2 giugno 1946 – 2 giugno 2017. Falsificare un referendum è possibile

Redazione

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Oggi dobbiamo festeggiare la nascita della repubblica. Non si discute! Benissimo. Ma allora è opportuno rileggere come è nata questa repubblica. Riproponiamo ai nostri lettori l’articolo pubblicato dal nostro Luciano Garibaldi il 31 ottobre dello scorso anno, in prossimità del referendum del 4 dicembre 2016. Rileggiamo la storia del referendum del 2 giugno 1946, i cui risultati non furono mai proclamati dalla Cassazione, su cui Togliatti agì pesantemente, su cui i ricorsi furono innumerevoli. E De Gasperi fece il suo colpo di Stato…

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FALSIFICARE UN REFERENDUM E’ POSSIBILE. ACCADDE SETTANT’ANNI FA PROPRIO IN ITALIA

Alla vigilia della chiamata alle urne degli italiani per riformare la Costituzione, rileggiamo cosa accadde settant’anni fa, quando si dovette scegliere tra Monarchia e Repubblica

di Luciano Garibaldi

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Dal ritorno della democrazia in Italia (ovvero dalla fine della seconda guerra mondiale) ad oggi, i referendum abrogativi sono stati un’infinità. Metà di essi – tra l’altro – falliti perché non fu raggiunto il quorum (cioè, andarono a votare meno del 50 per cento dei cittadini aventi diritto). Invece, i referendum non abrogativi si contano sulla punta delle dita: sono esattamente cinque, compreso quello cui siamo tutti chiamati a partecipare il 4 dicembre di quest’anno 2016 per la riforma della Costituzione e l’abolizione del Senato eletto dal popolo. Ovviamente, il più importante fu il referendum istituzionale “Monarchia o Repubblica”.

La mattina del 2 giugno 1946 gli italiani si recarono alle urne (per la prima volta votavano anche le donne) per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente e per partecipare al referendum che avrebbe dovuto decidere la forma dello Stato. I seggi rimasero aperti fino al pomeriggio del 3 giugno. Vinse la Repubblica. Ma ancora oggi, a 70 anni di distanza, c’è chi mette in discussione il risultato di quella consultazione. Cercherò di ricostruire i fatti con obiettività, inquadrandoli nella realtà politica italiana del tempo.

Il principe Umberto II di Savoia era divenuto re d’Italia il 9 maggio di quell’anno, a seguito dell’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, seguita dalla sua partenza per l’esilio ad Alessandria d’Egitto. Nettamente contrari alla monarchia erano il PCI, il PSIUP, la CGIL, il Partito d’Azione, il PRI. Per la libertà di scelta i liberali e la DC. Favorevole al re solo il piccolo PDI (Partito democratico italiano), le formazioni partigiane monarchiche (tra i loro massimi esponenti, le medaglie d’oro al valor militare Edgardo Sogno ed Enrico Martini «Mauri»), e – sia pure in modo non dichiarato – le Forze Armate, che si erano battute a fianco degli Alleati per fedeltà al giuramento prestato alla monarchia, e l’Arma dei Carabinieri. Ma non la polizia, largamente infiltrata da elementi ex partigiani comunisti. E non certo i superstiti del fascismo della RSI che, anzi, odiavano a morte il re e il maresciallo Badoglio. Assolutamente imparziale la Chiesa, che evitò sempre e comunque qualsiasi presa di posizione.

A Roma, i canali d’informazione sui risultati erano due. Uno, proveniente dalle prefetture, faceva capo al ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita. L’altro, proveniente dalle 31 circoscrizioni elettorali, confluiva verso il ministero della Giustizia di via Arenula, retto dal capo del Partito comunista Palmiro Togliatti, e da qui alla Suprema Corte di Cassazione, presieduta da Giuseppe Pagano, che aveva il compito di sommare i voti e proclamare il risultato finale. Chiuse le urne, furono dapprima scrutinate le schede per la formazione dell’Assemblea Costituente, poi si passò a quelle referendarie.

