“L’eterosessualità è pericolosa”. Questo è il titolo di un articolo pubblicato dal quotidiano madrileno El Paìs, corrispettivo iberico di Repubblica – espressioni della post borghesia urbana moderna e progressista – per celebrare la recente giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A questo siamo arrivati. Il problema, tuttavia, è a monte. Frase vuota, frase pronta, ma è la verità di fronte allo sgomento, la reazione di chi non crede ai propri occhi, non sa più in che mondo vive. L’autore della lunga intemerata è tale Paul B. Preciado, definito da Wikipedia filosofo femminista transgender, docente universitario a Parigi.

Si tratta di una donna che si sente uomo, ha adottato l’aspetto esteriore e l’abbigliamento maschile, simboli di un “percorso di transizione di genere”. Il suo nome anagrafico è Beatriz, modificato in Paul per esprimere il rifiuto dell’identità biologica, di cui ha mantenuto traccia nella B puntata. Dalla sua biografia apprendiamoche, dopo aver conseguito prestigiosi master a Princeton ed essere stato allievo di Jacques Derrida e Agnes Heller, insegna Storia politica del corpo, Teoria di genere e Storia della prestazione, discipline indispensabili nel curriculum di ogni colto occidentale. Ha ottenuto un premio da parte del Sicilia Queer Filmfest, in occasione della sua conferenza dal titolo La rivoluzione somatopolitica a venire.

Non conosciamo il significato di somatopolitica, ma sappiamo che queer è il termine utilizzato per indicare le “minoranze sessuali non eterosessuali”. Tra le sue prestazioni filosofiche, segnaliamo Manifesto contra-sessuale, Testo tossico. Sesso, droga e biopolitica, Pornotopia, Playboy; architettura e sessualità, opere tradotte in varie lingue, tra cui la nostra. Collabora a Internazionale, rivista cult della sinistra italiana e, come detto, dispone di una tribuna mediatica del livello di El Paìs. Tutto questo per rilevare la differenza tra la narrativa ormai semi ufficiale di cui Preciado è banditore e i canali pressoché clandestini a cui sono ridotti i sostenitori della normalità, dei modelli naturali, gli ultimi partigiani di Dio, patria e famiglia. L’inversione totale è la metafora del tempo bastardo che ci è toccato in sorte.

A beneficio di chi ha ancora orecchie per udire, cuore e cervello per reagire, riassumiamo l’articolo di Preciado, ribadendo che non si tratta del delirio di uno spostato, ma del pensiero articolato di un esponente della cultura ufficiale, titolare di cattedra universitaria, in grado di occupare le pagine di grandi giornali del sistema. Utilizziamo per comodità il genere grammaticale maschile, giacché non ci è dato sapere quale sia il suo sesso biologico. Del resto, che importa, conta ciò che uno si sente oggi, domani chissà.

La confusione è grande sotto il cielo, dunque la situazione è favorevole, parola di Mao Tze Tung, per il quale il potere politico nasce dalla canna del fucile. Più moderato, Preciado si limita ad esigere l’abolizione della famiglia e del matrimonio eterosessuale (per quello omosessuale e il poliamore si vedrà) e auspicare che ogni donna “abbia una pistola e sappia come usarla”. Chissà se è somatopolitica. Segnaliamo il brano alla commissione Segre: apologia della violenza, odio o libera opinione di un docente un po’ trasgressivo?

Preciado muove dall’affermazione che “gli omicidi delle donne nella sfera domestica avvengono nel quadro di una relazione eterosessuale”, per lanciare una serie di sconcertanti asserzioni, balzane teorie e proposte che dimostrano la deriva di una civilizzazione, la nostra, che agonizza gaiamente tra spasmi scambiati per segnali di vita. Il professore Victor Victoria ci informa che “essere un corpo identificato come donna sul pianeta Terra nel 2019 è una posizione politica di rischio”. La prima obiezione è che donne e uomini non sono corpi, ma persone con un cuore, un’anima e un cervello. Quisquilie, come la statistica ufficiale dell’ONU attestante che circa l’ottanta per cento degli omicidi nel mondo vede gli uomini come vittime. E’ dunque più rischioso, in base al Preciado-pensiero, essere un corpo maschile (notate il verbo essere; tutti noi retrogradi avremmo usato “avere”).

La precisazione è politica e nonanatomica perché “non c’è nulla, empiricamente parlando, che ci permetta di stabilire una differenza sostanziale tra uomini e donne. Non conosco donne che vengono aggredite perché camminano con una lettera cromosomica XX disegnata sulla fronte, o atti di violenza sessista che richiedono un esame dell’utero come condizione preliminare per eseguire l’attacco.” Colpiti e affondati. Il secondo assalto è più prevedibile: “le donne sono vittime della violenza perché sono culturalmente situate in una posizione politica subalterna contro l’uomo etero-patriarcale”. Spicca la preposizione “contro”, segnale del transito neo femminista ed omosessualista nella lotta di classe.

