Premessa: ringraziamo P. Cavalcoli per questo articolo, che è di grande utilità per far chiarezza dopo le polemiche, e le gratuite illazioni, comparse su alcuni organi di stampa, circa la lettera che la Santa Sede aveva indirizzato a P. Cavalcoli sul caso dello spettacolo blasfemo di Romeo Castellucci
(PD)
di P. Giovanni Cavalcoli, OP
La Lettera che ho ricevuto dalla Segreteria di Stato era effettivamente un lettera privata, ma il contenuto evidentemente non interessava solo me, così come la difesa dell’onore dovuto a Gesù Cristo non interessa e non compete solo a Padre Cavalcoli, ma evidentemente ed in primis al Papa, così come ad ogni buon cattolico, ad ogni cristiano e ad ogni uomo civile che abbia cura delle radici cristiane dell’Europa e del valore mondiale del cristianesimo, anche non credente.
E’ millenario uso della S.Sede inviare a privati – singoli pastori o teologi – lettere o scritti che trattano importanti temi di comune interesse per il cristianesimo, sulla scorta della stessa letteratura biblica, dove per esempio le lettere che S.Paolo invia a Tito o a Timoteo sono di tale interesse pubblico, che addirittura fanno parte del Nuovo Testamento.
Vale di più un messaggio pontificio o curiale indirizzato a un privato ma vertente su temi di fondo, soprattutto se entra in gioco la divina Persona di Cristo, che non un indirizzo inviato ad organi collettivi o ufficiali, – un congresso, una rappresentanza pontificia, un organismo civile – ma relativo a questioni di ordinaria amministrazione.
C’è chi si è chiesto perché mai la Segreteria di Stato abbia scritto proprio a me, quando il lavoro di Castellucci è da tempo noto in Europa senza che finora si avessero avuti pronunciamenti dalla S.Sede, ed anche da ciò si trae pretesto per svilire l’importanza di questo documento del Papa.
La mia risposta è che per comprendere gli atti della S.Sede e i loro motivi non dobbiamo fermarci a discutere perché e come mai Roma è intervenuta in un caso e non in altro: questa è proprio la maniera per lasciarci sfuggire il valore del documento trascurando di approfittare del servizio che ci offre.
Sarebbe come se nel corso di un’epidemia un medico ci offrisse un rimedio, mentre da altre parti i malati restano senza cure. Che faremmo? Saremmo così sciocchi da rifiutare la medicina per il solo fatto che altrove i malati ne sono privi? La S.Sede, in fin dei conti, è fatta di esseri umani e dovrebbe essere evidente che non può arrivare dappertutto. Ciò non toglie che dobbiamo ringraziarLa quando in circostanze difficili e discusse ci offre una guida ed un conforto.
Se Roma è intervenuta in occasione dell’arrivo in Italia dell’opera di Castellucci e non nelle altre nazioni europee, ciò può essere messo in relazione alla maggiore presenza di cattolici in Italia e al fatto indubbio delle sue più forti tradizioni cattoliche – si pensi solo allo splendido, abbondantissimo ed antichissimo patrimonio artistico in gran parte di carattere religioso. Per questo il fatto di Castellucci è apparso più ingiurioso che non in altri paesi. Da qui, suppongo, che la S.Sede abbia giudicato opportuno intervenire nella presente circostanza e, a quanto mi risulta, non prima.
In ogni caso appare presuntuoso giudicare in questo campo così delicato l’operato della S.Sede. Se in precedenza non era intervenuta, ammesso che ciò sia vero, deve avere avuto i suoi motivi. Si tratta di atti pastorali, non dottrinali. Quanti teologi impostori meriterebbero di essere censurati, ma Roma non interviene. Ciò non impedisce che restino devianti e pericolosi. E del resto in questo campo di carattere disciplinare certamente la Chiesa non è infallibile nel giudicare se intervenire o come e quando intervenire e cosa dire. Nostro dovere è invece quello di ringraziare e approfittare delle indicazioni ricevute.
Un altro motivo – e qui avanzo una semplice ipotesi – per il quale Roma ha scritto proprio a me, potrebbe essere il fatto che io, studioso di cristologia da molti anni, ho passato otto anni (dal 1982 al 1990) in Segreteria di Stato a fare proprio il lavoro di progettatore (“minutante”) di lettere della Segreteria. Per questo so bene interpretarle e distinguere dallo stile e dal contenuto quelle che sono di ordinaria amministrazione da quelle, molto più rare, come appunto questa, che riguarda Castellucci, le quali toccano argomenti importanti e delicati.
