di Carla D’Agostino Ungaretti
Carla, cattolica “bambina”, è rimasta colpita dalla lettura di un editoriale comparso su un importante quotidiano (AVVENIRE 7.9.2011). Nell’approssimarsi della data dell’11 settembre, l’associazione degli American Atheists ha promosso un’azione legale finalizzata a ottenere la rimozione della grande croce che campeggia a Ground Zero, formata da due putrelle d’acciaio, che fu scoperta tra le rovine delle Twin Towers tre giorni dopo l’attacco terroristico. Davanti a quel simbolo, chiaramente formatosi per caso a forma di croce mentre gli edifici crollavano, si sono fermati pompieri, volontari e gente comune, non tutti necessariamente cristiani o comunque credenti, spinti da un irrefrenabile impulso del cuore, quello di rivolgere il pensiero alle povere vittime di quell’immane tragedia, nella speranza – sempre presente, più o meno sopita, nel cuore degli uomini – che il male non abbia l’ultima parola nel dramma della loro esistenza e che la vita abbia prima o poi il sopravvento sulla morte.
Questo accanimento contro la fede degli atei americani – rappresentati da un solerte avvocato, fondatore del primo campo estivo per ragazzi atei e vincitore del premio Ateo dell’Anno nel 2005 e nel 2008 (<<ma>> si domanda la cattolica “bambina”<< tanto zelo non era degno di miglior causa, come la difesa delle categorie sociali più svantaggiate?>>) ha richiamato alla mente della vostra amica altre due vertenze giudiziarie che invece hanno riguardato più da vicino noi italiani. Da un lato, quella intentata da quei genitori di Padova, atei, che qualche anno fa ottennero dal Giudice di Appello un risarcimento di 1.500 Euro perché la scuola elementare frequentata dalla loro figlia non aveva attivato i corsi alternativi per gli scolari che non intendevano avvalersi dell’ora di religione e, dall’altro, quella di quegli altri genitori, del pari atei, che non hanno esitato ad arrivare fino al massimo Giudice europeo per ottenere la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche. Evidentemente, sia gli atei americani che quelli italiani ritengono che l’esposizione della Croce o del Crocifisso – e, di conseguenza, l’insegnamento della dimensione religiosa nelle aule scolastiche sia lesiva della laicità dello Stato.
Come tutti sanno, il Tribunale europeo ha dimostrato maggiore buon senso di questi ultimi genitori e del resto Carla, che riflette da cattolica “bambina”, non vuole entrare nel merito della questione (perché, almeno nel caso di Padova, la scuola era sicuramente venuta meno a un preciso obbligo di legge) né, tanto meno, nel complesso problema della laicità dello Stato, ma vuole invece cercare di entrare per un momento nella mente degli American Atheists e di quelle due coppie di genitori italiani. Secondo Carla, cattolica bambina, non è un caso che quelle due travi precipitando abbiano formato una croce richiamando subito alla mente dei soccorritori il simbolo principe della nostra fede: per chi, come Carla, ha una visione cristiana dell’esistenza, Dio è intervenuto in quel tragico momento per ricordare alle povere vittime che esse non erano sole, perché Colui che aveva tanto patito su quella Croce era vicino a loro che stavano condividendo la sua passione.
Ma è inutile fare questo tipo di discorso agli atei, sia americani che nostrani: infatti, che cosa temono essi nel loro accanimento antireligioso e nel loro continuo tentativo di ostacolare qualunque manifestazione di fede? Nella loro irriducibile avversione per tutto ciò che faccia riferimento a una dimensione “altra” da quella umana e per i suoi simboli, non si rendono conto che dimostrano di avere anch’essi una fede granitica, sia pure di segno opposto? La risposta che a Carla viene in mente non è sua, ma del filosofo francese Jean Guitton: “Hanno paura che il Cielo gli caschi addosso”.
A quanto pare il Giudice americano non ha avuto lo stesso buon senso del suo collega europeo e il sindaco di New York ha bandito le cerimonie religiose e le preghiere dalla commemorazione dell’11 settembre. Evidentemente gli atei americani non hanno capito che quell’umile simbolo – oltretutto non collocato lì intenzionalmente – ha risvegliato una tenue speranza: quella che ha reso possibile a tante disgraziate famiglie di sopportare l’atroce lutto nel quale sono piombate senza alcuna colpa e di continuare a vivere. Perché, senza quella tenue speranza, come si potrebbe umanamente sopportare una tragedia simile senza impazzire o giustificare un suicidio collettivo?
Per contro, che cosa temono quei genitori che, in nome del loro laicismo o del loro ateismo impediscono volontariamente ai loro figli di scoprire un’importante dimensione umana, quella della fede? Temono forse che essi, vedendo in classe il Crocifisso o seguendo l’ora di religione, diventino dei baciapile o siano coartati o condizionati nella loro libertà di pensiero? Se Carla fosse cinica o pessimista obietterebbe loro che la nostra scuola oggigiorno non è neanche capace di insegnare la buona educazione spicciola e il rispetto per il prossimo, visti i casi di bullismo che dilagano in tutta Italia, figurarsi se può riuscire a instillare nei nostri ragazzi una qualsiasi fede religiosa! Ma la sequela di Gesù Cristo non va d’accordo con cinismo e pessimismo e allora, da cattolica “bambina”, vuole solo far notare ai genitori che la pensano in quel modo (e sono tanti!) che i loro figli sono sì discriminati se non possono usufruire degli insegnamenti alternativi all’ora di religione, ma lo sono molto di più se non vengono fatti conoscere loro i principi e i valori (indiscutibilmente cristiani e cattolici) che sono alla base della cultura e della civiltà del loro paese, ferma restando la loro completa libertà di aderire o meno ad essi quando avranno raggiunto la piena maturità di giudizio. Come potranno quei ragazzi, progredendo negli studi, capire qualcosa della Divina Commedia, della Cappella Sistina, dei Promessi Sposi, se non conoscono il contenuto del Cristianesimo? Vogliamo farne degli esseri amorfi, dipendenti dai video giochi e della peggiore TV, o uomini e donne capaci di scegliere e giudicare per che cosa vale la pena di vivere e di morire? Del resto, un laico doc come il grande giurista Arturo Carlo Jemolo sosteneva che l’istruzione religiosa a scuola non significa indottrinamento, ma stimolare la curiosità per successive ricerche personali. E questo non è un ragionamento confessionale, ma un laico riconoscimento della libertà e delle potenzialità dello spirito umano, oltre che puro buon senso.
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