Black Lives Matter: molto di più e di peggio del razzismo. Una proposta per non essere complici

Dal Minnesota a New York, e da Amsterdam a Londra, nelle ultime settimane migliaia di manifestanti sono scesi in strada e hanno postato sui social media in solidarietà con il movimento Black Lives Matter per chiedere ai governi di porre fine attivamente alla brutalità della polizia e al razzismo istituzionale.

(https://www.wired.it/attualita/politica/2020/06/30/black-lives-matter-obiettivi-raggiunti/)

Quanto è radicato il dramma razzista negli USA? Quanto è spontaneo il movimento di protesta? Quanto è casuale il sorgere delle manifestazioni con l’avvicinarsi delle prossime elezioni presidenziali? Oggi non voglio rispondere a nessuna di queste domande, ma dedicarmi a un problema che reputo più profondo e quindi più strategico per l’evoluzione culturale dell’Occidente.  Vorrei comprendere meglio chi ci sia dietro a BLM, quale sia il loro programma, come potrebbe ‘colorare’ gli sviluppi socio-politici dei nostri Paesi. A tale scopo mi servirò in modo quasi esclusivo dei testi presenti nel sito dell’organizzazione (https://blacklivesmatter.com/).

Cominciamo dalle guide del movimento. Le co-fondatrici sono tre donne afro-americane: Patrisse Cullors, Alicia Garza e Opal Tometi.

La Cullors è artista, scrittrice e attivista, premiata da TIME Magazine e attiva sulle colonne del New York Times, dirige un corso che coniuga arte e attivismo, Social and Environmental Arts Practice, presso il Prescott College.

The MFA in Social and Environmental Arts Practice focuses on the intersection of art and activism. Specifically, it explores art in social change and the application of art as a change agent… Patrisse designed the degree to utilize art as a way to positively effectively respond to social and environmental problems in ways that inspire and mobilize community-based solutions (https://www.prescott.edu/social-and-environmental-arts-practice-mfa).

Alicia Garza, ha il compito specifico di rappresentare i diritti dei transgender black, al fine di superare l’idea che solo i maschi black siano vittime della prepotenza bianca. E rappresenta quindi l’anello di congiunzione tra diritti black e diritti gender. Avremo modo di tornare su questo curioso innesto.

Most important, as a queer Black woman, Garza’s leadership and work challenge the misconception that only cisgender Black men encounter police and state violence… We must view this epidemic through a lens of race, gender, sexual orientation, and gender identity (https://blacklivesmatter.com/our-co-founders/).

Opal Tometi è l’esperta comunicatrice, interessata ai problemi concernenti immigrazione e donne, formata alla scuola della teologia della librazione di Ella Baker e quindi a posizione di femminismo black, è considerata leader dei nuovi diritti civili.

Opal has been active in social movements for over a decade. She is a student of liberation theology and her practice is in the tradition of Ella Baker, informed by Stuart Hall, bell hooks and Black Feminist thinkers. She has been published in the Oxford Dictionary of African Biographies, was #10 on the 2015 Root 100 list and she was named a “New Civil Rights Leader”

Venendo alla storia del BLM, va precisato anzitutto che non si tratta di una History, bensì di una Herstory, neologismo utile a indicare una storia volutamente ed esplicitamente interpretata e riscritta in prospettiva femminista. BLM indica un manifesto di un movimento nato nel 2013 in risposta all’assoluzione di un white, assassino di un black.

In 2013, three radical Black organizers — Alicia Garza, Patrisse Cullors, and Opal Tometi — created a Black-centered political will and movement building project called #BlackLivesMatter. It was in response to the acquittal of Trayvon Martin’s murderer, George Zimmerman.

Ma la Herstory si trattiene su ben altri temi, che non la rivendicazione razziale o la rivendicazione giuridica. Il cuore del movimento, scorrendo i paragrafi di tale sezione, sembra piuttosto la sensibilizzazione della cultura LGBT in ambito black. Inoltre è sistematica la scelta di dare la leadership proprio a quanti erano stati finora esclusi. Erano stati privilegiati i maschi black e marginalizzati gli LGBT black? BLM sceglie dunque di affidarsi alla guida LGBT, cui spetta dunque anche la difesa del maschio.

As organizers who work with everyday people, BLM members see and understand significant gaps in movement spaces and leadership. Black liberation movements in this country have created room, space, and leadership mostly for Black heterosexual, cisgender men — leaving women, queer and transgender people, and others either out of the movement or in the background to move the work forward with little or no recognition. As a network, we have always recognized the need to center the leadership of women and queer and trans people. To maximize our movement muscle, and to be intentional about not replicating harmful practices that excluded so many in past movements for liberation, we made a commitment to placing those at the margins closer to the center (https://blacklivesmatter.com/herstory/).