Ho notato allora riguardo a questa lettera che essa, benchè breve, non ha affatto le solite formule di circostanza o di convenienza che pure, in linea di principio, avrebbe potuto avere: compiacimento, apprezzamento, ringraziamento, augurio, benedizione, ecc.; non si limita a riprendere quello che ho detto io, ma vi aggiunge del nuovo; presenta un testo che, nella sua stringatezza, è molto studiato e calcolato, direi parola per parola, e va quindi assunto con grande rispetto ed attenzione parola per parola.
Altri, sempre con il velato intento di svilire l’importanza della Lettera, hanno detto: il Papa non c’entra, il Papa non sapeva niente. Sempre in base alla mia esperienza in quell’Ufficio posso dire invece che illazioni di questo genere sono del tutto inadeguate, soprattutto, e questo è sempre il punto, in una tema come quello trattato dalla lettera: l’onore dovuto a Cristo. Si fosse trattato di ringraziare i boy–scouts che all’udienza generale hanno regalato al Papa due casse di vino del Friuli, certamente quell’illazione avrebbe valore, ma non evidentemente nel caso gravissimo dell’opera di Castellucci, la quale, affrontando in modo così scandaloso il tema di Cristo, non può non coinvolgere o mettere in causa il ministero del Vicario di Cristo.
Per questo rispondo così in due punti. Primo: la Segreteria di Stato istituzionalmente è una semplice segreteria, cioè non si permette di dire nulla di importante o di meno importante, che esplicitamente o implicitamente, lo sappia il Papa o non lo sappia, non rifletta o esprima fedelmente il suo pensiero e i suoi voleri.
Secondo, sempre in base alla mia esperienza, posso dire, anche se ovviamente non posso avere la certezza assoluta, che con grande probabilità le parole o l’ispirazione o il tono della Lettera sono stati quanto meno suggeriti dal Papa o provengono dal Papa personalmente.
L’appunto quindi che mi è stato fatto di aver divulgato la Lettera in modo millantatorio, quasi vantassi meriti o autorità che non possiedo, mi sembra che rifletta in ultima analisi una manovra sleale tesa a sminuire il valore del suo contenuto.
Invece il mio gesto va letto come un servizio alla comunità cristiana. Questo gesto ha dato l’occasione a che dalla S.Sede giungesse la conferma del mio giudizio negativo circa l’opera del Castellucci con la conseguenza di confortare ed illuminare i cattolici sconcertati ed offesi per l’indegno attacco al Fondatore del Cristianesimo. Si vuol colpire me e il sito nel quale scrivo, perchè in realtà si vuol colpire il Papa e in ultima analisi la dignità del cristianesimo. Sono giochi sporchi e anche, per chi sa vedere, abbastanza scoperti.
L’intervento del Papa, che è evidente attraverso lo scritto dell’Organo supremo della S.Sede che meglio e più direttamente di tutti lo rappresenta, per chi ha a cuore l’onore, la serenità e la libertà del vivere cristiano, cade in un momento particolarmente opportuno, quanto più l’opera di Castellucci sembra capace di dividere, per la sua spregevole ambiguità, lo stesso mondo cattolico, facendo leva da una parte sulle correnti moderniste, latitanti e quasi conniventi, e attizzando dall’altra il fuoco degli ultraconservatori, sicchè alla fine la doverosa reazione del cattolico normale ed equilibrato, “né di destra né di sinistra”, promossa dalla S.Sede, appare ingiustamente come l’intemperanza anacronistica e quasi grottesca di qualche sparuta corrente oltranzista e reazionaria.
La Lettera della Segreteria di Stato giunge tanto più opportuna quanto più la reazione da parte dell’Episcopato e dei teologi è stata quasi insistente, lasciando il popolo di Dio nell’ignoranza o nel dubbio, senza una luce, una direttiva, un consiglio, una difesa ed un sostegno in questo frangente che così scopertamente e gravemente insulta il suo sentimento religioso.
Anche l’idea che la reazione della S.Sede, della Curia di Milano, di alcuni buoni Vescovi e dei buoni cattolici abbia finito per far pubblicità all’opera di Castellucci, è un’idea del tutto irragionevole e sofistica, giacchè se ciò è avvenuto, chi si è incuriosito in occasione di queste critiche e condanne ed è andato a vedere lo spettacolo, non poteva esser altro che quel pubblico che già in precedenza era per Castellucci, per cui la protesta dei cattolici è servita al contrario per illuminare gli incerti dello stesso mondo cattolico e per dare un avvertimento alle forze anticristiane a non spingere oltre un certo limite il loro attacco alla libertà religiosa col pretesto della libertà della produzione artistica, mentre al contrario gli escrementi gettati sulla splendida opera di Antonello da Messina è il segno della più volgare barbarie, che si inserisce nella storia di tutti i nemici di Cristo a cominciare da quelli che lo condannarono all’infamante pena della crocifissione.