Più interessante la citazione successiva: “viviamo in culture fasciste (ti pareva… N.d.R.) maschiliste neo liberali in cui la violenza viene esercitata su tutte le donne e su tutti i corpi non binari e non eteronormativi”. Non vi è quindi alcuna donna non colpita da violenza, affermazione quanto meno azzardata, ma colpisce l’accento sui corpi binari e non eteronormativi. Rifuggiamo dai psicologismi d’accatto, ma l’insistenza sul corpo ci sembra un’ossessione vissuta in un orizzonte di gelido materialismo, prigionieri di istinti inferi. Binario ed eteronormativo, nel lessico LGBT, indicano le esecrate categorie della normalità, definite “un regime sessuale necropoliticoche pone le donne, cis o trans, nella posizione di vittima e cancella la differenza di potere e violenza”.

Preciado ne inferisce che “l’eterosessualità è pericolosa per le donne”, invitate ad essere lesbiche come forma di militanza politica e femminista. Infastidisce il linguaggio criptico, infarcito di neologismi simili alle contorsioni intellettuali del post Sessantotto e del neo marxismo libertario. Il seguito è ancora più dirompente: esisterebbe una “relazione silenziosa tra violenza ed eterosessualità”; “la maggior parte degli abusi e della violenza sessuale contro i bambini e le bambine avviene all’interno della famiglia eterosessuale”. Qui Paolo Beatrice dà il meglio di sé, giacché nel testo spagnolo, inaugura un vocabolo inesistente, “nines”, un genere neutro a significare la fiduciosa attesa della scelta del genere da parte dei fanciulli/e. La richiesta è scontata, “l’abolizione della famiglia come istituzione di riproduzione sociale”. Infatti “non abbiamo bisogno di sposarci. Non abbiamo bisogno di formare famiglie. Dobbiamo inventare forme di cooperazione politica che vadano oltre la monogamia, l’affiliazione genetica e la famiglia etero-patriarcale”. Si cercano brevetti, Archimede Pitagorico è avvertito.

L’articolo insiste con affermazioni incredibili, tipo “dire che ci sono donne naturalmente eterosessuali è fallace quanto (diciamo) che gli uomini sono naturalmente violenti, o che l’eterosessualità non è un orientamento o una scelta sessuale, ma un obbligo politico per le donne”. La morale – se ci passate il termine – è che le donne sono tutte lesbiche e gli unici uomini non violenti sono gli omosessuali. Preciado parla altresì di “eterosessualità recalcitranteche non ha smesso di essere mortale”, avvertendo che sono “gli uomini cis” quelli che “devono avviare un processo di de-identificazione critica rispetto alla loro proprie posizioni di potere nell’eterosessualità normativa” e, come no, “decodificarsi (??) de fascistizzarsi e de- neoliberalizzarsi”. Che fatica, per soggetti recalcitranti ad assumere la nuova verità scoperta dai dottori Stranamore dopo millenni di oscurantismo.

Vale la pena, a beneficio dell’ignoranza di noi recalcitranti, svelare che “cis” è il prefisso assegnato ai normali, ovvero le persone “che si identificano con il genere loro assegnato alla nascita, a differenza delle persone trans o non binarie “. Le donne sono vittime di violenza perché “situate culturalmente in una posizione politica subalterna rispetto agli uomini etero-patriarcali. Anche le donne transessuali, gli uomini effeminati e le persone la cui coreografia corporea o codice di abbigliamento non corrispondono a quanto previsto in termini di genere in un determinato contesto sociale e politico, sono soggetti a violenza“. Il nostro sarebbe un “regime sessuale necropolitico”, definizione che qualche esperto ci vorrà tradurre nella lingua di chi vive e veste panni.

Preciado aggiunge, con una lunga circonlocuzione, che la violenza non è questione di uomini, ma di maschi eterosessuali, indicando la sua scoperta come il dato politicamente più rilevante. Solo tra gli omosessuali, vero popolo arcobaleno, regnerebbe la pace. Il riconoscimento della relazione tra violenza ed eterosessualità richiede il cambiamento degli obiettivi della comunità LGBT. “Il movimento gay e lesbico si è concentrato negli ultimi trenta anni sulla legalizzazione del matrimonio omosessuale; un movimento di liberazione somatopolitica oggi mirerebbe ad abolire il matrimonio eterosessuale come istituzione che legittima quella violenza“. Basta dunque con l’antiquata pratica di sposarsi tra uomini e donne. Preciado incalza, sostenendo, con disinvolta manipolazione statistica, che la maggior parte degli abusi e delle violenze sessuali contro i bambini ha luogo all’interno della famiglia eterosessuale, il che dovrebbe consigliare l’abolizione della famiglia come istituzione della riproduzione sociale, ma anche “della domanda di legalizzazione dell’adozione da parte delle famiglie omoparentali.” Un formidabile caos (dis)organizzato, con un unico elemento consolante: durerebbe pochissimo per estinzione biologica.

