Vergogna e dignità, parole desuete. Il grande esempio di Giovannino Guareschi  –  di Giovanni Lugaresi

di Giovanni Lugaresi

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zzfrnznllVergogna e dignità sembrano, più passa il tempo, parole desuete, se non scomparse, nel vocabolario di varie categorie di italiani. Non ci si vergogna, per esempio, da parte di politici, di ribaltare letteralmente dichiarazioni e atteggiamenti a distanza di tempo, senza che nulla di nuovo, di veramente serio, importante, sia apparso sotto il sole. Si pensa all’Africa e a quei popoli che se la passano piuttosto male, si annuncia il proprio trasferimento in quel continente, poi si resta in patria, a trescare, a lavorare sottobanco, per un ritorno politico alla grande.

Si dice che non ci si occuperà più di politica, di partiti, di leadership, e poi si sta tutt’orecchi ad ascoltare, si tengono gli occhi bene aperti per vedere, magari dalla lontana Cina dove si è invitati (per chiara fama, nonostante gli insuccessi mietuti in Patria) a trattare di economia, se c’è una possibilità di assurgere a ruoli istituzionali di vertice… E via discorrendo. Senza provare alcuna vergogna!

E’ poi possibile, ancora, che un alto magistrato non trovi disdicevole farsi eleggere alla presidenza delle Corte Costituzionale per la durata di pochi mesi (ultimo caso, tre mesi!!!) pensando di conservare una dignità che dovrebbe derivare non tanto dal ruolo rivestito, quanto dal “come” tale ruolo è stato interpretato? Si, è possibile. Come lo è per diplomatici in paesi lontani chiedere rimborsi al Ministero per spesucce da pochi euri – vedi la vicenda dell’ambasciatore a New Dheli Mancini e dei due nostri marò in attesa di processo di cui hanno scritto i giornali.

Ultima, sulla poca dignità dimostrata, la signora dell’Agenzia delle entrate che, parlando a vanvera, ha accusato i cattolici di avere buone scuse per evadere il fisco. Salvo poi far marcia indietro. Ma non si vergogna, appunto? Robe da andarsi a nascondere, da cucirsi la bocca e non parlare mai più – minimo!…

Queste considerazioni, e soprattutto quella riguardante la dignità, ci vengono alla mente a lettura conclusa di un libro interessante se non coinvolgente: “Bombardate Roma!” (Mondadori; pagine 240, Euro 19,00), che reca come sottotitolo “Guareschi contro De Gasperi: uno scandalo della storia repubblicana”. Lo ha scritto lo storico (non certamente di destra) Mimmo Franzinelli ed è una sorta di ritorno a una vicenda sulla quale di quando in quando si punta l’interesse di giornalisti, storici, politici.

 La vicenda, come è arcinoto, riguarda le lettere di De Gasperi che nel 1954 Guareschi pubblicò su “Candido” dopo che erano state sottoposte a perizia calligrafica del dottor Umberto Focaccia, esperto assai noto al quale ricorreva anche il Tribunale di Milano per avere lumi in materia.

In estrema sintesi: in una lettera del 1944, De Gasperi, dalla Città del Vaticano dove era fuoriuscito durante il regime fascista,  chiedeva a un comando Alleato di bombardare la periferia e l’acquedotto della capitale per indurre i romani a sollevarsi contro i tedeschi. Lasciamo stare il resto, i particolari, eccetera per arrivare alla sentenza. Respingendo le richieste della difesa di Guareschi (avvocati Lener e Porzio) , querelato non per falso, bensì per diffamazione a mezzo stampa, di sottoporre le lettere a perizia calligrafica e chimica, nonché di ascoltare i testimoni richiesti dalla difesa medesima, i giudici condannarono lo scrittore. Il quale, avendo usufruito dei benefici di legge in una precedente causa (la pubblicazione sempre su Candido di una vignetta sulle bottiglie di Nebiolo del presidente della Repubblica Einaudi), poteva evitare il carcere in un solo modo: ricorrere in appello, sperando magari in un’assoluzione per insufficienza di prove. Cosa che Guareschi rifiutò di fare, motivando la decisione con una lettera aperta ai suoi legali, e pubblicata sempre sul Candido: “No, niente appello”.

Ora, la tesi del Franzinelli, suffragata dagli esiti degli esami di una esperta quale la grafologa giudiziaria Nicole Ciccolo, che si è avvalsa di modernissimi strumenti di indagine negli anni Cinquanta del Novecento sconosciuti, sostiene decisamente che le lettere erano false, frutto di un piano segreto di un gruppo neofascista, con intrighi degli immancabili servizi segreti, per gettare discredito sul leader democristiano.