Uno spazio del loro sito è dedicato al sesto anniversario del movimento, forse l’unica pagina diffusamente incentrata sul problema razziale, in toni estremi e radicali. Ma anche in tale contesto torna l’allarme trans-omo-fobico, peraltro espresso in termini tali da fondersi con le violenze razziste, quasi che da 500 anni gli afro siano perseguitati sia in quanto black sia in quanto LGBT.

For more than 500 years Black people have been fighting for our freedom. We have fought back against slavery, Black codes, Jim Crow laws, policing, incarceration, some of the highest unemployment rates, consistent homelessness, dying while giving birth, being murdered for being trans or non-binary. (https://blacklivesmatter.com/six-years-strong/)

Nella dichiarazione del loro programma, ciò in cui credono, troviamo forse le espressioni più interessanti. La struttura del ‘manifesto’ è così pensata: una introduzione in cui emerge il carattere attivo del movimento – call to action –, l’impegno in favore dei black e l’anelito a libertà e giustizia che sia uguale per tutti, senza distinzione di razza. Dopo aver affermato il proprio impegno per la difesa degli eguali diritti dei black people si precisa l’interesse per le black women, cui segue una coppia di paragrafi di taglio anti-familista. Bisogna superare il modello patriarcale e bisogna guardare a nuove forma di educazione che crescano i bambini in comunità e fuori dalla propria famiglia. Ed ecco comparire nuovamente gli LGBT: assicurare attenzione a questi gruppi significa liberarsi dalla etero-normatività e dal pensiero che tutti siano eterosessuali.  Infine, con uno slancio che reputo veramente estremo, si prendono le distanze dall’ageism, cioè dalla discriminazione fatta in base all’età, e quindi si prepara la strada a un dialogo alla pari tra adulti e bambini.

We disrupt the Western-prescribed nuclear family structure requirement by supporting each other as extended families and “villages” that collectively care for one another, especially our children, to the degree that mothers, parents, and children are comfortable. We foster a queeraffirming network. When we gather, we do so with the intention of freeing ourselves from the tight grip of heteronormative thinking, or rather, the belief that all in the world are heterosexual (unless s/he or they disclose otherwise). We cultivate an intergenerational and communal network free from ageism. We believe that all people, regardless of age, show up with the capacity to lead and learn.( https://blacklivesmatter.com/what-we-believe/)

La pagina informativa iniziale – about – è ugualmente interessante: prima si afferma di voler superare la visione nazionalista tipica dei black; poi si esalta la difesa del queer; solo in terza battuta si dichiara l’impegno contro la violenza dei bianchi.

We also believe that in order to win and bring as many people with us along the way, we must move beyond the narrow nationalism that is all too prevalent in Black communities… We affirm the lives of Black queer and trans folks, disabled folks, undocumented folks, folks with records, women, and all Black lives along the gender spectrum… We are working for a world where Black lives are no longer systematically targeted for demise. (https://blacklivesmatter.com/about/)

Fin qui le notizie offerte dal movimento stesso. Come commentare il tutto? Mi pare più che pertinente l’analisi svolta da John Horvat II che sintetizza così il credo del BLM: «il rovesciamento dell’attuale società “razzista” e la sua sostituzione con una società egualitaria e socialista che abbracci tutte le identità e tutti i gruppi “oppressi”, includendo classe, identità di genere, orientamento sessuale e lo status d’immigrante» (https://fatimatragedyhope.info/it/2020/08/19/perche-black-lives-matter-sbaglia-e-promuovera-una-rivoluzione-per-distruggere-lamerica/). E aggiunge: «Forse la convinzione più pericolosa del movimento è la sua ostinata adesione all’ideologia della lotta di classe, applicata in modo radicale. Nel caso specifico, riduce tutti i problemi a un razzismo “sistemico” che va contrastato in tutte le strutture e istituzioni sociali. Creando così una falsa divisione della società e mettendo tutte le categorie razziali e identitarie in guerra con l’attuale ordine stabilito. Talché, ad esempio, il movimento BLM vuole abolire la polizia e le carceri».

Personalmente vorrei riprendere alcuni elementi emersi nella nostra rassegna tematica e muovere una ulteriore considerazione basata sulla struttura narratologica dei testi presenti sul sito di BLM.

