“Cercate il volto dei santi” – rubrica mensile di Paolo Gulisano

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Ogni mese l’Autore ci presenta una figura di santo, un volto a cui guardare, un esempio da seguire, un maestro da ascoltare, un amico le cui parole – e le cui opere – ci possano davvero essere di conforto nell’avventura difficile ma affascinante  dell’essere cristiani.

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San Camillo de Lellis – 14 luglio

di Paolo Gulisano

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Il patrono degli infermieri

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L’assistenza infermieristica è oggi una professione sanitaria svolta con autonomia professionale diretta alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute personale e comunitaria. L’infermiere svolge la sua funzione, sulla base di precise norme legislative, etiche e deontologiche, e partecipa alla identificazione dei bisogni di salute e formula i relativi obiettivi assistenziali, pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico, garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente che in collaborazione con gli altri professionisti sanitari e sociali.

Non sempre è stato così, e per molto tempo la figura dell’infermiere è stata relegata ad un ruolo di mero supporto al medico. Un’altra caratteristica della figura infermieristica inoltre è stata a lungo quella di essere prevalentemente femminile. Nulla di strano, in sé: il “prendersi cura” è stato un compito assolto per secoli dalla donna. Non solo nel Cristianesimo, ma anche presso altre religioni e culture la donna è sempre stata una figura accanto alla persona sofferente.

Il santo patrono degli infermieri è san Camillo de Lellis, ricordato dalla Liturgia il 14 luglio, una data storica per altri motivi infausta, dato che celebra il trionfo della Rivoluzione Francese..

Camillo nacque alla metà del ‘500 in provincia di Chieti. Figlio di un ufficiale al servizio del re di Spagna,Camillo era un giovane pigro e rissoso, e il padre decise, quando compì vent’anni, di avviarlo alla carriera militare. Ma, appena arruolato, un’ulcera al piede lo costrinse ad abbandonare il servizio. Per farsi curare fu costretto a recarsi a Roma, presso l’ospedale di san Giacomo degli Incurabili. Dopo essere stato curato e guarito venne assunto come inserviente presso l’ospedale stesso, ma ben presto perdette il posto a causa della sua scarsa propensione al lavoro.

Raggiunto dalla notizia della morte del padre, decise di tornare ad arruolarsi come soldato di ventura, conducendo poi una vita dissoluta. Abbandonò ancora una volta il mestiere delle armi, e si mise a vagabondare per l’Italia, fino a quando non capitò presso i frati Cappuccini del convento di Manfredonia, nel Gargano. Qui iniziò il suo percorso verso la conversione: nel 1575 decise di abbracciare la vita religiosa e di diventare un frate cappuccino, ma l’antica piaga al piede tornò a dargli problemi: fu così costretto a tornare a Roma per curarsi.

Rimase nell’ospedale degli Incurabili per ben quattro anni.

Fu per lui il momento della svolta della sua vita: si scoprì capace di aiutare i malati, imparò a curarli, dimenticò ogni vecchio vizio: la sua vita prendeva significato e gusto nell’aiutare i sofferenti e nel cercare persone che si consacrassero con lui ai malati per solo amore di Dio.

Ne trovò cinque, che nel 1582 portò con se all’ospedale di Santo Spirito. Qui maturò definitivamente la sua vocazione all’assistenza dei malati e, insieme a questi primi cinque compagni che, seguendo il suo esempio, si erano consacrati alla cura degli infermi, decise di dare vita alla “Compagnia dei Ministri degli Infermi”.

Il Santo Spirito era il glorioso Hospitium Apostolorum, uno dei più antichi ospedali del mondo, voluto direttamente dal Papa Innocenzo III nel ‘200  e da lui affidato ai religiosi di Santo Spirito. Sisto IV, il Papa della Cappella Sistina, aveva rinnovato l’ospedale con una tale magnificenza da riproporre almeno idealmente il valore originario: un culto d’amore dovuto a Cristo, Dio e uomo, ammalato nei poveri.

