Questo intervento ha un mittente – chi scrive – e molti destinatari, i giovani. Inizia chiedendo scusa: l’autore appartiene alla generazione che ha contribuito a costruire il mondo in cui viviamo. Si dichiara colpevole, complice per non aver lottato abbastanza. Quel che vedete attorno a voi è colpa nostra. L’accelerazione dell’ultimo anno non è casuale: le reti sono state gettate da mezzo secolo, la decostruzione è stata completata. Ora è il tempo del raccolto: cancellazione (il Grande Reset) e reinizio. 

Poniamo la domanda decisiva: vi piace, cari ragazzi del 2021, il mondo in cui siete stati scaraventati? Basta alla vostra vita lo sballo pressoché obbligatorio, quello in cui troppi di voi consumano la giovinezza tra cocktail alcolici, pasticche, luci stroboscopiche e musica che neanche voi capite, che vi deve piacere per obbligo, perché altrimenti restate fuori dal giro e non “siete come tutti gli altri”? Vi piace una vita con il trolley in mano, precari del lavoro e dell’esistenza, oggi qui, domani là senza denaro in mano, una card nel portafogli e il cambio per una notte? Vi attrae un futuro nel quale non avrete nulla e, sostituiti da apparati artificiali, dovrete farvi piacere un ozio niente affatto creativo, intervallato da piaceri triviali, in cui voi stessi sarete ridotti a oggetti, cose, usati e gettati via? 

Vi attira vivere tra sentimenti precari, da animali evoluti in allevamento intensivo?  Vi abbiamo rubato lo spirito, adesso tocca al corpo. Da un anno, il tempo del virus, siete stati espropriati del diritto di crescere, imparare, confrontarvi con i coetanei e gli adulti. Quello è il senso della maledetta DAD – didattica a distanza – ma è anche il precipitato di un tempo feroce in cui vi chiamano colpevoli, perfino untori del virus – voi che per età siete i meno esposti – perché osate riunirvi e muovervi, come è ovvio alla vostra età. Avete bisogno di ridere, gridare, fare esperienza, sbagliare, ma da vivi, non da fantasmi impauriti e mascherati. 

Non è strano che aumentino tra voi i suicidi, gli atti di autolesionismo che spostano al corpo il disagio dell’anima, l’uso dei psicofarmaci e delle droghe. Siete colpevoli solo in piccola parte: certo, dovreste avere più rispetto per voi stessi, ma perché, poi, se gli esempi sono quelli che ricevete da noi? La generazione dei genitori non è migliore: esempi e modelli non ne avete davvero. La società esige la “prestazione”, chi non ce la fa è un perdente, un colpevole. Questo vi abbiamo fatto credere e vi abbiamo convinto. Perché non dovreste affidare alla medicina, alla chimica, alla droga, il miglioramento delle vostre performances e la speranza di trovare un senso, anche momentaneo, a vite senza direzione? 

Perché non dovreste sballare se la società che vi abbiamo preparato è quella che vedete dalla finestra, dagli schermi del computer e degli altri apparati artificiali con cui convivete dalla nascita, voi “nativi digitali”?  Sarebbe strano che aveste della libertà, dell’esistenza, dei rapporti umani, una visione diversa da quella che vi abbiamo imposto con un indottrinamento così potente, pervasivo, totale da non essere più neppure percepito, tanto è connaturato alla realtà quotidiana. 

Eppure non siete felici. Non potete esserlo: siete esseri umani, sentite confusamente che così non va, che il “progresso” universale vi sta togliendo qualcosa. Il migliore di mondi possibili è lo stesso che vi trasforma in marionette, oggetti plastici di cui qualcuno tira i fili, un gregge senza direzione e senza meta. Vi abbiamo rubato anche il tempo dell’attesa: tutto è “in tempo reale”, l’istante, l’immediato dell’era digitale. Basta con la memoria, basta con l’esperienza della conquista e della fatica. La società “analgesica” vi ha fatto diventare leggeri, eterei come fiocchi di neve. Vi abbiamo disabituato alla discussione, al pensiero critico, alla riflessione: perdite di tempo, è già tutto online. Vi siete abituati a considerare vostra, soggettiva, l’opinione imposta dall’alto. 

