BISOGNA RISPETTARE LE TRADIZIONI DI ALTRI. GIUSTO. E LA NOSTRA? – di Giovanni Lugaresi

di Giovanni Lugaresi


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Abbazia di Praglia (Colli Euganei)


Sono situazioni ricorrenti, quelle delle proibizioni in campo religioso-culturale cattolico in nome di un (improprio) rispetto nei confronti di professanti altre confessioni. Queste situazioni si verificano soprattutto nelle scuole, in prossimità delle festività natalizie, ma anche in altre circostanze. Non è cosa nuova, come si diceva prima, se in un istituto scolastico della provincia di Piacenza una preside ha vietato, appunto, il presepe.

Per cui, il rispetto delle tradizioni di altri è d’obbligo, mentre quello delle nostre no. Questo, sia detto chiaro e tondo, perché questo è il risultato di quei comportamenti, non soltanto della preside piacentina, come detto, ma di tanti (troppi) altri maestri, professori, educatori in generale.

Ma non è soltanto il presepe ad essere proibito. Sono proibite anche visite culturali in “strutture” religiose legate alla storia del cattolicesimo, e alla nostra storia tout court. E’ anche questo un caso recentissimo riguardante la Marca Trevigiana.

Quattro anni fa alcune classi elementari di un paese furono accompagnate dalle insegnanti nell’abbazia benedettina di Praglia, ai piedi dei Colli Euganei, realtà monastica stupenda sotto tutti i punti di vista: architettonico, artistico, letterario, sociale, oltre che ovviamente spirituale. L’abbazia risale a poco dopo l’anno Mille e ispirò pure Antonio Fogazzaro (si spera che qualcuno nel mondo della scuola non ignori questo nome) che alla comunità benedettina lasciò con testamento la sua preziosa biblioteca. Da oltre  sessant’anni, a Praglia opera un Laboratorio di restauro del libro antico fra i più efficienti d’Italia. E ci fermiamo qui.

Quattro anni fa, dunque, la visita da parte delle scolaresche citate. Molta attenzione, molto interesse da parte di bambini e maestre accompagnati nella visita da un superesperto come don Vladimiro.

Ora, proprio ricordando quella felice esperienza, alcune maestre della stessa scuola hanno riproposto per il maggio prossimo una gita di istruzione proprio nell’abbazia di Praglia. Ebbene, incredibile a credersi, ma non è saltato fuori qualcuno ad opinare che siccome ci sono anche bambini di famiglie musulmane non è il caso di andare in un monastero cattolico?!

Per cui, alla fine, per rispetto (?) alla religione di quei bambini, è saltato un appuntamento con la Storia, con la nostra cultura, la nostra tradizione in particolare, che, per chi vive nel nostro povero paese, devono passare in secondo piano. Il rispetto dell’altrui cultura porta alla negazione della nostra. Questo è veramente un abdicare alle proprie responsabilità da parte di insegnanti ed educatori. Inconsapevoli (o vili?) del fatto che non è mancar di rispetto ad altri di cultura e religione “altre”, per così dire, spiegare i caratteri, i segni della nostra realtà, anche religiosa?

E che concetto si faranno (di noi) quei musulmani che vivono fra noi? Pensano, i nostri zelanti “liberali aperturisti”, che apprezzino i nostri comportamenti? Se lo scordino: dal momento che da parte loro non esiste un concetto di rispetto delle altrui religioni, in primis; e in secondo luogo verranno confermati nel disprezzo che in generale(da parte di tanti) nei nostri confronti nutrono.

E veniamo adesso a certi preti, perché ce n’è pure per loro, dal momento che non è la prima volta che dimostrano aperture verso tutto e tutti e chiusure estreme nei confronti di fratelli nella fede.

Sappiamo infatti (per aver visto!) di chiese nelle quali vengono esposti cartelli con indicazioni del tipo: messa in lingua rumena alle ore tali; messa in ucraino alle ore talaltre; messa in lingua inglese, alle ore XY; messa in italiano alle ore WZ…

Con tanta diversità linguistica, non esiste una messa in latino!!! Che fra l’altro rappresenterebbe per tutti i “tipi” di credenti, di qualsiasi nazionalità, quell’ ut unum sint al quale tanto teneva papa Giovanni XXIII. Ma sull’ ut unum sint anche nella lingua, tanti preti non ci sentono,  altrimenti avrebbero dato spazio (anche a lume di buon senso) a una liturgia nella “lingua della Chiesa”.

Questo secondo discorso non è in contrasto con i casi citati in precedenza. Perché emblematici, tutti, di aperture irragionevoli, addirittura sconsiderate, nei confronti di non cattolici o di cattolici la cui fedeltà al Papa non va a genio a questi (magari inconsapevoli) neomodernisti!


 

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La Voce di Romagna, 23 novembre 2012

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