rispetto per la mia cattedra di teologia, che mi è stata data previa licenza all’insegnamento concessa dal vescovo. Quindi devo pregarla di non celebrare la Messa, perché se lei celebrerà alle condizioni che ha appena dettato, le persone usciranno di chiesa».

«Cara Signora Teologo.

Anzitutto non osi insolentire un prete né chiamarlo con sprezzo “Signore” mentre è già rivestito dei paramenti sacri, sbattendo però sul banco della sacrestia i suoi alti titoli accademici, che le garantisco non impressionano né la Santa Madre Chiesa né me. Io non detto nulla, quelle che lei giudica come mie condizioni sono solo i canoni della Chiesa[2] che io ho promesso di applicare in obbediente zelo e di far rispettare dovunque al Popolo di Dio; cosa che lei dovrebbe sapere, se oltre ai titoli accademici ha acquisito davvero una formazione teologica, perlomeno di base. Se poi un vescovo le ha conferito la licenza per l’insegnamento della teologia si figuri a me, indegno partecipe al sacerdozio ministeriale di Cristo, cosa mi ha conferito un vescovo per l’imposizione delle sue mani, la preghiera consacratoria e la sacra unzione, durante un pubblico atto sacramentale solenne che ovunque si celebra investe la vita dell’intera Chiesa universale. Dunque non pensa di dover portare rispetto al sacerdozio, che è un sacramento e che come tale è più sacro di quanto non lo siano le cattedre teologiche, date oggi a chiunque, ovviamente con regolari licenze all’insegnamento da parte dei vescovi diocesani?».

Mi tolsi i paramenti di dosso e me ne andai via.

Una settimana dopo ricevetti una email da un confratello che in quei giorni si trovava negli Stati Uniti d’America:

[…] durante la Messa alla quale ho partecipato, presieduta per di più da un vescovo diocesano, un gruppo di suore ha distribuito l’Eucaristia sul presbitèrio ai sacerdoti concelebranti, cantando nel corso della liturgia salmi e brani evangelici da loro ritoccati e corretti. Nelle parti dove i sacri testi canonici fanno riferimento a patriarchi e padri, hanno inserito avanti le “matriarche” e le “madri”. Le parole stesse della Vergine Maria nell’inno del Magnificat sono state così corrette: «… come aveva promesso alle nostre madri e ai nostri padri».

Risposi al confratello:

[…] dobbiamo prendere atto che la Madonna ha da imparare molte cose dalle moderne vergini consacrate, in grado di fare un adeguato corso di aggiornamento alla Mater Dei, rimasta arretrata nei suoi tempi teologici, liturgici e sociologici […]

Viaggiando in Europa e in altri continenti del mondo ho dovuto prendere atto che quei giovani e quelle giovani incontrati durante le confessioni sacramentali nella basilica romana dove prestavo servizio — perlomeno quelli coi quali ho avuto a che fare io a Roma — erano tutti animati da profondi sentimenti cattolici, non per fatuo amore nostalgico verso estetismi barocchi o per il suono magico del latinorum, ma per autentico spirito. Questa loro profondità di fede me l’hanno manifestata con la loro composta partecipazione alla Messa, ma soprattutto per la loro particolare devozione eucaristica.

Nell’Olanda e in varie zone della Germania, dove si possono trovare anche preti che avanti alla richiesta di una confessione rispondono di tornare quando una volta alla settimana fanno la liturgia penitenziale collettiva dialogata, durante una celebrazione ecumenica con una pastora evangelica, nel corso delle domeniche trovai le chiese cattoliche semi deserte, o in ogni caso popolate da pochi anziani e da poche persone di mezza età.

