Quando si viaggia con libertà di sostare un po’ dove si vuole, capita di imbattersi in panorami che mai si sarebbero immaginati. È avvenuto così, leggendo il libro del professor Michele Feo (Cosa leggeva la Madonna, “La Colombaria”, Polistampa, 2019); un piacevole excursus su un aspetto iconografico mariano un po’ sottotraccia. L’autore ripercorre la storia delle raffigurazioni della Madonna mentre sta leggendo un libro. È ovvio che nell’era cristiana quel libro era la Scrittura, l’unico testo del sapere nella quale tutto si comprendeva, per eccellenza testo ebraico e cristiano, come Maria.

Nel primo millennio, Maria è perlopiù rappresentata nel modo ieratico in cui è rappresentato Suo Figlio. Nel momento in cui prende piede e si sviluppa la presenza del libro, presumibilmente intorno al IX secolo, nella rappresentazione della Madonna inizia ad apparire il libro. Dalla fine del XII secolo, dopo Giotto, diverrà una modalità rappresentativa costante.

Maria legge un libro aperto su un leggio o in grembo, o vicino a sé. Era quasi d’obbligo immaginare che il libro di lettura tra le sue mani fosse il profeta Isaia (dove poteva leggere la sua storia…). Ricorda Feo che l’aggancio di partenza è un’osservazione di sant’Ambrogio: “Ecco la Vergine concepirà nell’utero e partorirà un figlio.  Maria aveva letto queste parole e per questo credette che sarebbe avvenuto” (Esposizione del Vangelo secondo Luca, II, 15, Roma, Città Nuova 1978, vol. 1 pag. 161.).

Fermiamoci a riflettere su questi elementi, non privi di suggestioni nel nostro mondo frettoloso. Innanzitutto la considerazione del libro in se stesso, che la nostra era digitale che sembra volerlo relegare tra le antichità, ma che ci ricorda come in altri tempi, però, rappresentasse un mistero in sé e molto si scontava a quanti lo potevano maneggiare.

Nei ritratti della Madonna è interessante, inoltre, cogliere l’impegno del pittore nell’attirare l’attenzione sullo sguardo e sul gesto di Maria; c’è una grande cura nel trasmetterne la calma, come se il primo aspetto che attrae in Maria sia la pace di chi abita al riparo dell’Altissimo (Ps 90,1) e questo senso di riposo non è disgiunto dall’energia che traspare in Maria attraverso la sua attenzione.

Il libro, infine, si pone tra Lei e l’Angelo, come se, quanto vi è contenuto, si ponesse a garanzia del messaggio dell’Angelo, l’esorcismo per una possibile illusione. Perché il libro ha attratto così tanto? La prima risposta che molto riflette la nostra impostazione culturale si muove dalla convinzione che la presenza del libro è dovuta a un maggiore accesso alla cultura da parte delle donne. Ovviamente c’è una parte di verità, ma si potrebbe percorrere anche un’altra strada. Potrebbero, però, essere di aiuto le parole dell’Apocalisse (già presenti nel profeta Ezechiele 2,8) dove si parla di un libro scritto sul lato interno e su quello esterno (Ap 5,1).

Chiediamo ancora aiuto a sant’Ambrogio e al suo commento al Vangelo di san Luca (V, 105-6, pag. 441). Le parole di cui Gesù si serve per descrivere Giovanni Battista, se teniamo a mente Maria che legge il libro al momento dell’Annuncio, possono anche illustrare  cosa sia realmente avvenuto in quel frangente e come, il dettato artistico, lo abbia espresso in profondità.

Ambrogio, riferendosi alle canne di cui parla Gesù, ricorda come nascono vicino ai corsi d’acqua e vengano usate per produrre il calamo, lo stilo, che ha sulla punta una piccola fenditura attraverso cui passa l’inchiostro. Lo stilo serve a incidere (o a scrivere) i comandi del Signore sia sulle tavolette, ma soprattutto nel cuore e conclude: “… in un solo passo si legge che Egli è Verbum e calamo, e scriba.  Verbum perché è proceduto dal mistero generativo del Padre – il mio cuore ha proferito una parola buona – calamo perché la carne di Cristo ha scritto l’intero seguito della volontà del Padre […] scriba, perché mediante la sua penna, quasi con la fenditura invisibile del Nuovo e dell’Antico Testamento […] ci ha rivelato i misteri dell’economia del Padre. Imita questo calamo con la temperanza del tuo corpo, intingi questo tuo calamo, cioè la tua carne, non nell’inchiostro, ma nello Spirito di Dio […] Una canna magnifica è la carne di Cristo”

Giunta al momento dell’Annuncio, Maria è invitata a non limitarsi a leggere l’interno della sua storia (la ‘vergine’ del libro di Isaia), l’Angelo le apre il libro dall’esterno: il Figlio che nascerà da Lei, come dice Gv 1,18 racconterà (ma il testo greco del Vangelo è più preciso perché dice spiegherà) Dio, come si spiegava la Torah ai bambini.