Purtroppo, assieme alla bellezza strutturale non era stata parallelamente sviluppata la capacità di assistere, di curare, e a questo pensò Camillo con la sua grande fede e con la competenza nell’assistere i malati che aveva sviluppato.

A Roma ebbe modo anche lui di incontrare quello straordinario personaggio che era Filippo Neri, e sotto la sua guida spirituale riprese gli studi, e infine venne ordinato sacerdote.

Camillo impressionò il pontefice stesso per l’eroismo con cui lui e i suoi compagni assistevano i malati, e proprio questo voto, quello di curare i malati anche con pericolo della propria vita, fu aggiunto ai tradizionali voti religiosi nello statuto del nuovo Ordine religioso che venne presentato al papa e ne ebbe l’approvazione.

L’Ordine si espanse rapidamente in molte città italiane in cui Camillo fondò nuove comunità tutte al servizio dei grandi nosocomi cittadini. Le prime comunità sorsero a Milano, Genova, Bologna, Mantova, Napoli, Palermo.

Quando Camillo e i suoi cominciarono a lavorare nell’ospedale maggiore di Milano, la “Cà granda”, trovarono anche qui, com’era accaduto a Roma, i luoghi di degenza in tale stato di degrado che Camillo li considerò “causa di morte” per sporcizia e mancanza di igiene.

Camillo e i religiosi del suo ordine divennero riconoscibilissimi per la loro divisa:  portavano sull’abito nero una ben visibile croce di panno rosso, un segno di vita, di speranza; un segno che per ogni sventurato annunciava il soccorso.

Camillo fu un vero anticipatore degli sviluppi dell’assistenza ospedaliera, in particolare di quella infermieristica.

Se Giovanni di Dio aveva parlato di fare del bene come fratelli, Camillo spiegò ai suoi che per i malati bisognava essere “madri”, avere cioè la tenerezza di una madre, e assistere “con piacevolezza”, come amava dire, cioè con gentilezza, con il sorriso. Più facile a dirsi che a farsi, certamente, ma Camillo per mostrare come si doveva fare, fu capace anche di lasciare anche la guida dell’Ordine e tornare a lavorare in corsia.

Dopo aver lasciato la guida dell’Ordine, pur gravemente malato, continuò ad assistere i malati fino alla morte, avvenuta il 14 luglio 1614 nel convento della Maddalena, che era diventato sede del suo Ordine, dove fu tumulato.

I resti del fondatore (canonizzato nel 1746) sono venerati nel santuario del paese natale, Bucchianico, vivace centro di pellegrinaggi.

3 commenti su ““Cercate il volto dei santi” – rubrica mensile di Paolo Gulisano”

  1. per caso su Padre Pio TV, ieri ho guardato la bellissima Santa Messa in onore di questo magnifico Santo: San Camillo De Lellis.
    Il prete, che faceva parte dell’ordine dei Camilliani, ne ha elencato le magnifiche virtù che Egli applicava ai moribondi e ai malati…sempre nel nome di Cristo Re.
    Avrebbero dovuto sentire questa bellissima omelia, i tantissimi seguaci di Satana che oggigiorno travestiti da medici, infermieri, e preti dei miei stivali ( scusate il termine) si battone in nome della Morte…VERGOGNA!

  2. “la sua vita prendeva significato e gusto”: ecco il gusto di chi veramente è toccato dalla mano di Dio e trova edificazione (non appagamento) nel seguire il Suo disegno…Ecce ancilla Domini…

  3. Il Signore susciti, per intercessione di questo Santo dolce ed eroico, vocazioni di uomini e donne che vogliano davvero dedicarsi alla cura degli infermi, senza pensare principalmente alla loro carriera ed alla remunerazione. Ce n’è bisogno, in quest’epoca di individualismo talmente sfrenato da essere quasi satanico.

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