Potremmo citare decine di libri d’illustri preti e teologi tedeschi che fornendo statistiche più precise di un cronometro indicano il calo progressivo d’afflusso dei fedeli alle chiese, le percentuali sempre più basse di quanti la domenica partecipano alla Messa, il calo vertiginoso della celebrazione dei matrimoni religiosi e dei battesimi. Numerosi di questi libri sono stati scritti proprio dai preti-teologi inventori dei laici preposti a predicare il Vangelo durante la Messa, delle donne preposte a svolgere le funzioni liturgiche di diacono, delle concelebrazioni eucaristiche così dette ecumeniche coi ministri dei culti non cattolici[3], che oltre a essere fuori dalla comunione con la Chiesa universale, a non avere la successione apostolica e a non riconoscere il Sacramento dell’Ordine, non riconoscono soprattutto il mistero della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Per seguire con l’Eucaristia amministrata persino a non cristiani, invitati da questi stessi preti-teologi a riceverla.

 Questi lamentatori che hanno de-sacralizzato in ogni modo l’Eucaristia ― intorno alla quale ruota tutto l’essere e l’esistere ecclesiale ― e che per questo hanno finito con lo svuotare le chiese, oggi scrivono libri per chiedersi come ciò sia potuto accadere. Giocano di psicologia, di sociologia, persino di politica. La verità però no, non possono vederla e tanto meno dirla, perché sarebbe come darsi la zappa sui piedi da soli.

Le Chiese della Germania e dell’Olanda sono vuote perché numerosi preti e teologi, con la loro arroganza e la loro disobbedienza hanno tragicamente fallito, ed il Popolo di Dio ha voltato loro le spalle dal giorno che si sono mutati da strumenti del sacro mistero in primi attori, da servi di Pietro e della Chiesa in antagonisti di Pietro e della Chiesa.

Senza temere il linciaggio per opera di certe teologhe cattoliche, che quando vedono un prete pare vedano un nemico, o bene che vada un antagonista, vogliamo dirla chiara una volta per tutte? Dal giorno che è stata posta in mano una pisside durante la Messa a una signora in calzoni e maglietta a mezze maniche, il senso della sacralità dell’Eucaristia nei nostri fedeli è precipitato sotto terra. Questa la realtà dinanzi alla quale sarebbe bene non porre la testa sotto la sabbia come gli struzzi, ma correre invece quanto prima ai ripari.

Quali dolorose liti, ho fatto in certe chiese del Nord Europa, quando di fronte a numeri esigui di fedeli si imponeva al celebrante, o addirittura ai concelebranti l’Eucaristia, di andarsene a sedere, perché distribuire il Corpo e il Sangue di Cristo all’assemblea era prerogativa intangibile delle pretesse, da cui spesso preti e parroci sono letteralmente terrorizzati?

Mi disse un parroco di Hamburg:

«Non sono affatto d’accordo su questo andirivieni di donne sul presbiterio, divenute oramai padrone dell’altare e della liturgia. Ti garantisco che se potessero farlo, non esiterebbero a cacciare via noi preti per celebrare la Messa al posto nostro. Ma tu sai anche che delicati momenti tristi noi preti stiamo passando, non ultimo nel nostro Paese. Se come parroco decido di privare queste donne di ciò che loro ritengono oramai un diritto acquisito, mentre in realtà è solo un grave abuso; se alcune, o anche una sola alludesse in pubblico che io guarderei i chierichetti in modo strano, capisci in che dramma sprofonderei? Di queste donne che tu chiami inopportune pretesse e che in modo altrettanto inopportuno partecipano con attivo abuso all’altare, noi preti abbiamo davvero paura, oggi più che mai» .

Dopo avere visitato numerose chiese semideserte del Nord Europa, nel corso di alcune domeniche visitai diverse chiese dove celebravano i preti della Fraternità di San Pio X. Ammetto di essere rimasto sbalordito.

Gremite di giovani.

Tutti mossi da una compostezza e da una partecipazione al mistero eucaristico che mi colpì e che mi indusse a riflettere, perché non si può essere così ideologici da non riflettere dinanzi ad evidenze solari.

