La produzione letteraria di Piero Vassallo – già densa di titoli – si è arricchita, di recente, di una nuova pubblicazione dalla significativa intestazione, ‘Futuro e tradizione, La rifondazione italiana’ (Solfanelli, Chieti, 2013); denominazione che, già di per sé, lascia presagire gli ulteriori sviluppi di un saggio meditato e condotto a termine con proverbiale coerenza.
di Lino Di Stefano
.
La produzione letteraria di Piero Vassallo – già densa di titoli – si è arricchita, di recente, di una nuova pubblicazione dalla significativa intestazione, ‘Futuro e tradizione, La rifondazione italiana’ (Solfanelli, Chieti, 2013); denominazione che, già di per sé, lascia presagire gli ulteriori sviluppi di un saggio meditato e condotto a termine con proverbiale coerenza. E ciò, anche perché il volume è il frutto di instancabili ricerche in una sfera – la ‘tradizione’, appunto – inerente a quel patrimonio culturale tramandato dalle generazioni precedenti e conservato, nel corso dei secoli, da coloro che in esso si riconoscevano. La ‘tradizione’ – non è inopportuno, qui, rammentare anche la grande funzione esercitata dalla Rivista ‘Traditio’ di Genova – concepita nell’accezione migliore del termine, ha origini illustri, da non confondere, naturalmente, col bagaglio dottrinario fatto consistere dagli avversari nei princìpi legati ai vecchi sistemi e, come tali, da condannare perché retrivi e reazionari, per non aggiungere altro.
Il vocabolo latino ‘traditio’ significa, infatti, alla lettera, ‘consegna’; vale a dire, dei documenti orali e scritti, carichi di valori validi per sempre e, quindi, universali; insomma, quel complesso di conoscenze strettamente connesse fra loro che contribuiscono ad elevare, in maniera organica, la formazione integrale dei popoli. Per esempio, la ‘civiltà’ greco-romano-cristiana ha conservato tale complesso ai posteri e noi uomini contemporanei abbiamo il dovere inderogabile di trasmetterlo alle generazioni future.
Va chiarito, inoltre, che essa, per sua natura, costituisce l’insieme del processo materiale, sociale e spirituale dell’umanità, nelle sue diverse epoche; va specificato, altresì, che quella occidentale dispone di un retaggio oltremodo ragguardevole; va considerato, infine, che l’Italia ne possiede una quantità ingente, nelle sue varie fasi storiche, culminate, in particolare, nella civiltà comunale, nell’Umanesimo, nel Rinascimento e nella Chiesa di Roma, sempre con i limiti insiti nei loro gradi evolutivi.
Ora, il famigerato ‘mito del progresso’, ad onta dei lati positivi, ha cercato di offuscare la validità delle conquiste raggiunte dalle genti per appiattirle, scrive giustamente Vassallo, “sulla mitologia intorno il progresso verso il nulla malthusiano”. Naturalmente, anche il cosiddetto ‘postmoderno’, ha fatto la sua parte – sebbene abbia polemizzato con l’ideologia del progresso – nell’illusione di abbattere le certezze e le tendenze culturali tradizionali, segnatamente religiose, spirituali, filosofiche e scientifiche, perché considerate improponibili e superate.
Ma Piero Vassallo, da convinto cristiano-cattolico, non risparmia, nel lavoro, alcuni rilievi anche alla Chiesa cattolica e soprattutto a certi movimenti basati su contenuti eterodossi come quelli “umbratili della dottrina catara”, la quale, in nome della purezza della Chiesa, postulava una concezione facente leva su un “Dio buono e un Dio cattivo” e, nel contempo, affermava, è sempre l’Autore che parla, che “la creazione di tutte le cose visibili e materiali non è opera di Dio, il Padre celeste (…), ma è opera del Diavolo e di Satana”.
Da qui, la critica vassalliana alla cosiddetta ‘utopia regressista’ incentrata, tra l’altro, sul mito dell’eterno ritorno sia di Nietzsche, sia di Klossowski sostenitore, quest’ultimo, pure dell’’ateismo radicale’. Il pensatore genovese, proseguendo nelle sue riprovazioni critiche, ribadisce sia le accuse ai Catari, i quali disprezzavano la vita professando un insincero pauperismo, sia le denunce contro Wagner, responsabile, a suo dire, di aver trasformato “la canzone dell’anarchia in musica di scena” e di aver, ancora, con Nietzsche, profetizzato la rivoluzione “nei luoghi deputati al suicidio della cultura e dell’umanità occidentale”.
