DALLA PSICOANALISI AL NICHILISMO – di Piero Vassallo

L’esito di un mito scientista

 

di Piero Vassallo

 

 

Nella prefazione alla sesta edizione di “Critica alla psicoanalisi” (Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 2011) don Ennio Innocenti sostiene che la scienza freudiana è definitivamente screditata: “Il de profundis sulla psicoanalisi l’ha recepito pubblicamente la stessa nipote di Sigmund Freud, Sophie Freud, psicologa, secondo la quale molte teorie di mio nonno sono semplicemente ridicole“.

Chiuse le porte della ragione, le finestre spalancate dall’ostinazione neomodernista lasciano, purtroppo, avanzare la voce babelica e sgangherata del freudismo in quelle parrocchie, che sono ancora stordite e sbalordite dalle sfavillanti luci del balletto Excelsior.freud

Occorre pertanto “aprire gli occhi sul danno che la psicoanalisi può ancora provocare”, specialmente in quelle aree del mondo cattolico nelle quali si manifesta il rifiuto ostinato di vedere l’inutilità della cura psicoanalitica e – in essa – la più inquietante figura della metamorfosi nichilista in atto nel pensiero moderno.

I disordini sessuali prodotti dai cedimenti clericali alla psicoanalisi e le disperate acrobazie alle quali si abbandonano (emuli del defunto professore Leonardo Ancona) teologi e scienziati cattolici  in cerca del consenso e dell’approvazione di scolastiche progressive da tempo sprofondate nel nichilismo, dimostrano la necessità di una critica (come quella esercitata da don Innocenti) capace di promuovere senza indugio una drastica igiene mentale.

L’opera di don Innocenti è una risposta puntuale all’allarme a suo tempo lanciato dal Presidente dei Medici Cattolici: “All’epidemico e inconsulto diffondersi della psicoanalisi, che spesso rappresenta un esercizio abusivo dell’arte sanitaria, dobbiamo opporci con una conoscenza approfondita della medicina psicosomatica, la quale ci permette di affrontare sopra un terreno obiettivo e non pseudoscientifico questi argomenti di confine tra anima e corpo“.

Ora l’ingente contributo di Sigmund Freud alla metamorfosi nichilista del pensiero laicista non può essere seriamente sottovalutata. Per accertarlo è sufficiente rammentare che Paul Ricoeur, Julio Meinvielle ed Ennio Innocenti hanno dimostrato che i debiti della psicoanalisi verso Schopenhauer e Nietzsche sono cospicui e determinanti. D’altra parte l’adesione alla psicoanalisi di Thomas Mann, fervente commentatore di Nietzsche e profeta della rinascenza gnostica, fu annunciata da un sulfureo commento alla filosofia di Novalis: “Non c’è nulla di diabolico nel pensiero (che è poi il pensiero degli antichi mistici) che una volta la vita possa venire abolita dal pensiero[1].

Lo scrittore decadente di Lubecca, infatti, aveva intuito e ammirato la suggestione nichilistica operante nel cuore della psicoanalisi freudiana. Tale intuizione lo induceva ad affermare, in perfetta sintonia con Freud, che la psicoanalisi è solidale con il nichilismo “La parte creativa della natura e dell’anima è la tendenza a rientrare nel nulla prenatale … l’istinto di morte, l’anelito degli esseri viventi a tornare alla quiete assoluta[2].

Ultimamente lo scolarca anti-creazionista Jacob Taubes ha calato un asso piglia tutto: “San Paolo non ha fatto che portare prolegómena … ai passi freudiani. Ritengo che Freud si immedesimi nel ruolo di Paolo, ma mentre Paolo compie la redenzione solo in modo fantomatico, Freud la realizza attraverso un nuovo metodo curativo, che non è solo un metodo individuale, ma anche una teoria della civiltà[3].

Antagonista allucinato e calunniatore di Mosé, Freud incarna la figura del messia nichilista, che si affaccia all’orizzonte dell’estenuata modernità per annunciare la fine della qualunque speranza.

Di qui l’affossamento nichilistico della idea di salvezza, puntualmente definito dal magister sessantottino Taubes: “Il concetto di Aldilà nel linguaggio gnostico possiede un significato evidente. L’Aldilà è il luogo del Dio oltremondano, che è concepito come un contro-principio rispetto al mondo. I predicati gnostici di Dio – inconoscibile, innominabile, indicibile, illimitato, non esistente ecc. – sono predicati negativi. Devono essere intesi come negazione del mondo e determinano polemicamente l’opposizione del Dio oltremondano nei confronti del mondo[4].