Giudico straordinario sul piano teologico ed ecclesiologico il movimento liturgico che si andò sviluppando a cavallo tra Ottocento e Novecento. Giudico lungimirante lo studio portato a compimento dai Padri del Concilio, che non ha affatto rotto col passato, come più volte hanno farneticato in giro svariati liturgisti. Potremmo persino dire che il concilio non ha neppure riformato ― come diciamo con corretto termine tecnico quando parliamo di “riforma” liturgica ― bensì ridato vita e splendore a tradizioni e preghiere antiche che nei secoli si erano in parte perdute, in parte erano state soffocate da “incrostazioni” e sovrapposizioni.

Al tempo stesso è però inquietante che anziché applicare con scrupolo questa riforma, molti vescovi e preti abbiamo dato vita a vere e proprie situazioni di caos liturgico, creando sull’ambiguo concetto di “spirito del concilio” tutt’altro genere di concilio mai celebrato e mai scritto. Ecco quindi messali personalizzati, preghiere eucaristiche create da singoli preti, casi di vescovi che hanno composto di loro originale inventiva le preghiere consacratorie dei diaconi e dei presbiteri, laici e laiche fatti assurgere illegittimamente a ruoli che a loro non competono. Il tutto nella completa incuria di molti vescovi che vogliono vivere tranquilli, per questo non intendono richiamare all’ordine i propri preti facendo loro rispettare le leggi della Chiesa.

[…] ritengo che sia davvero triste che alcuni sacerdoti, per fortuna non tutti, continuino ad abusare, con stravaganze inspiegabili, della liturgia che, è bene ricordarlo, non è di loro proprietà ma della Chiesa […] c’è stata anche un’erronea interpretazione del principio di “partecipazione attiva” dei fedeli […] concetti base e temi come sacrificio e redenzione, missione, annuncio e conversione; l’adorazione, come parte integrante della Comunione, la necessità della Chiesa per la salvezza furono tutti esclusi, mentre il dialogo, l’inculturazione, l’ecumenismo, l’Eucaristia come banchetto, l’evangelizzazione come testimonianza divennero più importanti […][4].

Analizzato il tutto viene da chiedersi: possibile che non esista un’equilibrata via di mezzo tra il prete così detto tridentino rinchiuso sospiro dietro sospiro nella totale rigidità di un rituale, mentre le persone “partecipavano” alla Messa sibilando il rosario o leggendo libretti devozionali, ed alcuni preti del post-concilio che fanno prediche dialogate coi fedeli, che proiettano cartoni animati alla Messa dei fanciulli celebrata da un prete truccato da pagliaccio, che accolgono i consensi matrimoniali al calar del sole su una spiaggia romantica, coi presenti che si tengono per mano seduti in circolo sulla sabbia intorno al falò per parlare di pace, amore, ecologia, rispetto per gli animali …?

Più che una via di mezzo esiste una precisa azione dello Spirito Santo nella Chiesa del XX secolo: il Concilio Ecumenico Vaticano II, con le sue riforme e le sue direttive, basterebbe applicare le une e le altre, cosa che molti vescovi e preti da quarant’anni non fanno, ed oggi, se partecipiamo alle messe celebrate da dieci preti diversi, scopriremo che ciascuno celebra il Sacrificio Eucaristico a modo suo. Per non parlare di quei movimenti cattolici che hanno finito col creare delle chiese dentro la Chiesa, distinguendosi gli uni dagli altri per liturgie tutte loro, molte delle quali intrise di pentecostalismo americano e di animismo africano [NdR. In un altro passo di questo libro l’Autore cita a tal proposito i carismatici e i neocatecumenali].