Maria, congiungendo in sé l’Antico e il Nuovo Testamento, è scelta per essere la misteriosa fenditura di quel calamo che incide nel cuore dell’uomo la strada del ritorno a Dio. Seguendo questo filo dell’immagine si cammina sull’orlo del mistero, se si mantiene lo stesso sguardo pacato che gli artisti hanno trasposto presentando Maria con un libro, si impara a posare il proprio sguardo sulle cose contenendo il bisogno del possesso che rassicura.

Maria è sì ianua cœli, la porta attraverso la quale Cristo è entrato nel mondo, ma anche turris davidica, la torre di Davide a Gerusalemme; fenditura misteriosa quindi, legata al popolo di Israele.

Cercando di entrare nel mistero dell’intreccio tra l’Antico e il Nuovo Testamento in Maria i primi indizi da ricercare sono individuabili, provenendo tutti dalla Scrittura, in alcuni precisi momenti cultuali nel percorso annuale e settimanale con il quale la Tradizione ha legato Maria ai cristiani, ma gli stessi momenti sono anche, temporalmente, altrettanti momenti della vita cultuale ebraica; connessioni forse fragili, ma feconde.

Soffermiamoci per esempio al giorno del sabato che per i cristiani è tradizionalmente dedicato alla Madonna (la celebre Missa de Beata in sabbato che un tempo molti preti conoscevano a memoria e nei monasteri sempre era celebrata da qualcuno!). Il sabato è stato percepito come un giorno particolare nella liturgia cristiana, che ne ha conservato il nome a differenza degli altri giorni, esclusa la domenica, qualificati con un numero (Feria II, III, IV, V).

Non ne venne fatto un giorno festivo, come per gli ebrei, né di stazione liturgica. È un giorno di vacanza/riposo liturgico perché anticamente la Messa, celebrata nella settimana solo il mercoledì, venerdì, la domenica iniziava con le vigilie la sera del sabato (quando la festività giudaica era terminata).

Venendo meno il timore della giudaizzazione, questo giorno fu occupato dal ricordo di Maria (un bel modo per tenere vivo Israele) perché dedicare il sabato a Maria non era forse sottolineare il riposo della Sapienza increata nel Suo seno? Il mistero è più forte degli uomini (e più sapiente). 

Se si entra inoltre un po’ nel dettaglio della liturgia ebraica del sabato, ad esempio osservando da vicino il rito di accoglienza del sabato, alcune parole lasciano sospeso l’animo:

Vieni mio amato, incontro alla Sposa, accogliamo lo Shabbàt.

Il Talmud Shabbàt (118a) precisa che chiunque porti gioia allo Shabbàt sarà ricompensato con un’infinita eredità di benedizioni. E non crediamo noi forse che Maria sia la fonte attraverso cui è giunta al mondo la Benedizione quando accettò Angelo nuntiante Carnem suscipere (all’annuncio dell’Angelo accogliere Cristo nel suo seno)?

Sempre durante questo rito di accoglienza del sabato si dice: Andiamo incontro allo Shabbàt perché è la fonte della benedizione. Dalle più antiche origini esso fu stabilito.  Fu l’ultimo a essere creato, ma il primo a essere pensato. Non è forse questo compimento nella pienezza del tempo che i cristiani vedono nell’Incarnazione? Non è forse l’accettazione dell’Incarnazione da parte di Maria che Dio porta a compimento il sabato attraverso il suo Figlio?

Ancora: invochiamo Maria come porta coeli, ma il sabato è la porta della domenica, giorno della Risurrezione, cioè del riposo futuro, dove è, e sarà, la contemplazione gioiosa di Dio. Se, poi, allarghiamo lo sguardo sul ciclo annuale del ricordo di Maria è possibile scoprire anche altre connessioni. La festa della Natività di Maria, ad esempio, che cade nel mese di settembre. Nello stesso mese gli ebrei celebrano il loro capodanno. Osservando le caratteristiche liturgiche del capodanno ebraico scopriamo dettagli interessanti.

Rosh Ha-Shanah, il capodanno, è il momento in cui ciascuno è invitato a riflettere sulle sue azioni perché in quel giorno, ricorda il Talmud (Rosh Ha-Shanah, 16a) l’umanità è giudicata.

Celebrando nello stesso periodo la Natività di Maria guardiamo in Lei  la senza peccato, immaginata da Dio al momento della Creazione.  Inoltre Rosh Ha-Shanah è definito anche Giorno del Ricordo, infatti, la tradizione vuole che Dio proprio in questo giorno, conclusa la Sua opera di creazione, avrebbe creato Adamo, il primo uomo.

Da Maria nasce Cristo che redime dal peccato di Adamo, ma non solo. Caratteristica di Maria, come sottolineavano molti padri, ascoltare, ricordare e paragonare. San Girolamo diceva che Ella paragonava ciò che aveva vissuto, udito o letto con ciò che aveva visto. Vogliamo alla festa dell’Immacolata Concezione, nel medesimo periodo, tra novembre e dicembre, gli ebrei hanno una festa che oggi è divenuta visibile a molti: la festa di Chanukkà.