Alle ore 8 del 4 giugno il ministro dell’Interno Romita redige un primo prospetto dei risultati e lo porta al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Il prospetto riguarda 4000 sezioni su 35.000, tutte localizzate nel Centro Nord, tendenzialmente «repubblicano», e attribuisce alla repubblica una maggioranza del 65 per cento. Decisamente poco, se si considera che gli italiani del Sud e delle Isole sono nella stragrande maggioranza monarchici. De Gasperi, che personalmente è per la repubblica, vede nero e quella sera stessa informa il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, che si profila assai probabilmente la vittoria della monarchia. Il mondo politico romano entra in fibrillazione. Massimo Caprara, all’epoca segretario personale di Togliatti, ha ricordato, in un articolo pubblicato su «Nuova Storia Contemporanea» n. 6 del 2002, che fu lui stesso a «passare» a Togliatti la telefonata di un Romita disperato. I risultati continuavano ad affluire al Viminale, questa volta anche dalle prefetture del Sud, e, al momento della telefonata, nel pomeriggio inoltrato del 4 giugno, la monarchia era ormai al 54 %. Fu a quel punto che Togliatti decise di agire direttamente sui funzionari del suo ministero addetti alle circoscrizioni delegando loro una «autonoma gestione dei voti», da comunicare alla Cassazione «al di fuori di ogni controllo». Se le parole hanno un  senso: fate vincere la repubblica a tutti i costi. Da un punto di vista storico, la cosa è del tutto logica: i funzionari erano infatti tutti uomini di fiducia del Guardasigilli, e quindi del PCI.

E’ a questo punto che, nella tarda mattinata del 5 giugno, De Gasperi va al Quirinale e informa personalmente il re Umberto II, affinché possa regolarsi, che la repubblica ha vinto. Umberto dispone immediatamente che la regina Maria José e i figli s’imbarchino per il Portogallo sull’incrociatore «Duca degli Abruzzi», lo stesso che ha trasportato Vittorio Emanuele III, dopo l’abdicazione, ad Alessandria d’Egitto. Frattanto la stampa diffonde la notizia della probabile vittoria della monarchia e nel frattempo raccoglie le dichiarazioni polemiche e critiche dei sostenitori di re Umberto. Da sinistra si risponde per le rime. Pietro Nenni sull’ «Avanti!»: «O la repubblica o il caos!».

Gli occhi di tutti erano puntati sulla Cassazione, cui toccava il compito di dichiarare ufficialmente chi aveva vinto e chi aveva perso. E fu sul tavolo della Cassazione che tempestivamente, prima del computo finale, l’onorevole Enzo Selvaggi, monarchico del Partito Democratico Italiano, fece recapitare un ricorso nel quale metteva in guardia i giudici: attenti, quello che conta è il numero dei votanti e non quello dei voti validi. Si riferiva, Selvaggi, subito seguito dall’onorevole Giovanni Cassandro, all’articolo 2 della legge 16 marzo 1946, istitutiva del referendum. L’articolo disponeva che avrebbe vinto la forma istituzionale (monarchia o repubblica) che fosse stata indicata «dalla maggioranza dei votanti» e non «dalla maggioranza dei voti validi», principio al quale invece, fino a quel momento, prefetture e funzionari di via Arenula si erano attenuti per il computo dei voti. Infatti, le rilevazioni erano state fatte soltanto sui voti giudicati validi. Delle schede giudicate non valide (bianche, sporche o dubbie) non era stato fatto neppure il computo. Poche ore dopo, sul tavolo della Cassazione giungeva un secondo ricorso, firmato dalla Medaglia d’Oro della Resistenza Edgardo Sogno, che chiedeva l’invalidazione del referendum essendo stati esclusi dal voto i residenti nella provincia di Bolzano e nella Venezia Giulia.

Fu a questo punto che al primo presidente della Cassazione, Giuseppe Pagano, giunse una lettera di Togliatti che – come nota Franco Malnati nella sua opera «La grande frode» – forte del suo potere disciplinare sulla magistratura, gli ordinava di limitarsi alla lettura delle cifre dei verbali di ognuna delle 31 circoscrizioni elettorali e alla sommatoria complessiva «omettendo qualsiasi ulteriore pronuncia»: chiara infrazione – nota Malnati – della legge che invece prevedeva, da parte della Cassazione, «la proclamazione del risultato del referendum».