Cuore pulsante della liturgia sono il Corpo e il Sangue di Cristo, sono l’annuncio della sua morte e risurrezione nell’attesa della sua venuta. Ecco perché ogni vescovo e ogni prete è tenuto a seguire sospiro dietro sospiro quanto scritto e indicato sul Messale Romano in nero e in rosso[5]; perché la centralità del sacro mistero, non può essere offuscata da esplosioni di arbitrarie stravaganze, poste per di più, sempre e di rigore, immancabilmente in primo piano. Giocare a personalizzare la liturgia, crea qualche cosa di molto peggiore della sciatteria e dei fantasiosi esotismi egocentrici: crea la frattura teologica dell’unità ecclesiale. E alla concreta prova dei fatti i risultati paiono essere questi: in quei paesi dove certe creatività sono molto forti e portate avanti con indomabile arroganza contro tutte le regole e i richiami della Chiesa, da una parte abbiamo le chiese di questi creativi semideserte, dall’altra le chiese dove celebrano i tradizionalisti colme di giovani.

I grandi abusatori della liturgia sono i grandi e diretti responsabili delle chiese vuote e delle chiese dei tradizionalisti gremite di gente, soprattutto di giovani ed in specie nelle regioni dove abusi e creatività liturgiche sono così eclatanti da mettere a rischio la denominazione “cattolica” di certe chiese locali, ma soprattutto la validità stessa dei sacramenti celebrati e impartiti.

Alla luce di tutto questo è sconfortante che il Santo Padre si sia trovato costretto ad aprirsi coi vescovi del mondo scrivendo a tutti loro queste parole:

[…] c’è il timore che qui venga intaccata l’Autorità del Concilio Vaticano II e che una delle sue decisioni essenziali – la riforma liturgica – venga messa in dubbio. Tale timore è infondato. Al riguardo bisogna innanzitutto dire che il Messale, pubblicato da Paolo VI e poi riedito in due ulteriori edizioni da Giovanni Paolo II, ovviamente è e rimane la forma normale – la forma ordinaria – della Liturgia Eucaristica. L’ultima stesura del Missale Romanum, anteriore al Concilio, che è stata pubblicata con l’autorità di Papa Giovanni XXIII nel 1962 e utilizzata durante il Concilio, potrà, invece, essere usata come forma extraordinaria della Celebrazione liturgica. Non è appropriato parlare di queste due stesure del Messale Romano come se fossero “due Riti”. Si tratta, piuttosto, di un uso duplice dell’unico e medesimo Rito. Quanto all’uso del Messale del 1962, come forma extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare l’attenzione sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso[6].

 E qua torniamo alla democrazia reclamata da frange irrequiete di teologi avvezzi da decenni a ribellarsi a Pietro e alla Chiesa per meglio  imporre le proprie personali dittature: che ne sarebbe della miglior democrazia del mondo, in un qualsiasi paese democratico in cui s’iniziasse a rigettare la costituzione e leggi dello Stato? Accadrebbe che la democrazia ne sarebbe così indebolita che non dovrebbero scomodarsi né i generali, né i colonnelli né i marescialli, basterebbe un gruppetto di giovani soldati di leva per compiere con successo un colpo di Stato.

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Ariel S. Levi di Gualdo – stralci tratti da

E SATANA SI FECE TRINO

© Bonanno Editore, dicembre 2011

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IN CONCLUSIONE: «AVUTA LA GRAZIA GABBATO LO SANTO»

Il Cardinale Reinhard Marx, come suol dirsi a Napoli, “ha avuto la grazia” da Benedetto XVI, ossia l’episcopato e poi la porpora cardinalizia, fingendo prima e fingendo dopo di essere un cosiddetto fedele ratzingeriano. Poi è cambiata aria ed ha preso a spirare un altro vento. Quindi, dopo avere “avuta la grazia”, si è sentito autorizzato a “gabbare lo santo”. Il tutto benché nell’immaginario collettivo e in particolare in quello germanico, coloro che cambiano disinvoltamente bandiera una volta ottenuto ciò che desideravano, sono di prassi e rigore gli italiani, perché solo questo popolo originale e soprattutto pulcinellesco sembrerebbe essere avvezzo a tanto.

