Vent’anni dopo. La debole eredità dei no-global di Genova

A vent’ anni dal G8 di Genova, che cosa ne è del movimento no-global? Che fine ha fatto il mitico popolo dei giorni “gloriosi” del luglio 2001? Dov’è finita l’attesa rivoluzione dei proletari del sud del mondo? E del lungo elenco di aspettative, segno della parcellizzazione del movimento (più di mille sigle, che spaziavano dai beati costruttori di pace e dalle suore anglicane ai militarizzati militanti dei centri sociali di mezza Europa)? 

Rispetto al 2001, anno in cui il movimento no-global espresse una grande capacità di mobilitazione, ottenendo il massimo della visibilità mass-mediatica, poco o niente pare resistere di quella stagione se non le melanconiche e ripetitive ricostruzioni, fatte di buoni sentimenti (verso gli amici) e di tanto rancore (verso i nemici di ieri e di oggi).

Ecco allora – testi alla mano –  il fuoco delle molotov, le vetrine in fiamme, le automobili usate come barricate, le manganellate (da una parte e dall’altra), le tute bianche ed i  black bloc. Ed  ecco l’immagine, dolorosa e drammatica, del giovane assalitore steso sul selciato, ucciso da un altro giovane, in divisa, al quale – dopo il procedimento giudiziario – è stata riconosciuta la legittima difesa, ma che per gran parte della vulgata corrente (di sinistra) rimane un assassino. Ed ancora gli immancabili richiami al potere cinicamente scagliato contro il “Pueblo Unido”. 

Tanti “come eravamo”. Oltre però non si va. D’altro canto di eredi di quella stagione non se ne vedono , né di ideologi in grado di leggere gli attuali contesti mondiali, segnati da un ventennio di fuoco, ben diversi dai drammatici giorni del luglio del 2001. 

A ridosso del G8 di Genova, non dimentichiamolo, ci sono stati gli attentati del settembre 2001, con il crollo delle Torri Gemelle, nel cuore del World Trade Center a New York, con tutto quello che ne è seguito. “L’integralismo islamico è cresciuto sul cadavere in decomposizione del movimento progressista” ha  scritto Gilbert Achcar, saggista  e attivista della “Sinistra critica”. 

Nel 2008 è fallita la banca Lehman Brothers e il mondo è stato testimone impotente di una delle peggiori crisi finanziarie della storia globale, ma senza che questo attivasse particolari reazioni popolari o “di classe”. “Occupy Wall Street” è durato lo spazio di un mattino. Le aspettative di Barack Obama non sono andate al di là di  qualche buon proposito. E nel gennaio 2017 infatti è arrivato alla presidenza degli Stati Uniti il “populista” Donald Trump. Negli ultimi vent’anni i conti abbiamo dovuti farli rispetto al travolgente industrialismo e globalismo cinese, coniugato con una  spregiudicata strategia geo-politica. Poi è arrivata l’emergenza immigrazione, che ha diviso le opinioni pubbliche, anche di sinistra. Pare vincere  la mediazione istituzionale. Sostenibilità fa rima con “salto tecnologico”, mentre l’ecologismo diventa  strumento della globalizzazione. A “dettare la linea” è  l’agenda 2030 dell’Onu. 

Nel frattempo il debito estero continua a gravare sui bilanci delle nazioni più povere; il  numero di persone che vivono con meno di 5,50 dollari al giorno è rimasto praticamente invariato tra il 1990 e il 2015 passando da 3,5 a 3,4 miliardi; durante l’emergenza Covid, a  livello globale, sono stati investiti in politiche di protezione sociale 2.900 miliardi di dollari, ma solo 379 miliardi di dollari sono stati spesi dai Paesi in via di sviluppo. 

In questo quadro, i nuovi movimenti sono l’espressione della frantumazione ideologica del radicalismo di sinistra, oggi omologatosi all’interno di campagne di basso profilo e di scarso coinvolgimento popolare: Black Lives Matter, No Borders No Nations, No Tav, il movimento iconoclasta.  

A vent’anni dai “fatti di Genova” i vecchi  no-global sembrano come rattrappiti, piegati su se stessi, rendendo palese la loro incapacità strutturale, diremmo mentale, di affrontare – da sinistra – i problemi determinati dalla nuova globalizzazione, a partire dalle proprie radici culturali. Chi abbia letto il Marx autentico, non può non ricordare le sue pagine dedicate ad esaltare il benefico “sradicamento” socio-economico realizzato dal capitalismo nei confronti delle società tradizionali, la sua esaltazione dell’industrialismo, il suo disprezzo verso il “sottoproletariato”, oggi diremmo i reietti del mondo (“putrefazione passiva – scrive Marx – degli strati più bassi della vecchia società”).

Resta la  demagogia, in grado – come avvenne vent’anni fa – di riempire le piazze, di rassicurare le “buone coscienze” dell’Occidente e di illudere certa sinistra, vecchia e nuova, nel  sentirsi  ancora rivoluzionaria. In realtà con scarsi risultati e senza prospettive. Se non quelle di evocare “nostalgicamente” i suoi storici fallimenti, giustificandoli con l’ “eclissi della democrazia”, la stessa democrazia della quale però è stata ed è parte in causa.  

1 commento su “Vent’anni dopo. La debole eredità dei no-global di Genova”

  1. Sottaciuti nella narrazione sinistra i veri fini del movimento “no global” al G8:

    – attacco MILITARE da parte della flangia anarco-insurrezionalista a livello europeo (ricordo i manifestini della “chiamata alle armi” che ho visto con i miei occhi in università estere facendosi ampiamente scudo della flangia cosiddetta “pacifista” del movimento, volente o nolente) alle cd. “forze dell’ordine” italiane nella speranza di provocare gravissimi incidenti utilizzabili a livello di propaganda sinistra, si pensi solo alla pressoché totale copertura mediatica ed alla presenza ufficiosa tra i manifestanti di diversi politici sinistri: fine ampiamente realizzato dalla vicenda dell’ormai “mitico” Carlo-vive; a costoro occorreva almeno un “martire” della causa sinistra, sistema dall’efficacia storica del resto ormai purtroppo comprovata.

    – regolamento di conti politico all’interno delle “forze dell’ordine”: si sono mandati avanti singoli e reparti “scomodi” per “farli fuori” propagandisticamente ed ottenere alla sinistra il controllo dell’ordine pubblico, cosa che rileva dalla totale ubbidienza odierna degli “sbirri” al sinistro governo fautore della dittatura sanitaria che attualmente, senza opposizione politica alcuna, ci opprime. Si rammenti a questo proposito che la “sbirraglia” dell’attuale governo continua indisturbata a pestare i dimostranti su mandato del governo sinistro PD/5stelle, mentre gli anarco/insurrezionalisti celebrano la loro vittoria a Genova del tutto indisturbati.

    Poi, fate un po’ voi.

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