Neppure sospettate l’esistenza di pensieri “strani” come quello di Nicolàs Gòmez Dàvila, per il quale lungi dall’essere un criterio di verità, il consenso universale è in genere un segno di errore. Per colpa nostra avete disimparato a ragionare; per questo non sopportate idee divergenti e diventate i più accesi nemici della libertà di pensiero. Non è colpa vostra, ma di pessimi maestri, se ascoltare la verità vi porta all’indignazione: vi siete abituati a non credere ai vostri occhi, a valutare tutto con il criterio dell’uniformità e dell’indifferenza. 

Siete i destinatari di un’operazione di ingegneria sociale – cioè di un imbroglio universale – senza precedenti. Dall’alto – proprio voi che credete di vivere nella bambagia della libertà senza limiti – vi stanno formattando e resettando. Distrutto il disco rigido, ora tocca al software. Attraverso l’assenza di contatti, studio e lavoro a distanza, stanno disattivando il lobo frontale del vostro cervello, sede della decisione e della strategia. Perdete neuroni in modo irreversibile. Lorsignori lo sanno, quindi sono i vostri aguzzini: pensateci, finché siete in tempo. Due millenni e mezzo fa, Aristotele, che non vogliono più farvi studiare perché – dicono – era schiavista, scrisse che l’uomo è un animale sociale, ossia che non siamo nulla fuori dalla comunità umana, lontani dai rapporti con i nostri simili. La nostra natura non è quella dell’orso. 

Voi lo sapete meglio di tutti: avete bisogno degli amici, delle risate, di far parte di un gruppo, di confrontarvi, anche se oggi tutto è virtuale: la comunità è diventata la community fittizia dei social media, l’approvazione cui aspirate è quella banale e binaria del pollice alzato o abbassato. Forse non ve lo hanno insegnato, ma era il segno barbaro della plebe del circo a Roma antica per lasciare in vita o uccidere il gladiatore sconfitto nello spettacolo. Adesso simboleggia la vostra aspirazione, unita alla paura, il timore di essere disapprovati, di non far parte del gruppo. Qualcuno – i più fragili, i più sensibili – si è addirittura suicidato per qualche pollice abbassato. “Non mi piace” diventa lo stigma postmoderno, la pena capitale (la morte social…) di un’era disumana. 

Non vi vogliamo tediare: gli esempi bastano e avanzano. Resta la domanda: siete contenti di vivere in un mondo così? Avete bisogno di contatto, comunità, dialogo, di sentirvi, toccarvi e allontanare quell’amaro sapore di solitudine e soprattutto di inutilità, di mancanza di senso che vi abbiamo instillato, offrendo in cambio il consumo di tutto, anche di voi stessi, codice a barre e cartellino del prezzo. Adesso qualcuno si sta spingendo oltre e sarà decisivo il vostro atteggiamento.  Attraverso il coronavirus che vi ha chiuso in casa, il potere – cominciate a diffidare della “narrazione” ufficiale – ha messo in campo un progetto che a noi sembra terribile. Si chiama “untact “, senza tatto e senza contatto. 

Comporterà la sparizione organizzata dei contatti umani. Forse tacciare Aristotele di schiavismo e impedirvi di conoscere il suo pensiero – il più completo e importante della civiltà di cui siete figli – risponde a una logica perversa del potere: gli ignoranti non possono opporsi a nulla, in mancanza degli strumenti – parole, idee, principi – per valutare e giudicare. É pronto il progetto che vi chiuderà in gabbia a tempo indeterminato, impedendo il contatto – fisico, umano e spirituale – con il prossimo. Muore l’animale sociale di Aristotele, nasce l’animale umano asociale di allevamento, intoccabile, che vive in cattività e deve esserne felice. Untact, ovvero, nel globish che vi hanno abituato a biascicare come passaporto universale della generazione Erasmus, senza contatti umani, anima e corpo. 

