di Clemente Sparaco
.
Gli argomenti dei favorevoli al Ddl Cirinnà sono formulati nei termini della priorità dei diritti individuali dei gay su quelli del bambino ad avere una mamma ed un papà. Essi ricordano altre battaglie in tema di diritti “civili” come, in primis, quella sull’aborto.
Allora la priorità era il diritto della donna a poter decidere liberamente. Si disse che la donna aveva diritto ad autodeterminarsi (“l’utero è mio e lo gestisco io!” – lo slogan delle femministe degli anni ’70) e si misconobbe il diritto del feto alla vita.
Oggi si dice che i gay hanno diritto ad investire autonomamente la loro affettività. Essi non sono dei diversi, ma dei diversamente orientati sessualmente. Ma se hanno diritti pari agli eterosessuali, perché non parificare le loro unioni alla famiglia? E, quindi, perché non riconoscere loro la possibilità di adottare dei bambini?
C’è, come si vede, una consequenzialità simile a quella addotta 40 anni fa’ per l’aborto. Ma anche in questo caso si misconosce un diritto fondamentale, quello del bambino ad avere una mamma ed un papà.
Allo stesso modo, si disse allora che occorreva regolamentare una pratica (l’aborto, per l’appunto) che altrimenti si sarebbe comunque perpetrata, magari clandestinamente, senza alcuna garanzia di legge (la piaga dell’aborto clandestino).
Si adduce oggi come motivazione a favore della stepchild adoption (la locuzione indica la possibilità da parte del coniuge omosessuale di adottare il figlio del compagno) nientemeno che l’interesse del bambino. Lo ha fatto di recente la presidente della Camera, Laura Boldrini, affermando che “quando il partner muore ed il figlio resta solo, il partner ha il dovere di occuparsi del figlio”. Si tratterebbe di riconoscere, quindi, de iure l’adozione al genitore non biologico, che già de facto svolge funzione genitoriale. Qualcosa che già si determina in base ad un dovere, che la stessa Boldrini, ha definito naturale, dovrebbe essere tradotto in diritto.
In realtà, questa nuova genitorialità non è un dovere né un diritto, ma la falsificazione di un dato naturale. La nuova genitorialità eterofoba è “una finzione incaricata di occultare, né più né meno, uno dei genitori biologici del bambino”, ha scritto la storica francese Marie-Josèphe Bonnet, femminista e fondatrice del Fronte omosessuale di azione rivoluzionaria. Perché è del tutto evidente che un genitore biologico esiste, anche se è ridotto ad una funzione, il prestatore di seme o l’affittuaria di un utero, secondo una perversa declinazione di quello che dovrebbe essere quanto di più qualificante e degno ci possa essere nelle relazioni fra persone.
E’ del tutto evidente che due uomini non possono avere un figlio, se non ricorrendo ad un terzo, una donna ridotta, in spregio a tutte le lotte di libertà e parità fatte dalle femministe negli anni ’70, a utero, a organo, e cioè a strumento per il soddisfacimento di un capriccio, di una volontà contronatura e contro la dignità. Ed è del tutto evidente che due donne non possono avere un figlio se non ricorrendo al seme di uno sconosciuto, di un donatore, si dice con l’eufemismo coniato per l’occasione.
La Legge n. 194 del 1978 fu intitolata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, ma nella pratica si è tradotta in uno strumento contraccettivo su larga scala. Si disse che doveva mettere le donne in condizione di poter decidere in piena libertà, ma ha comportato un conformismo al ribasso, un conformismo di morte, per cui oggi l’aborto è divenuto moralmente indifferente. La società semplicemente si volta dall’altra parte, credendo che la tutela della vita non sia la questione decisiva.
Oggi si dice che il Ddl Cirinnà non contempera e, anzi, esecra la pratica dell’utero in affitto. Tuttavia, esso legittima indirettamente questa pratica nel momento in cui riconosce al partner omosessuale della coppia la possibilità di adottare il figlio naturale del compagno, avuto all’estero secondo quella pratica. E’ un’inciviltà, da aborrire – lo riconoscono gli stessi propugnatori del Ddl – ma “una volta che quel fatto si è prodotto” (lo ha sostenuto Simona Bonafé a Porta a Porta il 1 febbraio), che si può fare?