Anzitutto gli elementi: BLM si presenta come un movimento call to action, che rischia di essere un modo fine e moderno, accettato finanche da certi organi di potere, per introdurre forme di rivoluzione nella società. E il tono rivoluzionario di BLM è dichiarato ed evidente. In esso troviamo tutti gli ingredienti del pensiero più radicalmente progressista: il razzismo dei bianchi verso i neri; i 500 anni di schiavismo; la tutela delle donne, dei lavoratori, degli immigrati. Ma troviamo anche un ingente riferimento alla causa LGBT, direi un riferimento sproporzionato rispetto alla mission individuata dal nome stesso del movimento. La condanna del suprematismo bianco è perentoria, e sarebbe corretta se non lasciasse il sospetto che ogni bianco è suprematista: gli episodi di violenza verbale e gli insulti anche mediatici piovuti sui bianchi che si rifiutavano di conformarsi ai nuovi slogan anti-razziali lasciano fermentare tale sospetto. Compaiono poi il proclama che ammicca alle comuni in cui radunare ed educare i bambini, sottraendoli alle loro famiglie, e la lotta all’ageism.

Questi ultimi due aspetti sollevano le perplessità maggiori in chi scrive. Al di là dei toni irenici e utopici, l’appello a separare i bambini dai loro genitori e l’invito a valorizzare l’incontro tra soggetti di età differente prepara il terreno per nuovi e gravi soprusi a danno dei minori e degli infanti. Tornando a citare Horvat, «ancora più sconcertante è il sostegno di quell’establishment “razzista” che il BLM vuole indubbiamente distruggere. Personaggi sportivi, AD delle compagnie High-Tech ed ecclesiastici sembrano sgomitare per vedere chi può superare l’altro nell’accattivarsi e coccolare la causa del BLM». Ora, i più accorti e acuti tra costoro sanno bene che la diffusione di simili movimenti ottiene un solo risultato sicuro: indebolire l’identità personale e comunitaria del popolo. Donne contro uomini, neri contro bianchi, bambini strappati ai genitori. Tutte mosse che alla lunga tornano utili a chi quel popolo vuole dominare.

Ma, alla luce di tutto questo, ciò che maggiormente inquieta emerge dall’analisi della struttura narrativa dei proclami BLM. Come ho cercato di mettere in rilievo nella mia presentazione del manifesto BLM, i temi sono trattati in modo debole dal punto di vista logico. La causa black e la causa queer si trovano sempre intrecciate tra loro, però tra di esse non si dà mai un legame secondo nessi logici. Non c’è nessun motivo per affermare che, posta la questione black, da essa si debba dedurre l’attenzione al queer. Le due tematiche sono semplicemente giustapposte e ripetute come un mantra. Curioso anche notare come questo movimento, tanto forte nel mobilitare masse di manifestanti nelle piazze, sia costantemente percepito come un fronte di sensibilizzazione anti-razzista. Curioso come si minimizzi la violenza rivoluzionaria delle proteste – ma ciò identifica l’orientamento oramai rivoluzionario del nostro occidente spettatore. Veramente curioso il fatto che passi completamente in sordina la causa queer, e tanto più i proclama anti-familisti e anti-ageisti.

Il sospetto che nutro è che la questione black di fatto funga come indoratura della pillola, utile a far entrare viepiù nella mentalità popolare il tema queer, che altrimenti non verrebbe accolto con altrettanta facilità. La gente che scende in piazza sotto l’egida del BLM, convinta del valore della protesta contro il white suprematist, si affida e si identifica con BLM. Non si preoccupa del fatto che la metà esatta delle dichiarazioni di BLM non interessino i black, ma i queer.

Sostiamo ancora sulla narratologia dei testi: la giustapposizione tematica è decisamente insidiosa. Posto che le due anime del BLM sono meramente giustapposte; posto che tra loro non si individuano collegamenti logici decisivi; posto che tali anime si spartiscono decisamente a metà la ragion d’essere dell’organizzazione; posto infine che la causa black prevale in modo assoluto sulla causa queer, almeno nel sentire comune e nella restituzione mediatica: allora cosa potrebbe impedire che, senza particolari ragioni, dall’oggi al domani la parte queer del movimento sia proposta come prioritaria rispetto a quella black? Tutti coloro che fino al giorno prima aderivano a BLM per ragioni anti-razziste, l’indomani si troveranno legati a un movimento che  sostiene ideali LGBT con intenti dubbi nei confronti dei minori. Ciò è importante soprattutto a livello mediatico: i media ci stanno abituando ad applaudire il BLM in quanto anti-razzista; con nonchalance ci propineranno l’elogio queer, forti della simpatia ormai ottenuta al brand BLM.