Interessante è la citazione di teoriche trans lesbo femministe, Gayle Rubin, Pat Califia e Kate Bornstein, il cui invito per tutti/e è di non praticare relazioni eterosessuali. Il commento di Preciado è oscuro, quasi esoterico. “Questo richiede una preventiva de-identificazione di uomini e donne. Quale sarebbe una relazione eterosessuale in cui chi presumibilmente occupa la posizione politica dell’uomo rinuncia alla definizione sovrana di mascolinità come detentore del potere? Come sarebbe una relazione apparentemente eterosessuale, ma senza uomini e senza donne? “

Domande che sorgono solo nella mente di codesti distruttori dell’umano cui vengono concessi palcoscenici di massa, prova che non di tesi borderline si tratta, ma dell’esito finale dell’ideologia dominante, in cui la civilizzazione si trasforma in agonia mortale. I profeti- Paul Beatriz si sente tale- conoscono la scarsa popolarità della loro condizione, ma hanno la risposta per ogni obiezione: “ciò che è presumibilmente abietto è meglio della norma; solo la trasformazione del desiderio può mobilitare una transizione politica. Immagino che quello che sto dicendo non generi un entusiasmo immediato nelle masse, ma è necessario affrontare collettivamente le conseguenze del patrimonio necropolitico del patriarcato. Se fosse un marchio, lo chiamerebbero merda espansiva. Solo la de-eterosessualizzazione delle relazioni renderebbe possibile la liberazione non solo delle donne, ma anche e paradossalmente degli uomini.”

Chiediamo scusa per la complicata citazione da cefalea, gaia scienza il cui senso è il manifesto funebre – necropolitico- dell’umanità occidentale. Che dire, ma soprattutto che fare? La prima reazione, elaborato lo sconcerto, è l’auspicio che l’infezione segua il suo corso. La civiltà che vuole morire merita una fine ingloriosa. Almeno facciano presto. Chiusa per esaurimento la cultura euro occidentale, qualcuno ricomincerà con principi diversi, che inevitabilmente saranno quelli orientati alla vita, alla riproduzione sociale, all’ordine civile, alla messa in forma della comunità.

Superato il pessimismo radicale, dobbiamo continuare a lottare per la verità, non lasciare campo libero alle culture necrofile che diffondono menzogne e vere follie. Serve una dottrina del risveglio, imporre di agire alla politica, alla cultura seria, alle agenzie morali, a partire dalla Chiesa cattolica attardata nei miti mondialisti e regredita al tribalismo. Non si può consentire che la libertà di opinione valga solo per gli alfieri della dissoluzione. Bisogna attivare una vigorosa reazione di verità, informazione e cultura, difendere le famiglie e le generazioni più giovani dai virus sub culturali iniettati a dosi massicce nella scuola, nell’università, nel sistema di intrattenimento che distorce le coscienze.

È urgente tornare alla realtà e alla verità. Per citare un collega di Preciado, Aristotele, un filosofo del trapassato remoto, la più piccola, iniziale deviazione dalla verità si moltiplica, via via che procede, mille volte tanto. Georges Bernanos, scrittore cattolico francese, scrisse che non esistono verità medie. L’erba è verde, la neve è bianca, la pioggia bagna. Gli eterosessuali, o cis-sessuali sono le persone normali, il loro “orientamento” non è pericoloso poiché rispetta il progetto del Creatore o, se preferite, di Madre Natura.

4 commenti su “L’eterosessualità è pericolosa”

  1. Purtroppo, come anche Roberto Pecchioli lascia intravedere, molte di queste teorie esistono da decenni da prima e soprattutto dopo il Sessantotto, ma rimanevano confinate nelle subculture della sinistra estrema.. Negli ultimi 25-30 anni c’è stata una sempre maggiore saldatura tra queste posizioni dissolventi e i potentati internazionali politici ed economici.

  2. Una civiltà che con tanto furore vuole autodistruggersi sarà presto accontentata.
    E’ vero che non si può mai rinunciare a contrastare la menzogna (nemmeno quando si balla sull’orlo del baratro).

  3. E’ agghiacciante!
    E’ proprio vero, ad una civiltà che vuole autodistruggersi, è auspicabile una fine ingloriosa.
    Personalmente, ho provveduto con enormi sacrifici a crescere una famiglia tradizionale (spero si possa ancora definire così!), con l’aiuto di mia moglie, abbiamo inculcato ai nostri figli la strada della rettitudine non senza fatica. Tuttavia, un noto esponente dell’attuale Italico governo, in occasione della giornata della famiglia a Verona, ci ha tacciato come trogloditi definendoci “roba da medio evo”.
    Vivo in una città, dove all’ultima carnevalata del Gay Pride, il primo cittadino “donna”, con tanto di fascia tricolore, si è concessa un selfie con linguaccia in primo piano, sottobraccio ad una nota esponente di spicco LGBT. La foto è stata pubblicata con enfasi in prima pagina dai soliti media progressisti, come se fosse un trofeo.
    Purtroppo, questi artefici del decadimento del genere umano, pur essendo una minoranza, hanno a loro disposizione palcoscenici importanti per condizionare le future generazioni.
    Pertanto, ogni giorno prego il Creatore affinché possa trionfare e sempre la verità contro queste aberranti culture necrofile.

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