Ora, ben sappiamo come a suo tempo, e negli anni successivi, ci siano stati due “partiti”: pro De Gasperi e pro Guareschi. La nostra opinione è sempre stata quella della falsità delle lettere, ma… il problema di oggi resta quello di allora: gli originali (“corpo del reato”) che il Tribunale non volle far sottoporre a perizia, vennero poi distrutti, per decisione degli stessi giudici. Ergo, l’esperta di Franzinelli ha effettuato i suoi esami su fotocopie, che restano pur sempre fotocopie!

Dal volume dello storico emergono gli interessi di parte della destra, e cioè la strumentalizzazione della vicenda compiuta dal Msi. Niente da eccepire – figuriamoci! Ognuno tira l’acqua al suo mulino, per così dire. Ci sono poi, peraltro, in queste pagine, elementi riguardanti direttamente Guareschi, e uno di questi è rappresentato dalla sua assoluta buonafede (ingenuità, sprovvedutezza, secondo l’autore), ma pure dalla dignità da lui dimostrata nel voler prendere la via della galera, “per restare libero”, e per una questione di salvaguardia della propria dignità personale.

Ecco: la parola che faceva parte del vocabolario di Giovannino, insieme ad altre che oggi appaiono come moneta fuori corso: dignità, sincerità, onestà, fedeltà, coscienza.

Quello di Guareschi continua a presentarsi come un esempio rarissimo di alta dignità, appunto, in virtù della quale trascorse 409 giorni nel carcere di San Francesco a Parma. Un’alta dignità che le vicende miserevoli del nostro tempo confermano ancora di più.

A quella gli italiani dovrebbero rifarsi, senza ascoltare inutili parole,  assistere a verbali contorsionismi e a ignobili comportamenti.

7 commenti su “Vergogna e dignità, parole desuete. Il grande esempio di Giovannino Guareschi  –  di Giovanni Lugaresi”

  1. Per Roma, nel 1943, fu violato il tacito riconoscimento internazionale della sacralità della città. Migliaia di morti, fra cui persone mitragliate per strada dagli aerei.

    Nel 1944 fu bombardato il Vaticano: “Propaganda Fide” a Castel Gandolfo, che ospitava migliaia di sfollati dell’intera zona dei Castelli Romani:
    ” Il 10 febbraio (1944), tra le ore 9 e le 10 del mattino, i bombardieri alleati in due ondate colpirono il Collegio di Propaganda Fide e Villa Barberini, in piena zona extra-territoriale, causando circa 500 vittime, tutti civili rifugiati sotto la protezione di una nazione neutrale “.
    Tabù assoluto fino a pochi anni fa, quando nacque l’associazione dei parenti delle vittima, con sede ad Albano Laziale.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamento_di_Propaganda_Fide

  2. Caro Lugaresi,
    leggo sempre con piacere i suoi articoli. In questo caso però mi permetto di farle un’osservazione. Così come è giusto, giustissimo, portare Gaureschi come esempio di grande dignità, sarebbe anche giusto mantenere almeno un doveroso dubbio circa l’autenticità o meno delle famose lettere di De Gasperi pubblicate da Guareschi, mentre leggo che lei si schiera col partito dei “pro De Gasperi”, sposando quindi la tesi della falsità delle lettere.
    Ora, a prescindere dal fatto che anche la perizia pubblicata da Franzinelli – come lei stesso fa notare – fu eseguita su fotocopie, non possiamo scordare alcuni fatti sconcertanti che gettano ombre sulla serenità del Tribunale:
    – perchè il Tribunale rifiutò l’audizione dei testi a difesa?
    – perchè il Tribunale rifiutò anche la perizia calligrafica?
    – perchè il Tribunale ordinò con tanta fretta la distruzione delle lettere?
    Anche la lettura delle motivazioni della condanna è “istruttiva”: secondo il Tribunale le lettere “non potevano” essere vere perchè non era possibile che un uomo della rettitudine di De Gasperi avesse chiesto un bombardamento di Roma. Insomma, con una motivazione di tal genere la condanna di Guareschi era inevitabile, perchè comunque De Gasperi era dichiarato “d’ufficio” al disopra di qualsiasi sospetto.
    A ciò aggiungiamo l’inutile e indecoroso trattamento duro che Guareschi ricevette in carcere. Tante cose messe insieme che fanno pensare che Guareschi “dovesse” comunque essere condannato.
    Certo, ora è impossibile fomulare un giudizio con sicurezza: troppi anni sono passati e le famose lettere, in originale, non esistono più. Però, ripeto, a qesto punto si può solo restare nel dubbio, non schierarsi tra i colpevolisti.
    In chiusura, vorrei notare una cosa: De Gasperi fu dichiarato d’ufficio persona di grande rettitudine e al disopra di ogni sospetto. Ma tale considerazione la meritava allora anche Guareschi, che per la libertà dell’Italia condusse nel 1948 una grande battaglia politica contro il comunismo; da questa battaglia non guadagnò nulla, se non rischio personale. Proprio il partito di De Gasperi fu il beneficiato dalla battaglia di Guareschi. E mi darà atto che De Gasperi fece una ben misera figura quando, dopo la sentenza e il rifiuto di Guareschi di interporre l’appello, pianse le lacrime del coccodrillo dicendo che lui voleva solo difendere il suo onore e non vedere Guareschi in prigione: forse ignorava che su Guareschi pendeva comunque la spada di Damocle della precedente condanna?
    Col che, ripeto tutta la mia stima per lei, caro Lugaresi. Ma ci tenevo anche a esprimere la mia stima per un combattente e galantuomo come Guareschi.

