C’è sempre una prima volta – di Piero Nicola

… prese l’aire tutta una gamma di porcherie messe in mostra per solleticare gli istinti corruttibili e per corrompere quelli sani, con tornaconto di lucro e con profitto ideologico: sporche degradazioni gabellate per lecite e anche utili a fini sostanzialmente lascivi.

di Piero Nicola

 

fcmnUn bel giovane corre da lei, la raggiunge sul treno in uno scompartimento da rivista patinata.

  “Amore mio” le dice, carino, felice che ella non abbia inteso lasciarlo.

  “Baciami!” lei lo invita, caruccia. Ed egli la bacia.

  Essi fanno pubblicità a un prodotto della telefonia o simili, un marchingegno multiuso che ho scordato quale sia. Sovente non mi restano impresse le marche e le cose di cui si promuove lo smercio con la tivù. E di rado, lo confesso, afferro il significato dell’inserto. Non ho mai creduto d’essere un fulmine nel capire, ma sono sicuro che, in questo caso, la mia tardezza dipende da una inveterata idiosincrasia per l’imbonimento che mi entra in casa tra una notizia e l’altra, tra una trasmissione e l’altra, sulle quali cerco di documentarmi.

  E allora, che cosa si trova di straordinario in quel duetto amoroso? Eh, la stranezza è grande e di nuovo genere! L’amata è una foca. Non una foca nell’accezione scherzosa di persona pingue e lenta, come si legge nel vecchio dizionario, ma un’autentica pinnipede di pelle grassa e scura, per niente umanizzata al pari dei personaggi dei cartoni animati, quantunque sia dotata di favella. Infatti parla con una voce che ha il timbro della loquela sciorinata dalla Litizzetto; e tanto basta a renderla meno umana, cara ai progressisti, agli animalisti o zoofili che dir si voglia.

  A dire il vero, avevo già visto la coppia uomo-foca in un altro spot, dove impersonavano nientemeno che Romeo e Giulietta: lui rampante su per un nobile muro; lei civettuola sporta dal verone. Ma forse, poiché in questo momento va per la maggiore uno spettacolo aggiornato quanto traditore (libera versione) del romantico dramma scespiriano, si è preferito puntare su una diversa situazione.

   Caso mai una trovata pubblicitaria di tal fatta l’avessero trasmessa in epoca non ancora postmoderna, quando era di là da venire il dar fondo agli accoppiamenti più disparati da rispettare – ma atti a far rivoltare nella tomba i poveri conformisti – allora il popolo avrebbe sorriso, magari divertito senza turbamento.

  Negli attuali frangenti, invece, la bizzarria sparisce in un’allusione all’evoluta normalità, la stravaganza sfuma in un invito a considerare l’onda lunga che distrugge i pregiudizi disdicevoli. Esaurita la rivendicata onorabilità dei comportamenti sessuali, già stoltamente censurati dalla cristallizzazione d’una morale discriminatoria, come arrestare il benedetto decollo liberatorio? Va da sé, che la fantasia, le libere voglie immaginose, hanno diritto di espandersi a proprio talento. E verso quali oggetti, anzitutto, se non quelli animali? Ecco che la bestialità – quell’estremo peccato contro natura – deve avere il suo debito riconoscimento, deve perdere il vecchio nome oltraggioso, l’insultante definizione invariabilmente riportata negli stolti e sorpassati vocabolari e nei manuali dell’etica, che condannò Oscar Wilde e i cosiddetti vizi di abbrutimento.

  Gi antichi coltivavano pure i miti di Leda e il cigno, di Giove con la vacca Io, e compagnia bella. Che cosa aspettiamo ad adeguarci, ad aggiornarci, a svincolarci dal medioevo? Il fausto paganesimo del glorioso Rinascimento sarebbe trascorso invano sulla storia?

  Argomenti debolissimi, si capisce. Ma i progressisti odierni, che occupano tutte le cattedre e determinano il tono del saputo cicaleccio televisivo, nella loro ignoranza, nel loro diffidare della classicità, ricorrono a ragioni sociologiche e antropologiche anche inferiori e molto più volgari, infiorando le relazioni fetide e morbose. Rapporti carnali che suscitano un solo pregiudizio, quello combaciante col senso della pura natura umana.

