Con Benedetto XVI si spegne l’ultima speranza per l’occidente?

Nel tempo minaccioso e oscuro in cui il male sembra diventato il vero unico fattore globalizzante, almeno in questa parte di mondo in disfacimento che ama chiamarsi occidente, con la morte di Benedetto XVI, viene meno anche simbolicamente l’immagine del suo ultimo grande baluardo morale.

Del significato e della pericolosità di questo compito storico, la sua intelligenza luminosa e lungimirante aveva visto il peso, ma anche assunto il fardello con il coraggio di un antico martire.

Sapeva che avrebbe dovuto affrontare i lupi, ma anche le jene che forse con l’inganno avrebbero potuto travolgerlo. Tuttavia, la fede gli imponeva di assumere il rischio di una missione disperata ma irrefutabile. 

Nel discorso di inizio pontificato mostrò di avere la piena consapevolezza della propria missione, ma anche della trappola mortale che gli sarebbe stata tesa. E tutto affrontò senza la minima esitazione. A dispetto di tutto, a Regensburg come a Parigi, a Londra come alla Sapienza abitata dalla pseudo accademia, le sue parole sarebbero rimaste in ogni caso come una eredità imperitura, perché capace di offrire per ogni tempo un lascito di verità e di straordinaria profondità speculativa. 

Troppo attento conoscitore delle cose del mondo e della chiesa, sapeva che quest’ultima poteva ancora e doveva rappresentare la paratia stagna capace di respingere l’onda travolgente del degrado morale e spirituale. Sapeva che le religioni sono il collante, la spina dorsale di una qualunque società, ma la differenza è data dai contenuti, e vi sono solo determinati principi individuati capaci di assicurare, con la retta navigazione, anche la stessa sopravvivenza morale e materiale della comunità umana. Ma sapeva quanto essa fosse stata aggredita in profondità dalle metastasi delle idee e dei costumi degenerati. 

La mitezza dell’uomo conferiva forza ancora più adamantina alla sua fede e alla sua ragione. E in Fides et Ratio, l’enciclica firmata da Giovanni Paolo II, è racchiuso il vero possibile antidoto contro il crollo definitivo di una civiltà, o della civiltà tout court. 

La ragione può salvare l’uomo da una feroce autodistruzione soltanto se riesce a fargli superare l’equivoco di una potenza vanesia e di una dissennata prepotenza. La fede dovrebbe essere la guida capace di orientare la ragione entro i binari del bene, nella coscienza antica dei limiti insuperabili, oltre i quali tutto è perduto. Invece, per paradosso, proprio da questo orizzonte teleologico la chiesa si è allontanata ciecamente o forse diabolicamente.

Ma nonostante tutto, ora che anche la figura immacolata di quest’uomo si va dissolvendo, per restare solo nella nostra memoria, possiamo solo raccogliere il messaggio che egli ha lasciato in una bottiglia nelle acque oscure in cui annaspiamo. È la vera possibilità che ci è offerta per aprire gli occhi sulla realtà e liberare la mente obnubilata da infinite menzogne. Per liberarci dai falsi profeti, i falsi benefattori, dai falsi sacerdoti, dai falsi miti, dalle false speranze.  

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