Un importante saggio di Roberto de Mattei
di Piero Vassallo
Conclusi i lavori del Concilio Vaticano II, il cardinale Giuseppe Siri rientrò nella sua sede arcivescovile, stremato dalle interminabili e irritanti discussioni con i teologi tedeschi, belgi e olandesi, ma convinto che i Documenti del Concilio, quantunque verbosi e sfuggenti, non avrebbero alterato la fede di sempre.
Siri era invece allarmato dall’euforia generata, nell’animo dei padri conciliari, dalle illusioni intorno alla docibilità del pensiero moderno. Inoltre era spaventato dall’opinione, condivisa purtroppo da molti vescovi, circa l’opportunità di abbassare le difese immunitarie delle quali era stato dotato il Magistero.
A numerosi vescovi l’intransigenza sui princìpi sembrava non più necessaria, visto che gli erranti stavano già correggendo i propri errori (lo aveva sostenuto Giovanni XXIII nell’allocuzione inaugurale del Vaticano II, Gaudet Mater Ecclesia).
Un irresistibile abbaglio/miraggio rappresentava il pensiero moderno in cammino verso la verità e la mansuetudine, e nel suo lampeggiare alimentava l’illusione di un felice unitivo accordo tra Chiesa e mondo.
Siri prevedeva l’inevitabile e non lontano sfascio del regime sovietico, mentre la maggioranza conciliare pronosticava seriamente una lunga sopravvivenza dell’Urss e sosteneva pertanto la necessità del compromesso.
Nella fase storica, da Siri annunciata già negli anni cinquanta, la filosofia moderna era profondamente alterata dalla riemersione della tenebrosa eresia gnostica e dalla inesorabile irruzione del delirio esoterico nelle scolastiche sedicenti razionaliste.
La metamorfosi gnostica rovesciava il trionfalismo rivoluzionario nel nichilismo di un Alexandr Kojève, mentre un ingiustificato irenismo eccitava gli interlocutori cattolici in dialogo con la mutante cultura degli atei.
Nel 1966 Siri fondò la rivista Renovatio, affidandone la direzione in un primo tempo a mons. Luigi Rossi e in seguito a Gianni Baget Bozzo, che fu ordinato sacerdote nel 1967.
La rivista di Siri, nel titolo, dichiarava la fiducia nel possibile rinnovamento della Chiesa, negli articoli pubblicati denunciava il regresso del pensiero moderno alle torbide fonti dello gnosticismo e metteva sull’avviso i protagonisti dello spericolato dialogo unitivo [unitivo della verità cattolica con l’errore neognostico].
In sostanza Siri accettava (con marginali e ragionevoli riserve) i documenti del Concilio Vaticano II, ma denunciava il disarmante e autolesionistico irenismo incautamente associato all’evento conciliare.
I dubbi sui documenti del Vaticano II cominciarono a circolare negli anni Settanta, prima per effetto della amara dichiarazione di Paolo VI sul fumo di satana nella Casa del Signore (29 giugno 1972) in seguito per la stroncatura della teologia rahneriana compiuta dal più grande pensatore cattolico del XX secolo, padre Cornelio Fabro (cfr. “La svolta antropologica di Karl Rahner“, Milano 1974).
In un altro saggio (“L‘avventura della teologia progressista“ ) padre Fabro aveva elencato i deliri teologici e le spaventose bestialità in qualche modo ispirate dal teologo tedesco.
Rahner era stato un protagonista del Vaticano II, la confutazione della sua teologia e la messa alla berlina della sua scolastica suggerivano pertanto il sospetto e l’avvio della ricerca di impronte rahneriane nei documenti conciliari.
In una prima fase la critica fu esercitata soltanto dalla Fraternità San Pio X, fondata da Marcel Lefevre. In anni recenti, al seguito delle indicazioni di Fabro e sottraendosi alla suggestione catastrofista, Brunero Gherardini, Paolo Pasqualucci e Roberto de Mattei hanno compiuto un puntiglioso ma imparziale esame dei documenti del Vaticano II e dei soggiacenti stati d’animo, dimostrando l’oscillazione di alcuni testi tra la deviante teologia rahneriano e la dottrina ortodossa.
Intanto Benedetto XVI, aveva lanciato una sfida alla mitologia intorno alla svolta epocale attuata dal Concilio, stabilendo che il Vaticano II si deve leggere alla luce della continuità con la tradizione.
In un saggio pubblicato recentemente dalla torinese Lindau, de Mattei contribuisce al chiarimento dimostrando che la fedeltà alla Tradizione è compatibile con una lettura severamente critica dei documenti conciliari.
De Mattei riconosce senza difficoltà che “i Concili generali, approvati da Papa non possono errare, quando si rivolgono alla Chiesa universale ed esprimono l‘intenzione di definire una verità, anche attraverso la censura di eresia o la scomunica comminata nei confronti di chi sostiene l‘opinione contraria“. Ma aggiunge che, in assenza di una dichiarata volontà definitoria, “l‘insegnamento di un Concilio non può essere ritenuto infallibile, a meno che esso non confermi pronunciamenti dottrinali precedenti“.
De Mattei riconduce la mitologia intorno al Concilio alla terra del realismo. Alla luce degli ingenti saggi di de Mattei, nei documenti del Vaticano II si leggono infatti definizioni che confermano pronunciamenti precedenti, fatto che obbliga a condividere l’opinione di chi (padre Giovanni Cavalcoli, ad esempio) sostiene che nei documenti conciliari i criticabili testi “pastorali” si alternano ai testi dogmatici.
Se non che alla condivisibile tesi non è ancora associato un indice o catalogo elaborato per chiarire la differenza tra documenti e/o sentenze pastorali e documenti e/o sentenze dogmatiche. La compilazione di questo catalogo è l’oggetto della supplica che i tradizionalisti rivolgono umilmente all’unica autorità capace di tanto, Sua Santità Benedetto XVI.
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