Dopo aver passato in rassegna gli effetti nefasti delle ideologie arancione dell’ateismo scientifico e della pornografia mistica, l’Autore, da fedele credente, mette in risalto la vitalità della tradizione cattolica rivalutando, da una parte, la lezione tomistica ed attaccando, vigorosamente, dall’altra, “l’irritata e superciliosa reazione dei teologi progressisti alle osservazioni critiche dei difensori della tradizione”.
Tornando all’Aquinate, autore prediletto da Vassallo e non solo da lui, l’Autore si impegna in alcune riflessioni non solo sul filosofo e teologo di Roccasecca – il quale colpiva, in campo politico, “la radice della statolatria”, l’illusione, cioè, che la natura socievole sia una scoperta di un sovrano illuminato – ma anche in altri contesti come, ad esempio, quello relativo all’analisi del pensiero di Francisco Elias de Tejada Spinola – cognome genovese, quest’ultimo – sostenitore della tesi del ghibellinismo quale ideologia, egli scrive, che attribuiva al potere politico la facoltà di intervenire nelle decisioni della Chiesa cattolica”.
Dopo aver effettuato una vigorosa rivendicazione della forza del diritto naturale incarnata da uno dei suoi corifei, Giorgio Del Vecchio – volto, con il proprio sistema ad “attualizzare quella dottrina del diritto naturale, che era stata devastata dalle incursioni luterane, cartesiane, illuministiche, hegeliane, nietzschiane e kelseniane” – lo studioso genovese compie degli opportuni riferimenti anche intorno al nostro G. B. Vico, pensatore a lui caro sia per l’alta lezione insita ne ‘La scienza nuova’, sia per le osservazioni puntuali che il filosofo napoletano operò contro Descartes; non ultimo, ad alcuni importanti studi da lui dedicati all’autore del ‘De antiquissima Italorum sapientia’.
Anche l’alto magistero del celebre filosofo del diritto, Carlo Costamagna, non sfugge alle indagini dell’autore di ‘Futuro e Tradizione’ per il semplice motivo che il citato studioso oltre che un ferrato giurista era, a detta di Vassallo, un uomo che assecondando, autorevolmente, “le intenzioni dell’avanguardia milanese” (Giani, Pallotta e Tripodi), riconosceva i meriti del grande G. B. Vico e valorizzava, infine, la cultura di destra. A detta di Marco Cupellaro, infine, “egli negli scritti più maturi accentuò la sua interpretazione ‘integrale’ dello Stato irriducibile agli schemi della logica giuridica ed economica” (Il Dizionario degli Italiani).
Analogamente, la dottrina dell’altro eminente giurista cattolico italiano, Giuseppe Capograssi, passa sotto la lente d’ingrandimento del nostro Autore il quale gli riconosce non solo la statura scientifica, ma anche il merito di aver valorizzato le intuizioni di Vico e di altri studiosi per sganciare la politica dal più nocivo determinismo. A questo punto, l’Autore si accomiata dal lettore ponendo l’accento sul progetto per riunire i moderati concepiti come soggetti restii al conformismo dilagante e ritrosi alle seduzioni della cosiddetta ‘modernità’.
Da qui, la citazione di autori del calibro di M. Federico Sciacca – la cui lezione coniugava il rispetto della verità con l’ossequio alla carità – e del valore di Cornelio Fabro, critico di Maritain ed esaltatore del tomismo ancora un po’ impantanato nelle secche del platonismo e dell’aristotelismo; censurato, inoltre, quest’ultimo, anche da padre Messineo il quale aveva chiaramente individuato le gravi aporie insite nel sistema di pensiero dell’autore di ‘Umanesimo integrale’.
L’ultima fatica di Vassallo, frutto di meditazione e di studio profondo, com’è nel suo costume, si conclude con alcune considerazioni sulla laicità del potere politico tratte proprio dalle analisi dello storico della filosofia transalpino, Etienne Gilson, per il quale, nella visione di Dante, occorreva riconoscere all’impero universale un potere assoluto, com’è scritto nel ‘De Monarchia’.
Un meditato studio, questo di Vassallo, una ricerca, cioè, che non si lascia sfuggire altre prese di posizione al riguardo come quelle, ad esempio, di Paolo Pasqualucci – meritevole, tra l’altro, di aver indagato sulle ragioni dei temi “antirisorgimentali di fonte clericale” e di aver, altresì, sostenuto che se gli Italiani non si fossero uniti in un solo Stato, sarebbero rimasti sempre un miscuglio di possedimenti altrui – e di Augusto Del Noce, per la tesi dell’influenza della politica inglese nel Risorgimento.
.
“Futuro e Tradizione. La rifondazione italiana”, di Piero Vassallo, ed. Solfanelli – pagg. 136, euro 11,00 – per acquisti on line inviare una mail a info@riscossacristiana.it . Per le modalità di pagamento, clicca qui
]]>