CORNELIO FABRO ALLA SCUOLA DI SANTA GEMMA GALGANI. La teologia interroga la mistica – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

 

L’urgenza di opporre la fede al dubbio ha suggerito al regnante papa Francesco l’affermazione che la Chiesa cattolica non è una associazione secolare, unicamente o prevalentemente intesa all’assistenza materiale dei bisognosi.

Eccitati dal fumo postconciliare, i promotori dello scempio liturgico e dell’avventurismo teologico hanno, infatti, alzato il labaro della socialità umanitaria, mettendo in discussione il primato dello spirituale e misconoscendo il valore pedagogico delle sublimi, eroiche esperienze mistiche vissute, contro la corrente del modernismo, da Santa Gemma Galgani (1878-1903) e da San Pio da Pietralcina (1887-1968).

fsgLe biografie eroiche dei due santi stigmatizzati, sono di fatto sottovalutate e quasi censurate da pastori aperti alla teologia simpatica e buonista, in devastante circolazione fra gli stati d’animo suscitati dalle teorie modernizzanti di Karl Rahner.

La minaccia di un’involuzione secolare/storicistica dell’unica, vera religione e il rischio di uno strisciante deprezzamento dell’esperienza mistica, fu avvertita negli anni Settanta da padre Cornelio Fabro, il quale, in un magistrale saggio, affermò che “La testimonianza di Santa Gemma Galgani vissuta nel soprannaturale è quasi del tutto smarrita in questa tribolata Chiesa del post-Concilio” (Cfr.: Cornelio Fabro, “Lettere su Santa Gemma al Monastero di Lucca”, a cura di Elvio Fontana, Edivi, Segni 2013).

Il disorientamento del clero aperturista è peraltro oggetto di una rivelazione di Gesù a Santa Gemma: “Figlia mia, vedi, se non fosse per il rispetto a questi Angeli che mi stanno d’attorno, quanti ne fulminerei all’altare. E voleva dire nel tempo che dicono la Messa”.

Nella presentazione del volume citato, Suor Rosa Goglia, che per la durata di un ventennio fu preziosa e sagace collaboratrice del geniale interprete del tomismo, rammenta che Fabro, fin dagli anni del seminario, fu attirato dal carisma di Santa Gemma e dalla abissale, sconvolgente profondità delle rivelazioni da lei ricevute: “Padre Fabro si sente attirato dal suo [di Santa Gemma] carisma che si dipana in varie manifestazioni: il suo sentire sovrasensibile, la presenza del soprannaturale nel vivere quotidiano, tutto ciò che Gemma sente ma non capisce, ma vive in santità e in fierezza”.

In tempi segnati dalla tentazione di rovesciare il sovrannaturale nel sociale e la giustizia di Dio nella tolleranza del peccato, Fabro ha proposto una meditazione sulla pietà eroica e sulle sofferenze sopportate da Santa Gemma per amore di Cristo: “la purificazione inesorabile compiuta da Dio in un’anima innocente, ci apre uno spiraglio sull’orrore del peccato e delle brutture della vita che non possono lasciare indifferenti”.

Ora nella vita esemplarmente eroica di Santa Gemma si legge la confutazione delle tesi intorno ai cristiani anonimi.

Le rivelazioni a Santa Gemma sono i contravveleni della carità al perdonismo “La spiritualità che emana da queste righe [di Santa Gemma] all’apparenza così semplici, così squillanti di gioie e pene divine narrate con infantile tenerezza, ha un’essenza metafisica di senso assoluto; non c’è che un’unica via per la salvezza: quella della Croce, e sono gli innocenti che devono espiare per i peccatori“.

La rivelazione ai Santi è uno spiraglio aperto dalla divina misericordia per alleviare l’angoscia che opprime coloro che sono prigionieri del sistema dell’empietà.

Fabro al proposito formula un giudizio incendiario, che fa cadere i ponti lanciati dall’avventurismo teologico verso il compromesso con l’errore: “Il mondo moderno è indubbiamente preda della malattia del peccato, che diventa sempre più evidente e lacerante con le ideologie e tecniche moderne, che hanno scardinato e stanno incenerendo con i nuovi universali antropologici delle cosiddette scienze umane, ogni protezione per l’intimità dell’io, ch’è ora trascinato e travolto nel vuoto di un moto perpetuo d’insignificanza e della rottura d’ogni limite”.

 

Le pagine più avvincenti dell’epistolario e dei saggi pubblicati in appendice contengono un’audace riflessione fabriana intesa all’approfondimento della teologia mistica.

Alcune sconvolgenti rivelazioni a Santa Gemma suggeriscono al teologo “la contemporaneità ossia presenza di Cristo alla storia umana: Gesù è sofferente con noi per e con noi fino alla fine del mondo quando il Figlio dell’uomo farà il giudizio della storia e il principe di questo mondo sarà cacciato fuori”.

Quasi a smentita dell’irenismo festante, Fabro deduce dalle lettere di Santa Gemma un nuovo argomento della teologia mistica, la contemplazione in Cristo “di una contemporaneità di solidarietà e di misericordia per i peccati del mondo come una continuazione nel senso esistenziale di una ripetizione (reale-mistica) della sua Passione“.

Di qui un nuovo argomento teologico, offerto a Fabro da Santa Gemma e da San Pio da Pietralcina, e proposto alla meditazione di noi peccatori nel Venerdì Santo: “L’Uomo-Dio nella gloria soffre ancora? Come Dio non certamente. Come Uomo, i Santi e i mistici lo vedono soffrire per i peccati degli uomini, lo sentono invocare la riparazione e chiedere di essere confortato. Perché non ammettere che qui abbiamo un tempo nuovo e una presenza nuova di Cristo? La presenza esistenziale ed il tempo esistenziale dell’Uomo-Dio? L’Emmanuele che è Dio con noi? Perciò la storia umana ed ogni atto libero, sia dei Santi come dei peccatori, è presente a Cristo, in un modo estensivo-estensivo così che ogni atto gli è presente nella qualità propria del momento del suo accadere”.

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