Un ragionamento come quello suddetto è infatti così stupido come quello di chi dicesse che il ministero della salute pubblica non dovrebbe denunciare certi cibi sofisticati, perché questo avrebbe per conseguenza un afflusso maggiore del pubblico all’acquisto di questi cibi.
L’argomento forte dei sostenitori del Castellucci è che i critici cattolici non hanno visto lo spettacolo. Questo non significa nulla perché, a parte il fatto che la trama è estremamente semplice e non c’è bisogno d’averlo visto per rendersi conto che in esso si offende il Volto di Cristo, il carattere blasfematorio dell’opera si deduce con chiarezza dalla semplice lettura delle dichiarazioni fatte dal Castellucci per spiegare il senso della sua opera.
I tentativi fatti da alcuni cattolici di trovare nei personaggi del dramma di Castellucci una non so quale “preghiera” sia pur associata al lamento o alla protesta, anziché un’obbrobriosa bestemmia, sorprendono per l’ignoranza che dimostrano sia per la vera natura della preghiera che per la vera essenza della bestemmia. Chi nega il carattere blasfematorio dello spettacolo contro l’evidenza del fatto compie una pura e spavalda presa in giro dei cattolici e si sente quasi padrone della situazione potendosi permettere qualunque cosa, sicuro dell’impunità e di attrarre a sé una schiera di nemici del cristianesimo sotto colore della libertà dell’arte.
Non si può negare che Castellucci solleva un’istanza gravissima, lancia una sfida da raccogliere, mette il dito sulla piaga. Che cosa infatti c’è in gioco? Niente meno che il Volto di Cristo, come recita il titolo stesso del suo dramma. C’è in gioco la perenne questione che divide gli animi e che fa di Cristo, come Egli stesso ha detto, pietra di inciampo e segno di contraddizione. C’è in gioco la questione che già si pose ai suoi tempi: è un maestro o è un impostore? E’ Dio o è un miserabile finito giustamente sulla croce? Dobbiamo pregarlo o dobbiamo gettargli la “merda” in faccia? E’ o non è il nostro pastore?
In tal senso Castellucci va preso sul serio. Questo è l’elemento valido della sua opera. Certo la risposta non potrà essere quella che dà lui, ma la domanda è seria e ad essa bisogna dare la risposta giusta. La reazione che alcuni di noi hanno davanti a un Cristo che sembra indifferente alle nostre sofferenze e alle nostre preghiere è un fatto che, se in se stesso non si deve giustificare, però si può e si deve comprendere, soprattutto se siamo pastori e guida delle anime.
Questo è il motivo che genera ancor più stupore tra noi cattolici per la quasi totale indifferenza di teologi e pastori in occasione dell’evento Castellucci. Si parla sempre e dappertutto di raccogliere le sfide, di mostrare al mondo chi è Cristo, di rispondere alle obiezioni della cultura moderna, se in questo caso di “cultura” si vuol parlare, e poi ci si lascia sfuggire un’occasione come questa o si interviene con iniziative fuori centro, come quella di un Mancuso. Oppure appaiono i soliti esasperati che approfittano dell’occasione per scagliarsi per l’ennesima volta contro il Papa e contro il Vaticano II.
Direi allora che se questo silenzio del mondo cattolico nei confronti di gesti come quello del Castellucci dovesse continuare, c’è da temere che formazioni ben più compatte e convinte, come per esempio il mondo musulmano o il risorto comunismo, approfittino dello scetticismo e della viltà dei cattolici, per proseguire nella loro avanzata trovando davanti a sé soltanto delle forze inconsistenti e che in ultima analisi sono conniventi ed aprono ad esse il varco.
Ben vengano dunque le indicazioni dei Pastori, custodi del Gregge di Cristo, ad indicarci il cammino e se l’ indicazione più autorevole di tutte, come quella del Papa, è stata consegnata a Padre Cavalcoli, ci si ricordi che Padre Cavalcoli non ha fatto altro che far conoscere ciò che è di comune interesse alla Comunità cristiana.
Bologna, 31 gennaio 2012