Il Ddl Cirinnà in materia di adozioni da parte delle coppie gay non viene ad essere, quindi, che una sanatoria, né più e né meno di come di fatto si è rivelato l’aborto nel tempo. Una sanatoria che omologa al minimo i principi, che getta nell’opportunismo politico la madre biologica come il bambino, che va a riconoscere un crimine, come è quello di chi va all’estero e assolda una ragazza perché affitti il suo utero.
Un gradino ancora più in basso nell’offesa ai diritti dei più deboli e nella mercificazione della vita umana.
6 commenti su “Ddl Cirinnà. Un gradino ancora più in basso nell’offesa ai diritti dei più deboli e nella mercificazione della vita umana – di Clemente Sparaco”
Purtroppo, oggi come allora, mentono sapendo di mentire.
V’è forse un limite all’abominio?
Dalla Rupe Tarpeia all’aborto, Dalla proprietà deifigli degli schiavi alla mercificazione dell’utero femminile allo sperma maschile, tutto questo in nome della “libertà”, della “dignità” della “modernità”, dell’ “evoluzione dellla società”.
Un trionfo dell’ipocrisia e della barbarie, spacciata per civiltà.
Alla Boldrini non interessa, in quanto è un pezzo che incassa soldi per le sue attività ONU e istituzionali. Forse a Sel dovrebbe, invece, interessare sapere che i pochi voti cattolici che si becca, magari andranno alla Lega o a Fratelli d’Italia. Se non c’è più una Sinistra, non c’è neanche più una Destra. Quindi saremo liberi di affermare la nostra fedeltà a Cristo, votando a Destra.
Ho sentito troppi cattolici dire: “No alle unioni civili e all’adozione, sì al riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali”. Così gay, lesbiche e femministe hanno già in tasca l’unico vero bottino che preme alla quasi totalità di loro: il denaro pubblico necessario per pagare assegni familiari, pensioni di reversibilità ed ogni altra tutela dello stato sociale ormai dissanguato. In ogni caso i pochi intenzionati davvero a procurarsi un figlio lo otterranno facilmente, se abbastanza ricchi, recandosi all’estero e facendoselo riconoscere dalla magistratura italiana. E’ facile prevedere cosa accadrà. Il numero dei matrimoni precipiterà ulteriormente, mentre le tante coppie aperte. instabili e sterili, siano etero od omosessuali, correranno a registrarsi. Chi non lo farebbe, sapendo che così acquisterà succulenti diritti senza sssumersi alcun reale dovere nei confronti del partner (fedeltà reciproca) e della comunità (procreazione), con il vantaggio fondamentale di potere sciogliere il rapporto…
E’ il trionfo dell’antilingua. Una volta si diceva – e si dice tuttora – il diavolo si nasconde nei dettagli. Oggigiorno, mi viene da dire, il diavolo si nasconde anche nell’antilingua. Alla radio sentivo giorni fa espressioni del tipo “donatrice di materiale genetico”, in riferimento a colei che dona il proprio utero, appunto, in affitto. Il gioco del diavolo è sempre lo stesso: far apparire per buono o innocuo, quello che buono e innocuo non è. L’espressione linguistica gioca evidentemente un ruolo chiave in tutto ciò. Certe espressioni sono secondo me palesemente ispirate in maniera diretta dal demonio. Non ultimo anche l’uso di anglismi, come “stepchild adoption”, che sono a mio avviso un modo per offuscare, nascondere quello che è un vero abominio dietro una patina di “modernità”. E’ l’esatto opposto dell’evangelico “… dite si si no no …”. Saluti.
La ferita morale e legislativa profonda è l’aborto. Abbiamo una responsabilità enorme. Dobbiamo scuotere dal torpore un’intera società che non ha più nemmeno la sensibilità per riflettere. Quello che accade oggi è conseguenza dell’indifferenza acquisita verso la strage di milioni di innocenti.