La festa è incentrata sul ricordo del momento in cui i Greci di Antioco Epifane di Siria – ottavo re della dinastia seleucide – entrarono nel Santuario, contaminarono tutti gli oli che erano nel Santuario toccandoli. E quando la monarchia Asmonea li vinse e ne uscì vittoriosa su di loro, cercarono e trovarono solo una vaschetta di olio che era stata posta con il sigillo del Sommo Sacerdote, indisturbata dai Greci. E c’era olio sufficiente per accendere il candelabro solo per un giorno. Nel Tempio liberato dagli invasori, si doveva procedere alla riconsacrazione. 

  1. Accadde un miracolo e per otto giorni con quell’unica lampada accesero il candelabro. L’anno successivo i Saggi istituirono quei giorni di festa con la recita di un Hallel speciale di ringraziamento nella preghiera e benedizioni (Talmud, Shabbàt 21b).

Certo è’ la descrizione di un fatto storico, ma come non cogliere l’affinità di quell’unica ampolla di olio puro con l’unica sine macula originalis, Maria, Foederis arca – arca dell’alleanza – dove Dio ha preparato la degna abitazione del suo Figlio (dignum Filium tuum habitaculum preparasti).

In un libro di preghiere ebraiche quotidiane (siddur) ashkenazita (ebrei dell’Europa Centro-Orientale) quel giorno è previsto questo canto:

Tu, nella Tua abbondante misericordia, sei stato al loro fianco nel loro momento di angustia, Hai difeso la loro causa, Hai giudicato le loro lamentele … Hai consegnato i potenti nelle mani dei deboli, molti nelle mani di pochi, le persone contaminate nelle mani degli immacolati, i malvagi nelle mani dei giusti e gli insolenti [peccatori] nelle mani di coloro che studiano la Torah. E ti sei fatto un nome grande e santificato nel tuo mondo. E per il tuo popolo, Israele, hai compiuto una grande liberazione e redenzione fino ad oggi.

Ne possiamo cogliere l’assonanza profonda e il richiamo, a volte letterale, con le parole pronunciate nel Magnificat da Maria dopo l’Annuncio. Queste riflessioni nulla vogliono avere in comune con l’odierno relativismo religioso predicato nella chiesa. Maria, come abbiamo visto, ricorda e conserva dentro di sé il mistero di Dio.

Secondo un’antica tradizione Maria è stata la sola a conservare la Fede nei tre giorni che separarono la morte dalla risurrezione di Gesù, ci fu cioè un momento in cui tutta la Fede della chiesa rimase custodita dalla sola Maria, nel suo silenzio. Quest’umile donna ebrea, lontana dalla superbia illuministica che oggi governa e impregna di sé il cattolicesimo del nostro tempo, indica anche a noi di conservare il libro della Fede nel nostro cuore come in un armadio chiuso.

Nel momento in cui mani esperte stando abbandonando la Fede alle fiamme, noi dobbiamo conservarLa con cuore tremante, perché il pensiero corre al secolo passato, a quegli ebrei che furono bruciati insieme ai rotoli della Torah. Quello è il grande segno escatologico per tutti noi.

Leggiamo il libro di Maria, addentriamoci nel Suo mistero, in quella misteriosa fenditura tra Antico e Nuovo Testamento intuita da sant’Ambrogio. Non dicevano i nostri padri De Maria nunquam satis, di Maria non si conosce mai abbastanza? Nei dipinti lo sguardo della Madonna è spesso abbassato, è un gesto per proteggere ciò che ha illuminato la sua intelligenza perché la curiosità di Eva è sulla punta delle dita, ma la grazia preveniente in Maria è attesa sulla soglia della porta di Dio.

Alma Redemptoris mater/ Tu gloria Jerusalem, tu letitia Israel!

1 commento su “Anche la Madonna leggeva”

  1. Pisa, 28.1.23
    Egregio Signor Giuseppe Fausto Balbo, che non ho il piacere di conoscere, mi imbatto solo oggi, casualmente nelle sue riflessioni mariane partire dal mio libro sulla Madonna leggente. I nostri metodi e l nostre convinzioni sono pe molti aspetti diverse, ma ho letto ugualmente con interesse le sue. Le acquisisco, e ne terrò conto in una eventuale buona edizione del libro. Il quale, nonostante il disinteresse dell’editore, continua ad avere una sua diffusione disorganizzata, e a Pisa sarà ripresentato e discusso il prossimo 8 marzo nella chiesa di s. Stefano dei Cavalieri, all’interno di un programma di incontri. Intanto potrà interessarla un mio articolo integrativo: L’Annunciazione, gli angeli e il Corano, «Bollettino della Accademia degli Euteleti della città di San Miniato», 87 (2020), pp. 37-59. Grazie e cordiali saluti.

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