Il coronavirus è un potente acceleratore; iniziate a pensare che vi stanno fregando. Non sappiamo se il contagio è opera diretta del potere, certo è diventato un potentissimo strumento e pretesto di dominio, disumanizzazione e riduzione dell’uomo a bestia asociale. Poiché l’essere umano è presentato come un potenziale pericoloso vettore di virus, la soluzione è pronta: da ora in poi – per voi sarà l’intera vita – bisogna entrare il meno possibile in relazione e contatto con altri esseri umani. Ecco il futuro ansiogeno che vi prescrivono. Homo homini virus, quindi scansiamoci, allontaniamoci definitivamente, e che il distanziamento sia programma e modello dell’Antropocene. 

Tra le cose di cui vi abbiamo privato c’è l’amore per la conoscenza. Abituati al riassunto, alle news: non si legge più un libro per intero, né un articolo. Quasi nessuno – e non è questione di età – ha letto il manifesto del Grande Reset del Forum Economico Mondiale. Nero su bianco, è una sorta di romanzo di fantascienza ambientato nel futuro prossimo, un mondo totalitario in cui gli apparati artificiali e il robot assumono sempre più importanza mentre la società si disumanizza. Vi interessa rifletterci o va bene così? 

Nel caso di Untact, capofila è la Corea del Sud, impegnata a organizzare la vita quotidiana di domani “senza contatto”. La parola “untact” appare ben quarantasette volte nel progetto di rilancio dell’economia sudcoreana colpita dalle conseguenze della pandemia. Prima anomalia: il piano è di luglio 2020; velocissimi, non pare anche a voi? Ammirevole rapidità di teorie antiumane già pronte dall’inizio della crisi. Per puro caso – ci credete? – i protagonisti e i beneficiari saranno le grandi multinazionali tecnologiche – Big Tech e Big Data – e le nuove tecnologie, robotica e intelligenza artificiale. 

La Corea del Sud investirà più di 40 miliardi di dollari per stimolare le imprese a creare robot, automobili senza conducente, droni, e ospedali in cui le cure saranno somministrate dall’intelligenza artificiale. Verrà implementata ogni tecnologia in grado di ridurre i contatti umani. Sarà un tic generazionale, ma chi scrive è infastidito dalle risposte delle voci elettroniche e dai relativi comandi: pigiare tasto uno, tasto due eccetera. L’idea di un mondo in cui la persona umana è sostituita dall’apparato artificiale ci inquieta indipendentemente dai virus. Evidentemente, non siamo che residui, relitti di un passato da cancellare, anzi resettare.

La patria di Samsung è uno dei paesi più connessi al mondo: milioni di coreani trascorrono ore e ore ogni giorno dietro uno schermo e la pandemia ha consentito di trasformare la tendenza in vero e proprio progetto esistenziale. Lo sviluppo della fibra 5G, la robotizzazione e l’intelligenza artificiale modificheranno tutti gli ambiti della vita. I ristoranti saranno sostituiti da catene di ristorazione senza personale “umano” in cui saranno i robot a ricevere le ordinazioni e servire i cibi (artificiali?). La scuola a distanza diventerà la norma, la sanità privilegerà le terapie e le visite a distanza. Chi manterrà un lavoro, lo svolgerà lontano dai colleghi. Gran parte delle attività commerciali spariranno a favore del commercio elettronico. Le consegne avverranno per mezzo di droni, i piccoli aerei senza pilota. Il dialogo e la discussione professionale a distanza diventeranno la norma. 