Alla prova dei fatti la realtà è invece un’altra: il solare Pulcinella italiano ti strappa perlomeno un sorriso, ma soprattutto, nel suo ego più o meno profondo sa di sbagliare e sa di essere un vile opportunista, mentre invece, il Pulcinella tedesco, lungi dall’essere solare, è cupo e, come tale, ti induce a forme di sprezzo nella misura in cui cambia bandiera animato appunto dal suo profondo spirito sprezzante, che sempre e in ogni occasione lo fa sentire di rigore nel giusto sociale, politico, filosofico e teologico.

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[1] N.d.A. La gran parte delle cose che mi furono richieste sono tutte proibite dal Codice di Diritto Canonico e dall’Istruzione Redemptionis Sacramentum, citata nella seguente nota 72 e più volte richiamata in numerosi passi successivi.

[2] Cf. Istruzione Redemptionis Sacramentum – Su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. In conclusione del testo: «Questa Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di san Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e l’immediata osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta. Roma, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 25 marzo 2004, nella solennità dell’Annunciazione del Signore».

[3] Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 908 et 1365; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786.Nel 2004 l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, inserisce al Cap. VIII tra i Graviora Delicta la «Concelebrazione proibita del Sacrificio Eucaristico insieme a ministri di Comunità ecclesiali i quali non hanno la successione apostolica, né riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale».

[4] Iintervista a Mons. Malcolm Ranjith, Arcivescovo Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti [Petrus, 25.02.2009].

[5] N.d.A. Lo scritto in nero costituisce la parte del testo che il sacerdote recita ad alta voce, ad eccezione di alcune così dette “segrete”, che sono delle orazioni pronunciate sotto voce. Le scritte in rosso, che precedono o sovrastano in caratteri le parti del testo recitate ad alta voce, indicano al celebrante quando deve aprire le braccia e chiuderle, quando deve congiungere le mani, quando deve inchinare il capo, quando deve genuflettersi, quando e come deve frazionare il sacro pane eucaristico, etc …

[6] Lettera di S.S. Benedetto XVI a tutti i vescovi del mondo per spiegare il motu proprio [Dato presso San Pietro, 7 Luglio 2007].

2 commenti su “Uno scisma di fatto. Lettura socio ecclesiale circa il problema tedesco (seconda e ultima parte) – di p. Ariel S. Levi di Gualdo”

  1. Normanno Malaguti

    Rev. Don Ariel Stefano Levi di Gualdo.

    Sono ammirato per la fedeltà, da Lei pubblicamente espressa alla fede perenne della Santa Chiesa Cattolica. Sono ammirato ancor più per la schiettezza nel mettere al loro posto i dissacratori dei sacri riti. Mi addolora profondamente che tanta parte del clero d’Oltralpe e, sciaguratamente, anche al di qua della cerchia alpina, stia slittando nell’infame china.
    Ora con ebdomandario diramato tamite i Vescovi dell’orbe, il regnante Pontefice, chiede ai fedeli di esprimere un giudizio su argomenti di carattere morale ed ecclesiale che, da sempre, la Chiesa àvoca a sé e sui quali ha già emesso sentenze dogmatiche.
    Questo …”sondaggio” sta producendo effetti spesso dirompenti, infatti molti, anche sacerdoti, propendono ad esprimere idee e giudizi lassisti ed inamissibili coi catechismi della Chiesa Cattolica, da quello di Trento a quello attuale. In questo clima di neomodernismo, questi colpi di scandaglio sono uno strumento giudicato provvidenziale non soltanto da chierici in smania di neomodernismo, ma anche da moltissimi laici delle più diverse estrazioni culturali e morali ben accolti in parrocchie, che dovrabbero riceverli soltanto per accogliere, eventualmente, il loro pentimento per condotta in ognni caso lontano da ciò che la Chiesa da oltre diciotto secoli insegna ed ha codificato.