  Da lunga pezza, le grazie femminili sono fatte prostituire per la vendita e per gli incassi; cionondimeno avevano poco a che vedere con il salto di qualità… nella perversione. In seguito, si è arrivati a propagandare ogni sorta di aggeggi e di derrate con l’uso blasfemo delle tonache di suore e frati, con l’abuso dei collarini sacerdotali. Poi: signori e giovanotti così invaghiti di automobili fiammanti, che esse diventavano il surrogato delle amabili fanciulle. Poi: strizzate d’occhio all’omosessualità di abbracci ambigui, tanto per attirare l’attenzione. Poi: un castellano nella sua verde età riceve, in un chilometrico rotolo di carta igienica, un messaggio amoroso da ragazza per nulla disprezzabile, ed egli lo getta via preferendo la morbidezza della striscia candida e soave.

  Il fatto che le imprese di commercio si siano adeguate all’avanguardia delle idee nauseabonde – gli esempi sarebbero innumerevoli – è un campanello d’allarme circa la presa da esse esercitata sulla folla dei consumatori. Le ditte non si avventurerebbero su una strada malcerta; avranno fatto le loro brave indagini di mercato. In particolare, la clientela dei telefonini e apparecchi similari è giovane o giovanile, di vasta estensione.

   Andando alle scaturigini della corruzione sessuale, che non risparmia alcun campo di attività, mi torna alla mente un ritornello, un martellamento diffuso nei primi anni Sessanta. Ancor oggi, me ne sento offeso, offeso nella scandalizzata impotenza che allora provai, non potendo controbattere le luride tesi, colpire a morte le nere irrisioni rivolte ai retti benpensanti, divenuti sempre più timidi e rari. Ancora adesso, pudore e delicatezza mi impediscono di usare i termini  specifici. Mi spiegherò ricordando spettacoli di cabaret e film comici di quegli anni, in cui si inducevano gli spettatori a ridere, bensì per scherno e compatimento, della madre o zia che metteva in guardia il ragazzo contro certe pratiche innominabili, cui la preoccupata alludeva ammonendolo che, lasciandovisi andare, egli avrebbe potuto compromettere la vista: “Guarda, che diventi cieco!”

  Sulla scorta di simili distruzioni di tabù, prese l’aire tutta una gamma di porcherie messe in mostra per solleticare gli istinti corruttibili e per corrompere quelli sani, con tornaconto di lucro e con profitto ideologico: sporche degradazioni gabellate per lecite e anche utili a fini sostanzialmente lascivi.

3 commenti su “C’è sempre una prima volta – di Piero Nicola”

  1. Fino a poco tempo fa riflettevo ormai nauseata sugli spot pubblicitari, tutti sostanzialmente allusivi al sesso (quello normale, fra uomo e donna). Ora mi accorgo che la questione, anche se permane, in fondo è superata. In uno di questi che al momento non ricordo cosa diavolo reclamizzi, dopo immagini di espressioni amorose varie e di vario genere, una voce suadente recita: “Qualunque sia la tua idea di famiglia…” ecc. ecc.
    Che dire? Stiamo precipitando inesorabilmente e a velocità pazzesca verso l’abisso. Che la Madonna Santissima venga in nostro soccorso!

    1. Direi piuttosto: “Siamo spinti verso l’abisso con violenza e sfrontatezza inaudite”.
      Questo per sottolineare che chi dà ordini di morte tramite i media è un’esigua minoranza, che è capace di agire soprattutto perché agisce distruggendo. Distruggere è facilissimo, costruire è difficile, ricostruire è difficilissimo

  2. lucianopranzetti

    Che la pubblicità sia diventata capo di beceri sperimentalismi è ormai accertato. Piuttosto ci sarebbe da fare una levata di scudi contro quei produttori USA/Hollywood ebrei che ci rovesciano, ogni giorno, dallo schermo tv, cumuli di filmati, in specie polizieschi, dove il pedofilo è sempre un prete cattolico, la suora è sempre una lussuriosa, lo stupratore porta un crocifisso tatuato sul torace,la prostituta nera porta un crocifisso pendulo sulle enormi tette e il poliziotto di turno esclama, alla vista dell’ennesimo cadavere: Cristo! Cristo! Il vescovo Luigi Negri, invece di minacciare lo stato italiano per mancata tutela dei minori, dovrebbe tirare, almeno, le orecchie al rabbino Laras con cui amabilmente si perde in conversari.
    Prof. Luciano Pranzetti

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