di Piero Vassallo
Io sono italiano, non sabaudo. Il padre della mia patria non è Vittorio Emanuele II. Io non sono figlio spirituale del massone Garibaldi e/o del lugubre visionario Mazzini. Se questi personaggi fossero veramente i padri della patria italiana io preferirei la condizione di figlio di nessuno e di apolide.
Io sono italiano, non liberale. Sostenere che l’Italia discende dai protagonisti del risorgimento liberale, oltre tutto, prepara la leggenda intorno al secondo risorgimento, impresa compiuta dagli eroici comunisti, Togliatti, Longo, Moscatelli, Scoccimarro, Moranino.
Io sono italiano non risorgimentale. Io non sono figlio spirituale del primo risorgimento perché rifiuto la celebrazione del secondo risorgimento, quello attuato dagli stalinisti e dagli agenti del kgb.
Io sono italiano, perché molti secoli prima del risorgimento liberale, l’Italia di San Benedetto da Norcia, di San Francesco da Assisi, di Santa Caterina da Siena, di San Gregorio VII esisteva ed era unita spiritualmente.
Io sono italiano perché mi glorio dell’appartenenza a Cristo. Al tempo di San Tommaso, di San Bonaventura da Bagnoregio, di Cimabue, di Giotto, di Cangrande, di Dante Alighieri e di Francesco Petrarca l’Italia era un faro di civiltà.
Io sono italiano, non risorgimentale perché l’Italia non è mai morta. Dire che i goffi liberali piemontesi hanno fatto l’Italia è ridicolo e insultante. L’Italia possedeva un’invidiata, superba identità spirituale, culturale e civile molto prima dell’entrata in scena dei Savoia e di Cavour.
Io sono italiano, non figlio dei collaborazionisti di Reggio Emilia. Per sostenere che l’Italia discende da Napoleone occorre saltare il muro del ridicolo e dichiarare che Dante è un precursore del romanziere Giuseppe Garibaldi, San Tommaso ha anticipato oscuramente la filosofia di Antonio Gramsci, Santa Caterina da Siena è la prozia di Rosy Bindi, Gregorio VII è l’avo di Walter Veltroni.
Io sono italiano e perciò nego che abbia senso festeggiare i cento cinquanta anni di una nazione che ha millecinquecento anni.
Io sono orgoglioso della mia italianità perché alle soglie dell’età moderna la mia Patria rimase fedele alla vocazione cattolica, mentre l’Europa illuminata si rovesciava nel disonore e negli orrori dell’apostasia.
Io sono italiano perché (lo ha dimostrato Giovanni Gentile) l’idea di unità politica si è affermata in Italia alla fine del XVIII secolo, quando fu avvertita la necessità di costituire un esercito nazionale capace di elevare un argine contro la rivoluzione di matrice illuministica.
Io sono italiano e perciò credo che l’unità geografica d’Italia sia stata attuata da una monarchia infranciosata, fatto che mi costringe a riconoscere finalmente che l’autentica unità fu attuata l’undici febbraio del 1929, con la firma dei patti lateranensi. Quei patti stabilirono l’unità, restituendo Cristo all’Italia e l’Italia a Cristo. Solo in quel giorno l’unità d’Italia fu realmente ristabilita.
Io amo dunque il tricolore, simbolo della vera unità d’Italia. Non il feticcio giacobino conservato a Reggio Emilia e onorato da vecchi stalinisti ripuliti. Non i simboli della massoneria, del giacobinismo e del comunismo. Amo l’Italia, non la sua controfigura.