Lunedì 10 giugno: nella Sala Lupa di Montecitorio, il presidente Pagano comunica i risultati raggiunti: 12.672.767 voti per la repubblica, 10.688.905 per la monarchia. Mancano 118 sezioni (che comunque, data la loro esiguità numerica, non modificheranno nulla), ragione per la quale si rinvia la comunicazione definitiva ad una successiva seduta fissata per il giorno 18.

Martedì 11 giugno: gravissimi disordini a Napoli. La polizia apre il fuoco su un corteo monarchico. Nove morti. Disordini anche a Bari e a Taranto. Tutto il Sud, profondamente monarchico, è in subbuglio.

Mercoledì 12 giugno: Consiglio dei ministri in un clima di fortissima tensione. Togliatti, anche in seguito alle migliaia di denunce per brogli che continuano a piovere a cura dell’UMI (Unione Monarchica Italiana), dice testualmente: «Vi sono ricorsi che possono anche richiedere l’esame delle schede che tra l’altro non sono qui e forse sono distrutte» (da Aldo A. Mola: «Storia della monarchia in Italia»). In effetti, «sacchi e pacchi di verbali saranno poi rinvenuti nei luoghi più disparati» (ibidem). Anni fa una giornalista di «Libero» intervistò il padre gesuita Brunetta di San Fedele il quale confermò le perplessità sulla legittimità dello spoglio e testimoniò che nelle cantine del Viminale egli stesso aveva visto le casse con le schede mai aperte.

Giovedì 13 giugno, ore 0,15: al termine della seduta, De Gasperi, in accordo con tutti i ministri eccettuato Leone Cattani, dichiarò di assumere i poteri di capo provvisorio dello Stato. Umberto II, subito informato, decise che sarebbe partito in aereo quel giorno stesso, alle ore 15, per l’esilio in Portogallo.

Al momento della partenza per l’esilio, l’ultimo re d’Italia consegnò alla stampa un “Messaggio agli italiani” nel quale era possibile leggere:

«Questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo, con atto unilaterale e arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza. Proclamo pertanto lo scioglimento del giuramento di fedeltà al Re, non a quello verso la Patria, di coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove».

Umberto II morì a Ginevra il 24 marzo 1983. Suo padre Vittorio Emanuele III era morto ad Alessandria d’Egitto il 28 dicembre 1947.

13 commenti su “2 giugno 1946 – 2 giugno 2017. Falsificare un referendum è possibile”

  1. HO VISSUTO QUEL PERIODO ERO RAGAZZO, RICORDO BENE L’ARIA CHE SI RESPIRAVA CON NENNI, ROMITA (MINISTRO DELL’INTERNO) TOGLIATTI, DIVITTORIO E TUTTA LA SINISTRA, COSI’ E’ NATA L’ITALIA DI OGGI

  2. l’ Italia : prima unita monarchicamente con la violenza dei contro-Dio e dei contro-la-Chiesa, poi – nemesi interna alla storia- rinata repubblicanamente con un’ altra violenza dei nuovi contro-Dio e dei nuovi contro-la- Chiesa : risultato: Paese Bordello e Finito: Vendetta di Dio!

    1. Grazie professore. Non posso dimenticare l’adorazione di precetto per i giornalisti RAI -in particolare per il “cattolico e boy-scout”(….) Badaloni- verso “Sandro”. Era sufficiente, per loro, ripetere “Dovunque vada, il popolo lo invoca con entusiasmo e familiarità: lo sentono come uno di loro” (= “Francesco”).

      Naturalmente “Sandro” fece Presidente del Consiglio il primo anticattolico del Dopoguerra: G.Spadolini, di ambiente massonico fiorentino (….)

  3. Casa Savoia ottenne la corona d’Italia con una serie di plebisciti fasulli e l’ha perduta con un plebiscito fasullo

    1. Tutti -quelli ottocenteschi e quello novecentesco- basati sul classico principio liberale, cioè massonico: “Popolo ignorante, Noi Illuminati sappiamo ciò che è bene per voi; le vostre cerchie (cosche) borghesi lo sanno anch’esse. Non preoccupatevi, ci penseremo Noi a far brillare lo Stellone (a cinque punte) su di voi… e ad allontanare la Croce, che significa Sacrificio a Dio gradito. Vivrete dicendo a Dio “Come mai non ci fai vivere in Paradiso subito??” “