    Anche in Italia e qui, nella mia Bologna, siamo costretti ad udiere ed a vedere proclamata frequentemente una dottrina eversiva o nel migliiore dei casi ambigua spessosecolarizzante.

    Il secolarismo, ho dovuto verificare giorno dopo giorno, cresce e si alimenta nelle sacrestie nei circoli dei Boy Scouts e nei movimenti che Paolo VI giudicò una grande speranza e una grande risorsa per la Chiesa, nonché un dono dell’ultima Assise Ecumenica.

    La prego di gradire fervidi Auguri per il Santo Natale imminente. Normanno Malaguti

    1. Ariel S. Levi di Gualdo

      Caro Amico.

      “Idee e giudizi lassisti ed inamissibili” propinati anche e soprattutto dal clero, ed ancor peggio dai teologi, nascono a mio modesto parere dalla frantumazione dell’autorità apostolica. Col risultato – come invano non mi stanco di ripetere – che se decostruiamo il dogma fondato sulla rivelazione del Verbo, ad esso finiranno per sostituirsi le dogmatizzazioni dei pensieri umani. Se l’autorità apostolica viene messa in crisi, o peggio abbattuta, ad essa si sostituirà l’autoritarismo dei prepotenti che per vie tutt’altro che cristiane riusciranno a imporsi sugli altri attraverso veri e propri golpe.
      In un mio libro, rifacendomi a quel santo uomo di Dio del Padre Divo Barsotti che certe cose le predicò alla curia romana su invito di Paolo VI nella Quaresima del 1971, scrivo: “La Chiesa è legittima depositaria di un potere coercitivo che Dio le ha affidato e che all’occorrenza deve usare in modo deciso, per evitare ogni forma d’anarchia al suo interno. Per potere coercitivo non s’intende uno Stato di polizia inquisitoria, s’intende solo affermare la difesa della verità contro l’errore e l’insolente ribellione degli uomini accecati dall’individualismo dentro il mare del relativismo”.
      Oggi purtroppo siamo invece arrivati al punto che i modernisti, figli di quel pensiero che Pio X definì come la sintesi di tutte le eresie, condannano e ostracizzano gli ortodossi fedeli alla Chiesa di Cristo e al deposito della fede cattolica.
      Non a caso, per quel mio libro nel quale tratto certi argomenti, scelsi il titolo “E Satana si fece Trino”, spiegando nel sottotitolo la natura di questa trinità satanica: “Relativismo, individualismo, disobbedienza”. Il tutto basato sul principio dell’inversione, visto che il Demonio, come diceva San Girolamo, “scimmiotta Dio per creare un’altra realtà”.
      Certo, di vescovi e di preti che borbottano o che sono a vario titolo preoccupati, ce ne sono, forse pochi, ma ce ne sono. A preoccupare è però il fatto che tutti stiano zitti e che nessuno esca allo scoperto, più o meno inconsapevoli che quando facciamo l’atto penitenziale chiediamo perdono a Dio per avere peccato in pensieri, parole, opere e … omissioni.
      Oggi, molto vescovi e preti, forse non si sentono toccati, meno che mai in grave colpa, per questo terribile peccato: il peccato di omissione.
      E sa, questo peccato così terribile e temibile, specie per noi consacrati col Sacramento dell’Ordine, come lo giustificano? Non chiamano più l’omissione “peccato” che nasce dal fingere di non sapere, dal fingere di non vedere e quindi sul non agire … chiamano l’omissione: diplomatica prudenza, basando il tutto su un concetto del tutto adulterato di carità, di misericordia, di tenerezza …
      E quando il peccato di omissione viene confuso con l’auriga virtù della prudenza, mi dica lei se non siamo giunti all’apice dell’inversione diabolica.
      La prego di ricordarmi nelle sue preghiere, affinché non rimanga sbranato da quei lupi feroci dinanzi ai quali non ho alcuna intenzione di fuggire.

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