Tale cambio di paradigma, inteso come tecnica di modellamento del pensiero delle masse, è già stato analizzato da vari autori. Cito in tal sede Plinio Correa de Oliveira, il quale parlava di trasbordo ideologico inavvertito (http://www.pliniocorreadeoliveira.it/docs/trasbordo-ideologico.pdf). Forse non è esattamente il modello sotteso a BLM, ma lo richiama. Alcuni elementi centrali segnalati dal filosofo brasiliano si rinvengono: l’insistenza sui fattori simpatia-paura e il fatto di insinuare inavvertitamente un cambio di mentalità nelle masse spettatrici del fenomeno considerato. Una tecnica ormai rodata dai gruppi rivoluzionari: si enfatizza una causa di interesse comune, al fine di instaurare un cambiamento di interesse elitario. Si raccolgono consensi attorno a slogan affascinanti, orientando inconsapevolmente il consenso dei sostenitori verso ben altri fini, che gli stessi sostenitori di per sé non sposerebbero.

In definitiva, BLM è un movimento ideologico di area rivoluzionaria, iper-progressista, e questi primi due caratteri di per sé basterebbero a farcene prendere le distanze. La Chiesa afferma per altre vie la costruzione della comunione tra i popoli, mai per vie rivoluzionarie. Inoltre BLM è un movimento che sostiene in modo radicale l’agenda queer, inclusi progetti per la destabilizzazione delle famiglie, da cui – lo si ammetta o meno – discende la manipolazione dei minori. Il tutto è divulgato con grandissima maestria mediatica, usando sistemi di propaganda di massa capaci di abbassare i livelli di attenzione critica nei confronti del fenomeno e di ridefinire gli standard valoriali della cultura occidentale. L’orizzonte di tale propaganda non è roseo in quanto va a indebolire l’identità personale e comunitaria delle nostre società, lasciando il campo aperto a ulteriori soprusi.

Sembra così avvicinarsi al proprio compimento la quarta rivoluzione, la rivoluzione sessuale iniziata nel Sessantotto e stigmatizzata dal già citato Correa de Oliveira. Chissà che essa non sia funzionale all’innesco della quinta rivoluzione, che forse sta avendo inizio nella forma di una rivoluzione medico-sanitaria. Ma su di essa ci confronteremo, nel caso, in un’altra occasione.

Appendice: l’insegnamento della DSC sul razzismo e una proposta di soluzione

Cosa insegna la Dottrina Sociale della Chiesa circa il razzismo? Pochi cenni tratti dalla DSC per avere idea della risposta che dovremmo dare al BLM.

L’uguaglianza tra gli esseri umani è fondata sul Mistero e sulla Rivelazione di Gesù, Egli ha abbattuto gli elementi di divisione e ha reso infondati e falsi i tentati soprusi.

144 « Dio non fa preferenze di persone » (At 10,34; cfr. Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. L’Incarnazione del Figlio di Dio manifesta l’uguaglianza di tutte le persone quanto a dignità: « Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù » (Gal 3,28; cfr. Rm 10,12; 1 Cor 12,13; Col 3,11).

Si tratta di una uguaglianza di dignità, che da un lato non misconosce le caratteristiche specifiche dei singoli e delle comunità, dall’altro arriva ad affermare la grande nobiltà nell’uomo, in quanto riflette la Gloria di Dio.

Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell’uomo davanti agli altri uomini. Questo è, inoltre, il fondamento ultimo della radicale uguaglianza e fraternità fra gli uomini, indipendentemente dalla loro razza, Nazione, sesso, origine, cultura, classe.

L’imitazione di Cristo spinge gli uomini a superare le inimicizie e a relativizzare le differenze. Per inciso, si tratta di un ideale altissimo, ma proprio per questo conveniente ad affrontare le più grandi e diuturne sfide.

431 Il Signore Gesù è il prototipo e il fondamento della nuova umanità. In Lui, vera « immagine di Dio » (2 Cor 4,4), trova compimento l’uomo creato da Dio a Sua immagine. Nella testimonianza definitiva di amore che Dio ha manifestato nella croce di Cristo, tutte le barriere di inimicizia sono già state abbattute (cfr. Ef 2,12-18) e per quanti vivono la vita nuova in Cristo le differenze razziali e culturali non sono più motivo di divisione (cfr. Rm 10,12; Gal 3,26-28; Col 3,11).

Il movimento di riconciliazione cui oggi siamo ancora chiamati, ha come modello e riferimento l’intera storia della salvezza. Lo sforzo per l’unità e contro la discriminazione equivale a vincere la logica affermatasi a Babele e accogliere quella donata dal Risorto.

