“Dante Alighieri – il viaggio estremo”, di Mirta Contessi – recensione di Giovanni Lugaresi

recensione di Giovanni Lugaresi

 

Layout 1E’ attraverso gli occhi del giovane discepolo e scudiero Menghino, affiancatogli da Guido Novello da Polenta, che Dante Alighieri compie l’ultimo viaggio terreno verso Venezia, interrotto come ognun sa per le sue condizioni di salute, alla guida dell’ambasceria del signore di Ravenna alla Repubblica Serenissima.

Così, Mirta Contessi, pittrice e letterata, ha inventato questo, e altri personaggi, a dare uno spessore originale alla sua narrazione degli ultimi giorni del Sommo Poeta in un libro che alla base storica unisce conoscenze (anche particolareggiate) di luoghi, di ambienti, e una fantasia creativa a coinvolgere, ad appassionare il lettore, anche quello ignaro di cose dantesche.

Dante Alighieri/ Il viaggio estremo” (Supernova Edizioni Venezia; pagine 103, Euro 12,00) è un rievocare, appunto, l’epilogo dell’esistenza terrena dell’autore della “Divina Commedia” fra realtà e immaginazione, una immaginazione che potrebbe essere (anche) realtà, ma pure un viaggio “ambientale” per così dire da Ravenna lungo la strada Romea verso Venezia, viaggio interrotto per le condizioni di salute del protagonista, come detto, ridotto allo stremo e costretto al ritorno quando era giunto a metà percorso.

Un viaggio a ritroso nel tempo che Mirta Contessi compie insieme ai suoi personaggi, veri e immaginati, con una aderenza agli aspetti di quell’epoca, fra scorci di bosco e pineta, acquitrini, valli, mare, locande, porticcioli, abbazie (Brondolo, e Pomposa naturalmente).

Le descrizioni che escono dalla sua penna (dovremo dire tastiera?!) posseggono un fascino straordinario: quello che soltanto i narratori di razza sanno trasmettere.

Luoghi e atmosfere, colori e umori, stati d’animo provati dal Poeta e dal suo fido discepolo e scudiero Menghino, preoccupatissimo per le condizioni di salute di cotanto maestro che gli era stato raccomandato da Guido Novello, ad un certo punto entrano non soltanto nella mente, nello spirito, ma pure nel cuore, se non nella carne, del lettore. Sì, perché le descrizioni degli stati febbrili, dei lamenti, dei pallori, del delirare (alla fine) che riguardano Dante Alighieri li possiamo avvertire come nostri, come nostre condizioni, partecipi come l’autrice ci rende delle scene, dei vari momenti ricchi di intensità, di profondità, di drammaticità.

Verso il finale poi (cioè il trapasso del protagonista una volta tornato nella sua casa ravennate), ecco l’accoglienza dei monaci benedettini in quel di Pomposa, oranti a Compieta all’arrivo di Dante e umanamente e spiritualmente partecipi delle sue sofferenze, le sofferenze di un grande poeta e di un grande cristiano. Un’atmosfera, una temperie, ricche di emozioni e che provocano una intensa commozione nel lettore sensibile, ancorché, come già detto, non profondamente a conoscenza delle vicende di Dante Alighieri, soprattutto quelle, vere o immaginate da Mirta Contessi, nel suo “viaggio estremo”.

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