L’astronave del vuoto mentale
di Piero Vassallo
Durante la fase acuta della crisi postconciliare, il card. Giuseppe Siri pubblicò, nella rivista genovese “Renovatio” [1], un articolo, che definiva sinteticamente i successi della nuova teologia ovvero la “sostituzione indegna ed ereticale della Carità o amore alla Legge”.
Senza dubbio “la roccia di Pietro resta e nessuno la scalfisce in se stessa, implicata com’è in un’impresa divina. Ma talvolta gli uomini possono ad altri togliere la visione della roccia… Se accadessero fatti che togliessero a taluni degli uomini la visibilità della roccia nella Chiesa, la conseguenze sarebbero gravi” [2].
Uomo di profonda fede e di splendida carità, Giuseppe Siri aveva colto l’insidia neomodernista, rappresentata dal divorzio della vita cristiana dalle verità rivelate, che costituiscono il severo fondamento della vita cristiana.
Negli anni Novanta, riprendendo una tesi del card. Siri, Gianni Baget Bozzo ha dimostrato che la catastrofe causata dalla lettura neoterica del Vaticano II consisteva nella rinuncia all’anatema: “nessun pensiero era a priori escluso dalla Chiesa” [3].
Nel vuoto della mente post-conciliare, tutti i pensieri sono ammessi al volo, eccetto quelli che affermano la giustizia divina.
La furia buonista, ultimamente, si è scagliata contro Roberto De Mattei, colpevole di rammentare che la giustizia di Dio punisce l’empietà.
La Carità, secondo la tradizione cattolica, è una Legge: affermando che Dio è Carità e Giustizia, la dottrina cattolica definisce la beatitudine increata e l’indefettibilità della perfezione, che appartiene a Dio per essenza.
La Legge, infatti, è il raccoglimento dello splendore eterno e indeclinabile nella carità.
Separare la Carità dalla Legge, dunque, significa scomporre la tradizionale definizione di Dio, introdurre l’assurda nozione della sua impotenza, abbandonarsi alla deriva dell’emozione anarchica, alle correnti del pensiero doppio, che predica l’Assoluto, negando l’assolutezza.
La baraonda dei teologi per la negazione della giustizia, in ultima analisi, si riduce alla metafisica dello sdoppiamento: il culto del “dio” dell’amore senza legge pone l’esigenza di inventare, per detestarlo, il “dio” della legge senza amore.
Purtroppo i fluviali documenti del magistero, che “parlano piuttosto di consumismo che di nichilismo”, contribuiscono alla confusione, riducendo il problema dell’ateismo ad un aspetto semplicemente economico [4].
La festosa accoglienza, che l’effervescente ecumenismo dei prelati d’avanguardia riserva agli autori neo-cristiani, ai teorici della carità senza legge, è il sintomo dell’anarchia s-pensante, che si è diffusa grazie all’abbassamento delle difese immunitarie dell’intelligenza cattolica.
L’esemplare caso di Massimo Cacciari, incaricato d’insegnare la teologia cattolica da una fra le più prestigiose cattedre della Cristianità, sconfina addirittura nell’umorismo oggettivo.
La causa sotterranea della fortuna che arride a Cacciari, topo nel formaggio neo-cristiano, è svelata da don Ennio Innocenti nell’eccellente saggio sullo gnosticismo, dove sono denunciate le debolezze della gerarchia ambrosiana nei confronti dell’allievo di Heidegger, Karl Rahner e di Hans Küng. [5].
Cacciari è un a-teologo formato alla scuola del comunismo irrazionalista e catastrofista. Come ha dimostrato un brillante discepolo di Michele Federico Sciacca, Pier Paolo Ottonello egli deve la sua autorità accademica alla divulgazione del “Cristo di Nietzsche, superuomo tragico, assolutamente anticristiano” [6].
Il pensiero di Cacciari oltrepassa il panteismo nascosto nelle nuove teologie [7] e si restringe al giro della blasfemia intorno all’icona dell’oltreuomo, un Cristo riformato dal pensiero debole ed abbassato allo scenario della carità divina sconfitta.
Afferma Cacciari: “Resurrezione? Nessuna [icona] mai fu più lontana dai colori della gloria… [Cristo] è perfettamente solo con i dormienti, con coloro che non credono e non vedono e non ascoltano. E tuttavia appare, fa dono di sé, dono perfettamente gratuito e inutile. Fa ritorno per mostrarsi ai ciechi” [8].
