DALLA TEOLOGIA POLITICANTE DI GIUSEPPE DOSSETTI, AL MIRACOLISMO DI ROMANO PRODI, ALLA FEDE DI PIERFERDINANDO CASINI NEI MIRACOLI DI MARIO MONTI – di Piero Vassallo

Oblique discendenze

 

di Piero Vassallo


Il confine tra l’Autore dei miracoli e il miracolista politico comincia ad apparire, quando si legge, nel Vangelo, che Gesù agì senza indugio: Alzati e cammina. Si fa chiaro del tutto quando si rammenta che il miracolista prende tempo: Adesso ti azzoppo ma un giorno organizzerò la tua felicità.

Scoprire che il miracolismo è una parodia del miracolo non vuol dire che il miracolista sia sempre in mala fede e che proponga un futuro del tutto impossibile.

Ad esempio, era nobile l’intenzione dichiarata dal progenitore dei democristiani credenti nel miracolo bancario di Monti, don Giuseppe Dossetti: fugare la notte dell’egoismo, che acceca i possessori della ricchezza.

dossNel pio auspicio di Dossetti la buona volontà politicante avrebbe potuto trovare argomenti utili ad un costruttivo dialogo tra atei e credenti. Ove gli atei militanti a sinistra avessero riconosciuto l’esistenza di un rapporto tra la notte dell’egoismo e l’indebito culto che il pensiero di Marx tributa all’economia.

Purtroppo la speranza di Dossetti e dei democristiani intelligenti, era ed è alimentata da un errore – il neomodernismo – che prima di desiderare la correzione dell’egoismo pretende di abbattere quei princìpi del senso comune, adottati dalla Chiesa cattolica per perfezionare la filosofia classica.

E’ questo il punctum dolens: facendo propria la suggestione dei vetero modernisti, Dossetti e i suoi discepoli hanno prestato il fianco ai pregiudizi del relativismo post-moderno.

Di qui la strisciante opinione che attribuisce la causa della cancrena egoistica, in ultima analisi la causa del male capitalista, alla metafisica: la storia della corruzione filosofica, secondo i cattolici intelligenti, inizia da Aristotele e attinge il vertice con San Tommaso.

Il fideismo politico dei cattolici ha dunque origine da un abbaglio accecante, che suggerisce l’istruzione di un processo sommario alla metafisica classica e cristiana.

Non a caso, dietro il sipario, agisce la vecchia teoria (formulata dal teologo liberale Harnak e dai modernisti Loisy e Bonaiuti) sulla necessità di dichiarare la guerra della fede cristiana contro le verità di ragione stabilite dalla metafisica.

Un progetto insensato, che contempla i nemici mortali della fede cristiana nell’aristotelismo e nel tomismo.

La fede cadrebbe sotto il dominio dell’irrazionalità e, diventando nemica della ragione, le dovrebbe attribuire il titolo (inventato da Lutero) di prostituta di Satana.

Il terreno ideale per lo sviluppo del miracolismo è costituito, appunto, dalla tesi riproposta da Sergio Quinzio e Gianfranco Ravasi, secondo cui, prima della contaminazione con il realismo greco, le comunità cristiane avrebbero nutrito una fede del tutto separata dalla ragione ed opposta alla logica classica.

Ora i segnali dell’appartenenza di Dossetti alla fede irrazionale sono inequivocabili. Dossetti, infatti, dichiarando l’adesione senza esternare dubbi e riserve, ad una delle tesi irrazionalistiche di Emanuel Levinas, dichiarò risolutamente che, per contrastare l’egoismo, non è sufficiente rifarsi al principio di solidarietà ma occorre “ribaltare tutta l’impostazione occidentale, rimandando all’impostazione ebraica originale” . (“Sentinella quanto resta della notte?”, Edizioni Lavoro, Roma, 1994”, pag. 24, dove sono citate le “Quattro letture talmudiche” di Emanuel Levinas).

La critica alle scuole di pensiero che hanno generato l’egoismo disgregatore è preceduta e indirizzata da un attacco ai fondamenti della metafisica cristiana.

Non senza fatica si può ammettere che Dossetti ignorasse la radice heideggeriana e modernistica del presunto pensiero biblico, ma questo non diminuisce la gravita del suo errore.

L’attacco dossettiano alla metafisica, infatti, non risparmiava neppure il preambolo logico della morale cristiana, l’assioma “nihil volitum nisi praecognitum”, la volontà non può indirizzarsi ad un oggetto sconosciuto.

Dossetti, dopo aver citato, dal libro dell’Esodo, la risposta degli ebrei a Mosé (“faremo e udiremo”) sicasinicontorceva in un cunicolo ermeneutico senza sbocchi ed affermava solennemente il nuovo principio della logica: volere prima di conoscere.

Testualmente: “Essi (gli ebrei) scelsero un’adesione al bene precedente alla scelta tra il bene e il male. Realizzarono così un’idea di una pratica anteriore all’adesione volontaria. L’atto con il quale essi accettarono la thorà precede la conoscenza”( Op. Cit., pag. 48.).

Secondo l’ispiratore del miracolismo politico, sarebbe dunque possibile eseguire un comando di cui s’ignora il contenuto.

Per quanto sembri incredibile, nella (pseudo) filosofia dossettiana avviene il passaggio dalla teoria del servo arbitrio a quella del servo senza ragione. Obbedire non perché ipse dixit ma benché ipse non dixit.

Questa sarebbe la risposta biblica all’impostazione occidentale: il passaggio dalla ragione al delirio, e dalla realtà all’incubo.

Non occorre altro per penetrare nell’universo mentale del miracolista Romano Prodi e del suo successore, Pier Ferdinando Casini,  credente in Mario Monti, miracoloso emissario della Banca Universale Umanitaria & Salvifica.

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