Così Obama impone Lgbt e aborto ai leader africani di domani – di Mauro Faverzani

di Mauro Faverzani

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zzzzbmrdc«Voi siete il motore del progresso!»: così lo scorso 3 agosto, a Washington, Barack Obama ha caricato 500 giovani africani, che erano lì per lui, all’inaugurazione del programma di cui sono ospiti, lo Yali-Young African Leaders Initiative. Si tratta di una sessione di studi di sei settimane presso una delle più prestigiose università statunitensi. Il tutto assolutamente gratis. Spese e costi vengono interamente sostenuti dalle borse di studio Mandela Washington. E’, questa, una “creatura” dell’attuale Presidenza Usa, per lo più sfuggita ai media, ma a torto; giunta alla sua seconda edizione, ne è già stata garantita la prosecuzione, anche dopo la fine del mandato di Obama alla Casa Bianca, nel 2017.

E proprio Obama, all’inaugurazione, si è rivolto ai 500 presenti, parlando loro per più di un’ora. Ha ripreso i temi-chiave dei discorsi tenuti in Kenya ed all’Unione Africana in Etiopia: buon governo, istruzione e posizione delle donne nella società. Spronandoli: «Questo programma vi aiuterà realmente a fare la differenza, quando tornerete nelle vostre case». E loro, i giovani, hanno risposto entusiasti: «Il sogno di Barack Obama ci dà le ali». In realtà, più che le ali, dà soldi, relazioni commerciali ed i contatti giusti; purché, in cambio,facciano esattamente quanto venga loro chiesto.

L’anno prossimo, lo Yali punta a farsi ancor più invasivo: raddoppierà il numero dei partecipanti, non più 500, ma mille giovani africani, tutti di età compresa tra i 25 ed i 35 anni. In pratica, la classe dirigente del domani. Tutti rigorosamente selezionati tra i migliori, i più promettenti, i futuri leader. Non solo. Verrà aperto un altro centro regionale Yali, questa volta ad Accra, in Ghana: è il quarto, dopo Dakar, Nairobi e Pretoria. Inoltre, nel 2016, a loro volta, almeno 80 giovani americani andranno in Africa, per studiare la leadership del posto. I nodi si stringono…

«Cambieremo l’Africa», hanno urlato in coro quei 500 giovani. Già, cambieremo l’Africa. Ma come? Che il Continente si opponga all’agenda Lgbt, all’aborto, all’eutanasia, ai “diritti riproduttivi”, alla “pianificazione familiare”, lo ha dimostrato e lo intende dimostrare chiaramente nell’aula sinodale, ma anche con leggi e decisioni governative coraggiose, pronte a rinunciare agli aiuti, quand’anche necessari, pur di non tradire le proprie convinzioni. Per questo, ora, Washington ha deciso di cambiare strategia: se i leader attuali non accettano imposizioni, quelli di domani, opportunamente indottrinati, forse lo faranno.

E’ quanto si evince dando una scorsa ai nomi degli sponsor, che han reso possibile il programma Yali e pagato le borse di studio Mandela Washington, grazie alle quali questi 500 giovani han potuto seguire la sessione di studi in modo totalmente gratuito. Chi più, chi meno, rappresentano comunque tutti una sorta di gigantesco spot elettorale dell’amministrazione Obama oppure si tratta di realtà orbitanti attorno alle Nazioni Unite, Unfpa (Fondo per la Popolazione) in testa, che è sinonimo di «salute riproduttiva, pianificazione familiare, diritti sessuali», spaziando dall’aborto all’ideologia gender.

Ma vi sono anche sigle più “esplicite” come Advocates for Youth, pronta a finanziare ovunque nel mondo l’agenda Lgbt e le lobby abortiste, al punto da prender recentemente le difese di Planned Parenthood nonostante i video-choc che hanno denunciato gli aborti illegali da essa effettuati, nonché il traffico e la vendita di parti del corpo sezionate dai bambini abortiti. Ma altri attivisti del gender si trovano tra gli sponsor dello Yali, come il Council for Global Equality, ovviamente l’International Gay and Lesbian Human Rights Commission, lo Human Rights Watch, il National Democratic Institute, mentre il Population Council utilizza la lotta all’Aids ed all’Hiv per promuovere di fatto la cosiddetta «salute riproduttiva» ovvero contraccezione e aborto.

Quello che è stato assemblato dall’amministrazione Obama col programma Yali, dunque, rischia di essere una temibile arma di indottrinamento, per imporre ai popoli africani ciò ch’essi non vogliono. Ciò che è stato allestito è un gigantesco e complesso meccanismo umanitario, finanziario, mediatico, didattico ed educativo, con un solo scopo, ma molto preciso: formare la leadership di domani per deformare il volto dell’Africa di oggi.

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fonte: Corrispondenza Romana   

1 commento su “Così Obama impone Lgbt e aborto ai leader africani di domani – di Mauro Faverzani”

  1. Caro Faverzani, come la settimana scorsa lei ha scritto un articolo circostanziato, con dati incontrovertibili
    e purtroppo tragici.
    Non credo ci possano essere rimedi umani.
    L’unica voce che potrebbe COLPIRE a qualsiasi livello sarebbe quella di un PAPA di un VERO PAPA!
    Ma bergoglio…..

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