    2. giustissima osservazione, e sempre come ‘vittima’, un popolo bue che non ha saputo opporre alcuna VERA resistenza…un popolo che ha fatto in fretta ad adeguarsi e a riconoscere il dato di fatto, col quale bisognava convivere, e trarne profitto … Ben altra cosa fu la resistenza cattolica in Inghilterra all’imposizione della religione protestante da parte del POTERE (anche là ABUSIVO…), con le CENTINAIA DI SUOI MARTIRI EROICI…. DOVE SONO I MARTIRI DELLA RESISTENZA CATTOLICA al SOPRUSO di CASA SAVOIA, prima, e degli SGHERRI DEL C.N.L., poi??? Gli Scalfaro, che da scalfarotti delle stalle borboniche passano ai ‘fastigi’ del Quirinale, residenza papale rubata, i De Gasperi che del nome abusato di ‘cristiano’ ha fatto l’arma di eliminazione definitiva di ogni residuo sentimento cristiano dello stesso popolo???

      1. Nell’Ottocento il Regno di Napoli pagò un prezzo altissimo, impensabile, in termini di sangue, di devastazione socio-economica, di “affidamento in gestione” alla delinquenza, di fine della sua vocazione marinara (ripresa poi da Mussolini), di emigrazione per fame e disperazione (quella vera, indotta dai “forti”).
        La Chiesa fece complessivamente “poco”, sia al Sud sia altrove. La stessa Roma, con il Quirinale occupato, la Gregoriana trasformata in Liceo massonico (poi frequentato dal piccolo Eugenio Pacelli), i pranzi con le salsicce in Piazza San Pietro il Venerdì Santo ecc., visse un’atmosfera prevalentemente “borghese”, a quanto ne so.
        E di nuovo la stessa cosa si verificò dopo il 1945 (Roma era stata “poco toccata”: “solo” alcune MIGLIAIA di morti nei bombardamenti aerei). Allora, però, iniziò il grande inganno di ciò che il prof. de Mattei ha chiamato “Il Centro che ci portò a Sinistra”: l’idea massonica di iscatolare i “Cattolici” in un partito, per poi far accettare ai capi di tale partito tutti gli orrori, in favore di una “più ampia partecipazione democratica (e antifascista)”.

        1. Tutto vero, Raffaele, il Sud devastato in nome del progresso dei popoli (progresso ‘massonico’, ovviamente, a trazione dei SOROS di allora…), ma insisto: Dove è stata la resistenza CATTOLICA al sopruso contro Dio e la sua Chiesa, al Sud come al Nord, passando per il Centro? Non tarderà molro invece a farsi sentire il PATTO GENTILONI (nome che interpreta ancora oggi lo stesso inciucio CATTOLICO – MASSONICO). RISULTATO: paese da spazzatura!

          1. Scarsa, come dicevo: nell’Ottocento, nel Novecento e nel Duemila.
            Anche perché nell’Ottocento la dinastia sabauda (effettivamente cattolica fino a qualche decennio prima) si pose, o fu posta, come “garanzia per i benpensanti”: “Occupiamo Roma, ma con un Tricolore con la Croce”; nel Novecento un ruolo simile fu dato e fu assunto dal “partito dei Cattolici”: “Vi difendiamo noi, con lo Scudo Crociato”.
            Oggi infine -in modo evidente dal 2011, 150° delle gesta massoniche piemontesi- la Chiesa stessa, nei suoi vertici non più cattolici, ha benedetto il nuovo giro di vite massonico. Berlusconi volle salvare Eluana – Napolitano lo bloccò – “Famiglia Cristiana” pose quest’ultimo in copertina, come “uomo di straordinaria levatura morale”.

            Del resto, come dissi in passato, non ho mai -dicesi MAI- sentito dire dal pulpito, dal 1978 a oggi, che chi ha abortito è scomunicata

  4. Quindi non c’é nulla da festeggiare il 2 giugno se non una frode massonico / coomunista – i risultati si vedono oggi, un popolo e una Nazione distrutta in mano a poteri apolidi finanziari. Ce lo meritiamo per avere in massa e sempre di più abbandonato Dio.

  5. La “liberazione” e la “repubblica” sono perfettamente rappresentati dalle facce e dal nulla delle parole di Mattarella e Gentiloni. Forse siamo giunti al top.

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