    un cordiale saluto

    Alberto Malan

  3. Non essendo possibile che tutti e due abbiano ragione sulla stessa materia del contendere, delle due l’una: o è non veritiero Guareschi o lo è De Gasperi. Ma Guareschi non aveva nulla da perdere(potere, prestigio, carriera ben remunerata, onori…) se non il suo “onore” e la fedeltà alla sua coscienza. Dunque io sono più propenso a dare credito a Guareschi.

    1. Guareschi è stato un uomo vicino a Dio. Le opere lo testimoniano.
      Potrebbe aver preso un granchio, anche se non pare. Certamente non pubblicò scientemente un falso.

      I vincitori -partigiani compresi- “dovevano” comunque aver ragione, nel proprio presentarsi come il Bene trionfante sul Male. La DC era d’accordo su questo.
      Sessant’anni di silenzio sulle foibe – settant’anni sugli eccidi di aderenti alla Repubblica Sociale (vedi ad esempio http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Oderzo ) – silenzio tuttora vigente nel “Triangolo della Morte” emiliano ecc. ecc.
      Notiamo che, a parte la collaborazione bellica USA-URSS, il riferimento mitico al “popolo che si solleva in armi contro i propri oppressori” è fondamentale per i regimi della Rivoluzione Liberale, ancor più che per quelli della Rivoluzione Bolscevica. Tutt’oggi ci raccontano che il popolo parigino voleva mangiare bene come i nobili, nel 1789. Tutt’oggi vediamo incoraggiati e foraggiati i “combattenti per la libertà” (Robin Hood) islamici, spesso provenienti dalle periferie occidentali – salvo poi stupirsi che siano dei feroci massacratori

  4. …senza dimenticare che De Gasperi non sempre seguì quanto stava a cuore a Pio XII in merito alla situazione ‘politica’ italiana dopo il ’48.

    1. E il motivo c’era, caro Mario: era demo-cristiano, cioè “democratico” anzitutto (cioè convinto che gli Immortali Princìpi del 1789 avessero dato il via alla vera civiltà), poi “di ispirazione cristiana” (cioè convinto che le spigolosità delle tendenze moderne andassero smussate con un po’ di felpatezza clericale).
      Non si tratta di illazioni né di calunnie: è stata la realtà della DC. Recentemente lo ricordava il professor Vassallo, in un convegno a Roma

  5. Vorrei solo far notare che quelle sulle quali la Signora Ciccolo ha eseguito le sue perizie non possono essere “fotocopie” come le intendiamo noi, ma semmai, forse, copie fotografiche, cioè fatte con una macchina fotografica, perché a quei tempi le fotocopiatrici ancora non esistevano. C’erano dei sistemi rudimentali (carta carbone, copie in ciclostile…) che non solo fornivano risultati imperfetti, ma queste dovevano essere eseguite all’atto della creazione del documento, nel caso della carta carbone, o, nel caso delle copie in ciclostile, utilizzando come matrice il documento stesso compilato su una carta particolare, con un inchiostro particolare e con tecniche particolari: cosa impossibile per il caso delle lettere vere o false di De Gasperi. Non so se per un perito calligrafico sia cosa corretta fare una perizia su simili copie (e per la verità non so neanche se sia corretto farle su copie fatte con macchine fotostatiche moderne).
    Lucio

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