Dal nichilismo teologico discende, per via diretta, quella forma di anarchismo che, nel Sessantotto, proclamava la proibizione di proibire. La prossimità di Herbert Marcuse alla scuola psicoanalitica di William Reich al proposito è eloquente.

Danilo Castellano, amico e collaboratore di don Innocenti, rammenta che, secondo Freud, “per essere felici bisogna abolire o almeno ridurre di molto le pretese della società. La civiltà, quindi, è un male dal quale è necessario liberarsi. Essa, infatti, è la modificazione del processo vitale, che si produce sotto l’influsso di un compito assegnato dall’Eros e stimolato da Ananke – dalla necessità reale – e questo compito consiste nel riunire uomini dispersi in una comunità i cui membri hanno fra loro vincoli libidici. Se ne deduce che la società non è una realtà naturale.  … Partendo dall’ipotesi che esista uno stato di natura anteriore a quello civile, si può sostenere che tra individuo e società ci sia un conflitto e che la società sia repressiva del vitalismo umano”.

La psicoanalisi, a ben vedere, è una tenebrosa religione avanzante sotto i panni della scienza medica. L’opera di don Innocenti è anzi tutto intesa a dimostrare,  l’inconsistenza scientifica della psicoanalisi per poi risalire alle torbide fonti esoteriche del pensiero freudiano.

A sostegno della sua tesi, don Innocenti cita le testimonianze di illustri scienziati, quali Luigi Gedda, Giuseppe Maria, Giuseppe Vattuone, Michele Malatesta, Giuseppe Grasso, Giuseppe Sermonti.

Luigi Gedda, ad esempio, ha dimostrato che “Il trasformismo del pensiero di Freud è la più chiara denunzia dell’aspetto non scientifico della dottrina, quando venga trattata come una scienza deduttiva da cui si ricavano delle illazioni diverse e opposte“.

Il neuropsichiatra Giuseppe Maria, dopo aver rammentato che il sistema assiomatico di Freud è proposto dalle intuizioni del Maestro o addirittura dalle rivelazioni da cui il Maestro fu gratificato, sostiene che “queste fantasie, mai supportate da dimostrazioni scientificamente valide ed in cui si ha e si chiede agli altri una fede cieca ed assoluta, sembrano più a base di una rozza religione, condizione fideistica, credenza senza garanzia alcuna, piuttosto che a una teoria scientifica”.

Giuseppe Vattuone afferma che Freud, “contrariamente alla regola costante della scienza medica – da lui praticata all’università – che procede dall’anatomia fisiologica ecc. dell’uomo sano detto normale, per capire la malattia dello stesso corpo – inizia la sua osservazione dai malati mentali. … Il medico (non il filosofo, non il teologo) Freud, paradossalmente, ignota che per intraprendere lo studio dei fenomeni patologici della psiche, avrebbe dovuto dimostrare l’anatomia, la fisiologia ecc. della cosiddetta psiche normale, al fine di riconoscerne e curarne la malattia”.

Di qui la severa critica del magistero cattolico, che nel 1960 varò una legge, firmata da Giovanni XXIII che proibiva ai fedeli il ricorso alla cura psicoanalitica.

Nel 1964, a giustificazione di tale divieto Paolo VI dichiarò che “la sincerità dell’esame di coscienza insegnato nell’ascetica cristiana e la visione profonda delle reali condizioni dell’uomo, ferito dal peccato originale, insegnata dall’antropologia cristiana, non sono state né eguagliate né vanificate. … Dove la scienza terrena si arresta al traguardo della disperazione e della morte, la lezione della nostra dottrina non finisce, anzi prosegue animosa”.



[1] Cfr.: Thomas Mann, “La filosofia di Nietzsche”,  in “Nobiltà dello spirito”, Milano 1956.

[2] Cfr.: Tomas Mann, “La posizione di Freud nella storia dello spirito moderno”, in “Scritti minori”, Milano 1958.

[3] Cfr.: Jacob Taubes, “La teologia politica di san Paolo”, Adelphi, Milano 1997, pag. 173.

[4] Cfr.: Jacob Taubes, “Messianismo e cultura Saggi di politica teologia e storia”, Garzanti, Milano 2001, pag. 227.

 

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