Grazie allo Spirito, la Chiesa conosce il disegno divino che abbraccia l’intero genere umano (cfr. At 17,26) e che è finalizzato a riunire, nel mistero di una salvezza realizzata sotto la signoria di Cristo (cfr. Ef 1,8-10), tutta la realtà creaturale frammentata e dispersa. Dal giorno di Pentecoste, quando la Risurrezione è annunciata ai diversi popoli e compresa da ciascuno nella propria lingua (cfr. At 2,6), la Chiesa adempie al proprio compito di restaurare e testimoniare l’unità perduta a Babele: grazie a questo ministero ecclesiale, la famiglia umana è chiamata a riscoprire la propria unità e a riconoscere la ricchezza delle sue differenze, per giungere alla « piena unità in Cristo ».

Da tali premesse possiamo muovere più nello specifico, verso il perseguimento dei diritti umani, con alcune attenzioni. Anzitutto va riconosciuta la loro scaturigine da Dio e dalla natura umana; quindi il loro intreccio essenziale: ciò chiede che si rispettino tutti gli elementi di valore dell’uomo. Difendere alcuni diritti e non altri, significa infangarli tutti. Difendere la dignità razziale, ricorrendo però alla violenza e trafiggendo l’ordine morale sessuale significa fare un torto alla comunità e rendere – per usare un’espressione popolare – la toppa peggiore dello strappo.

557 L’impegno sociale e politico del fedele laico in ambito culturale assume oggi alcune direzioni precise. La prima è quella che cerca di garantire a ciascuno il diritto di tutti a una cultura umana e civile « conforme alla dignità della persona, senza discriminazione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale ». Tale diritto implica il diritto delle famiglie e delle persone ad una scuola libera e aperta; la libertà di accesso ai mezzi di comunicazione sociale, per la quale va evitata ogni forma di monopolio e di controllo ideologico; la libertà di ricerca, di divulgazione del pensiero, di dibattito e di confronto. Alla radice della povertà di tanti popoli ci sono anche varie forme di privazione culturale e di mancato riconoscimento dei diritti culturali. L’impegno per l’educazione e la formazione della persona costituisce da sempre la prima sollecitudine dell’azione sociale dei cristiani.

Alla luce di questo insegnamento tutti, dai white suprematist ai black queer, sono invitati a un profondo esame delle loro convinzioni e del loro operato. Un ruolo eminente nella pacificazione dei gruppi è poi affidato ai cristiani; le scuole teologiche che agiscono in altra direzione falliscono miseramente il loro compito e si autocondannano all’idiozia più perniciosa.

492 La pace di Cristo è innanzi tutto la riconciliazione con il Padre, che si attua mediante la missione apostolica affidata da Gesù ai Suoi discepoli; questa inizia con un annuncio di pace: « In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa » (Lc 10,5; cfr. Rm 1,7). La pace è poi riconciliazione con i fratelli, perché Gesù, nella preghiera che ci ha insegnato, il « Padre nostro », associa il perdono chiesto a Dio a quello accordato ai fratelli: « rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori » (Mt 6,12). Con questa duplice riconciliazione il cristiano può diventare artefice di pace e quindi partecipe del Regno di Dio, secondo quanto Gesù stesso proclama: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).

Infine, un elemento da cui ripartire sarà sicuramente l’impresa del perdono. Lungi dal devastare i simboli degli altri gruppi culturali, servono invece segni chiari di perdono da parte di tutti i colpevoli.

517 La Chiesa insegna che una vera pace è resa possibile soltanto dal perdono e dalla riconciliazione.1092 Non è facile perdonare di fronte alle conseguenze della guerra e dei conflitti, perché la violenza, specialmente quando conduce « sino agli abissi della disumanità e della desolazione »,1093 lascia sempre in eredità un pesante fardello di dolore, che può essere alleviato solo da una riflessione approfondita, leale e coraggiosa, comune ai contendenti, capace di affrontare le difficoltà del presente con un atteggiamento purificato dal pentimento. Il peso del passato, che non può essere dimenticato, può essere accettato solo in presenza di un perdono reciprocamente offerto e ricevuto: si tratta di un percorso lungo e difficile, ma non impossibile.

Quanto presentato in Appendice è solo un cenno di risposta, in cui è importante sottolineare e richiamare la grande rigorosità del ragionamento e del fondamento che anima e deve orientare tutto l’agire sociale dei cristiani nel mondo. Per meno di questo, i cristiani saranno solo complici e forse strumenti di quel male che da sempre getta separazione nella storia umana, nonostante promesse volatili di successo e di progresso.

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