ANCHE IL BUE HA LE SUE ANTENNE. RIFLESSIONI DOPO I RISULTATI ELETTORALI – di Piero Nicola

di Piero Nicola


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Da giovane, inesperto e privo di un illuminato orientamento, mi interessò seguire alcuni corsi di tipo universitario sulla politica, organizzati da un Istituto di indirizzo liberale, che cercava ragazzi idonei ad essere instradati all’attivismo di partito.

I testi classici erano quelli di Gaetano Mosca e di Max Weber, dove ricorreva un dato sociologico che quei maestri quasi non si degnavano di spiegare, mentre la mia gioventù era urtata dal loro cinismo. Esso diceva una cosa alquanto risaputa dalla maturità: perché un popolo faccia una rivoluzione bisogna che subisca una grave perdita nei suoi bisogni vitali. C’era poi chi si divertiva a osservare che non si fanno barricate con l’ombrello, né sommosse sotto il solleone.

Quegli scienziati sterili come il loro sapere, chiusi nel padiglione di vetro della scienza neutra, conoscono male la storia, interpretandola col ristretto metodo psicologico e pseudo-documentale. Sono gli studiosi che negano o accantonano un fenomeno pure tangibile (spiegabile con la spiritualità o col soprannaturale), quando risulti inafferrabile per le loro misurazioni e non lo si possa riprodurre nei loro gabinetti maleodoranti. Infatti chi può dire che le rivolte della Vandea e le nostre insorgenze antigiacobine dipesero dalla fame, da bisogni materiali resi estremi per colpa del pubblico potere, piuttosto che da un sentimento morale e religioso?

Ma in tempi bassi come questi, quando il popolo non prega o prega male e non si vede santità capace di produrre efficaci intercessioni, è pur vero che la gente bada al proprio stomaco e ai propri sfoghi, e che una minoranza di indigenti, non sapendo da che parte rifarsi, si adagia nell’inerzia del mendicante. Ciò non toglie che i tanti che stanno male, che stanno peggio e gli ancora molti che la sfangano ma sono stucchi di telefonini, di tavolette mirabolanti e rompicapo, mentre un mondo di falsità e di esose pretese li assilla, ciò non toglie, dicevo, che dandosene l’opportunità, tutti questi reagiscano persino a dovere.

Queste elezioni hanno portato l’ingovernabilità. Meglio l’ingovernabilità che il malgoverno del declino inesorabile. Questo voto di protesta ha impedito che uno dei blocchi contrapposti potesse prevalere, e già gli speculatori che manovrano lo spread e i loro servitori avanzerebbero ipoteche sul futuro governo, già dicono impossibile un nuovo ritorno alle urne, già il Loden si frega le mani di nascosto, dietro le sue untuose e tossiche perorazioni da politicante di sette cotte, per cui impallidisce la scuola delle memorabili convergenze parallele.

Scavalcando questa vecchia robaccia, possiamo star contenti. Sì, perché un bel po’ di gente ha dimostrato coi fatti di averne abbastanza di governanti che tirano acqua al mulino della speculazione, dei mercati inafferrabili, delle banche marpione; sono uomini e donne che soffrono ormai di allergia per tutto l’apparato manutengolo del potere che piace oltre confine.

Grillo e i grillini sdegnano la stampa? Un gesto in sé corretto, per quanto indiscriminato. Ed è inutile che il conformismo voglia dialetticamente cacciare il Movimento Cinque Stelle nell’angolo populista, dove si offende la libertà di informazione. Non c’entra che il comico genovese possa essere una malattia. Le cose stanno altrimenti.

I saccenti che si rinsanguano nei convegni televisivi hanno sfoggiato il loro acume da salotto dando spiegazioni originali circa il fallimento delle previsioni di voto. È forse questo fiasco il segno più solido e confortante della reazione popolare al sistema fraudolento e vampiresco. Il cittadino qualunque ha mandato al diavolo una classe politica corrotta, imbelle e prona allo straniero, e, senza guardare per il sottile, l’ha presa in giro attraverso i suoi strumenti, che fossero giornalisti o addetti ai sondaggi; e allora la speranza non è morta. Qualcosa si è cominciato a capire, un po’ di chiaro va penetrando nei cervelli. Ai volponi che prosperano sulla miseria che abbrutisce e sul vizio che incatena anche gli individui efficienti, utili per andare avanti, a questa genia comincia a mancare il terreno sotto i piedi.

Certo, i veneratori di Gaetano Mosca e di Max Weber e i socialisti post-moderni sono tranquilli sul conto dei grillini, degli astenuti dal voto e di quanti hanno votato scheda bianca o nulla, o si sono turati il naso facendo la crocetta del dovere civico, essi credono che gli indocili rientreranno nei ranghi, perché l’uomo è corruttibile e si corrompe anche da solo. Ma se in qualche modo i parlamentari a cinque stelle a Roma dovessero vendersi l’anima al mercato, i partiti e i superpartiti con che cosa riusciranno a sedare i bisogni e il risentimento delle masse che hanno inteso o subodorato i raggiri? Il popolo italiano, senza essere pari al soldato italiano nella capacità di sacrificarsi, in particolari condizioni ha dimostrato un certo eroismo. Ora però, sta diventando arduo dargliela ancora ad intendere. I seguaci della sinistra sono in procinto di disfarsi della loro fedeltà proverbiale. Bersani sarà costretto a divergere da Monti. Monti non potrà recitare la replica. Berlusconi, anche lo volesse, non può formare una grama coppia con Bersani, specie dopo la trascorsa brutta prova di maggioranza larga.

I corvi e le iene si getteranno sulla nostra ingovernabilità? Purché serva per risalire, ben venga anche questa crisi. Senza passare per i sacrifici non si ottiene nulla, non si perviene al principale: la ripresa sovranità bancaria e monetaria, l’uscita dalla morsa della finanza internazionale, dalla minaccia del fallimento di stato.

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