La convivialità è destinata a diventare un retaggio del passato, i legami con gli amici e la famiglia si scioglieranno, incoraggiati a sparire o svolgersi per interposto schermo.  Le attività ricreative, di svago, gli spettacoli, la cultura, assistere a concerti, visitare una mostra, tutto si svolgerà in forma virtuale, a distanza, davanti allo schermo. Non sappiamo che fine farà lo sport, che è contatto, competizione, gioioso rito comunitario. Si svilupperanno le smart cities, “città intelligenti”, la cui regola base sarà quella di evitare i contatti umani. Strana intelligenza. Il ministro della Cultura, dello Sport e del Turismo coreano – i settori più colpiti dal mondo untact – si dichiara entusiasta. “É necessario creare una cultura senza contatto. Dobbiamo creare una nuova vita che includa sempre meno contatti faccia a faccia. L’abbiamo battezzata cultura “untact”, e sarà sostenuta dalla quarta rivoluzione industriale, basata sull’intelligenza artificiale e la fibra 5G”. Dichiarazioni che sono la fotocopia perfetta della descrizione del mondo di domani del Forum di Davos e dell’Agenda 2030 dell’ONU. 

Non dite che non avete capito o che non vi hanno informato: sono stati chiarissimi. Benvenuti nel migliore di mondi, in cui si mostreranno “dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive”, il mediocre verso di Terenzio Mamiani che il Leopardi inserì a mo’ di scherno nella Ginestra o il fiore del deserto. Un deserto avanza con il nome di progresso. Sappiate, ragazzi, che non è una lotta tra passato e futuro, ma di umanità contro zootecnia. Dovete decidere se preferite rimanere uomini, gli animali sociali di Aristotele, liberi pur con tutti i difetti, capaci di odio, sì, ma anche di amore ed empatia, o diventare disinfettati, algidi animali asociali untact

Preferite vivere nel reale o nel virtuale, l’immenso film pornografico in cui si guarda senza vivere e partecipare? Per la vecchia generazione la scelta non dovrebbe essere difficile. Per voi, ragazzi del 2021, è più dura: vi hanno lavato il cervello e noi, i padri, non abbiamo reagito. Uno di quelli che hanno costruito il mondo nuovo – Bill Gates – lo stesso che vi vuole vaccinare contro tutto, applicare chip sotto pelle e far mangiare cibo artificiale, ha proposto l’istituzione di un ministero mondiale della Verità, per combattere, afferma, la “disinformazione”, ovvero tutto ciò che non proviene da lui e dall’iperclasse dei padroni universali. Avrete sentito parlare del romanzo 1984 di George Orwell: in quel libro sul totalitarismo, uno degli incubi era il Ministero della Verità: i lupi a guardia degli agnelli. Da che parte volete stare? 

2 commenti su “Untact. L’animale asociale”

  1. corrado corradi

    Ottimo ed illuminante articolo da estendere al maggior numero possibile di giovani; si, ritengo che il coronavirus sia stata l’invenzione per accelerare questo progetto satanico che mira a destrutturare l’uomo. Viviamo in una situazione in cui i nostri giovani si apprestano a diventare uomini il cui nome sarà un codice a barre e noi, loro genitori e nonni siamo stati travolti dall’accelerazione di questi ultimi 30 anni perché esausti da contrapposizioni strumentalmente provocate fino ad arrivare ai nostri tempi in cui devi sfiatarti per affermare l’ovvio: la donna é donna e, sola, puo’ partorire, l’uomo é uomo e senza la donna non procrea. Grazie per quest’articolo. Corradi

  2. Bellissimo e accorato appello ai nostri giovani, ma che purtroppo penso che rimarra inascoltato per il semplice motivo che gli stessi cui è rivolto NON leggono assolutamente niente che non sia sui Social!
    P.S.: io 1984 l’ho letto 2 volte, la prima volta nel 1982 (e mi sembrò un ottimo libro di…fantascienza), la seconda 2 anni fa e sono rimasto sbalordito dalla somiglianza col nostro mondo occidentale attuale! E penso che quanto prima ne vieteranno la pubblicazione, tanto una scusa per farlo, con la loro lingua biforcuta, la troveranno facilmente…

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