Nel mare della politica “liquida”, priva com’è di riferimenti saldi e di orientamenti valoriali, uno dei tormentoni unificanti, in grado di accomunare partiti spesso lontani tra loro è il richiamo alla “responsabilità” di fronte al “rischio elezioni”. Il tormentone è sempre lo stesso: è da irresponsabili fare cadere l’attuale governo ora che ci sono da utilizzare i 209 miliardi di Recovery fund. È da irresponsabili andare alle urne in piena emergenza pandemica. È da irresponsabili chiedere elezioni anticipate.

In realtà, dall’Uganda al Regno di Tonga, nei prossimi mesi saranno decine i  Paesi che si recheranno alle urne per eleggere i loro rappresentanti politici. In Europa il 24 gennaio i portoghesi eleggeranno il nuovo presidente della Repubblica. In primavera toccherà alla Bulgaria votare per il rinnovo del parlamento e per le presidenziali. E poi, via via, l’Olanda, l’Albania, la Gran Bretagna, Cipro, la Norvegia, l’Islanda, la Repubblica Ceca. Anche la Germania, non proprio un Paese qualunque all’interno dell’Unione Europea, sarà chiamata al voto il 26 settembre: i tedeschi dovranno infatti scegliere il successore di Angela Merkel ed i componenti il Parlamento federale.

Tutti “irresponsabili” i ceti dirigenti degli altri Paesi? O piuttosto e molto banalmente attenti alla volontà popolare? D’accordo, il nostro sistema democratico è quello che è. Non è una novità. Al di là  della gran messe di libri sull’argomento e dei continui richiami da parte dei notisti più attenti, l’anomalia di un Presidente del Consiglio, come Giuseppe Conte, che nello spazio di un mattino, è passato da  un’alleanza di governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle a una tra Pd e Movimento Cinque Stelle, la dice lunga su una politica a bassa tensione, con governi sorretti da maggioranze variabili e non passati al vaglio della volontà popolare.

Ma questo ci offre la vigente Costituzione e con questa sarebbe doveroso che tutte le forze politiche si confrontassero, evitando giustificazioni di basso livello, richiami  tanto moralistici quanto inconcludenti. “La sovranità appartiene al popolo” – dice il primo articolo della Costituzione italiana. Certo, poi specificando che “la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ma le forme e i limiti non sono solo le norme, il rispetto delle procedure, le scadenze formali. Per dare senso e forza alla volontà popolare è necessario che il popolo non si limiti a fare “da comparsa”, chiamato ogni cinque anni a rinnovare i suoi rappresentanti nazionali. È necessario che ci sia corrispondenza tra gli indirizzi di governo e la reale volontà popolare. Quando questa corrispondenza sia spesso scissa è noto ed è oggetto di una ricca letteratura in materia. Così come è evidente ai più la prevalenza, più o meno palese,  di oligarchie extrapolitiche in grado di condizionare il potere… democratico, al punto che – in dottrina – si parla di postdemocrazia, espressione delle lobbies economiche, della managerializzazione dell’amministrazione, dei condizionamenti delle tecniche di comunicazione di massa.

Nel frattempo il “popolo”, nel cui nome si dice di operare, è “altrove”, lontano: non partecipa e non si sente rappresentato; non vive la politica, la subisce. Il rischio è che tutto finisca  come negli Stati Uniti, con l’’attacco al Congresso di quello che – fino a ieri – era, almeno sulla carta, il sistema democratico per antonomasia.

I  limiti  politici e culturali dei tradizionali sistemi di rappresentanza sono del resto evidenti e non da oggi. Winston Churchill, da buon conservatore, lo aveva stigmatizzato nel 1947, dichiarando: “Nessuno pretende che la democrazia sia perfetta o onnisciente. In verità, è stato detto che la democrazia è la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre forme sperimentate nelle diverse epoche”.

In attesa di un’alternativa questo “passa” il sistema vigente. Ed allora a questo bisogna guardare. Evitando fughe ed ipocrisie dettate dagli interessi di parte. Evitando soprattutto di nascondersi dietro la maschera di una “responsabilità” che con la democrazia e la volontà popolare ha ben poca attinenza. Di fronte alla  sfibrante guerra di logoramento portata avanti dai partiti che sostengono il Governo Conte II, votare è allora  tutt’altro che una proposta indecente. 

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