DA UN PENSIERO ALIENATO LA CRISI DELLA CREATIVITA’ – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

 

Il vero significato dell’espressione fine delle ideologie è caduta dei regimi ispirati all’ideologia marxista e crisi delle economie liberali.

Coerenti con i loro postulati e premute dalla slavina heideggeriana & francofortese, le ideologie hanno assunto le forme nuove e depresse del relativismo e del nichilismo.

In ultima analisi sarebbe più appropriato parlare di metamorfosi crepuscolare delle ideologie, piuttosto che della loro fine.alienazione

Ora la nuova struttura delle alterate ideologie si valuta meglio quando si riflette sulla  lontana origine illuministica, ossia sulle divagazioni di Voltaire intorno un dio remoto, architetto sovrano ma indifferente al destino degli uomini. Idea che Voltaire ha sviluppato nelle desolate e grondanti riflessioni sul terremoto di Lisbona.

Dalla svilimento volterriano della divinità, in una prima fase, hanno avuto origine le ideologie prometeiche, programmi rivoluzionari intesi alla fondazione in terra di quel paradiso che l’indifferente e ozioso dio degli illuministi non poteva concedere nei cieli.

Conosciamo il risultato storico della corsa verso il paradiso sulla terra: il terrore e la sciagura instaurati nella Francia giacobina e, di seguito, la moltiplicazione, a destra e a sinistra, degli inferni terrestri: le colonie sanguinarie del capitalismo (l’estrazione del caucciù nell sterminato Congo, ad esempio), i campi socialisti per la rieducazione dei deviazionisti e i campi nazisti di sterminio degli impuri.

Di qui il discredito, la caduta e/o la trasformazione dei sistemi ideologici. E di qui il regresso delle ideologie alla sconfortante teologia di Voltaire, riletta e reinterpretata alla luce del globale fallimento dell’umanesimo ateo.

La teologia debole di Voltaire si è radicalizzata contemplando lo spettacolo dei mali prodotti dai continuatori dell’illuminismo.

La nuova ideologia abolisce perfino la figura diafana e sfuggente del dio di Voltaire, e descrive un mondo oscillante tra piaceri effimeri e orizzonti obituari. Abolita la pallida fede in un dio, avanza la superstizione contemplante forze oscure, che indirizzano al breve giro tra  piacere effimero e dolce morte, tra pornografia e anatomia.

In ultima analisi il piacere, supremo bene offerto dalle esangui ideologie, è presentato nell’aspetto di una corsa affannosa e disperata, prossima a cadere nel leopardiano “abisso orrido e immenso”.

La citazione di Leopardi non è causale. La lettura del testo dell’autorevole guru illuminista, Eugenio Scalfari, infatti, dimostra che le ideologie di matrice illuministica hanno sorpassato il fragile e incoerente deismo del vecchio Voltaire per rivolgersi al pessimismo rovente di Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche.

Il significato dell’ideologia dopo la metamorfosi postmoderna, pertanto, si legge nell’inno leopardiano ad Arimane, il tenebroso dio, che tesse la tela degli inganni feroci contro l’umanità.

Il componimento leopardiano è – in nuce – una trattato di teologia capovolta e in ultima analisi il riassunto stenografico del pensiero oggi dominante nell’area del laicismo coerente.

Nella prospettiva indicata dal Leopardi scalfariano, l’ideologia assume l’aspetto angosciante di una tenebrosa e rovesciata summa di teologia: autore della natura è un dio malvagio, che spinge l’uomo nel gorgo di una felicità distruttiva. Sotto il casto e delicato nome di relativismo è questa l’imperativo in circolazione dopo la metamorfosi delle ideologie: darsi alla pazza gioia in vista di una fine squallida e buia.

Vivere è fare un breve giro di danza abbracciati all’insignificanza. Sotto il controllo della finanza iniziatica, la cultura dei campi di concentramento alza il garrulo vessillo della libertà e si trasferisce nell’anima festante dei suo prigionieri.

Alla fine degli anni Trenta Sartre aveva anticipato la conclusione ultra ideologica della parabola moderna, proponendo la formula vivere è far vivere l’assurdo. L’assurdo è il nutrimento e il viatico della libertà concentrata.

Non credo sia necessario dire altro: sul palcoscenico dell’insignificanza – filo spinato che avvolge le anime appiattite dall’ateismo radicale – l’arte fedele alla contraffatta religione dei postmoderni  avvelena e sovverte tutti i possibili significati dell’esistenza.

Nella devastazione l’arte ultima si capovolge nelle figure della banalità, della sconcezza e dell’assurdo. I pilastri dei musei d’arte moderna, delle case editrici e delle industrie dello spettacolo politicamente corretto.

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