VERSO LA BARBARIE. ANCORA SUL SUICIDIO ASSISTITO… LA REALTA’ SI E’ RIVELATA PIU’ TRAGICA DELLA MIA PREVISIONE – di Carla D’Agostino Ungaretti

di Carla D’Agostino Ungaretti

 

 

 

saPochi giorni fa commentavo su RISCOSSA CRISTIANA la notizia che il sottosegretario inglese alla sanità Norman Lamb intende proporre, senza troppi giri di parole, l’eutanasia a tutti i malati terminali del suo paese per realizzare un consistente risparmio finanziario e il recupero di molti posti – letto negli ospedali del Regno Unito[1].

Nel mio doloroso sbalordimento per quella disumana e crudele proposta temevo che prima o poi essa sarebbe stata estesa anche a tutti i disabili gravi e a coloro che per gravi motivi di salute non siano più in grado di essere utili alla società, ma rappresentino per essa soltanto un onere assistenziale e finanziario. Provocatoriamente proponevo, come soggetto da inserire tra i primi degli elenchi, l’astrofisico Stephen Hawking, colpito in gioventù da un’atrofia muscolare progressiva che da 50 anni lo tiene inchiodato su una sedia a rotelle e gli permette di comunicare solo con un sintetizzatore vocale elettronico.

Nella mia ingenuità di cattolica “bambina”, credevo che prima di arrivare a proporre l’eutanasia anche a quella categoria di invalidi gravi, ma non malati terminali, dovesse passare qualche decennio. Senza contare che Stephen Hawking rappresenta una gloria per il suo paese perché, nonostante la sua gravissima invalidità, è stato capace di fare importanti studi sui “buchi neri” che gli hanno fatto conquistare la prestigiosa cattedra che fu di Isacco Newton all’Università di Cambridge.

Invece, sono passati solo pochi giorni e IL FOGLIO QUOTIDIANO del 29 novembre ci ha fatto conoscere la storia di Ben Mattlin, un cinquantenne americano che si definisce “liberal pro choice”, laureato ad Harvard, affetto anche lui da una terribile malattia, l’atrofia muscolare spinale, che gli consente soltanto di muoversi sulla sedia a rotelle e di comunicare muovendo i muscoli delle labbra, unica parte del corpo non intaccata dalla malattia. Qualche anno fa un’infezione, che aveva alterato il suo delicatissimo equilibrio, lo aveva fatto finire in coma e lui deve la vita a sua moglie, che ha preteso che si facesse qualunque cosa per rianimarlo, mentre i medici dicevano che non ne valeva la pena e proponevano di lasciarlo morire. Quanto mi sbagliavo nella mia ingenua previsione!

Nella sua disgrazia, Ben ha la fortuna di avere una forza d’animo e una vitalità eccezionali, oltre che (naturalmente) una moglie che non si stanca di amarlo al di là delle sue condizioni. Scrive di business su riviste specializzate e ha pubblicato un libro autobiografico Miracle Boy Grows Up. Però, oltre le sue tremende limitazioni, Ben deve sopportare anche l’assillo dei medici che non fanno che consigliargli di farla finita perché la sua vita, secondo loro, non sarebbe degna di essere vissuta, rivelando un’arroganza e una supponenza senza limiti. “Presumono di sapere chi sono” scrive Ben “ma non lo sanno”. Da buon “liberal pro choice” egli pensa che Il suicidio liberamente scelto sia  un diritto da tutelare,” ma quando una scelta di questo genere può dirsi  veramente libera? Se la società aiutasse veramente i soggetti più deboli, i malati, i disabili, gli anziani ben pochi sceglierebbero il suicidio”. A maggior ragione (aggiungo io) se si sentono amati.

Se invece rendiamo il suicidio troppo facile, una scelta come un’altra, davvero aiutiamo la libertà delle persone? Ben Mattlin definisce illiberale la logica di chi sostiene il suicidio assistito in nome della libertà, perché per dare la morte con la flebo bisogna distinguere le vite degne da quelle indegne. E chi decide questo? Ben ha molte buone ragioni per vivere, perché sa che non c’è nulla di indegno nell’aver bisogna di chi si prenda cura di lui. “Poi c’è un problema pratico: se, una volta ricevuta la dose letale, non muoio subito e magari negli ultimi istanti capisco che invece voglio vivere, chi difenderà il mio diritto a cambiare idea?”

Come si vede, Ben Mattlin ha ben chiaro in mente che il piano inclinato, sul quale si è incamminato da qualche anno il pensiero bioetico occidentale, si sta rivelando invece un percorso totalmente verticale che provocherà la caduta libera di qualsiasi sentimento umano di compassione, solidarietà e amore per i più deboli e svantaggiati, se perfino i medici arriveranno a consigliare loro di farla finita, come fanno continuamente con lui, per avere qualche paziente di meno, più posti – letto e meno lavoro.

Arriveremo anche noi a questo. Intanto, sul FATTO QUOTIDIANO del 29 novembre, Furio Colombo – commentando i tagli alla sanità imposti in Italia dal governo Monti- sottolinea che il messaggio che ci fa giungere il nostro esecutivo è che la salute, ossia il Servizio Sanitario Nazionale, costa troppo; il sistema previdenziale, cioè le pensioni, costa troppo; tutto costa troppo in un paese che invecchia. E allora (aggiungo io) è chiarissimo il messaggio subliminale che pian piano si vuole far entrare nella mente dei cittadini perché comincino ad abituarsi: tra pochi anni l’eutanasia sarà istituzionalizzata, perché lo Stato non avrà più le risorse necessarie a occuparsi di tutti i malati e dei moltissimi anziani, mentre i giovani e i sani – presi da altri pensieri e preoccupazioni – non avranno più tempo e voglia di occuparsi di chi rappresenterà solo un peso.

Ma Stephen Hawking è un uomo geniale e Ben Mattlin ha, come dicevo poc’anzi, un cervello di prim’ordine e una forte personalità. Che ne sarà di tutti i vecchi, i malati, i diseredati, i deboli che non hanno la loro tempra e non hanno le loro risorse psicologiche e morali e, soprattutto, non si sentono amati abbastanza da avere il coraggio di continuare a vivere nonostante la vecchiaia, la malattia, la disabilità?  Molti sceglieranno il suicidio assistito e vivremo un’epoca di barbarie quale, credo, l’umanità non abbia mai conosciuto.




[1] Cfr. AVVENIRE, E’ Vita, 8.11.2012.

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