La dottrina insegnata dalle cattedre neo-cristiane si riduce a questo paralogismo: poiché il bene è separato dal potere della legge, e il dio buono dal dio potente, l’azione di Cristo si riduce ad un sacrificio gratuito e inutile.
In modo paradossale e inconsapevole la teologia di Cacciari riabilita il pensiero di Stalin, secondo il quale la lotta di classe, la guerra amico-nemico, doveva prolungarsi nel processo ai dissidenti, e durare in eterno: il cattocomunismo si ricostituisce intorno all’idea della redenzione impossibile, della rassegnazione alla guerra multiculturale e del sacrificio disperato.
L’icona del maestro inutile, circondato dai ciechi, si adatta perfettamente a Cacciari, in tripudio tra gli ecclesiastici, che, per promuoverlo, imitano le tre scimmie di Benares: non leggono, non ascoltano, non riflettono. Cacciari è il colosso dell’eresia franosa, che incombe sulla disinformazione dei cattolici.
Incensato quale immaginario protagonista del cammino dell’ideologia moderna verso la fede, Cacciari dimostra, invece, che l’ateismo è caduto nella fossa dei serpenti, dove si agita il logos doppio, il perfetto rovesciamento del Prologo al Vangelo secondo Giovanni.
Assembramento babelico, la teologia di Cacciari, celebra lo sdoppiamento della ragione: “l’uomo è molti, l’uomo ospita in sé innumerevoli doppi … fino a quello che tutti in qualche modo abbraccia: amico-nemico”[9].
Naturalmente lo scisma si estende alla comunità. L’uomo singolo consiste in una radunata di doppi belligeranti, pertanto la società a misura d’uomo, l’ecclesia dei pensatori bicamerali, deve farsi teatro di guerra: l’ospitalità offerta all’immigrato – il doppio esteriore – si perfeziona nella dinamica del conflitto.
Cacciari calza l’elmetto e avvia un discorso alla Kakkiari: “come il tremendo divenire della lingua insegna, nulla assicura che hostis possa non trasformarsi in inimicus – nessuna persuasione potrà decretare che i nostri doppi non possano mai esplodere in aperta guerra civile” [10].
L’atto supremo della carità senza legge è la rassegnazione alla guerra civile.
Se fosse lecito mettere in dubbio che la Carità, separata dalla Legge, trascina al delirio, Cacciari-Kakkiari sarebbe un grande teologo.
Appare evidente che Cacciari esibisce all’ammirazione dei prelati neo-modernisti i due fondamentali prodotti dell’alchimia postcomunista: la mente bicamerale (o politeista) e la guerra teologica tra i due emisferi divini, la Carità e la Legge.
L’eucarestia è rovesciata negli effetti della pasticca che libera la mente [11]. La cultura della trasgressione nella parrocchia ecumenica e nei centri sociali, è dunque ultimata dall’estasi religiosa dei lottatori continui. La carità e la santa guerra, la dis-unione ipostatica della realtà. La confusione appunto descritta dal card. Siri.
[1] Fondata nel 1966, con il beneplacito di Paolo VI, Renovatio enunciava, fin dal primo numero (ottobre-dicembre 1966) il suo programma anticonformista: “garantire ed esplicitare l’oggetto primario della Rivelazione e contrastare le false dottrine che insidiano l’equilibrio spirituale e civile dell’uomo” (Articolo di fondo di G. Siri).
[2] Giuseppe Siri, “La roccia”, in Renovatio, anno II, anno II, fasc. I, pag. 183-184.
[3] Cfr. “Il futuro del Cattolicesimo”, Piemme, Casale Monf., pag. 60.
[4] Gianni Baget Bozzo, “Il futuro del Cattolicesimo”, op. cit., pag. 195.
[5] Cfr.: “La gnosi spuria”, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma, 1993, pag. 19.
[6] In “Studi cattolici, febbraio 1997.
[7] Il card. Siri aveva denunciato il panteismo strisciante dei nuovi teologi nella lettera pastorale “Il primato della verità” e, più dettagliatamente, in “Getsemani”.
[8] Massimo Cacciari,“L’Arcipelago”, Adelphi, Milano, 1997, pag. 154.
[9] “L’arcipelago”, op. cit. pag. 32.
[10] Ibidem.
[11] L’uso iniziatico di stupefacenti è attestato da numerosi scrittori del giro occultista. Ma complici della diffusione del flagello drogastico sono anche alcuni autori del giro esoterico quali Freud e Huxley.