Contro il logorìo del totalitarismo moderno. Parliamo di calcio

Uno degli strumenti più efficaci di qualsiasi totalitarismo sta nel fatto che i sudditi non parlino altro che dei loro padroni e dei loro intenti: nel bene o nel male, ma che parlino solo di chi sta al potere in modo tale che il potere stesso diventi un’ossessione, una divinità onnipresente, onniscente e onninclusiva. Insomma, i padroni voglio che i sudditi, o meglio i prigionieri, non abbiano neppure la minima memoria della vita quotidiana vissuta in tempi normali. Per questo, pur occupandoci dell’inaudito attacco all’uomo in atto tramite presunta pandemia e certa emergenza vaccinale, vogliamo continuare a tenere vive le piccole e grandi  cose che hanno sempre allietato le nostre giornate. Così, ho chiesto a Matteo Donadoni di tornare scrivere di calcio. Intendiamoci, quando riesco a capirlo, non sono quasi mai d’accordo con quanto scrive, ma mi rende un po’ più sereno il fatto che lo scriva. Ho anche qualche riserva sul “come” lo scrive, che lui definisce “patafisico” mentre io userei altri termini magari non adatti a un pubblico perbene: ma pure il fatto che “patafisico” fosse “patafisico” rimanga è un buon segno, poiché significa che Matteo Donadoni non è un mutante adattato al potere, ma un sano antagonista. Non fa niente se non ne capite il senso immediato dei suoi ragionamenti pedatori: il senso più profondo sta nel fatto che non debbono portarci via la nostra anima e badate a quello. Per dovere di cronaca debbo dire che, prima di passare alla pubblicazione il pezzo di Matteo, ho chiesto a Fabio Trevisan di tornare  a parlarci di bella musica da ascoltare con piacere. Farò altrettanto con gli altri collaboratori.

E permettetemi di concludere come faceva a suo tempo il nostro Giovannino Guareschi: NO PASARAN! (Alessandro Gnocchi)

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Lo dichiariamo subito, per coerenza e perché le cose vanno per la strada loro: il pezzo che segue può nuocere alla serietà. Stiamo vivendo mesi pesanti, trascorsi sotto una cappa comunicativa asfissiante. Quanti morti, quanti vaccinati, quanti positivi, un computo sociopatico che rischia di imporre un distanziamento ai pochi neuroni funzionanti che ci rimangono. Come fu per i lager nazisti, la dittatura tecno-sanitaria forse ci permetterà, per un paio d’ore la settimana, la gioia più sferica che effimera del football. Ragion per cui fin quando ne avremo la possibilità, panem permettendo, racconteremo in tono scanzonato e anche un po’ patafisico i circenses del gioco più bello del mondo. Ci perdonino i lettori, non abbiamo intenzioni sovversive, non riteniamo di essere felici nella nuova normalità alla faccia dei seminatori di odio e costruttori di ponti alla scientolatria. O forse sì. Riteniamo in ogni caso di dover vivere oltre la linea e, di tanto in tanto, mandarci un pallone.

“Fo casino ‘on l’arbitro io?”. Era prevedibile. Finita la buffonata delle nazionali in assenza di nazione, è (ri)cominciato il campionato di calcio. Eppure, niente è più imprevedibile del prevedibile, così, lo show promesso dal ritorno degli allenatori più casinari del circondario non si è fatto attendere. Lo sapevamo. Eppure ci siamo stupiti: pronti via, Spalletti che fa polemica con Allegri, Sarri espulso, Mourinho che corre sotto la curva. E senza esibire green pass. I love football, direbbe Eric Cantona.

Mentre Marcelo Bielsa fa polemica in Inghilterra per le inutili soste nazionali appoggiando a sorpresa la legge inglese no football zone, che vieta la trasmissione in tv delle partite del sabato pomeriggio e obbliga i tifosi a recarsi allo stadio, e mentre a Manchester Cristiano Ronaldo esordisce con due gol, Massimiliano Allegri minimizza, ha passato di peggio, la squadra ha “fatto un passo da gigante”: dopo aver pareggiato a Udine, ha perso a Napoli. Tanto tranquillo non deve proprio essere se scappa via per non dover guardare negli occhi quel bischero di Spalletti che con lui aveva “sempre perso c… Maremma ‘mpestata”

Nessuno si sarebbe aspettato il faccia a faccia. Tutti avevamo previsto tensioni e spettacoli in conferenza stampa. A qualcuno era poi sembrato di vedere qualche frizione, ma “gli è sembrato male”. D’altra parte Spalletti, ora, per una volta che vince, potrà andarlo a salutare, inseguendolo fino negli spogliatoi degli ospiti per stringergli la mano? No, Allegri gli fa la morale. Dovrebbe farla a se stesso per aver messo un Kean in stato confusionale, che non sa in quale area sta giocando.  Juventus corsa scudetto finita alla terza giornata. Ma, in ogni caso, zero frizioni.

Mentre a Bergamo hanno finito il tè del Papu, nell’urbe lo Special One festeggia nel migliore dei modi la panchina numero 1000 (quasi tutte senza tampone) correndo come un bambino sotto la curva. Ha vinto 25 trofei, uno ogni 40 partite. Romanisti, ne mancano 35. Per ora, anche sotto il Campidoglio zero frizioni.

Sarri, che fuma 40 sigarette ogni trofeo vinto da Mourinho, chiede rispetto col ditino per le persone più anziane, ottiene l’espulsione, poi Ibrahimovic  prende per il braccio il ragazzino Saelemaekers e lo porta a chieder scusa. Ma, anziani per anziani, il cartellino ormai era estratto: Cartula iacta est. Red pass vista  tribuna per l’allenatore biancoceleste. Qualche frizioncina qui per la verità ci sarebbe, ma il rosso è a tempo come il green. Passerà.

E io, sciocco, ero convinto che la notizia della settimana fosse la dichiarazione di Gerard Piquè al programma radiofonico spagnolo “La Sotana”: “Nell’ultima stagione di Guardiola al Barcellona c’è stata molta tensione, voleva controllare tutto e devo dire che Mourinho ci ha sfinito. Ho sofferto molto quell’anno con Pep, ho anche pensato di lasciare il club alla fine della stagione 2011/2012. Chissà perché Mourinho logorò così tanto Pep. Non era più con noi, se ne rese conto e si prese un anno sabbatico”.

Saranno state le prove di lockdown cognitivo in salsa catalana o sarà vero che Josè logora chi non ce l’ha?

In ogni caso chi inventa un programma radiofonico per chiamarlo “La Sotana” merita ossequioso rispetto, quasi quanto chi fa “casino ‘on l’arbitro”. E chi non è d’accordo gli “è sembrato male”.

2 commenti su “Contro il logorìo del totalitarismo moderno. Parliamo di calcio”

  1. Mi permetto di far sommessamente notare che sotana, in spagnolo, significa veste talare o, patafisicamente come in questo caso, batosta.

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